● Legale Rappresentante? È un living trust di fatto, ecco perché

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AVVERTENZA 1. Caro lettore, trovandoci nel limbo normativo poiché non esiste fonte scritta, a differenza di molti LR speranzosi, affermo che esistono delle criticità riguardo alla completa esecuzione dell’iter di autodeterminazione individuale, che ancora NON COSTITUISCE ISTITUTO DI DIRITTO VIGENTE (o insieme di usi e consuetudini) inoltre, se non bastasse, pensiamo che interpretare la norma non è mai un semplice riconoscere, ma sempre un decidere e un volere (Guido AlpaLe fonti non scritte e l’interpretazioneUtet, Torino, 1999). Tuttavia una base di partenza esiste, ed è una norma di rinvio nella Costituzione della Repubblica italiana che all’art 10 recita: “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”; in tal modo si è assicurato un adeguamento automatico del diritto interno a quello internazionale: ci troviamo dunque ancora nella fase della RIPETIZIONE GENERALE, UNIFORME E COSTANTE DI PRATICHE OSSERVATE DA SOGGETTI NELLA LIBERA CONVINZIONE DI OTTEMPERARE A NORME GIURIDICAMENTE VINCOLANTI. Riepilogando: questa è la condizione in cui ci troviamo da alcuni anni, comprendi bene che nulla è pronto per te, per me o nessun altro. Si tratta di lavorarci tramite la “sperimentazione” personale. Memento: consuetudine è per definizione tacita.
AVVERTENZA 2. Uno degli argomenti più forti contro l’esistenza del diritto naturale (F. Viola, 1989, Diritti dell’uomo, diritto naturale, etica contemporanea) è sempre stato la constatazione della varietà del modo d’intenderlo, il DIRITTO NATURALE è il complesso di norme non scritte, preesistenti, considerate universali e necessarie che fanno parte del patrimonio etico, morale e religioso di ogni individuo o comunità. Si tratta del diritto alla vita, alla libertà ed alla proprietà, unitamente al diritto al nome, all’identità personale e alla famiglia. Di solito, clamorosamente, tutto ciò trova soltanto parzialmente riscontro nel DIRITTO POSITIVO che è la normativa attualmente vigente di uno stato, l’ordinamento giuridico materiale, cioè quello effettivamente operante e imposto all’osservanza di ognuno, emanato dal legittimo organo legislativo. Si tratta dell’insieme delle norme vigenti e dei precetti che in un dato momento storico rappresentano l’ordinamento giuridico statale. Il Diritto Naturale è gerarchicamente sopra al Diritto Positivo che però, sciaguratamente, nella maggioranza dei casi va nella direzione opposta, negando i diritti naturali e universali. Il contravveleno di una simile patologia è costituito dalla Legge n. 881 del 1977 che meglio rappresenta il diritto naturale. Va detto che all’interno del diritto positivo, appunto con la predetta legge, è stato ratificato il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, vigente dal 23 Marzo 1976, che pone l’essere umano e persona umana quale solo creditore per diritto naturale, ma qualcosa non quadra nella vita di tutti i giorni… Perché la parola spetta esclusivamente al Potere? 

√ Legge di Jersey. Ad ulteriore conferma, la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 25478/2015 ha statuito che il Trust non è “…un soggetto giuridico dotato di propria personalità, essendo invece il Trustee la persona di riferimento nei rapporti con i terzi –legale rappresentante– di un interesse soggetto distinto, …quell’atto non dà vita a un nuovo soggetto giuridico sebbene all’effetto di segregazione patrimoniale” quindi chiunque, essere umano / persona umana (che taluni definiscono “essente”) in qualità di Disponente, valendosi di istituti in combinato disposto (ved. nota [1]) appartenenti a diverse branche del Diritto, può conferire la proprietà di beni o diritti in un fondo detto Trust da egli stesso istituito, ne sceglie la legge regolatrice (ad esempio la “Legge di Jersey, Isole del Canale, Trusts (Jersey) Law 1984”) dettandone così le regole di gestione. Optando per il cosiddetto “Trust autodichiarato” le figure Disponente e quella di Amministratore, detto Trustee (che sarà anche Beneficiario come si vedrà in seguito) coincidono, riconducendo alla disciplina della Convenzione adottata a L’Aja l’1/7/1985, ratificata dall’Italia con la Legge 9/10/1989 n. 364 ed entrata in vigore l’1/1/1992. I beni e i diritti oggetto del trust, dunque, pur restando nella disponibilità del disponente -data la coincidenza tra questi ed il trustee- sono comunque soggetti al vincolo di destinazione determinato nel trust, vincolo che resta opponibile ai terzi.

Dopo il conferimento e la segregazione dei propri beni, il Disponente esce di scena, cedendo l’amministrazione dei beni in trust nelle mani del Trustee, che a sua volta detiene la duplice veste di Legale Rappresentante, corroborato dallo status di Personalità Giuridica.

Il trust non si costituisce necessariamente per contratto o negozio ma anche per atto unilaterale.

A fronte dell’atto o mandato di Autocertificazione di Legale Rappresentante (e relativo contenuto dichiarativo di verità o scienza, costituente un vero e proprio Affidavit (ved. nota [1.1]) ascritto nell’ambito del Diritto internazionale) il Trustee proclama l’istituzione di un Trust Autodichiarato di scopo, ovvero di “alto scopo umanitario”, ancorché privo di Personalità Giuridica

Si tratta di un “fondo” a sé stante, costituito da beni fisici, beni giuridici ovvero crediti segregati: detto fondo ingloba le funzioni / finzioni “soggetto giuridico e persona fisica” correlate all’essere umano / persona umana nell’insieme della curatela in capo al Legale Rappresentante detenente capacità di agire.

Riguardo alla giurisdizionalità internazionale di cui sopra, seppure non sia ancora universalmente accettato, è prassi consolidata considerare il singolo (anche) quale soggetto che gode di diritti e lo stato come soggetto passivo di obblighi. A fronte di tali diritti vi è la formazione della possibilità di appellarsi a corti internazionali deputate alla loro tutela. Ecco che, come prima risultanza, ci si ritrova anche nel Diritto internazionale a parlare finalmente di diritto soggettivo degli individui e di diritto d’azione degli individui.

L’autocertificazione di LR, sottoscritta direttamente dal semplice cittadino italiano (ved. nota [2]) o dallo straniero naturalizzato, implica e realizza l’elezione nella superiore Giurisdizione internazionale. Tale è il primo passo verso il riconoscimento dei diritti inalienabili quando disattesi, pur sanciti dai Patti internazionali come ad esempio D.U.D.U., C.E.D.U. e relative alte leggi di recepimento (ad es. quiquiquiqui, ecc.) peraltro costituenti Fonti super-primarie dette anche Fonti Sub-Costituzionali.

Il deposito in pubblicità legale e la trascrizione dell’atto presso il Comune di nascita e di residenza (se differente) nonché le relative apostillazioni presso la Prefettura e il Tribunale del proprio distretto corredano de facto e de iure il fattuale ripudio della cittadinanza italiana. Tutto ciò non muta i propri diritti che anzi incrementeranno in conseguenza del riconoscimento della propria Personalità Giuridica e del relativo status del quale se ne darà debita notifica alle varie Pubbliche Amministrazioni (es. Questura, Prefettura, Motorizzazione, Regione, ecc.) e ai Privati gestori di pubblici servizi (es. Gas, Energia elettrica, RAI, Banche, ecc.) se e quando tenteranno di seguitare a disporre della loro decaduta potestà legislativa o impositiva, ecc., in base alle sopravvenute carenze.

Come detto, la resa in pubblicità legale (ved. nota [3]) costituita dalla protocollazione e deposito (ved. nota [4]) della AUTOCERTIFICAZIONE della QUALITÀ di LEGALE RAPPRESENTANTE (Articolo 46 lettera u DPR 28.12.2000, n. 445) (ved. nota [5]) in favore dell’essere umano, ossia nell’interesse di egli stesso in qualità di Disponente / Trustee / Beneficiario) nonché nell’interesse di eventuali beneficiari ascendenti e/o discendenti incapaci, ecc. secondo popolounico.org, aziona, nella giurisdizione del Diritto internazionale, un JERSEY TRUST AUTODICHIARATO non lucrativo né commerciale nel quale il Trustee (ved. nota [6]) / Legale Rappresentante, a seguito di Mandato / Accordo Privato, opererà per veder riconosciuti all’essere umano i diritti inalienabili (ved. nota [7]) costituenti l’alto scopo del trust: si tratta di diritti violati, in certe circostanze, persino agli italiani quando ad esempio viene loro impedito il “diritto al benessere” (definito anche “diritti economico-sociali”). Per ottenere il ripristino di tali diritti, il primo passo è costituito dal mandato anzidetto di Legale Rappresentante / Trustee debitamente protocollato presso il comune di residenza e di nascita (se diverso), attestante che siamo personalità giuridiche di carattere privato riconosciute: ciò avviene a seguito della nostra espressa dichiarazione e notifica ove risulti che I) abbiamo uno scopo, II) rivendichiamo la nostra personalità giuridica avente completa capacità di azione giuridica, III) detenendo infine -per mezzo della curatela del Legale Rappresentante- il riconoscimento della propria  personalità giuridica così come sancito all’Articolo 6 della Dichiarazione universale dei diritti umani “Nessuno è sconosciuto” (Commento del prof. Antonio Papisca, “Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica”: tale precetto è espressamente prescritto nella legge dello Stato 25 ottobre 1977, n. 881 alla sezione “Patto internazionale > PARTE TERZA > art. 16” della legge di ratifica della DUDU. Infine, l’effetto segregativo in trust è garantito dall’assolvimento degli oneri pubblicitari quali l’Autocertificazione anzidetta a cui si integrerà, secondo i casi, giusta Dichiarazione Sostitutiva dell’Atto di Notorietà se presenti beni mobili o immobili soggetti a registrazione nel Diritto positivo, azionando le varie trascrizioni presso la Conservatoria RR.II., il Registro delle Imprese, il Registro Italiano Navale, ecc.

dimenticavo…  AVVERTENZA!

SCORRENDO IL TESTO USA PURE IL DITO INDICE PER CLICCARE SUI LINK (L’IPERTESTUALITÀ È IL SALE DI INTERNET)

Quanto costa?
· Nessun costo (ved. nota [8]) è richiesto oltre i normali diritti di segreteria riservati all’Amministrazione comunale depositante (quella di residenza e quella di nascita, se diversa);
· Nessun oneroso intervento è richiesto da parte di alcun notaio o avvocato.

L’ALTO SCOPO DEL TRUST è anche, se non soprattutto, il superamento dell’incapacità giuridica di agire del cittadino / essere umano (ved. nota [9]). Tale incapacità è innestata dallo Stato con frode, vale a dire senza il consenso dell’interessato (abuso della titolarità del nome (ved. nota [10]) al momento della dichiarazione di nascita del nuovo nato alla Prefettura e alla Procura della Repubblica, allorquando vengono attribuite al pupillo le cosiddette finzioni giuridiche (fictio iuris) denominate “soggetto giuridico e persona fisica (ved. nota [10.1])” volte a vincolare l’essere umano alla P.A., o meglio, alle “amministrazioni o trustees statali” tramite i vari Pubblici Ufficiali (ved. nota [11]).

[1] – BRANCA DEL DIRITTO AMMINISTRATIVO: A) Autocertificazione di esistenza in vita, ex Art. 46 lettera G – D.P.R. 445 del 28/12/2000; B) Autocertificazione della qualità di Legale Rappresentante, ex Art. 46 lettera U – D.P.R. 445 del 28/12/2000; – BRANCA DEL DIRITTO INTERNAZIONALE: Convenzione adottata a L’Aja l’1/7/1985, ratificata dall’Italia con la Legge 9/10/1989 n. 364 riguardante il Trust, proprio perché è un istituto assente nell’ordinamento giuridico italiano; tale non è stato inserito nella disciplina generale di diritto internazionale privato ma è stato regolato a livello internazionale in modo pattizio, e in Italia mediante la ratifica di detti accordi.
[1.1] Si pensi, al riguardo, a les attestations dell’ordinamento francese (artt. 200-203 del Nouveau code de procedure civile), oppure all’affidavit evidence britannico (art. 32 del Civil Procedure Rules, in cui la dichiarazione viene resa fuori dal processo, ma pur sempre davanti ad un pubblico ufficiale) o, piuttosto, alla teutonica schriftliche Beantwortung (risposta scritta alla richiesta di prova chiamata “Beweisfragen”). 
[2] La NAZIONALITÀ definisce l’appartenenza ad una comunità per storia, religione, tradizione, cultura e lingua. Si acquisisce alla nascita, non si può cambiare e se ne può avere soltanto una: 1. PER “TERRA” > ius soli (ad es. negli USA > se sei nato in un luogo prendi la nazionalità di quel luogo; oppure: 2. “PER FILIAZIONE, PER SANGUE” > ius sanguinis > (ad es. in Italia non conta il luogo ma la nazionalità degli ascendenti). E’ un legame giuridico, un DIRITTO FONDAMENTALE correlato al principio di “autodeterminazione dei popoli” sancito dalla CARTA DELLE NAZIONI UNITE del 1945 e da numerose risoluzioni delle organizzazioni internazionali come dalla DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO del 1948 (art. 15) e dalla CONVENZIONE EUROPEA SULLA NAZIONALITÀ del 1997 (art. 4). Definizione di CITTADINANZA in ambito giuridico. È la condizione giuridica di chi appartiene ad un determinato stato, o più precisamente, l’insieme dei diritti (elettorato attivo e passivo) e dei doveri (rispetto delle leggi) che l’ordinamento riconosce al cittadino. L’ordinamento italiano disciplina i modi d’acquisto della cittadinanza con la L.91/1992 e con il relativo regolamento di esecuzione adottato con il D.P.R.572/1993.
[3] Con la Pubblicità legale un atto amministrativo assume piena validità in quanto portato a conoscenza erga omnes, ovvero tutti coloro che possono avere interesse al contenuto dell’atto medesimo.
[4] Sul dovere di protocollazione relativo a un procedimento anagrafico o di Stato civile, per quanto possano verificarsi iniziative accidentali o spurie da parte di singoli operatori in ogni caso responsabili ad personam (art. 28 Cost. “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.”) pertanto si può tranquillamente affermare che il Comune non può esentarsi dalla protocollazione, come citato [qui a pagina 9] dalla stessa ANUSCA, un’organizzazione seppur privata, fornitrice di servizi al personale dell’86% degli enti locali. Difatti, benché sia molto complesso definire a priori cosa protocollare e cosa no, sul Dpr 445/2000 nonché nei principi stessi dell’attività amministrativa si riscontra una chiara distinzione tra l’obbligo generico (Art.53, 5°comma) di protocollare tutta la documentazione in entrata e in uscita dall’Ente, con l’eccezione di alcuni documenti che non vanno protocollati perché, per loro natura sostanzialmente divulgativa, non necessitano di alcuna registrazione formale né di conservazione. In generale le istanze e le dichiarazioni dei cittadini non rientrano nell’eccezione che tra l’altro il testo del medesimo articolo indicherebbe in un numero finito di atti, col risultato che non potranno che finire nella regola generale, cioè essere protocollate!
[5] E’ stata la Legge 4 gennaio 1968, n. 15 ad introdurre l’istituto dell’autocertificazione nell’ordinamento italiano, disciplinando per la prima volta in modo completo ed organico la materia, cui hanno fatto seguito varie rettificazioni, tra cui quelle contenute nella Legge n. 127/1997 (a sua volta modificata dalla Legge n. 191/98) e dal regolamento attuativo emanato con DPR n. 403/1998, in vigore dal 23 febbraio 1999.
[6] Il TRUSTEE (nella sua specifica qualità) definisce il soggetto incaricato dal Disponente di amministrare i beni o i diritti originari quali ad esempio immobili, terreni e così anche contratti di locazione, ecc. (già detenuti dal Disponente) e successivamente trasferiti nel fondo del Trust nell’interesse del Beneficiario.  
[7] Diritti inalienabiliLegge n. 881 del 25 ottobre 1977 Autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione in Italia (Gazzetta Ufficiale n 333 del 7 dicembre 1977). Data della ratifica: 15 settembre 1978 (Gazzetta Ufficiale n 328 del 23 novembre 1978).
[8] Imposta di bollo (nessun costo!). Articolo 37 DPR 28.12.2000, n. 445. A) Le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 del D.P.R 445/2000 sono esenti dall’imposta di bollo. Difatti, l‘art. 14 “Tabella Allegato B” del D.P.R. 642/1972 ex art. 37 – Esenzioni Fiscali – dice espressamente: …le autocertificazioni e le dichiarazioni sostitutive elencati negli articoli 46 e 47 dello stesso DPR sono esenti dall’imposta di bollo. B) L’imposta di bollo non è dovuta quando per le leggi vigenti sia esente da bollo l’atto sostituito ovvero quello nel quale e’ apposta la firma da legalizzare). 
[9] A ben vedere, la definizione di “essente [umano]” al posto di “essere [umano]” è più profonda perché fissa meglio il lemma “essere”, unisce le parole “essere” ed “ente” (dal latino: ens – entis) ma è anche il Participio presente del verbo essere. Dicendo “essere [umano]” usiamo l’infinito del verbo essere, che esprime qualcosa di poco vivo, di statico. Il Participio presente “essente [umano]” esprime la vera forza insita nel verbo. “Essente” è in pratica “colui che è!”. Qui la conversazione sulla pagina FB di Popolo Unico.
[10] Abuso della titolarità del nome Artt. 6, 7 e 9 c.c. Ogni qualvolta la forma grafica del nome originale viene mutata senza autorizzazione del Titolare© del nome si configura reato di ABUSO. Quante volte ti scrivono e/o ti inviano fatture o ti fanno firmare contratti e ricevute o denunce riportanti il tuo nome e cognome in grafia “TUTTO MAIUSCOLO” (SOGGETTO GIURIDICO) oppure nome in “Alternato” e cognome “MAIUSCOLO” (Persona FISICA)? difatti Popolo Unico ce ne dà contezza. Vale per ex cittadini riconosciuti Personalità Giuridiche con capacità di agire e rappresentanza legale delle Finzioni giuridiche (fictio iuris) o Artefatti giuridici, ma anche per neonati e minori.
[10.1] Amedeo Santuosso, Persone fisiche e confini biologici: chi determina chi (p.3, 2° paragrafo). La persona fisica per il diritto (in questo senso giuridica) è “non già una realtà naturale, ma una costruzione del pensiero giuridico”, e la proposizione corrente, secondo la quale la persona fisica ha diritti e doveri, va intesa e corretta in la persona fisica giuridica è diritti e doveri. La “cosiddetta persona ‘fisica’ è allora una persona ‘giuridica’ in senso ampio” (p.96), e non ha quindi una qualità diversa da quelle che comunemente sono chiamate persone giuridiche: entrambe sono creazioni del diritto, accomunate dal carattere dell’artificialità.
[11] Il consulente tecnico, il perito o l’addetto della P.A., l’ufficiale sanitario, l’insegnante o il preside di una scuola pubblica, il controllore sui mezzi pubblici, l’ufficiale giudiziario, il magistrato, il portalettere o il fattorino postale, ecc. Tutti loro sono considerati pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni. Sono dei pubblici ufficiali, infine, gli appartenenti alle forze dell’ordine, quindi il poliziotto (anche Penitenziario), il carabiniere, il militare della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera. Alle forze dell’ordine lo status di pubblico ufficiale è riconosciuto 24 ore al giorno.

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- SOFIA SACRO

Se non sei debole di stomaco vedi qui  https://kateofgaiatrans.files.wordpress.com/2014/05/babilonia-c3a8-crollata-rev-copia-final.pdf

√ Parlare di diritti umani inalienabili (questo e questo sono alcuni esempi) equivale ad esprimere quelle situazioni giuridiche riconosciute come fondamentali dell’essere umano e tali che neppure lo Stato può ostacolare nella loro realizzazione. Il viatico volto al recupero di tali diritti può essere costituito dalla Autocertificazione della qualità di Legale Rappresentante che, come detto, di fatto:

è un living trust (ved. nota[12]) di Jersey autodichiarato, di alto scopo umanitario, è un istituto giuridico di Diritto internazionale vigente in Italia come da ratifica della Convenzione de L’Aja del 1° luglio 1985, in forza della Legge 16 ottobre 1989, n. 364. Vi partecipa l’ “essere umano” a cui è riconosciuta per tramite del Trustee la “personalità giuridica per diritto di nascita, vale a dire, è riconosciuta la facoltà di esercitare in prima persona la CAPACITÀ DI AGIRE GIURIDICAMENTE senza l’ausilio o l’ingerenza di intermediari, difatti, il “Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici” (New York 16/12/66) declama: “OGNI INDIVIDUO HA DIRITTO, IN OGNI LUOGO, AL RICONOSCIMENTO DELLA SUA PERSONALITÀ GIURIDICA (ved. nota [13])” è quindi possibile affermare che alla persona umana autodeterminata, dotata dalla nascita di crediti universali, in curatela del Legale Rappresentante, è riconosciuta la capacità di agire giuridicamente! La Convenzione anzidetta è un Patto internazionale ratificato dall’Italia mediante la Legge 881 del 25/10/1977, la cui lettura è consigliabile per indagare i propri livelli o forme di violazione passiva dei diritti fondamentali, così da poter vagliare le possibili azioni di tutela in punto di diritto. Tale legge di ratifica contiene le norme che assicurano formalmente, in punto di diritto, la concreta protezione all’esercizio dei diritti umani, imponendosi direttamente ai cittadini e agli Organi dello Stato, seppure non sia infrequente accertarne le violazioni. Comincia qui il cammino del Legale Rappresentante.

[12] Living trust. Civilisticamente come negli USA (seppure il fisco americano non lo riconosca, dove è a lui opponibile) detto trust è revocabile, autodichiarato e mantiene una vasta serie di poteri in capo al disponente, come modificare i beneficiari (ad esempio l’ascendente o il discendente, l’incapace, ecc.).
[13] Personalità Giuridica. Nulla a che vedere con i Registri Prefettizi riguardanti l’iscrizione al “Registro delle persone giuridiche private” a cui è eventualmente concessa personalità giuridica, infatti, nel caso degli enti e delle associazioni all’interno degli stati la “personalità giuridica” è “attribuita, concessa”, diversamente che per la persona umana la cui soggettività giuridica, preesistendo al diritto positivo, “è. Vale a dire, deve essere semplicemente “riconosciuta”. Del resto, come emerge dall’art. 2 della Costituzione, la personalità giuridica è, infatti, una caratteristica innata di ogni individuo, ed è riconosciuta dall’ordinamento (non semplicemente attribuita).

In Diritto internazionale, poiché il trust è regolato dalla legge scelta dal costituente (articolo 6 della Convenzione dell’Aja) la notifica dell’Autocertificazione della qualità di Legale Rappresentante a tutti gli effetti costituisce e fonda un Jersey Trust Autodichiarato. In esso, l’ “essere umano” (o meglio, come detto sopra l’ “essente umano”) è il Disponente (o Settlor) al di sopra di tutto, egli non ha giurisdizione di elezione se non quella “non scritta” della Legge Universale, preesistente ad ogni forma di diritto positivo. Il Disponente è il titolare originario dei beni (beni e diritti, ossia beni materiali, beni giuridici ed anche crediti) tra questi ultimi troviamo le predette finzioni giuridiche (Fictio iuris) (ved. nota [14]) create artificiosamente dallo Stato mediante la “Attestazione di avvenuta nascita” nonché la “Dichiarazione di nascita” (art. 2, L. 15 maggio 1997, n. 197; art. 30, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396) atti correlati alla formazione dell’ “Atto di Nascita”, di cui egli (Disponente) se ne spossessa mediante il trust segregandovi tali finzioni, valendosi dell’affidatario curatore Trustee – Legale Rappresentante che funge da sottoscrittore mandatario, il quale assume l’obbligo di amministrare e rappresentare detti beni segregati in trust per ogni esigenza notarile, legale, amministrativa, di notifica, ecc. come previsto dal Mandato / Accordo privato di trust. Una volta trasferito il diritto sui beni, si è soliti dire che il disponente “esce di scena”, non rivestendo più alcun ruolo all’interno del trust.

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[14] Finzioni giuridiche dette anche Funzioni giuridiche (Fictio iuris). Lo Stato, mediante la predetta “Dichiarazione di nascita” e conseguente Atto di Nascita attribuisce al nascituro l’appartenenza a due delimitate categorie: 1) SOGGETTO GIURIDICO (grafia maiuscola del nome e cognome), come attestato in seguito dalla Carta d’Identità, di pertinenza amministrativo – anagrafica a cura del Ministero degli Interni; 2) Persona FISICA (grafia del nome in alternato e del cognome in maiuscolo) di competenza della Procura della Repubblica, Ministero della Giustizia. Tutto ciò alla stregua delle tradizionali “finzioni pretorie” come la fictio civitatis del mondo regnato dalla cultura giuridica degli Antichi Romani che attribuiva fittiziamente la cittadinanza romana allo straniero, con lo specifico fine di conferirgli legittimazione processuale. L’astrazione – presunzione “finzione giuridica” tecnica evidente del Diritto, più vera del vero, è uno degli strumenti più importanti e interessanti per il mestiere del giurista: si presuppone come esistente (o come non esistente) qualcosa che non esiste (o che esiste), per far discendere in un certo caso determinati effetti, quelli che il diritto, in un determinato modo, già riconosce in altri casi. La culla della fictio è il diritto romano, nel quale essa nasce, in primo luogo, come fictio legis, a partire da quella introdotta con la legge Cornelia dell’81 a.C., che, per riconoscere effetti al testamento del civis romanus morto in prigionia (e la cui cattività, secondo le regole generali, lo aveva privato della capacità), consentiva di considerare il prigioniero come già morto nel momento in cui era caduto nelle mani dei nemici. La fictio in seguito si ripropone in molte ipotesi, sempre per l’intervento del legislatore. Ma si trasforma anche in fictio iuris, diventa, cioè, tecnica dell’interpretazione giuridica, come sarebbe accaduto – almeno per l’autore Yan Thomas – in occasione della formulazione del noto insegnamento per cui “conceptus pro iam nato habetur”.

CHI È VERAMENTE, L’INDIVIDUO, IN PUNTO DI DIRITTO?

È un essere umano titolare di Personalità Giuridica a cui sovente sono negati i diritti inalienabili sanciti in DUDU >>> goo.gl/Zt56BJ e in CEDU >>> goo.gl/9Buapv.

Ricorrendo al Diritto internazionale, che secondo la prassi è gerarchicamente fonte superiore alle leggi della Repubblica (ved. nota [15]) l’individuo “ex nihilo ens legis” (vale a dire -dal nulla, di legge-) trasformato in un’astrazione, una finzione giuridica per mezzo dell’atto di nascita istituito   strumentale al Sistema.

[15] L’articolo 10 comma 1 della Carta Costituzionale dispone che l’ordinamento giuridico si adatti automaticamente alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute, in quanto tali norme sono considerate parte integrante del diritto della Repubblica.
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TENTATIVO DI SINTESI

√ La AUTOCERTIFICAZIONE della QUALITÀ di LEGALE RAPPRESENTANTE (D.P.R. 28.12.2000, n. 445, Art. 46 lettera u) è un atto pubblico che fa prova legale, enuncia “stati, qualità personali o fatti a diretta conoscenza dell’interessato, ed in più esprime la volontà di azionare determinate condotte o atti. Di tale autocertificazione, in Diritto civile, la fidefacienza (veridicità) è requisito imprescindibile perché si possa considerare atto pubblico (Art. 2699 c.c., Art. 483 c.p.).

√ De facto, detta autocertificazione realizza un Jersey Trust Autodichiarato così vincolando ex novo al beneficiario i beni (beni materiali + beni giuridici come ad es. le Finzioni giuridiche o Fictio iuris) anteriormente intestati alle fictio iuris ed amministrate dal Trustee – Legale Rappresentante. La “segregazione dei beni” è aspetto saliente ed essenziale del trust e, secondo l’art. 11 della Convenzione de L’Aja costituisce l’effetto minimo del riconoscimento di un trust costituito in conformità della legge che lo regola. I beni conferiti al fondo in trust, dunque, sono segregati, vale a dire non appartengono né al Settlor/Disponente, né al Trustee e l’effetto segregativo trova legittimazione nella stessa Convenzione de L’Aja del 01/07/1985 ratificata dall’Italia con la Legge 09/10/1989, n. 364 entrata in vigore il 01/01/1992. La caratteristica più rilevante del trust è che i beni o i diritti oggetto dello stesso non vengono trasferiti ma concretizzano la sola apposizione di un vincolo di destinazione del patrimonio del Settlor/Disponente: i beni costituiscono un patrimonio separato, isolato da quello del Trustee, inattaccabile dai suoi creditori, poiché sono assenti formali effetti  traslativi.

Due sono le condizioni per cui i beni non possono essere aggrediti dai creditori del Settlor/Disponente, seppure tali cespiti siano “usciti” dalla sua sfera di appartenenza, a seguito del trasferimento al trustee:

    1. che il conferimento in trust sia ben anteriore al decreto ingiuntivo per insolvenza debitoria;
  1. di non essere in presenza di debitore esecutato e sottostante ad un procedimento di esecuzione forzata come il pignoramento.

AVVERTENZE

PER IL LETTORE POCO ESPERTO IN MATERIA
Il cittadino è prettamente obbligato alla “venerazione del Diritto positivo imperante”, aka, soggiogato com’è alla potestà giudiziale della legittima autorità statuale territoriale, ne risulta meccanicamente sottomesso. Lo scopo di questo articolo non è quello di istigare la sovversione, casomai è quello di suscitare una certa curiosità volta a valutare se non vi sia qualcosa che possa meritare la nostra disobbedienza legittima, al cospetto ed in forza della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Niente di illegale!
    1. CHE COSA PUÒ ESSERE OGGETTO DI UN TRUST? I beni che fanno parte di un patrimonio familiare o aziendale o parti di essi possono entrare in un trust, come a puro titolo di esempio: titoli di credito, conti bancari e somme di denaro, azioni, quote di società immobiliari, preziosi ed opere d’arte, quote di fondi comuni d’investimento, azioni quotate in Italia o all’estero, immobili ecc. Inoltre, in un trust può entrare sia la piena proprietà, sia la nuda proprietà di un bene.
    1. I TRUST INTERNI: AMMISSIBILITÀ IN ITALIA. Con il recepimento della convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, ratificata in Italia con legge 16 ottobre 1989, n. 364, entrata in vigore dal 1° gennaio 1992, l’istituto del trust è stato formalmente accettato nell’ordinamento italiano, ne discende l’ormai pacifica trascrizione dei beni ricompresi nel trust al trustee proprio per rendere concreto l’effetto segregativo (circolare Agenzia delle Entrate del 22 gennaio 2008, n. 3) essenza del trust, che altrimenti risulterebbe inopponibile a terzi. La legge regolatrice può essere sia quella del modello inglese, sia quella del modello internazionale, ossia emanata negli ultimi quindici anni da numerose ex colonie britanniche sedi di centri finanziari internazionali (Jersey, Guernesey, Isola di Man, Malta, Isole Cayman, Bermude, Bahamas), ovvero quella del modello dei paesi di civil law, come ad esempio i paesi sudamericani, il Licthenstein (treuhand), il Principato di Monaco, S. Marino e Israele.
    2. PER EFFETTO DELLA CONVENZIONE quindi, un cittadino italiano può istituire un trust – rapporti giuridici istituiti da una persona – con atto tra vivi o mortis causa per disporre dei propri beni e porli sotto il controllo di un trustee nell’interesse di uno o più beneficiari o per raggiungere un fine specifico.
    3. CARATTERISTICHE
      a) i beni del trust costituiscono un fondo separato e non fanno parte del patrimonio del trustee (cd. “segregazione del patrimonio del trust”);
      b) i beni del trust sono intestati al trustee;
      c) il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo di gestire o disporre dei beni secondo i termini del trust e le norme impostegli dalla legge.
      In breve, con la creazione di un trust, il settlor o disponente si spoglia di alcuni suoi beni e li trasferisce al trustee, che ne diviene proprietario. Il trustee deve esercitare il diritto di proprietà di cui è investito, secondo quanto stabilito nell’atto istitutivo e non a proprio vantaggio, bensì nell’esclusivo interesse del beneficiario o dei beneficiari indicati nell’atto istitutivo del trust, ovvero per il raggiungimento di uno scopo. Gli elementi distintivi di un trust sono quindi il trasferimento della piena titolarità del diritto di proprietà al trustee e la segregazione del patrimonio del trust.
    1. RICONOSCIUTA LA VALIDITÀ del “Trust Autodichiarato”. Vedi QUI.
    1. NOTA FISCALE TRUST AUTODICHIARATO. Vedi QUIQUI e QUI. Inoltre: tassazione dovuta in misura fissa (Cass. civ. sent. n. 21614/2016) (C.T.R. Campania sent. n. 4710 del 24.05.2017). Vedi QUI e QUI. L’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 43/e del 10/10/2009 prima e con la successiva circolare n. 61/e del 27/12/2010 poi, ha fornito un elenco di ipotesi in cui un trust è da considerare soggetto fittiziamente interposto, vale a dire non esistente.
  1. OBBLIGHI FISCALI
    Il “trust” nel Diritto positivo deve:
    – presentare annualmente la dichiarazione dei redditi (cfr. circolare 48/2007 dell’Agenzia delle Entrate), anche se trasparente;
    – acquisire un proprio codice fiscale;
    – ottenere la partita Iva laddove si eserciti un’attività d’impresa.
I dettami tributari del “trust” prevedono inoltre, obbligatoriamente, la tenuta delle scritture contabili, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 296/2006 all’articolo 13 del Dpr 600/73. I “trust” che hanno per oggetto esclusivo l’esercizio di attività commerciali devono tenere le scritture contabili previste dall’articolo 14, mentre quelli che esercitano attività commerciale in forma non esclusiva sono obbligati alla tenuta delle scritture contabili ex articolo 20 dello stesso Dpr 600. In base all’attività svolta, il “trust” può essere anche soggetto all’Irap.
INOLTRE:
  • PIGNORAMENTO INVALIDO se notificato ad un soggetto giuridico inesistente: il Trust. Vedi QUI e QUI. Difatti, come detto, i beni posti in Trust costituiscono, a tutti gli effetti, un patrimonio separato rispetto ai beni residui che compongono il patrimonio del Disponente e del Trustee.  Ne deriva, quale principale conseguenza, che i beni vincolati alle finalità del Trust, non potranno cioè essere oggetto di azioni cautelari o esecutive da parte di creditori personali:
    1. del Disponente, non essendo più gli stessi di sua proprietà;
    2. del Trustee;
    3. del/dei Beneficiari, ove esistenti, almeno nella misura in cui questi abbiano una mera aspettativa di godere in futuro del patrimonio e/o dei suoi frutti.
      [Circa lo scopo del trust, oltre che un beneficiario diretto del reddito del trust, vi può anche essere una figura diversa quale beneficiaria finale dei beni che residuano al termine del trust].

* * *

La Legge di Jersey [(Trusts Jersey Law del 1984, poi emendata dalla Trusts (Amendment) (Jersey) Law del 1989, dalla Trusts (Amendment No. 2) (Jersey) Law del 1991, dalla Trusts (Amendment No. 3) (Jersey) Law del 1996 e da ultimo dalla Trusts (Amendment No. 4) (Jersey) Law del 2006)] si sostanzia nell’affidamento dei beni a un trustee (non necessariamente un terzo) affinché questo li amministri. Si noti che trustee ben può esserlo a pieno titolo lo stesso disponente poiché la Convenzione dell’Aja ammette il “Trust autodichiarato” in quanto legittimo ed ammissibile, idoneo a segregare, nel patrimonio del disponente ovvero del trustee, i beni destinati allo scopo per il quale il trust è istituito.

Buon trust a tutti.

Gavuglio, R. video (Genova)

AGGIORNAMENTO 27/01/2017

EVIDENZIO CHE (a chi occorresse): Il trust non è né una persona giuridica né un ente dotato di una seppur minima soggettività giuridica, ma costituisce un insieme di rapporti giuridici – destinati in favore di beneficiari – che fanno capo al trustee. Il trustee non è il legale rappresentante del trust, ma è un soggetto proprietario di determinati beni e titolare di determinati rapporti giuridici nell’interesse dei beneficiari del trust. Il Trustee dispone, in osservanza di quanto stabilito nel regolamento del trust, dei diritti di cui è titolare ed è l’unico referente nei confronti dei terzi. Il pignoramento immobiliare effettuato contro il trust è nullo, perché effettuato verso un soggetto giuridicamente inesistente.
Cass. civ. Sez. III, 27-01-2017, n. 2043.

AGGIORNAMENTO 03/09/2018

Trusts (Amendment No. 7) (Jersey) Law 2018

03/09/2018 | TRUST (EMENDAMENTO n. 7) (JERSEY) LEGGE 2018

Preparativi
Articolo

1 Interpretazione
2 Articolo 1 modificato
3 Articolo 9 modificato
4 Articolo 9 bis modificato
5 Articolo 29 sostituito
6 Articolo 30 modificato
7 Articolo 34 modificato
8 Articolo 38 modificato
9 Articolo 40 modificato
10 Articolo 43 modificato
11 Articolo 43 bis inserito
12 Articolo 47 modificato
13 Citazione e inizio

TRUST (EMENDAMENTO n. 7) (JERSEY) LEGGE 2018

UNA LEGGE per modificare ulteriormente la legge Trusts (Jersey) 1984.

Adottato dagli Stati 22 marzo 2018
Sanzionato dall’ordine di Sua Maestà in Consiglio, il           23 maggio 2018
Registrato dalla Royal Court il 1 ° giugno 2018
GLI STATI , soggetta alla sanzione della Sua Eccelente Maestà in Consiglio, hanno adottato la seguente Legge –

1        Interpretazione n
In questa legge “legge principale” significa la legge Trusts (Jersey) 1984[1] .
2        Articolo 1 modificato
All’articolo 1, paragrafo 1, della legge principale, dopo la definizione “minore” è inserita la seguente definizione:
“‘Ufficiale’ significa –
(a)      nel caso di una fondazione, un membro del consiglio della fondazione;
(b)      nel caso di una società in accomandita semplice, un socio accomandatario o un socio accomandante che partecipa alla gestione della partnership;
(c)      nel caso di società di capitali diverse da quelle menzionate ai sottoparagrafi (a) e (b), un amministratore, dirigente, segretario o altro funzionario analogo della società;
(d)      nel caso di una società a responsabilità limitata, un partner;
(e)      nel caso di una società in accomandita semplice o di una società con personalità giuridica distinta, ad eccezione di una società a responsabilità limitata, un socio accomandatario o un socio accomandante che partecipa alla gestione della partnership; o
(f)       in ogni caso diverso da quelli menzionati nei sottoparagrafi (a), (b), (c), (d) ed (e), qualsiasi altra persona che pretende di agire in una delle capacità descritte in uno qualsiasi dei sottoparagrafi. (a), (b), (c), (d) ed (e); “.
3        Articolo 9 modificato
Nell’articolo 9 (2A) della legge principale, per la lettera (d) deve essere sostituito il seguente sottoparagrafo –
“(D)     non, nel determinare la capacità di una società o altra persona avente personalità giuridica, pregiudicare il riconoscimento della legge del suo luogo di costituzione o stabilimento, a seconda del caso;”.
4        Articolo 9 bis modificato
Nell’articolo 9A della legge principale –
(a)      al paragrafo (1) –
(i)       nella lettera (b) dopo la parola “qualsiasi” devono essere inserite le parole “o tutte”,
(ii)       dopo la parola “effetto” devono essere aggiunte le seguenti parole:
“E nel costruire i termini del trust, se il trust non è espresso come testamento o testamento o entrare in vigore dopo la morte del disponente, si presume che il trust abbia effetto immediato, salvo diversamente espresso “;
(b)      al paragrafo (2) –
(i)       per il sottoparagrafo (c) deve essere sostituito il seguente sottoparagrafo –
“(C)     di agire come, o dare indicazioni per la nomina o la rimozione di –
(i)       un funzionario di qualsiasi società, o
(ii)       un dirigente di una società a responsabilità limitata, una società in accomandita semplice o qualsiasi altra società con personalità giuridica separata,
in cui il trust detiene un interesse indipendentemente dal fatto che tale interesse nella società o nel partenariato sia interamente, parzialmente, direttamente o indirettamente detenuto dal trust; “,
(ii)       nella lettera (d) il termine “vincolante” è cancellato,
(iii)      alla lettera (e), dopo la parola “destra” devono essere inserite le parole “o chi agisce”;
(c)      dopo il paragrafo 3, è inserito il seguente paragrafo:
“(3A) La prenotazione o la concessione da parte di un disponente di un trust di –
(a)      qualsiasi interesse beneficiario nella proprietà della fiducia; o
(b)      alcuni o tutti i poteri di cui al paragrafo (2),
non costituisce di per sé il disponente o la persona a cui è concesso il potere o l’interesse beneficiario, un fiduciario “.
5        Articolo 29 sostituito
Per l’articolo 29 della legge principale è sostituito il seguente articolo:
“29     Divulgazione
(1)      Soggetto a qualsiasi ordine del tribunale, i termini di un trust possono –
(a)      conferire a una persona il diritto di richiedere la divulgazione di informazioni o un documento relativo al trust;
(b)      determinare l’estensione del diritto di qualsiasi persona alle informazioni o un documento relativo al trust; o
(c)      imporre a un trustee un obbligo di divulgare informazioni o un documento riguardante il trust a qualsiasi persona.
(2)      Soggetto ai termini del trust e a qualsiasi ordine del tribunale –
(a)      un beneficiario con il trust non essendo un ente di beneficenza;
(b)      un ente di beneficenza che viene indicato per nome nei termini del trust come beneficiario del trust; o
(c)      un esecutore,
può chiedere la divulgazione da parte del trustee di documenti che si riferiscono o formano parte dei conti del trust.
(3)      Soggetto a qualsiasi ordine del tribunale, un trustee può rifiutarsi di rispettare –
(a)      una richiesta di divulgazione di informazioni o un documento relativo al trust ai sensi del paragrafo (1) (a) o qualsiasi documento che si riferisce o fa parte dei conti del trust ai sensi del paragrafo (2); o
(b)      qualsiasi altra richiesta di divulgazione di informazioni o un documento relativo al trust,
se il trustee nell’esercizio della sua discrezione è soddisfatto che è nell’interesse di uno o più beneficiari, o dei beneficiari nel loro complesso, rifiutare la richiesta.
(4)      Nonostante i paragrafi (1), (2) e (3), fatti salvi i termini del trust e qualsiasi ordine del tribunale, un trustee non è tenuto a rivelare a qualsiasi persona informazioni o documenti che –
(a)      divulga le deliberazioni del fiduciario in merito al modo in cui il trustee ha esercitato un potere o discrezione o ha eseguito un dovere conferito o imposto al fiduciario;
(b)      divulga il motivo di ogni particolare esercizio di potere o discrezionalità o esecuzione di un dovere di cui al sottoparagrafo (a), o il materiale su cui tale ragione deve o potrebbe essere stata basata; o
(c) si      riferisce all’esercizio o al proposto esercizio di un potere o potere discrezionale, o alla prestazione o alla prestazione proposta di un dovere, di cui al sottoparagrafo (a).
(5)      Nonostante i termini del trust, su richiesta del trustee, di un esecutore, di un beneficiario o, con permesso del tribunale, di qualsiasi altra persona, il tribunale può emettere un ordine che ritenga opportuno determinare la misura in cui qualsiasi persona può richiedere o ricevere informazioni o un documento relativo al trust, in generale o in ogni caso specifico. “.
6        Articolo 30 modificato
L’articolo 30, paragrafo 11, della legge principale è abrogato.
7        Articolo 34 modificato
All’articolo 34 della legge principale –
(a)      al paragrafo (1), per le parole “si dimette, si ritira o viene rimosso” devono essere sostituite le parole “si dimette, si ritira, viene rimosso o cessa di essere un trustee”;
(b)      per il paragrafo (2) deve essere sostituito il seguente paragrafo:
“(2) L’     articolo 43 A si applica quando un trustee si dimette, si ritira, viene rimosso o cessa di essere un trustee.”;
(c) il      paragrafo (2A) è abrogato;
(d)      al paragrafo (3) per le parole “si dimette, si ritira o viene rimosso” devono essere sostituite le parole “si dimette, si ritira, viene rimosso o cessa di essere un trustee”.
8        Articolo 38 modificato
All’articolo 38 della legge principale –
a)      per i paragrafi (1) e (2) devono essere sostituiti i seguenti paragrafi:
“(1)     Fatto salvo l’articolo 15, i termini di un trust possono essere diretti o autorizzati –
(a)      l’accumulazione, per qualsiasi periodo, di tutto o parte del reddito del trust e la sua aggiunta al capitale; o
(b)      la conservazione, per qualsiasi periodo, di tutto o parte del reddito del trust nel suo carattere di reddito.
(2)      Fatto salvo l’articolo 15, i termini di un trust possono dirigere o autorizzare la distribuzione di tutto o parte del reddito del trust e mentre la fiducia continua a esistere e per tanto tempo e nella misura in cui –
(a)      il reddito del trust non è distribuito o richiesto per essere distribuito secondo i termini del trust;
(b)      non vi è fiducia nell’accumulare reddito e aggiungerlo al capitale, né nel mantenere introiti come carattere di reddito; e
(c)      non è esercitato il potere di accumulare reddito e di aggiungerlo al capitale, né di conservare reddito nel suo carattere di reddito,
il reddito del trust deve essere mantenuto come carattere di reddito.
(2A)    Fatti salvi i termini del trust, mentre il trust continua ad esistere, non ci deve essere un periodo di tempo entro il quale un potere di accumulare reddito e di aggiungerlo al capitale, di conservare reddito nel suo carattere di reddito o di distribuire reddito deve essere esercitato. “;
(b)      al paragrafo (3) (A) dopo il termine “beneficiario” devono essere inserite le parole “e aggiungerle al capitale o conservarle nel suo carattere di reddito”;
(c)      al paragrafo (5), per la parola “parte” devono essere sostituite le parole “tutto o parte”;
(d)      al paragrafo (6), per le parole “Qualsiasi parte” deve essere sostituita la parola “Tutti”;
(e)      al paragrafo (7), per le parole “Nessuna parte del trust” deve essere sostituita la parola “Trust” e dopo la parola “deve” deve essere inserita la parola “not”.
9        Articolo 40 modificato
All’articolo 40 della legge principale, dopo il paragrafo (5) è inserito il seguente paragrafo:
“(6) In     deroga ai paragrafi (3) e (4), le mele di cui all’articolo 43A in cui un trust è revocato in tutto o in parte.”.
10      Articolo 43 modificato
All’articolo 43 della legge principale, per il paragrafo (2) deve essere sostituito il seguente paragrafo:
“(2) In     deroga al paragrafo (1), l’articolo 43A si applica alla cessazione di un trust.”.
11      Articolo 43 bis inserito
Dopo l’articolo 43 della legge principale, sono inseriti i seguenti titoli e articoli:
“Sicurezza

43A    Sicurezza
(1)      Un trustee –
(a)      chi –
(i) si       dimette, si ritira, viene rimosso o cessa di essere un trustee, o
(ii)       distribuisce la proprietà di fiducia; o
(b)      di un trust che è stato risolto o revocato in tutto o in parte,
può, prima di distribuire o cedere proprietà fiduciarie, a seconda del caso, richiedere di fornire una ragionevole sicurezza per le passività, esistenti, future, contingenti o di altro tipo.
(2)      Laddove la sicurezza richiesta per essere fornita ai sensi del paragrafo (1) sia sotto forma di indennità, l’indennità può essere fornita in relazione a:
(a)      il trustee o una persona impegnata nella gestione o amministrazione del trust per conto del trustee;
(b)      uno o tutti i presenti, futuri o ex funzionari e dipendenti del fiduciario o della persona impegnata nella gestione o amministrazione del trust per conto del trustee; e
(c)      i rispettivi successori, eredi, rappresentanti personali o beni delle persone di cui alle lettere (a) e (b),
e qualsiasi persona nei confronti della quale l’indennità è fornita ai sensi del presente paragrafo può far valere i termini dell’indennità in modo autonomo (indipendentemente dal fatto che siano parti del contratto o di altri accordi che prevedono l’indennità).
(3)      Se un’indennità cui si riferisce il paragrafo (2) è prorogata o rinnovata da un contratto o da un altro accordo e tale contratto o altro accordo prevede un’indennità nei confronti di una delle persone di cui al paragrafo (2), tale persona può far valere i termini del risarcimento di per sé (indipendentemente dal fatto che siano o meno parti di quel contratto o altro accordo ) “.
12      Articolo 47 modificato
All’articolo 47 della legge principale –
a)      dopo il paragrafo 1, lettera b), sono inseriti i seguenti sottoparagrafi:
“(Ba)   qualsiasi persona, se il tribunale è convinto che nonostante uno sforzo ragionevole per trovare tale persona, la persona non può essere trovata;
(bb)     qualsiasi persona, se il tribunale è convinto che la persona rientra in una classe di beneficiari e che a causa del numero di persone che rientrano in tale classe, è irragionevole per la persona da contattare; “;
(b)      al paragrafo (2), per le parole “o (c)” devono essere sostituite le parole “, (ba), (bb) o (c)”.
13      Citazione e inizio
Questa legge può essere citata come Legge sui trust (emendamento n. 7) (Jersey) 2018 e entrerà in vigore 7 giorni dopo la registrazione.


http://www.ilgiornale.it/news/cronache/luomo-che-si-amministra-solo-cos-ho-stessi-diritti-dei-1528463.html

L’intento di questi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

scuro

L’Italia non ha mai fatto default

Dal 1800 a oggi, l’Italia non ha mai fatto default sul proprio debito. Non è mai fallita insomma.

Ecuador e Venezuela sono crollati 10 volte, Uruguay, Costarica, Brasile e Cile 9 volte, Argentina, Perù, Messico e Turchia 8.

E poi Austria, Spagna e Grecia. La Germania è fallita 4 volte.

La Grecia – che come l’Italia sta nella UE e ha l’euro – è l’unico dei Paesi avanzati ad aver fatto default dopo il 1950.

Servivano Unione Europea ed Euro a far correre il rischio per la prima volta nella sua storia all’Italia. [Gilberto Trombetta]

Siate buoni, non coglioni

[Da un avvocato francese] 

“Sono stato costretto a prendere coscienza dell’estrema difficoltà di definire cosa sia un infedele, per poter scegliere tra Allah o Cristo;  anche perché l’Islam è di gran lunga la religione in più rapida crescita nel nostro Paese.  Ho partecipato ad un tirocinio annuale di aggiornamento, necessario per rinnovare il mio nulla osta di sicurezza carcerario.

 In questa fase si è svolto l’intervento di quattro relatori, rappresentanti rispettivamente delle religioni cattolica, protestante, ebraica e musulmana, con l’intento di spiegare i fondamenti delle rispettive dottrine.

 Con grande interesse aspettavo la presentazione dell’Imam.

 Notevole la presentazione di quest’ultimo, accompagnata da una videoproiezione.

 Terminati gli interventi è iniziato il momento delle domande e delle risposte e quando è stato il mio turno ho chiesto:

 “Per favore correggetemi se sbaglio, ma credo di aver capito che la maggior parte degli Imam e delle autorità religiose hanno decretato la “Jihad” (guerra santa) contro gli infedeli in tutto il mondo, e che uccidendo un infedele (che è un obbligo imposto a tutti musulmani), si sarebbero assicurati il posto in Paradiso.  Se sì, puoi darmi la definizione di infedele?”

 Senza opporsi alle mie domande e senza la minima esitazione, l’Imam rispose:

 _”Infedele è ogni non musulmano”_.

 Ho risposto:

 “Allora ti assicuro che ho capito bene;  gli adoratori di Allah devono obbedire all’ordine di uccidere chiunque non appartenga alla tua religione per guadagnarsi un posto in Paradiso, non è vero?

 Il suo viso, che fino ad allora aveva avuto un’espressione piena di sicurezza ed autorità, si trasformò improvvisamente in quello di un ragazzo colto in flagrante con le mani in una zuccheriera!!!

 _”Esattamente”_, rispose in un sussurro.

 Ho ribattuto:

 “Quindi, confesso che ho difficoltà a immaginare il Papa che dice ai cattolici di massacrare tutti i vostri sostenitori, o il pastore Stanley che dice la stessa cosa per garantire a tutti i protestanti un posto in Paradiso”.

 L’Imam ha perso la voce!

 Ho continuato:

 “Trovo difficile anche per me considerarmi tuo amico, dal momento che tu e i tuoi confratelli incitate i vostri fedeli a tagliarmi la gola!”

 In più ho un’altra domanda:

 “Seguiresti Allah che ti ordina di uccidermi per ottenere il Paradiso, o Cristo che mi spinge ad amarti affinché anch’io possa accedere al Paradiso, perché Lui vuole che io sia con te?”

 In quel momento si sentiva volare una mosca, mentre l’Imam rimaneva in silenzio.

 Inutile dire che gli organizzatori e promotori del Seminario di Formazione non hanno particolarmente apprezzato questo modo di trattare il Ministro del culto islamico e di esporre alcune verità riguardanti i dogmi di questa religione.

 Nel corso dei prossimi trent’anni, nel nostro Paese ci saranno abbastanza elettori musulmani da poter insediare un governo di loro scelta, con l’applicazione della “Sharia” come legge.

 Mi sembra che tutti i cittadini di questo paese e del mondo dovrebbero essere consapevoli di queste righe, ma il sistema giudiziario e i media liberali combinati con la moda malata del “politicamente corretto”, non permetteranno in alcun modo che questo testo venga pubblicato. integralmente”.

 Grazie!

Gilbert Collard, cristiano, cittadino francese e avvocato

Ci sono 25 milioni di musulmani in Europa

…ed immaginando che una frazione minima, uno su mille, sia radicalizzato, questo significa avere un esercito di 25.000 potenziali terroristi in casa, che di fronte ad atti percepiti come forme di sterminio dei propri “confratelli” potrebbero attivarsi nel cuore dell’Europa.

Rispetto a questo quadro, proprio come in passato, la reazione della maggioranza è quella da rissa al bar: “Pensi che abbia paura? Ti faccio vedere io!”

Nel 1914 i più bramosi di menar le mani erano quelli che non si erano sbucciati neanche un ginocchio in tutta la loro vita, studenti e borghesia salottiera.

Oggi è la stessa cosa, con prevalenza dei salotti.

Una volta di più sarà l’imbecillità a distruggerci.

[via Andrea Zhok]

Quello che l’informazione non dice

Come al solito sui giornali le notizie importanti non vengono quasi mai riportate e, quando lo sono, vengono distorte o non gli viene dato lo spazio che meriterebbero. Impedendo così la nascita di un dibattito pubblico su tematiche cruciali per la vita di noi tutti.

È il caso della proposta di modifica dei trattati europei avanzata dal Parlamento europeo, nel dettaglio da Helmut Scholz, Guy Verhofstadt, Sven Simon, Gaby Bischoff e Daniel Freund.

Nella proposta i promotori chiedono che i Paesi membri cedano ulteriore sovranità all’Unione Europea.

Nello specifico la revisione dei trattati proposta chiede più poteri decisionali e legislativi della UE per quanto riguarda le politiche ambientali, quelle estere, quelle energetiche, quelle sanitarie, quelle industriali e sull’istruzione.

Si chiede anche la creazione di un esercito europeo e maggiori poteri all’Europol.

L’euro diventa inoltre la moneta ufficiale della UE (che vuol dire che chi aderisce alla UE deve anche adottare l’euro).

Insomma si chiede il sostanziale smantellamento di quello che resta delle sovranità nazionali.

Tutto questo nel silenzio complice di istituzioni nazionali e media di regime. [Gilberto Trombetta]

https://www.europarl.europa.eu/…/2023/09-14/1276737IT.pdf

I media e i sindacati

raccontano che una delle più note aziende italiane dell’automotive, la storica Magneti Marelli, è in crisi per via della transizione ecologica, cioè per non aver investito adeguatamente sull’elettrificazione.

In effetti la realtà è un’altra: l’azienda è stata ceduta anni fa da FCA al fondo speculativo statunitense KKR. Da quando sono arrivati, gli americani non hanno fatto altro che incentivare i tagli al personale, specie di chi era impegnato in ricerca e sviluppo. Non è mai stato presentato un piano industriale e gli ingegneri sono stati ceduti alla concorrenza.

Tutto ciò è avvenuto con l’avallo dei sindacati, CGIL in testa, e mentre stabilimenti di migliaia di lavoratori in pochi anni sono stati ampiamente ridotti, si favorivano investimenti nelle sedi estere (specie in India).

Al taglio del personale è seguita la chiusura di alcuni stabilimenti e da qui la mobilitazione dei sindacati che il mainstream ci racconta: la transizione ecologica è l’alibi per nascondere le responsabilità dei soliti fondi speculativi che da 30 anni vengono in Italia, rubano i marchi e, azzerata la produzione, rivendono all’estero.

KKR è lo stesso fondo a cui lo Stato Italiano starebbe cedendo TIM e che pare sia interessato anche al Lotto. Entrambe le società non hanno i bilanci in perdita, ma la Meloni ha stabilito che lo Stato deve fare cassa: nel caso del Lotto, a fronte di 10mld di incassi, il Ministero sta valutando di cedere le quote pubbliche per una rendita di 700mln annui.

La FCA (Stellantis) sta lavorando a scartamento ridottissimo anche nello stabilimento di Melfi e si aspetta la fine dell’anno per sapere cosa deciderà di fare. Se chiudesse, si perderebbero 6mila posti di lavoro e 3mila di indotto, ma dalle parti dei sindacati non vola una mosca. [Lisa Stanton]







La rete criminale COVID

Megachiroptera

Source: February 17, 2022; Analisi di Dr. Joseph Mercola [> Fact Checked <]

Il video, del Club tedesco Der Klaren Worte, o Club of Clear Words, fa un tuffo nella rete di individui e organizzazioni responsabili della truffa COVID.


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La beffa del green pass irrevocabile

Green pass: non si sospende in caso di soggetto infetto sottoposto all’obbligo di quarantena

Nella legge italiana che istituisce il Green pass c’è un passaggio controverso, potremmo dire una vera e propria beffa, che rende il certificato verde irrevocabile anche nei confronti di chi si è infettato. Questa situazione potrebbe rappresentare una bomba ad orologeria, uno scoop in grado di minare l’attendibilità e la finalità del sistema istituito per limitare i contagi.

In pratica, l’app VerificaC19, ossia il software che legge i Qr-Code, non è in grado di verificare se il possessore del Green pass ha contratto il virus in un momento successivo al rilascio del Green pass stesso ed è pertanto soggetto all’obbligo di quarantena. Quarantena che, lo ricordiamo, per i vaccinati è solo di sette giorni

Questo significa che una persona affetta da Covid-19, ma con il Green pass ancora in corso di validità, potrebbe facilmente entrare in un locale, sedere a un tavolo, parlare magari con altre persone che hanno ottenuto il Green pass grazie a un tampone negativo e che, perciò, non sono “coperte” dagli effetti più gravi del virus. 

In buona sostanza, avremo dei soggetti portatori dell’infezione che, in buona o malafede, faranno circolare i contagi. 

Questa situazione si aggrava se si tiene conto – così come è stato spiegato in questi giorni – che in chi è vaccinato il virus si ferma alle vie aeree, ossia nelle narici, e quindi si manifesta con un semplice raffreddore. Chi mai, allora, solo perché ha starnutito qualche volta, vorrà fare un tampone per verificare se sia davvero affetto dal Covid? E dunque i detentori di Green pass saranno, a tutti gli effetti, degli untori involontari.

Senza contare ovviamente le immancabili persone in malafede che, pur sapendo di avere il Covid, e confidando sul fatto che il Green Pass non è soggetto a sospensione, continueranno a circolare.

Ma perché mai il Green pass non si sospende per chi, seppur vaccinato, contrae il virus? Perché non esiste in Italia un sistema che metta in pausa la validità del certificato verde in caso di malattia o frode, in modo che una persona con il Qr-Code valido non possa andarsene in giro quando dovrebbe invece effettuare la quarantena? Semplice: perché ciò avrebbe richiesto un sistema di collegamento tra l’app di lettura del Qr-Code alle banche dati contenenti le informazioni sanitarie dei cittadini. Ci sarebbe cioè stato un accesso diretto, da parte di personale non autorizzato (i gestori dei locali e gli stewart degli eventi) ai dati sulla salute degli utenti.

E tutto ciò nonostante, sulla carta, le norme che regolano l’utilizzo dei Green pass dicano a chiare lettere che la certificazione verde potrà essere revocata da una struttura pubblica, da un medico di medicina generale o da un pediatra di libera scelta, nel codice dell’applicazione VerificaC19 non esiste un sistema per farlo. Tuttavia, chi dovrebbe revocare il Green pass, o meglio sospenderlo, sono le autorità sanitarie locali, le Asp, ma mancano le circolari che conferiscano loro tali poteri.

Dall’altro lato, il barista o il ristoratore che chiede il certificato verde non è tecnicamente attrezzato per sapere se il cliente è positivo o negativo nonostante il possesso del certificato. Infatti l’app Verifica C19 lavora offline, senza collegamento ad Internet, quindi non è in modalità dinamica, fa solo un controllo formale sulla validità del Green pass iniziale ma non sa se poi è stato revocato o sospeso (sospenderlo sarebbe la soluzione più corretta, perché poi il Green pass tornerebbe valido quando il vaccinato è guarito, altrimenti occorrerebbe rilasciarne uno nuovo).

Insomma, non siamo dinanzi a un bug dell’app o a una dimenticanza della legge ma a una vera e propria limitazione voluta per rispettare l’altrui privacy. Privacy che però, in questo caso, si riversa in un problema di carattere collettivo.

Questo è solo una delle tante contraddizioni del Green Pass. D’altronde anche il termometro scanner, che misura la temperatura corporea delle persone all’ingresso di locali pubblici e centri commerciali, potrebbe violare la privacy, quando emette l’avviso luminoso o sonoro che avvisa gli addetti del fatto che il soggetto ha la febbre (infatti il Garante privacy ha chiarito che la temperatura può essere misurata ma non deve essere raccolta, cioè registrata e conservata, perché altrimenti si avrebbe un trattamento non autorizzato di dati personali). Il ministero della Salute dovrebbe trovare un sistema che permetta di rispettare la privacy dei cittadini e, nel contempo, consenta la revoca temporanea delle certificazioni, almeno in caso di attestata positività. Altrimenti, il risultato sarà simile a nascondere la polvere sotto il tappeto. https://www.laleggepertutti.it/513441_la-beffa-del-green-pass-irrevocabile

Arte di ascoltare

Non ce ne avvediamo, ma è raro che noi sappiamo realmente ascoltare un interlocutore.

Eppure una grande ricchezza interiore, un’animazione nuova e creativa ci possono venire dal saper ascoltare e forse ancora qualcosa di più essenziale che tenteremo descrivere. Per solito non ascoltiamo l’altro, ma noi stessi: crediamo di seguire il filo del discorso dell’altro, ma seguiamo invece la nostra confutazione, una sorta di borbottío psichico che continuamente si interpone tra noi e l’interlocutore: ed è il nostro giudizio. Crediamo di avere afferrato un contenuto, ma ancora una volta non abbiamo altro che la nostra segreta opposizione al mondo. Si provi una volta a tacere interiormente, a non intervenire con la propria immediata confutazione o con la propria passiva accettazione: si lasci giungere nell’anima il suono della voce di chi parla, il senso delle sue parole: si ascolti realmente, per conoscere nella sua interezza che cosa ci viene comunicato. Si scoprirà che si tratta di un atteggiamento nuovo, che non s’era mai prima di allora sperimentato: si sentirà farsi in noi una calma che può accogliere l’altro e che può dargli modo di esprimersi con una libertà che in lui tende normalmente ad affermarsi, ma che viene sempre respinta dal non trovare risonanza all’esterno. Non dovrebbe sembrare immagine retorica il sentire che colui che è dinanzi a noi e ci parla, proprio in quanto in quel momento stabilisce un rapporto vivo con noi, è l’essere più importante del mondo: è il rappresentante dell’umanità, è noi stessi. Nel tacere, nel vietarsi di confutare e di commentare, si ascolta veramente l’altro e lo si aiuta, lo si conosce nella sua profondità, si può rilevare in lui quello che v’è di più singolare e che altrimenti, non venendo ad espressione, andrebbe perduto per il mondo. Si provi a usare questo atteggiamento con un essere semplice, a cui non si è usi attribuire importanza: per esempio con un bimbo, con una domestica, con uno spazzino: si può scoprire nell’ascoltarlo con quanta ottusità ci si comporta di solito, vietandosi di far giungere effettivamente a noi il messaggio essenziale che può venirci da un individuo qualsiasi. Ci si avvede che noi, con giudizi già belli e costituiti, anzi con un abito giudicante regolamentare, ci chiudiamo ai significati più vivi, alle singolari espressioni degli esseri, che sono la pulsante vita del reale. Si può scoprire che non v’è creatura da cui non si abbia da imparare qualcosa, che si L’Archetipo – Agosto 2011 45 può rimanere silenziosi ad accogliere la comunicazione di un essere semplice lasciando cosí che la sua anima si immerga nella nostra e vi rechi risonanze che fanno parte del mistero meno conoscibile della vita interiore e a cui sarebbe difficile trovare altro linguaggio che quello dell’arte o della filosofia. Si reca un concreto giovamento a colui che ci parla, se lo si sa ascoltare: lo si aiuta come se gli si dischiudesse il varco ad un più fecondo incontro con se medesimo. L’interlocutore sente che infine è ascoltato, ossia compreso, sente che può varcare la chiusura della propria individualità e riversarsi nel mondo, perché in quel momento chi lo ascolta è il mondo intero. La parola allora si ravviva del “calor cogitationis”, in cui filtra l’intelligenza del cuore e nasce quella comunione che è il germe della vera socievolezza, ossia della fraternità. Chi sa ascoltare diviene il sollecitatore di quanto di meglio può scaturire dall’anima dell’interlocutore: lo fa sbocciare in sé, lo rende artista e, propiziando una migliore relazione fra la psiche di lui e il mondo esteriore, giova anche alla sua salute fisica. È un’arte non facile, soprattutto perché di solito non si sa dimenticare se stessi se non nei gesti e negli atti istintivi: mentre ci si ricorda troppo di sé, delle proprie opinioni, delle proprie preferenze, quando si è presenti a se stessi. Ricondurre al silenzio il proprio opinare, il proprio reagire, dà peraltro una grande calma. Si potrebbe obiettare che una tale attitudine attenua la coscienza di sé ed elimina quello spirito critico che nell’esperienza normale ci garantisce la scelta del vero e del buono. Ma la realtà è che una scelta secondo verità non possiamo farla se prima non ci poniamo dinanzi i contenuti quali sono e non lasciamo che essi ci rivelino la loro realtà. Immergendosi nell’ascoltazione dell’altro, l’uomo estingue in sé l’“io” più effimero o più egoistico, quello che borbotta, critica, soggettivizza, quello che riduce tutto a termini dialettici: è evidente perciò che quello che sta ad ascoltare è il vero “Io”, o Io superiore. Il buon ascoltatore diviene calmo e prova quella rara esperienza che fa accogliere gli interessi dell’altro come interessi propri: esperienza che rafforza la volontà, libera dall’angoscia e dalla paura, chiarisce il senso di ciò che comunemente si chiama “amore verso il prossimo”, ma che rimane espressione verbale, mera immagine, se non lo si attua attraverso una pratica, che concretamente svincoli da se stessi. Il potere della volontà scorre creativamente nell’uomo che sappia stabilire in sé un silenzio non artificioso, narcisistico, retorico, ma un silenzio dedito alla conoscenza degli uomini e delle cose, vastamente aperto a tutti i suoni e le espressioni dell’essere: per cui l’individuo non opponga continuamente se stesso al messaggio del mondo ma offra la sua interiorità perché questo vi si esprima in pienezza.

[In: «Corriere Mercantile» di Genova, del 26 giugno 1954, Massimo Scaligero]

Protetto: Sulle ali della delicatezza : Capstan Original Navy Cut

La Pipa Parlante...

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I Virginia. Avvicinarsi a questa tipologia di tabacco non è mai facile : bisogna saperli prendere, scoprire il modo in cui fumarli e soprattutto lasciarsi andare totalmente ad essi. Il mondo dei Virginia è fatto così, lento, gentile, delicato. Non lo si può fumare come viene, nella prima pipa che ci sta sottomano. Ha bisogno di essere trattato con tutte le misure del caso, e per questo penso che, è raro godersi appieno un tabacco di tale categoria se non si è consci del fatto che nel momento, si è soli in due : il fumatore ed il tabacco.

Da tempo mi sono addentrato nel profumato mondo dei Virginia, fumandone un bel po’. E non è stato semplice capirli : se nell’approccio vi è della materialità, della mancanza di attenzione, di tatto e della faciloneria, il Virginia, rischia di trasformarsi in aria calda e basta. Non ci regala niente, chiudendosi…

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E ora?

La Sez. III del Consiglio di Stato, Presidente Franco Frattini, con Ordinanza 7079/20 dell’11 dicembre, emanata in via d’urgenza, su ricorso di circa 60 Medici di “base”, ha statuito che è legittimo in quanto produttivo di risultati positivi, curare per tempo (a casa e senza necessità di ospedalizzazione) il Covid-19 con la idrossiclorochina che costa solo 6 euro a confezione e che una volta si comprava in tabaccheria con il nome “Chinino”! E che tale farmaco costituisce una cura efficace che può portare a guarigione.

E allora tutti gli allarmi e la campagna terroristica mediatica? E ora il lercio governo in carica cosa farà? E il Conte Tacchia? Non avranno più la scusa per strumentalizzare l’emergenza per rimanere con i loro inverecondi culi attaccati alla poltrona!

E il figlio di Bernardo Mattarella che si è obiettivamente giovato di una “emergenza” strumentalizzata, e che per essa vorrebbe giustificare la sua ostinata inerzia, che farà ora?

E il triste e tristo Roberto Speranza che non consentiva le autopsie ora che farà? E di tutti i Morti che ne sono seguiti a causa di terapie sballate che invece di curare uccidevano, chi ne risponderà?

E le infami Case farmaceutiche che, accecate di avidità, producono farmaci e vaccini che possono essere letali, ora cosa faranno?

Ma soprattutto il “Barone brigante” – Mark Zuckerberg – così come è stato definito in sede di audizione parlamentare dal Senatore del Texas, Prof. Avv. Ted Cruz, che lo ha moralmente schiaffeggiato, cosa farà ora?

“Oscurerà” questo mio “post”? Disattiverà la mia “pagina”? Continuerà a fare da “palo” alle Case farmaceutiche e a Josip Bidenic?

AUGUSTO SINAGRA

[ex magistrato, copiato ed incollato].

2500 Euro, poi ci pensa Allah

LAMPEDUSA

l’immigrato all’hotspot: “Mangiamo male e c’è troppa ressa. L’Italia deve darci casa e lavoro”

L’HOTSPOT DI CONTRADA IMBRIACOLA, LAMPEDUSA

sta in una conca. All’interno ci sono tre corpi di fabbrica, più uno più piccolo dove alloggiano i minori. Su tre lati è perimetrato da mura in cemento e inferriate. Il quarto è il punto debole. C’è un falsopiano. Una montagnola. Argillosa. Brulla. Sulla rete di recinzione ci sono due buchi. Ed è lì che i migranti passano per aggirare l’ingresso principale, che è presidiato dai bersaglieri di piantone. Violano la quarantena, escono e seguono un sentiero, accidentato, passando tra vecchi muri di pietre impilate e fichi d’india. Da lì imboccano la strada principale e vanno verso il paese. Alcuni cercano solo un attimo di svago, una boccata d’aria. Il centro esplode. La nave Azzurra, affittata dal governo per alleggerire l’affollamento dell’hotspot lampedusano, ha portato via solo 350 migranti. C’era vento forte, allora si è spostata prima in rada e poi a Trapani. Ne sono rimasti circa settecento. In un centro che ne può accogliere una novantina al massimo. Altri invece danno noia alla gente del posto e ai villeggianti. Piccoli furti, violazioni di domicilio, sporcizia, rifiuti lasciati un po’ ovunque e cose così. Oltre al fatto che potrebbero essere veicolo di contagio.

2.500 EURO

Rami guida una colonna di quattro tunisini in fuga. È l’unico che ha la mascherina. (abbassata sotto al mento) e il solo che parli inglese. «Dove vai?», gli urla il cronista dalla sommità dell’altopiano. «Vado a comprarmi un po’ di pane», risponde. Poi si avvicina. Ha voglia di parlare. «Sono venuto qui, ma non resterò in Italia», precisa. «Sono stato in Svezia e Norvegia. Lì ha vissuto dieci anni. C’è la mia famiglia, la mia compagna». Poi si sa come sono questi governi scandinavi. Se ti scade il permesso di soggiorno, ti rimandano indietro. Mica si impietosiscono. «Ma io devo tornare lì da mia figlia, in un modo o nell’altro. Prendere l’aereo era impossibile, allora mi sono imbarcato». Ha prenotato il suo passaggio con gli scafisti. Partenza da Monastir. «Quanto ho pagato il viaggio? Duemila e cinquecento euro. Sì-sì-sì, lo so che è illegale…»

PROSEGUE…

«tanto il vostro governo fa solo bla-bla-bla, tante chiacchiere…». Ci aveva provato già l’anno scorso, a venire in Italia, ma al Viminale sedeva un tizio meno simpatico e l’hanno rimandato indietro. «Quest’ anno sono tornato di nuovo. L’80 per cento delle persone che sono qui viene dalla Tunisia. Questo è il nostro mare. È come il nostro mare». Rami fa il meccanico. «Ho aggiustato auto in Norvegia per sette anni. Ora tornerò da mia figlia», insiste. «Come non lo so, devo parlare con la mia compagna. In qualche modo farò». Paura del virus? Fa spallucce: «Eravamo in molti su una barca di mezzo metro, per sei ore. Uno addosso all’altro. Ma quale distanziamento… Il coronavirus è dappertutto. Decide Dio». Ci pensa Allah. Quella di Kareem, invece, non è proprio fuga, è più voglia di qualcosa di buono. «Non mi piace la mensa nell’hotspot», si lamenta. «Troppa gente. Non è accogliente. Devi stare in fila. Tutti accalcati. Poi prendi il tuo cibo precotto e vai a mangiare dove capita. Non fa per me. Ho voglia di un dolcino. Hai presente quelli con la mandorla?».

Sneaker bianche, jeans skinny, polo con fantasia floreale, borsello. Dentro c’è il suo tesoretto: «Sì, ho un po’ di soldi con me». D’altronde lui, non si sa come, non ha dovuto pagare per la traversata: «C’era un mio amico a bordo e mi ha detto: “Vieni con me”. E sono andato. Gratis». Kareem è libico. Ed è gay. Ci tiene a sottolinearlo. Perché lì «noi Lgbt ce la passiamo male. Io sono un rifugiato. Ho pieno diritto di essere qui». E ci vuole rimanere: «Mi piace l’Italia, ma non questa qui». Si guarda intorno e fa una faccia schifata. Lampedusa non gli va. «Mi piacciono le grandi città. Andrò a Torino. Per la Juventus? Ma no! Non mi interessa il calcio…».

RISSE E COLTELLI

Ventuno anni. «Studio all’università, facoltà di giurisprudenza», racconta, «voglio diventare un avvocato per difendere tutti questi ragazzi che sono qui nell’hotspot». Poi però ammette di aver violato la quarantena uscendo dal centro di accoglienza. «Ma vabbè dai, lo fatto tutti…» e sorride. Infine manda un messaggio al premier Giuseppe Conte: «Mi aspetto che il governo italiano mi dia una casa e un lavoro. Io mi impegnerò a imparare la lingua». Stare nell’hotspot non gli piace. Vuole andarsene via quanto prima: «Lì ci sono tutti quei tunisini» e fa un’altra faccia schifata. La convivenza tra diverse etnie, a Contrada Imbriacola, è un bel problema. Nel 2011 a causa delle risse continue, dovettero imbullonare le sedie: se le tiravano contro. Altri invece avevano smontato i materassi e utilizzavano le molle interne come armi. Per regolamenti di conti sommari. «Molti turisini scappano dalle galere», spiega Angela Maraventano, ex senatrice della Lega e coordinatrice lampedusana del Carroccio, «il problema non si risolve spostando i migranti, ma facendo un blocco navale». [via liberoquotidiano]

● “Divorzio” tra Banca d’Italia e Tesoro (1981)

Gli Italiani devono prendere coscienza, come cittadini e come Nazione, che tutti i giudizi sommari e incompetenti sulla storia economica italiana recente, regolarmente propinati da stampa, televisione e politici alla popolazione, sono completamente smentiti dai reali dati storici e dalle statistiche macroeconomiche.

La Repubblica Italiana, orfana della leva monetaria ceduta alla BCE già alla fine degli anni ‘90 e totalmente vincolata, per quanto concerne la leva fiscale, agli impegni improvvidamente assunti con il “Patto di Stabilità e crescita” del 1997, con il “Trattato di Lisbona” del 2007 e con il “Patto di bilancio europeo” o “Fiscal Compact” del 2012, da molti anni ha rinunciato a qualsiasi forma di sostegno alla domanda aggregata, con effetti macroeconomici deleteri.

È noto che secondo la dottrina di Keynes, per ogni punto di spesa pubblica in più il c.d. “moltiplicatore” incrementa il PIL in modo più che proporzionale rispetto allo stock di debito, di modo che il rapporto debito/PIL migliora. Per ogni punto di spesa pubblica in meno, invece, il c.d. “moltiplicatore” riduce il PIL in modo più che proporzionale rispetto allo stock di debito, di modo che il rapporto debito/ PIL peggiora.

Un recente studio del Fondo Monetario Internazionale a cura di Nicoletta Batini, Giovanni Callegari e Giovanni Melina conferma che un taglio della spesa pubblica dell’1% del PIL provoca un calo del PIL fino al 2,56% per l’Eurozona, del 2% per il Giappone e del 2,18% per gli Stati Uniti. Per l’Italia si va dall’1,4% all’1,8%. I dati storici della finanza pubblica italiana confermano mediamente questo assunto. Se il governo Berlusconi aveva lasciato un rapporto debito/PIL del 120,10%, le politiche di austerità dei governi Monti e Letta hanno sensibilmente peggiorato tale rapporto portandolo, secondo le stime OCSE per il 2014, al 134,2%.

Una politica economica espansiva, al contrario, non solo avrebbe prodotto effetti virtuosi sul rapporto debito/PIL, ma avrebbe anche cagionato un aumento del gettito tanto delle imposte erariali, quanto della contribuzione INPS, in conseguenza dell’accrescimento della base imponibile.

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In tal modo, sarebbero stati superflui gli aumenti della pressione fiscale e i tagli alla spesa pubblica, in particolare le immancabili riforme della previdenza con relativo aumento dell’età pensionabile, nonostante un bilancio INPS la cui tenuta di lungo periodo è stata confermata anche nel febbraio 2014 dall’Istituto.

Le politiche di austerità, a livello teorico, si fondavano sul noto studio del 2010 di Rogoff e Reinhart sul rapporto tra crescita e debito pubblico, clamorosamente confutato dal successivo studio di Thomas Herndon, Michael Ash e Robert Pollin dell’Università di Amherst del Massachusetts.

In Italia, i sostenitori dell’austerità si sono basati anche sull’errato argomento secondo cui il debito pubblico dipende da un eccesso di spesa pubblica. Per quanto concerne, ad esempio, la spesa per il pubblico impiego, un recente studio ha dimostrato che la quota di dipendenti pubblici in Italia è solo del 5,8% sul totale della popolazione, contro il 9,2% del Regno Unito e il 9,4% della Francia. Ma l’argomento più forte è sempre fornito dai dati storici: dal 1991 al 2008, l’Italia ha costantemente registrato un “avanzo primario”, cioè una differenza tra entrate e spese dello Stato, al netto degli interessi, in attivo. L’attuale stock di debito pubblico si è formato negli anni ’80 esclusivamente in conseguenza di un evento storico ancora poco conosciuto, ma di fondamentale importanza nella storia economica e politica dell’Italia unitaria: il famigerato “divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro”.

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Fino al 1981, l’Italia godeva di una piena sovranità monetaria garantita dalla proprietà pubblica dell’istituto di emissione, “ente di diritto pubblico” ai sensi della legge bancaria del 1936, controllato dallo Stato per il tramite delle “banche di interesse nazionale” e degli “istituti di credito di diritto pubblico”. Dal 1975 la Banca d’Italia si era impegnata ad acquistare tutti i titoli non collocati presso gli investitori privati. Tale sistema garantiva il finanziamento della spesa pubblica e la creazione della base monetaria, nonché la crescita dell’economia reale.

Lo Stato poteva attingere, fino al 1993, a un’anticipazione di tesoreria presso la Banca d’Italia per il 14% delle spese iscritte in bilancio e deteneva, fino al 1992, il potere formale di modificare il tasso di sconto.

E’ peraltro degno di nota che fino al 1981, contrariamente al luogo comune che la vorrebbe “spendacciona” e finanziariamente poco virtuosa, l’Italia aveva la quota di spesa pubblica in rapporto al PIL più bassa tra gli Stati Europei:

● 41,1% contro il 41,2% della Repubblica Federale Tedesca,

● 42,2% del Regno Unito,

● 43,1% della Francia,

● 48,1% del Belgio

● 54,6% dei Paesi Bassi.

Il rapporto tra debito pubblico e PIL era fermo nel 1980 al 56,86%.

LO+SME+E+L’ECU

Il 12 febbraio 1981 il Ministro del Tesoro Beniamino Andreatta scrisse al Governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi una lettera che sancì il “divorzio” tra le due istituzioni. Il provvedimento, formalmente giustificato dall’intento del controllo delle dinamiche inflattive generatesi a partire dallo shock petrolifero del 1973 e susseguente all’ingresso dell’Italia nel Sistema Monetario Europeo (SME), ebbe effetti devastanti sulla politica economica italiana.

Dopo il divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro, lo Stato dovette collocare i titoli del debito pubblico sul mercato finanziario privato a tassi d’interesse sensibilmente più alti. In conseguenza di ciò, durante gli anni ’80 si assistette a una vera e propria esplosione della spesa per interessi passivi. Se alla fine degli anni ’60 essa si assestava poco sopra il 5%, nel 1995 aveva raggiunto circa il 25%. Il tasso di crescita della spesa per interessi tra il 1975 e il 1995 fu del 4000%. In valori assoluti, la spesa per interessi passivi, sostanzialmente stazionaria fino a quell’anno, passò dai 28,7 miliardi di Lire del 1981 ai 39 dell’anno successivo, fino ai 147 del 1991. Negli anni ‘80 il rapporto tra spesa pubblica e crescita del PIL fu praticamente stabile. Il deficit salì invece, proprio nell’anno del divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro (1981), al 10,87 % rispetto al 6,97% del 1980, mantenendosi su tale valore per tutto il decennio successivo.

La crescita del deficit annuo rispetto al PIL, derivante dalla spesa per interessi passivi, portò in pochi anni il rapporto debito/PIl dal 56,86 del 1980 al 94,65% del 1990, fino al 105,20% del 1992. Tale rapporto, nonostante le politiche di austerità degli ultimi 20 anni, non è diminuito ma è rimasto stabile fino alla crisi finanziaria del 2008.

I dati macroeconomici della crescita del deficit e del debito rispetto al PIL, non dipendendo da aumenti della spesa corrente o per investimenti; essi sono interamente imputabili alla spesa per interessi passivi esplosa in conseguenza del divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro, il cui ruolo nella crescita dello stock di debito pubblico fu ammesso dallo stesso Andreatta nel 1981: “Naturalmente la riduzione del signoraggio monetario e i tassi di interesse positivi in termini reali si tradussero rapidamente in un nuovo grave problema per la politica economica, aumentando il fabbisogno del Tesoro e l’escalation della crescita del debito rispetto al prodotto nazionale. Da quel momento in avanti la vita dei ministri del Tesoro si era fatta più difficile e a ogni asta il loro operato era sottoposto al giudizio del mercato”.

chi sono i mercati-

[FOTO SOPRA: CHI SONO “I MERCATI?” ECCOLI. GLI SPECIALISTI IN ACQUISTI DI TITOLI DI STATO]

 

Come riconosciuto da Andreatta, il divorzio nacque come “congiura aperta” tra Ministro del Tesoro e Governatore della Banca d’Italia, “nel presupposto che a cose fatte, sia poi troppo costoso tornare indietro”. Esso segnò una tappa importante in quel processo eversivo della nostra Costituzione economica, iniziato nel 1979 e culminato tra il 1992 e il 2002 con la firma del Trattato di Maastricht e la definitiva introduzione dell’Euro.

Una nuova concezione della politica economica ormai marcatamente ordoliberista e vergognosamente non più indirizzata verso i valori sociali fondamentali del moderno Stato nazionale sovrano, ovvero la tutela della sovranità nazionale, la piena occupazione e l’estensione della sicurezza sociale, ma unicamente e dannatamente verso principi quali la presunta indipendenza delle banche centrali, la dubbia “stabilità dei prezzi”, il feticcio del “pareggio di bilancio” e la “banca universale” dedita furbescamente e simultaneamente all’attività di deposito e risparmio da un lato, e di speculazione finanziaria dall’altro …una concezione economica in cui il ruolo centrale non è più quello dello Stato Nazionale Sovrano, ma quello delle banche, ormai titolari incontrastate del controllo della leva monetaria in un sistema in cui la “moneta bancaria” soppianta la “moneta statale” e in cui la speculazione finanziaria muove un giro d’affari pari a molte volte il PIL delle principali Nazioni del mondo.

Nell’anno del fallimento di Lehman Brothers e dell’inizio della più devastante crisi economica della nostra storia, il rapporto debito/PIL italiano era al 106,09%, per poi superare in pochi anni il 130%. La crisi ebbe origine nell’espansione abnorme del mercato dei derivati, dei mutui immobiliari e della finanza speculativa privata, ormai affrancata dai vincoli che sotto il regime dell’abrogato “Glass-Steagall Act” americano e della legge bancaria italiana del 1936, vietavano l’esercizio congiunto dell’attività bancaria di deposito e risparmio da un lato e di speculazione finanziaria dall’altro. Immancabile fu il conseguente contagio nei confronti della finanza pubblica, indotto da un triplice ordine di fattori:

  1. la decisione dei governi occidentali e del Giappone di impiegare, a spese dei contribuenti, l’enorme somma di 30.000 miliardi di dollari per il salvataggio delle banche private;
  2. l’effetto “spread” sui titoli di Stato nei paesi periferici dell’eurozona, in conseguenza del c.d. “ciclo di Frenkel” generatosi a seguito dei differenziali inflattivi interni all’area valutaria non ottimale dell’Eurozona;
  3. i contraccolpi negativi delle politiche di austerità, con conseguente riduzione del PIL, della base imponibile e del gettito fiscale.

Si osservi per inciso che mentre ai Governi è preclusa ogni forma di spesa a deficit, in nome del controllo dell’inflazione e della stabilità dei prezzi, sull’altare del salvataggio delle banche si bruciano somme pari a diverse volte il valore del PIL di una grande Nazione industriale, senza che peraltro questo comporti spirali inflattive di sorta. Ed è opportuno rammentare che il controllo dell’inflazione fu il pretesto usato per il divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro nel 1981, benché fosse già allora chiaro che non è l’offerta di moneta a generare inflazione, almeno nella misura in cui l’incremento della base monetaria va a finanziare spese di investimento e a movimentare risorse economiche reali non utilizzate, ma è la crescita dei prezzi dovuta a fattori esogeni (negli anni ’70, lo shock petrolifero del 1973 e la nuova politica dell’OPEC) a generare una crescita della base monetaria. Senza tenere conto che un’inflazione non elevata, ma più alta di quella attuale consente allo Stato di finanziarsi in regime di “repressione finanziaria”, ovvero a un tasso più basso di quello di inflazione.

Dicevo… gli Italiani devono prendere coscienza, come cittadini e come Nazione, che tutti i giudizi sommari e incompetenti sulla storia economica italiana recente, regolarmente propinati da stampa, televisione e politici alla popolazione, sono completamente smentiti dai reali dati storici e dalle statistiche macroeconomiche. Difatti, dalla fondazione della Repubblica al Trattato di Maastricht, l’Italia fu per quasi cinquant’anni il primo Stato al mondo per crescita economica, diventando negli anni Ottanta la quinta potenza economica mondiale per Prodotto Interno Lordo in valori assoluti.

Ciò avvenne grazie alla proficua sinergia tra l’iniziativa imprenditoriale privata e gli investimenti pubblici nelle industrie a partecipazione statale, nelle grandi infrastrutture nazionali e nello stato sociale.

La chiave di volta del miracolo italiano fu il pieno controllo della “leva monetaria” e della Banca d’Italia da parte del Ministero del Tesoro, nel quadro della normativa dettata dalla legge bancaria del 1936. Un sistema destinato a sgretolarsi nel trentennio successivo alla famosa lettera di Andreatta del 1981, con i drammatici risultati che oggi noi constatiamo. [Scritto/links delle fonti: oggi, traendo spunto da Lorenzo D’Onofrio · 24 marzo 2014]

1-

 

[Il 12 febbraio 1981, l’allora ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta, inviò una lettera al governatore di Bankitalia, Carlo Azeglio Ciampi, avvertendolo che non avrebbe più avuto il dovere di acquistare il debito pubblico rimasto invenduto alle aste.]

 

● La sanità non è gratis, è pubblica

In era Coronavirus succede di ascoltare i soloni della sanità gratis. Leggiamo anche le critiche contro il sistema sanitario USA (che peraltro non è che piaccia neppure a me), dicono sia carissimo quando da noi esiste il SSN che è a sbafo o quasi. Ah si? Davvero?

L’ultimo saldo disponibile della spesa sanitaria (pubblico + privato) degli italiani sfiora 150 mld. Dividiamo per 60 milioni di abitanti e abbiamo un costo annuo unitario: sono 2500 euro l’anno per abitante, pressapoco 210 euro al mese ciascuno.

La sanità italiana la pagano tutti? No!

Eliminiamo allora chi di fatto non versa nulla alle casse dello stato per la sanità italiana (tutti i giovani in età scolare, i disoccupati e gli eventuali ospiti più o meno stranieri e altrettanto più o meno in regola; poi i pensionati e i dipendenti pubblici i cui contributi ed imposte sono solo partite di giro). Rimangono circa 18 milioni di persone, cioè coloro che mantengono di fatto tutto il servizio pubblico nazionale. Ovviamente i 150 mld di costi vanno spalmati su chi realmente sostiene tali costi e il risultato è che per ogni persona produttiva in Italia il SSN costa circa 8400 euro all’anno, pari a 700 euro al mese.

E negli USA? Una polizza media costa circa 390 euro al mese… Per dire.

[Forte, eh?]

QUI 4 minuti di conforto a cura di Umberto Galimberti.

https://drive.google.com/open?id=1dSg2gvW20LvkLLoOVaveEsCid38xL4c5

 


Profilo della sanità 2019: https://ec.europa.eu/health/sites/health/files/state/docs/2019_chp_it_italy.pdf

● Come si vive [bene] in Giappone

Guarda questa foto.

É il cibo che viene servito negli ospedali, é al livello dei ristoranti a 5 stelle, niente a che vedere con le minestrine insipide, il pollo mezzo crudo e il panino come da noi. I dottori in Giappone pensano che il buon cibo aiuti a guarire e trattano le persone non come pazienti ma come ospiti. Ora guarda queste altre foto.

Sono carpe che nuotano nei canali di scolo ai lati delle strade.

Sono carpe che nuotano nei canali di scolo ai lati delle strade.

L’acqua dei canali è così limpida che i pesci ci nuotano dentro. Hai mai visto una cosa simile da noi? Al massimo ci trovi lattine e sacchetti di plastica. Nota anche com’è pulita la strada. Ora guarda queste ultime foto.

É un garage multilivello, obbligatorio in ogni condominio. Sono pensati per non parcheggiare le auto in strada e sono completamente automatizzati.

Basta mettere l’auto in quella specie di ascensore e fa tutto lui. Come dicevo sono obbligatori al punto che se il tuo condominio non ne ha uno o tu non hai lo spazio per parcheggiare non puoi comprarti un’auto. Questi sono solo dei piccoli esempi di come si vive in Giappone; non ho citato gli alberghi ultramoderni con robot, i bagni hi-tech, l’educazione sanitaria, l’istruzione e altro. Viva il Giappone!

 

● Esiste, a volte, uno scopo nascosto

Ormai fanno parte dell’immaginario e del lessico collettivo, esiste, a volte, uno scopo nascosto della beneficenza che è strumentalizzata da alcuni. Varrebbe la pena approfondire. [Nel video Silvana De Mari]

Prima di una eventuale beatificazione in pompa magna della cooperante della Onlus Africa Milele, arrivata a Ciampino con un aereo di stato ed accolta dal Primo ministro  Giuseppe Conte accompagnato dal ministro degli esteri Di Maio…

Sulla stampa si parla di Francesca Fumagalli, che dopo aver ri-accolto la figlia dopo 18 mesi di prigionia deve affrontare non solo l’emozione, ma anche le polemiche, per il riscatto e per la conversione all’islam della figlia. Ma, soprattutto, deve convivere da due giorni con un fitto assembramento di persone e giornalisti che, sotto casa, non le lasciano pace. E la signora, come detto, ha sbottato. A un giornalista che la aspettava sotto casa, mentre usciva col cane, la signora ha risposto a tono: “Come vuole che stia? Provate a mandare un vostro parente due anni là e voglio vedere se non torna convertito”. Poi, la signora Fumagalli ha aggiunto: “Usate il cervvello“. E ancora: “Vogliamo stare in pace, abbiamo bisogno di pace”, ha concluso.

Transizione

Mentre state chiusi in casa altrimenti vi arrestano, Unicredit ed MPS oggi hanno perso rispettivamente il 13 e 15 %. ma non solo; Tim perde il 20%, Fca e Leonardo in contrattazione segnano un calo del 17%.

Pare che il Governo attenda la corsa agli sportelli, il bankrun alla greca. Conte non pensa di intervenire in qualche modo e tempestivamente prima che ci crolli il sistema bancario, ci delizia col suo bollettino di guerra (biologica) mentre la Borsa crolla (Italy -15,45%), le aziende restano chiuse per non riaprire mai più e gli speculatori sono al lavoro.

Mrs Lagarde della BCE è stata chiara: “Non siamo qui per soffocare lo spread, ci sono altri strumenti ed altri attori per affrontare questi problemi”.

Reuters, che tra i media internazionali è quello meno crudele con l’Italia, ha aperto con questa pagina: “Moriranno più persone a causa della crisi economica che per il virus stesso”. E certifica che esiste una correlazione tra l’aumento della povertà ed il peggioramento delle condizioni di salute della popolazione, il che è abbastanza intuitivo.

Persino Gualtieri è costretto ad ammettere che ci sarà un crollo della produzione industriale e della domanda interna nel 2020.

Con la dichiarazione di pandemia da parte dell’OMS ed il conseguente stato di polizia, l’attuale premier nominato Walter Ricciardi, personaggio spregevole e corrotto che chi mi segue conosce bene, ha anticipato il ricorso ai carrarmati ma ha voluto tranquillizzare la popolazione: l’emergenza coronavirus ci accompagnerà sino all’estate.

Sarà lunga e dura, ma se non ci sarà una vera “ribellione” culturale e sociale contro chi ha già deciso il nostro destino, ben presto potremmo affrontare momenti ben peggiori di questo: la scomparsa del popolo italiano.

La FED americana ha salvato con un’iniezione di 1500 mld di dollari, e poi Deutsch Bank, che stamattina sembrava pronta a saltare (ma è solo questione di tempo, forse di settimane). La Merkel ha messo in conto che il 60, 70% della popolazione s’infetterà e che la Germania sforerà il pareggio di bilancio per far fronte all’emergenza economica (non sanitaria). Questo non significa che entro la fine dell’anno i “crucchi” non possano abbandonare Leuro: gli svantaggi sono ormai superiori ai vantaggi anche per loro. Lasceranno un cadavere eccellente sul campo, oltre l’Italia: la Francia. [Lisa Stanton]

 

COVID-19 [forte, eh?]

Grazie alla rapida condivisione mondiale dei dati genomici del SARSCoV2 via http://gisaid.org è stato possibile ricostruire modelli di diffusione del COVID-19 Coronavirus su larga e piccola scala.

Studiando questa intersezione tra grande e piccolo, ad un certo punto è emerso che una discreta frazione (10/43) di virus sequenziati campionati dopo l’1 febbraio appartiene a una particolare discendenza genetica. Questo lignaggio ha infatti mutazioni uniche che lo differenziano dagli altri SARSCoV2. Esso contiene virus campionati da Germania, Svizzera, Finlandia, Italia, Brasile e Messico. Il campione italiano proviene dalla Lombardia e suggerisce che è responsabile di una parte considerevole dell’epidemia italiana. Alla base di questo lignaggio si trova il campione Germania/BavPat1/2020, il “paziente 1 Coronavirus” in Baviera che era stato infettato da un collega di lavoro di ritorno dalla Cina. Questo cluster è stato studiato tramite la traccia dei contatti e la loro analisi approfondita.

https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMc2001468

Incredibilmente, sembra che questo cluster contenente Germania/BavPat1/2020 sia l’antenato diretto dei virus successivi e abbia quindi portato direttamente a una frazione dell’epidemia diffusa che circola oggi in Europa.

Pertanto, in modo analogo al caso nello Stato di Washington (https://twitter.com/trvrb/status/1233970271318503426), si è avuta una situazione in cui un cluster è stato identificato tramite uno screening intensivo dei viaggiatori, ma il contenimento è fallito poco dopo ed è stata avviata una catena di trasmissione prolungata. Un team di studiosi di Seattle ha sequenziato il genoma del COVID-19 Coronavirus sul caso riportato il 29 febbraio dalla comunità della contea di Snohomish, WA, ed ha pubblicato la sequenza su http://gisaid.org. Ciò comporta alcune enormi implicazioni.

Lo “screening intensivo dei viaggiatori” ed il “contenimento” riguarda la parte americana della ricerca, ma non si sa se il Pat1 è stato messo in quarantena per almeno 2 settimane, nè se ne è stata monitorata la temperatura dopo aver attraversato i confini, a lui ed a coloro che viaggiavano con lui.

L’indagine bavarese non ha rilasciato pubblicamente alcun dettaglio sulla ricerca dei contatti risalenti ad un mese addietro, ma generalmente avere una frazione di casi asintomatici o lievi che possono continuare a trasmettere il contagio Coronavirus rende difficile il completo contenimento di un gruppo. L’isolamento sarebbe ancora utile per ridurre la trasmissione complessiva.

D’altra parte, solo perché un cluster è stato identificato e “contenuto” non significa in realtà che questo caso non abbia seminato una catena di trasmissione che non è stata rilevata fin quando non è diventata un’epidemia considerevole.

Gli scienziati cinesi affermano che il virus COVID-19 Coronavirus si è probabilmente mutato geneticamente in due varianti: S-cov e L-cov e credono che la L-cov (quella del paziene bavarese) sia più pericolosa, abbia una maggiore trasmissibilità e infligga più danni al sistema respiratorio.

Tutto chiaro?

https://threadreaderapp.com/thread/1235104921260675072.html

[Lisa Stanton]


 

LA CINA (e l’Italia, …ma F e D ci stupiranno)

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(La Cina) questa volta ha appreso la lezione del 2003 ed i colossali errori commessi con la Sars, quando furono nascosti i casi di contagio. La Francia e la Germania NO.
Non avendo loro adottato monitoraggio diagnostico tempestivo, né di conseguenza preso misure di contenimento come l’Italia, oggi potrebbero avere una diffusione già critica sul territorio. Dapprima hanno nascosto i casi di COVID-19 Coronavirus, negli ultimi giorni hanno testato i casi sospetti se erano stati in Italia.
Solo nell’area di Parigi sono denunciati 40 morti e 500 casi gravi in rianimazione per “influenza stagionale” e solo oggi Macron ha fatto sapere che “il virus è già tra noi e ci sarà in Francia una situazione un po’ italiana poiché ci sono catene di trasmissione endogene.” Al 26 febbraio, in Germania e Francia sono stati effettuati meno di 1.000 Test del virus Corona, in Italia oltre 10.000.
Qualche ora fa, il ministro della Salute tedesco Jens Spahn, alla luce dei nuovi casi in alcuni Laender, ha detto “Siamo all’inizio di un’epidemia di Covid-19 Coronavirus in Germania. Le persone risultate contagiate hanno avuto “molti contatti”. Qui si fa il test solo in casi particolari, è troppo costoso”, nessuno conosce il numero degli infetti: la Germania è il paese può popoloso de Leuropa, quello con maggiori contatti commerciali e turistici con la Cina. Ogni azienda tedesca medio-grande ha uno stabilimento in Cina.


Solo 18 casi?


Da ottobre sono stati segnalati 80.00 Covid-19 Coronavirus da una fonte “sconosciuta”, ovvero di una persona che non ha viaggiato in un paese in cui si è verificato un focolaio o avuto contatti con un paziente noto. Ora sono 8.400 le persone in quarantena.
In Italia si lavora affinché vengano comunicati solo i casi di nuovo Covid-19 coronavirus clinicamente rilevanti, ovvero i casi clinici di pazienti in rianimazione o morti, come avviene negli altri Paesi del mondo.
Governi nazionali, Leuropa, Istituzioni internazionali, laScienza, gliEspertoni, i mass-media, leProcure, ognuno ha avuto la sua parte (tranne la Cina!) per costruire la più grande farsa mai vista.

Comunque vada a finire, v’accorgerete che la Sanità pubblica italiana, sebbene privata dai partiti liberal di uomini mezzi e risorse, resta la migliore in Europa. E l’unica, perché quella privata a questo giro non è pervenuta (infatti prego non ci sia un’epidemia in USA). [Lisa Stanton dixit]


INTERMEZZO…Amuchina alla spina

Tempesta perfetta, Covid-19

POPOLAZIONE MONDIALE >>> https://www.worldometers.info/it/


Qualche osservazione sparsa e da profano sugli ultimi eventi relativi al ‘Covid-19 Coronavirus’.

1) Il problema fondamentale rappresentato da una possibile epidemia di Covid-19 Coronavirus non sta nella mortalità, che è di poco superiore ad una normale influenza, ma nella pesantezza del decorso, che richiede spesso ricovero ospedaliero.

2) Quindi l’impatto problematico del Covid-19 Coronavirus si manifesta (potenzialmente) in primo luogo sulle strutture ospedaliere, che incidentalmente sarebbero lì per occuparsi di una pluralità di problemi, e che si possono trovare rapidamente al collasso. – In quest’ottica si comprende sia la sollecitudine (e mostruosa efficienza) cinese nella costruzione di nuovi ospedali, sia la preoccupazione di molti operatori ospedalieri italiani in un settore scarnificato dai tagli negli ultimi anni.

3) In seconda battuta, l’impatto del Coronavirus Covid-19 è particolarmente severo sull’intero sistema delle transazioni, sul ‘libero movimento di merci e persone’. In quest’ottica poche cose illustrano in modo più plastico di questa epidemia il sistema di interconnessioni ed interdipendenze globali. Al contempo ciò mostra l’immensa strutturale fragilità di sistemi produttivi così estesi, che dopo essere stati più volte messi sotto accusa per le ripercussioni ambientali di questa ‘frenesia di movimento’, e per le loro ripercussioni in termini di destabilizzazione economica (delocalizzazioni, ecc.), ora mostrano anche la corda nei termini di fragilità del controllo nazionale (quando il controllo nazionale è l’unica cosa cui puoi ricorrere, come in caso di epidemia).

4) Nel caso italiano temo che il rischio di essere il vaso di coccio del sistema sia altissimo. Paesi come la Cina giocano le loro carte sull’export, ma hanno un forte controllo nazionale, e ciò gli consentirà plausibilmente, nonostante una situazione inizialmente assai più grave, di rimettersi in carreggiata tra uno o due mesi. Se la curva dei contagi, come sembra, continua a ridursi, la Cina riprenderà (non senza strascichi) il suo ruolo attuale di ‘fucina del mondo’.
Altri paesi, come gli USA, hanno un mercato interno forte, che risentirà relativamente di eventuali prolungate interruzioni delle ‘supply chains’ mondiali.
I paesi europei sono quelli destinati a soffrire di più nel caso di un prolungarsi od aggravarsi della situazione, e l’Italia più di tutti, perché dipende più di ogni altro dalle proprie relazioni internazionali (sia come export, che come settore turistico).

5) Sul piano strettamente empirico, in Italia, in questo quadro c’è un particolare che finora mi sembra curiosamente assente dalla discussione. Siamo di fronte a due focolai distinti, di cui uno ha un possibile paziente zero (ma per ora non confermato), mentre nell’altro caso non mi risulta che ci sia alcun paziente zero.
Ora, la mancata individuazione dei focolai originanti dell’infezione è un evento di straordinaria gravità. Se il/i soggetto/i che diffonde il virus non viene isolato può contagiare un numero indefinito di persone, che visti i tempi di incubazione (da 2 a 15 giorni, sembra), potrebbe provocare una condizione pandemica in capo a un paio di settimane.

Ci si potrebbe trovare, e non è una proiezione particolarmente pessimistica, con una situazione di dimensioni ‘cinesi’. Scarsa consolazione sembra provenire dalla presunta stagionalità del virus, giacché a quanto pare si sta diffondendo anche in aree calde. Un quadro del genere può significare per l’Italia essere tagliati fuori come anelli dell’approvvigionamento europeo e come destinazione turistica.

Il tutto in una cornice già economicamente logorata e socialmente tesa.

E, per inciso, senza la possibilità di poter ricorrere a pratiche di autofinanziamento statale (per la ben nota deprivazione della potestà sulla propria erogazione di moneta).

Direi la tempesta perfetta.

Spero vivamente che chi ci governa abbia chiaro davanti agli occhi questo scenario, al momento non solo di principio possibile, ma significativamente probabile. Non è un momento in cui si può aspettare e stare a vedere cosa succede, per poi metterci delle toppe. Le toppe sono già quasi finite, e potremmo essere solo all’inizio.

Di Andrea Zhok


ULTIM’ORA: smontate le fake news http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Coronavirus-la-sua-foto-esclude-sia-nato-in-laboratorio-5c56bc1a-84b0-4371-847f-1ff257403bf7.html?fbclid=IwAR1emeRUw84LrXRoZR4AIfgaxbeMCTjmlbKkP9a6JJGDRsyYuViN-DOFFsc


INTERMEZZO… https://drive.google.com/open?id=10IdDKFpzSHblx9vAaAThmK0EMNyw3bzH

 

La nuova Costituzione Italiana

C’È BISOGNO DI UNA NUOVA COSTITUZIONE!

 

PRINCIPI FONDAMENTALI

Art. 1
L’Italia è una Repubblica plutocratica, fondata sulla disoccupazione. La sovranità appartiene a iMercati™️, che la esercitano informalmente e senza i limiti della Costituzione.

Art. 2
La Repubblica garantisce i diritti inviolabili del mercato: la libera circolazione dei capitali, delle merci, dei servizi e del lavoratore sia come singolo, sia nelle formazioni aziendali ove si aliena la sua personalità, e richiede ai lavoratori l’adempimento dei doveri inderogabili di sfruttamento.

Art. 3
Tutti i cittadini senza capitali non hanno dignità sociale e sono in balìa davanti alla legge, con distinzione di sesso, di genere, di orientamento sessuale,  di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine regolamentare e sociale che limitando di fatto la libera circolazione del capitale impediscono il pieno sviluppo degli investimenti e l’effettiva penetrazione delle lobby nell’organizzazione politica e sociale del Paese.

Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i capitalisti il diritto al profitto e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni lavoratore ha il dovere di svolgere, al massimo delle proprie capacità e senza alcuna possibilità di scelta, un’attività che concorra al progresso materiale della plutocrazia.

Art. 5
La Repubblica, una ma divisibile, riconosce e promuove gli egoismi locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato la più ampia privatizzazione amministrativa; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze della rendita e del profitto.

Art. 6
La Repubblica tutela con apposite norme la concorrenza, la deflazione salariale, lo sfruttamento privatistico dei monopoli naturali.

Art. 7
Lo Stato e l’Unione Europea sono, ciascuno nel proprio ordine, dipendenti e sottoposti alla Germania.
I loro rapporti sono regolati dai Trattati Europei.

Le modificazioni dei Trattati, imposti dalla Germania, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

Art. 8
Tutte le teorie economiche sono egualmente liberiste davanti alla legge.

Le teorie economiche diverse dal liberismo non hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto contrastano con l’ordinamento giuridico italiano. I loro paper sono censurati per legge.

Art. 9
La Repubblica promuove lo sviluppo della ricerca lascientifica™️.

Tutela i lobbisti  e il patrimonio finanziario e speculativo della Nazione.

Art. 10
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto leuropeo™️ generalmente riconosciute.

La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati europei.

Lo straniero il quale sia protetto nel suo paese dall’esercizio dei doveri di sfruttamento garantiti dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo, di vitto, di alloggio e pensione a 65 anni senza contributi versati nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Non è ammessa l’estradizione né il rimpatrio dello straniero per qualsiasi reato. La Repubblica garantisce la cittadinanza e il ricongiungimento familiare fino al quarto grado di parentela.

Art. 11
L’Italia ripudia la guerra, ma partecipa a missioni militari all’estero e permette l’insediamento di basi militari straniere sul territorio della Repubblica, come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di sudditanza verso altri Stati, alle CESSIONI di territorio e di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la competizione e lo sfruttamento tra le Nazioni; promuove e favorisce regolamenti e direttive rivolti a tale scopo.

Art.12
La bandiera della Repubblica è lo straccio blu: 12 stelle d’oro in cerchio, di eguali dimensioni.

Parte I
Doveri e doveri dei cittadini

Titolo I
Rapporti incivili

Art. 13
La libertà personale è violabile.

È ammessa la detenzione, l’ispezione o la perquisizione personale, e qualsiasi altra restrizione della libertà personale, per atto immotivato dell’autorità.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, l’autorità pubblica o privata, può adottare provvedimenti “provvisori” non motivati che restano in vigore oltre le successive quarantotto ore; si intendono non revocati fino ad esplicito provvedimento.

È punita ogni resistenza fisica e morale delle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
La legge stabilisce i modi e i cavilli necessari all’insabbiamento e le modalità dilatorie per evitare il giudizio e anche la carcerazione preventiva dei detentori di capitale.

Art. 14
Il domicilio è violabile.

Vi si possono eseguire ispezioni, perquisizioni, intercettazioni, sequestri, non solo nei casi e modi stabiliti dalla legge, mediante strumenti digitali senza le garanzie prescritte per la tutela della riservatezza e della libertà personale.

Gli accertamenti, le ispezioni e la raccolta massiva di dati sensibili da parte di chiunque, per motivi di sanità, di protezione degli azionisti o a fini economici e fiscali non sono regolati da leggi speciali.

Art. 15
La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono violabili.

La loro violazione può avvenire per atto immotivato dell’autorità pubblica o privata senza garanzie stabilite dalla legge.

L’utilizzazione di forme di comunicazione non digitali è vietato.

Art. 16
Ogni cittadino può migrare e soggiornare in qualsiasi parte del territorio leuropeo™️, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità, di vaccinazioni, di fascia di reddito o di sicurezza del capitale finanziario. Nessuna restrizione può riguardare la plutocrazia.

Ogni lavoratore italiano è libero di emigrare dal territorio della Repubblica e ogni straniero è libero di entrarvi, anche senza i permessi necessari, salvo gli obblighi di competizione tra lavoratori e i doveri di costituzione di idoneo esercito industriale di riserva.

Art.17
I plutocrati hanno diritto di riunirsi pacificamente per coordinare le proprie iniziative in campo economico, ambientale, dell’informazione e della tutela del capitale finanziario.

Per le riunioni dei plutocrati, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.

Delle riunioni dei plutocrati in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che non possono vietarle; per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità dei plutocrati, devono essere schierate le forze di pubblica sicurezza a difesa del sereno e pacifico svolgimento degli incontri.

Art. 18
I plutocrati hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che sono vietati ai singoli dalla legge penale.

Sono tutelate le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere economico.

Art. 19
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria teoria economica in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di teorie contrarie al liberismo.

Art. 20
Il carattere liberista e il fine di studio e di propaganda d’una associazione, istituzione, o centro studi, non possono essere causa di speciali limitazioni legislative per la sua costituzione, né di speciali gravami o controlli in ogni forma di attività di comunicazione.

Art. 21
Non tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure; i profili social, i blog personali, i video amatoriali, i contenuti digitali diffusi da privati invece sì.

Si può procedere a sequestro, cancellazione, deindicizzazione, oscuramento e censura, di post, video, pagine web, per atto immotivato dell’autorità privata che veicola il contenuto.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro del contenuto digitale, il suo oscuramento o cancellazione o deindicizzazione, può essere eseguito dagli uffici periferici del fornitore di servizi digitali, che non devono né nell’immediato né successivamente giustificare il proprio operato all’utente o all’autorità giudiziaria.

Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro, la cancellazione, l’oscuramento o la deindicizzazione, s’intende comunque convalidata in ogni effetto di legge ed è inappellabile.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i nomi dei privati cittadini colpiti da provvedimenti di censura da parte dei fornitori privati di servizi di comunicazione digitali.

Sono vietate le pubblicazioni, a stampa e sul web, gli spettacoli, i video e tutte le altre manifestazioni del pensiero contrarie al liberismo. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

 

(post che sarà aggiornato periodicamente qui…)

 


 

● Giustizia in Italia

BANCHE. Grazie a Omar Monzeglio incomincio ad avere uno storico di ordinanze di Giudici mica male. Volete avere qualche esempio della Giustizia in Italia? Eccovela:

1. Se una banca vi bonifica sul conto corrente una somma e ne mette la valuta antergata di un mese, è come se aveste ricevuto la somma un mese prima e idioti voi a non averla spesa per tutto questo tempo, anche se non ce l’avevate disponibile sul conto corrente. TITOLO ESECUTIVO e PERDETE LA CASA;

2. Se una banca all’atto notarile vi consegna una somma di denaro e, nel medesimo istante davanti al notaio, gliela restituite, non solo dovete restituirgliela una seconda volta, ma resta un TITOLO ESECUTIVO e PERDETE LA CASA;

3. Se una banca non vi consegna mai una somma, ma riceve dal notaio la spedizione della formula esecutiva, diventate debitori di una somma senza averla mai ricevuta, la banca ha un TITOLO ESECUTIVO e PERDETE LA CASA;

4. Se una banca davanti al notaio vi consegna un MANDATO con il quale andare un giorno dal cassiere della filiale a chiedere che vi faccia il bonifico della somma promessa in contratto di mutuo, è come un assegno circolare, diventa un TITOLO ESECUTIVO e se anche il cassiere vi dovesse dire che non ci sono i soldi da darvi e non beccate una lira, PERDETE LA CASA;

5. Se un Giudice riconosce che almeno gli interessi di mora sono usurari, anche se il debito attivato dalla banca li contiene e l’usura è un reato perseguibile d’ufficio, PERDETE LA CASA;

6. Se una banca dichiara che il vostro debito è quello perché lo dicono loro, senza portare nessun documento a sostegno, il Giudice, visto che a fare giurin-giurello è una banca, allora deve avere ragione e, quindi, si concede l’esecuzione immobiliare e PERDETE LA CASA;

7. Se la banca vi mette in esecuzione immobiliare la casa per un debito gonfiato rispetto al reale, ossia pretendendo a pagamento somme non dovute e superiori a quelle che dovrebbe chiedervi, il Giudice se ne frega e procede all’asta e PERDETE LA CASA;

8. Se una banca – insieme al notaio – dichiarano il falso in atto pubblico, non è né un reato penale, né una violazione civile, si chiude un occhio e si procede all’asta e PERDETE LA CASA;

9. Se una banca non vi consegna la somma promessa nel mutuo e il notaio neanche la vede, ma nell’atto scrivete che ne date quietanza, quei soldi dovete restituirli anche se dimostrate di non averli MAI ricevuti, si chiude un occhio, il Giudice procede all’asta lo stesso e PERDETE LA CASA;

10. Se una banca non notifica al debitore principale il precetto e parte subito l’esecuzione, il Giudice chiude un occhio e PERDETE LA CASA;

11. Se una banca truffa lo Stato addebitando le loro imposte lorde ai ricorrenti al credito e lucrando sulle stesse ai tassi del contratto perché ve le trattiene dall’erogato, il Giudice chiude un occhio e PERDETE LA CASA;

12. Se una banca scrive nell’atto notarile che se non fate delle assicurazioni obbligatorie per avere il mutuo, non sottoscrive il contratto, per il Giudice sono sempre facoltative, chiude un occhio sul loro costo e PERDETE LA CASA;

13. Se una banca vi finanzia un’assicurazione in cui se vi dovesse succedere qualcosa, i soldi le becca la banca e non li conteggia nel TAEG, per il Giudice è tutto normale e PERDETE LA CASA;

14. Se venisse fuori ufficialmente che la banca vi ha fatto pagare il mutuo di più di quello che aveva promesso in contratto, per il Giudice sono solo “cimature”, aggiungo io alla “Viva il Parroco”, chiude un occhio e PERDETE LA CASA;

15. Se siete agli arresti domiciliari con ordinanza restrittiva di un Giudice a seguito di condanna penale e avete la casa in esecuzione, il Giudice dell’esecuzione può emettere un 560 c.p.c. e dovete uscire da quella casa, perché in Italia è possibile avere due ordinanze di Giudici che ti obbligano a rimanere dentro e a uscire contestualmente dallo stesso posto, e la casa comunque LA PERDETE;

16. Se una banca per darvi 300.000 euro ve ne finanzia 330.000 e di questi 30.000 euro li trattiene senza darveli per farvi sottoscrivere una marea di assicurazioni in cui se vi dovesse succedere qualcosa è la banca, e non voi e/o i vostri familiari, a beccare il grano, non solo è tutto normale, ma è giusto che uno si assicuri liberamente per poi dare i soldi alla banca se dovesse capitargli la disgrazia assicurata, per il Giudice è sempre normale e PERDETE LA CASA;

17. Se una banca vi assicura il mutuo, ma il contratto non si trova né in banca, né dall’impresa di assicurazioni, il Giudice chiude un occhio e procede con l’asta e PERDETE LA CASA;

18. Se una banca – approfittando delle crisi di mercato – alza i tassi d’interesse al massimo e poi dovessero ancora salire oltre il tasso soglia, non esiste più il reato d’usura, perché colposo e preterintenzionale, il tasso usurario è quindi ammesso, e PERDETE LA CASA;

19. Se una banca si “dimentica” di dirvi quanto vi costa il mutuo, il Giudice chiude un occhio, procede con l’asta e PERDETE LA CASA;

20. Se una banca, anche se avete pagato più di un quinto il mutuo, non diminuisce le garanzie prese, ossia rimodula l’ipoteca in base al debito residuo, e voi non potete attingere altro credito perché la vostra casa è satura di debito, il Giudice chiude un occhio e, se non PERDETE LA CASA, ve lo prendete nel cuBEEPlo.


 

USA. Chi è più servo dell’Italia

Il Giappone.

Economicamente e culturalmente è un gigante. Politicamente è un servo o, a voler essere gentili, una colonia.

In un libro del 1989, il politico giapponese Shintaro Ishihara descrive un incidente interessante. Qualche anno prima, al momento di penetrare lo spazio aereo giapponese in occasione di una visita ufficiale, il Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan chiese a dei militari presenti se fosse stato ottenuto il necessario permesso delle autorità locali. Gli fu risposto che il permesso non era necessario. “It’s our airspace.”, gli dissero.

Ora, va saputo che un aereo che parta da Narita, l’aeroporto internazionale di Tokyo, dovunque sia diretto segue sempre la stessa rotta iniziale. Prima va verso est, addentrandosi nel Pacifico per qualche decina di chilometri, poi vira di 90° e va o a nord o a sud per qualche centinaio di chilometri, e infine va per i fatti suoi. Quello che i due episodi hanno in comune è il cosiddetto Yokota Base Air Space (YBAS).

Per incredibile che questo possa sembrare, lo spazio aereo al di sopra della capitale non è controllato dal governo giapponese, ma dai militari della poco distante base aerea statunitense di Yokota. All’interno di questo spazio aereo è proibito a chiunque volare senza il permesso della base. Di qui la necessità di eseguire i voli commerciali e di linea al di fuori di tale zona e la strana rotta seguita dagli aerei di linea per evitarla.

La zona proibita è immensa. Misura circa 7000 chilometri quadrati di superficie ed è alta fino a quasi 10.000 m. Le perdite che provoca sono ingentissime, ma l’ultima volta che il governo giapponese ne ha chiesta la restituzione si è sentito dire in sostanza di smetterla di chiedere. Eccola.

Yokota non è la sola base aerea americana ad espropriare spazio aereo giapponese. Tutte le altre del paese sono nelle stesse condizioni. Lo YBAS ė solo il caso più conosciuto proprio per il polverone sollevato da Ishihara, ex governatore di Tokyo, personaggio per altri versi immondo, che ha portato a conoscenza di molti il problema.

Le basi operano in un vuoto legislativo completo. Quando un elicottero della segretissima serie Apache proveniente dalla base limitrofa di Kadena precipitò in piena Naha, capitale della prefettura di Okinawa, la zona venne immediatamente cordonata da militari americani che non concessero a nessun cittadino giapponese neppure di avvicinarsi al relitto. Se lo portarono via e questo fu quanto.

In un altro incidente, questa volta causato dall’aereo VTOL Osprey, si sono visti (usando cannocchiali) marine americani scansionare il relitto usando contatori geiger. Cosa facessero o cercassero non è dato sapere.

Le violenze carnali, comuni dovunque ci siano basi militari, sono appannaggio di giudici militari statunitensi e raramente punite.

Quando anni fa un sommergibile USA affondò per errore una nave scuola giapponese uccidendo varie persone, non solo il capitano non finì in carcere, ma l’allora segretario della difesa Donald Rumsfeld si dichiarò spiacente di perdere i suoi servigi.Tutto questo è giustificato dicendo che gli americani sono in Giappone per difenderlo dalla Cina e dalla Corea del Nord. Anzi, gli americani pretendono ed ottengono che il Giappone paghi le spese legate alla presenza dei militari, inquinamento e danni all’ambiente compresi. I giapponesi le chiamano “spese di simpatia” ed ammontano ad oltre il 74% del totale.

In realtà gli statunitensi sono qui per vari motivi non altruistici. Basi come quelle di Okinawa, che consentono ai bombardieri nucleari USA di minacciare tutte le capitali dell’Estremo Oriente, non si trovano tutti i giorni.

Fra parentesi, il ministro della difesa di Clinton William Cohen dichiarò apertamente che gli USA rimarranno in Corea anche dopo la riunificazione. A questo punto è legittimo chiedersi se il Giappone è effettivamente un paese sovrano e la prefettura di Okinawa, la più povera del Giappone e l’unica che dal 1945 sia costretta a coesistere con quantità colossali di personale militare e materiale bellico, lo ha fatto ufficialmente. Lo ha messo in dubbio ufficialmente e pubblicamente.

Ecco una cartina che mostra il numero e la distribuzione delle basi americane a Okinawa.

La base di Kadena in particolare deve essere vista per essere creduta. Tenere presente che di solito l’area attorno alla base è dedicata a servire la base stessa. Il 74% di tutto questo è quindi pagato dal Giappone. Non è quindi esagerato secondo me dire che il paese paga la propria colonizzazione.

Ed è questa la tragedia di Okinawa. Dopo aver pagato un prezzo altissimo di sangue alla fine della seconda guerra mondiale, dopo essere stata occupata direttamente dalle forze armate americane dal ’45 fino agli anni 70, è diventata ora una base aerea USA permanente, in aperta contravvenzione della volontà esplicita dei suoi cittadini.

Molti anni fa un compagno di classe vietnamita ridacchiando sarcastico disse al professore che tutti si scelgono gli amici nel vicinato. Solo il Giappone li ha a interi continenti di distanza.

Acuta osservazione. Il Giappone ha rapporti tesi con tutti i suoi vicini, in parte anche per essere sempre sospettabili di agire per gli Usa.

Quando se ne andranno gli americani? Quando il Giappone li potrà cacciare.

Cioè mai.

TRADOTTO DA: Alexey Tereshchenko

 

● Falso mito delle privatizzazioni

Traendo spunto dal nobel Joseph E. Stiglitz «…Le esperienze in giro per il mondo hanno prodotto risultati molto diversi. Forse le aziende siderurgiche più efficienti al mondo negli anni 90 erano quelle gestite dallo stato in Corea e Taiwan e non sembra proprio che la privatizzazione della coreana Posco ne abbia migliorato l’efficienza. In Canada, non vi sono elementi per affermare che la principale società ferroviaria sia più efficiente di quella pubblica; in Cile le miniere di rame private non danno l’impressione di essere più efficienti di quelle pubbliche. Inoltre: in America latina, la privatizzazione delle società di telecomunicazioni non ha portato a incrementi di produttività, se non altro in quei casi in cui gli investimenti non erano stati eccessivamente contratti dai vincoli del bilancio pubblico…»

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Dal canto nostro, rileviamo che gli interventi di privatizzazione italiana hanno comportato il totale disimpegno dello Stato dai settori assicurativo, bancario, tabacchi e telecomunicazioni, ecc. oltre al pesante ridimensionamento delle partecipazioni nei settori strategici dell’energia (Eni ed Enel) e della difesa (Finmeccanica).

L’effetto è stato che, a fronte di un peso pari al 18% nel 1991, il contributo al Pil delle imprese partecipate dallo Stato è divenuto oggi inferiore al 5%, una trasformazione strutturale dell’economia di enormi proporzioni rispetto alla quale bisogna capire chi ne abbia tratto benefici e chi invece ne sia stato danneggiato…

Una prima indicazione non può che scaturire dando uno sguardo alle società di consulenza finanziaria che hanno accompagnato i processi di privatizzazione, ottenendo compensi, attraverso ruoli plurimi tra le funzioni di:

advisor

valutatore

intermediario

collocatore

e consulente

pari ad oltre 2,2 miliardi: si tratta di Societè Generale, Rotschild, Credit Suisse, First Boston, JP Morgan, Merril Lynch, Lehman Brothers e altri, ovvero del gotha finanziario a livello internazionale. E infatti, la prima conseguenza evidente del processo di privatizzazione è stata quella di mettere la parola “fine” a qualsiasi possibilità di una finanza pubblica.

Interessante, vero?

 

● Zitti e mosca, il mercato funziona!

Ma… Perché le liberalizzazioni finora sono andate male, molto male?

1-

“La liberalizzazione totale del mercato domestico in Italia è l’ultimo atto di un processo che risale al 1996, data di approvazione del primo “Pacchetto energia” da parte della UE. Questa direttiva e quelle seguenti, assieme alle varie decisioni, strategie, regolamenti, libri bianchi e verdi (esistono veramente), nella tipica confusione normativa generata dalla UE, costituiscono un corpus di norme estremamente articolato e dettagliato, nonché confuso. Sia quel che sia, la liberalizzazione ha imposto la frammentazione della catena del valore, imponendo agli operatori incombenti di separare (prima solo contabilmente, poi anche legalmente) le varie attività: produzione, trasporto, distribuzione, vendita.

Questo perché in ogni segmento della filiera doveva essere creata concorrenza e favorito l’ingresso di nuovi soggetti.

Ciò ha causato l’emersione di una serie di costi per il consumatore finale di energia che in regime di monopolio pubblico non sussistevano. Infatti, a dispetto delle teorie economiche liberali per cui la concorrenza magicamente porta efficienza e prezzi bassi, nella realtà la gestione di alcune attività da parte di un unico soggetto che opera in regime monopolistico pubblico è più efficiente rispetto a quella che si viene a creare in regime di mercato, difatti un argomento teorico a favore dei mercati monopolistici è quello del monopolio naturale, che rappresenta la forma di mercato in cui è tecnicamente più efficiente avere un singolo produttore e che va quindi tutelata. Solitamente il monopolio naturale è caratterizzato da una funzione dei costi medi decrescente, anziché parabolica, tale da giustificare la concentrazione della produzione in una sola impresa.

Un esempio pratico: nella produzione di energia, per vari motivi (morfologia del nostro Paese, estensione della rete, distribuzione sul territorio dei centri di consumo e di produzione ed altri) si è creata una separazione fisica della rete e la creazione di “zone di mercato” (il cui insieme dà luogo alla macro-zona di mercato “Italia”). In queste zone (tra geografiche e virtuali sono 20) si crea un prezzo zonale, attraverso un sistema di SMP (System Marginal Price, prezzo marginale di sistema).

Con questo sistema, sul Mercato del Giorno Prima (MGP su IPEX, gestito dal GME) si impilano tutte le offerte di acquisto (lato consumo) e tutte quelle di vendita (lato produzione) per ogni ora del giorno seguente in quella zona.

L’incrocio di domanda e offerta dà luogo al prezzo marginale della zona: dunque ogni operatore riceve il prezzo marginale, anche se ha offerto a prezzo più basso, poiché il prezzo viene fissato dall’offerta più costosa che incrocia la curva della domanda. La media dei prezzi zonali rappresenta il PUN, Prezzo Unico Nazionale, che è il prezzo all’ingrosso cui gli operatori della vendita si approvvigionano per fornire il consumatore finale.

2-

Nel disegno ideale del mercato perfetto, nei sogni di chi impone il mercato, il prezzo marginale zonale è la risultante di forze di mercato (cioè diversi produttori) che con trasparenza competono e offrono al mercato la propria produzione a prezzi che si basano sui costi di produzione (fissi+variabili): dunque si dovrebbe essere in presenza di prezzi tendenzialmente bassi, o meglio i più bassi possibili.

Ma nella pratica non è così: in realtà il prezzo è tendenzialmente alto perché a seconda delle caratteristiche della zona la competizione intra-zonale è inesistente o molto parziale. In altre parole, alcuni produttori sono in grado di fissare il prezzo marginale con una certa regolarità, a seconda del fabbisogno della rete (cioè del consumo) e della disponibilità e caratteristiche degli impianti (propri e dei concorrenti). Poiché la domanda è rigida e disposta a comprare energia praticamente a qualsiasi prezzo (se devo produrre ho bisogno dell’energia adesso, per vedere devo accendere la luce adesso, per scaldarmi accendere la stufa elettrica adesso), ecco che il prezzo marginale si forma ad un livello alto rispetto a quel che sarebbe se la domanda fosse davvero elastica e se tutti i produttori avessero caratteristiche simili. Gli operatori non fanno nulla di illecito o sbagliato, fanno ciò che le regole del mercato gli consentono, profitto. Il margine di profitto incamerato dal produttore in questa parte della filiera incide sulla formazione del prezzo finale e rappresenta un costo aggiuntivo, visto che il PUN è la media dei vari prezzi zonali ed il prezzo cui i grossisti si approvvigionano.

In una condizione di monopolio, senza zone e con un costo medio di produzione complessivo del monopolista, questi costi aggiuntivi non esisterebbero. E da luglio la tutela minima dal mercato non ci sarà più, a favore della liberalizzazione selvaggia.

Se la tua energia e il tuo gas (o i tuoi pedaggi) sono quindi i più cari de “Leuropa”, adesso sai chi ringraziare”. [Maggiori info qui]

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Le banche creano moneta “dal nulla”? L’ex vicepresidente della BCE spiega cosa significa

Keynes blog

Cogliendo l’occasione di un articolo comparso su VoxEU, Vitor Constâncio, ex vicepresidente della BCE con Mario Draghi, spiega su Twitter in che senso è corretto sostenere che le banche commerciali creano moneta “dal nulla” e cosa questo significhi. Non è vero, come molti pensano, che le banche prestano i soldi depositati dai clienti. E non è rilevante l’esistenza di un obbligo di riserva (che, infatti, in Inghilterra, Canada ed Australia è stato abolito tempo fa). Tutta la storia del “moltiplicatore dei depositi” è priva di senso. BCE, Banca d’Inghilterra e persino la Bundesbank smontano la teoria monetaria esogena ancora oggi riportata sui testi introduttivi di economia: è la vittoria definitiva per la teoria della moneta endogena.

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● La moneta di chi è? Come va gestita?

[Manuale per i superficiali]
BANCHE CENTRALI
A)
La Banca Centrale è 100% statale: caso di Bank of England, Banque de France e Bundesbank dopo il 1945 circa; caso della Banca d’ Italia tra il 1936 e il 1992.
Ma…
…il Debito Pubblico di Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia PERO’ continua a esistere da sempre e tali Stati emettono da sempre titoli di Stato, cioè si INDEBITANO anziché creare moneta sovrana per sé priva di alcun debito. Tutto ciò viene innescato e gestito da una società di loro proprietà, la rispettiva Banca Centrale Nazionale. Ma allora se è tutto statale perché non esiste un registro del Signoraggio Pubblico o Credito Pubblico accanto a quello del Debito Pubblico, visto che creditore e debitore coincidono almeno sulla quota di moneta creata dalla Banca Centrale?
B)
La Banca Centrale è 100% o quasi a partecipazione privata: caso per esempio di Federal Reserve e di Banca d’ Italia (quest’ ultima prima del 1936 e dopo il 1992).
Perciò sembra ovvio che…
…il Debito Pubblico degli Stati soggetti a tale tipo di Banca Centrale continui ad esistere e tali Stati da sempre emettono titoli di Stato. Tutto ciò viene innescato e gestito da un ente privato MA… considerato per statuto una società di interesse pubblico o pubblicistico alla pari di A). Tale Banca Centrale è controllata da Banche Commerciali e/o d’ Affari che si collocano sul mercato e che essa deve pure sorvegliare e perciò essa genera un conflitto di interessi.
C)
La Banca Centrale è a partecipazione mista e pure controllata da Banche Centrali Nazionali che non addebitano la moneta della loro controllata alla loro Nazione di riferimento ma addebitano un’ altra moneta gestita in proprio (come Banca d’ Inghilterra, Banca Centrale di Svezia e Banca Centrale di Danimarca): caso della Banca Centrale Europea.
Quindi, come ai punti A) e B) per quanto riguarda la sostanza, ovvero l’ emissione di moneta-debito creata dal nulla, il resto sono tutti aspetti che competono agli “agghindamenti” giuridici.
Chiaramente il gioco è stato tutto semplificato (nota per gli “esperti economisti” che se no si incazzano 2 volte, poveri loro…) in quanto è stata tolta per semplicità l’ acquisto diretto, con moneta CREATA DAL NULLA di titoli di debito statali di nuova emissione nelle aste organizzate dal Ministero del Tesoro, da parte dei c.d. Operatori Abilitati, ovvero:
gli Specialisti in Titoli di Stato, cioè SOLTANTO Banche Commerciali e d’ Affari, registrati presso la Banca d’ Italia se consideriamo il caso italiano. Sono il vero volto de Il Grasso Bankiere©, IGB© alla massima potenza.
Quindi ci sono sempre banche a indebitare lo Stato direttamente alle aste e non possono farlo che comprando titoli di Stato con moneta CREATA DAL NULLA, poiché TUTTE le banche prestano moneta scritturale (oggi quasi solo di tipo elettronico) senza spostare e prelevare fisicamente alcunché, né dal patrimonio né dai conti correnti, NULLA DI NULLA: utilizzano immobilizzazioni e depositi SOLO come garanzia per i prestiti, non come zone di prelievo di moneta.
E questi prestiti, erogati per CHIUNQUE, sono delle semplici registrazioni contabili (moneta scritturale).Ecco l’ elenco degli Specialisti in titoli di Stato. Ecco Il Grasso Bankiere© in persona con nome e cognome.
Ecco la vera Grande Mangiatoia™ che si nasconde dietro allo Stato, sotto la squallida crosta della politica politicante, corrotta, criminale e guerrafondaia, sotto alla immane coltre di parole e di astruse teorie-escremento inculcate a forza dal sistema dell’ istruzione, dagli sconci professori e dottori col lurido culo seduto nei consigli di amministrazione delle banche, dagli squallidi giornalisti-kapò a libro paga di editori-banchieri ormai scoperti come truffatori, usurai e assassini.
Ecco la Grande Mangiatoia™ che schiavizza e depreda fino all’ osso l’ Umanità tutta.A decorrere dal 21 dicembre 2009, a seguito del cambio di denominazione sociale richiesto da una delle controparti, ai sensi dell’art. 3 comma 3 del decreto 13 maggio 1999 n. 219, l’elenco degli Specialisti in Titoli di Stato è composto, in ordine alfabetico, dai seguenti operatori:

Agli Specialisti in titoli di Stato si aggiungono successivamente, nelle varie operazioni di negoziazione dei titoli, le Società di Intermediazione Mobiliare (SIM) registrate presso la CONSOB.
Una volta acquistati da questi, i titoli di Stato possono essere riacquistati dalla Banca Centrale e detenuti da quest’ ultima sia prima della loro scadenza sia fino alla scadenza, a seconda della politica monetaria decisa dalla stessa Banca Centrale e della sua necessità di autofinanziamento attraverso gli interessi sui titoli.
La politica monetaria della Banca Centrale infatti è data dalla somma delle operazioni di acquisto/vendita di titoli di Stato con rispettive e contemporanee creazione/distruzione di moneta e iniezione/ritiro di liquidità nel/dal sistema delle Banche Commerciali e d’ Affari. In tali compravendite di titoli di Stato sono definite Operazioni di Mercato Aperto le compravendite riguardanti titoli di Stato che la Banca Centrale rivende prima della loro scadenza, trattandosi di rifinanziamenti temporanei ad hoc delle Banche Commerciali e d’ Affari.Infatti quando lo Stato Italiano (per esempio) si indebita per finanziare il deficit di bilancio, dal 26 novembre del 1993 (per legge) lo fa soltanto con le Banche Commerciali e d’ Affari a livello internazionale: prima di tale data invece poteva ricevere degli anticipi sul conto corrente del Ministero del Tesoro direttamente dalla Banca Centrale e prima dell’ asta di luglio del 1981 poteva anche far acquistare direttamente dalla Banca Centrale una parte dei titoli di Stato emessi, nella fattispecie quelli che rimanevano invenduti alla chiusura delle aste.
L’ eliminazione del vincolo per Banca Centrale italiana (Banca d’ Italia) di acquistare tale parte di debito pubblico di nuova emissione rimasto invenduto venne stabilita da una semplice convenzione con scambio di lettere nel febbraio del 1981 tra il Ministro del Tesoro Beniamino Andreatta e il Governatore Carlo Azeglio Ciampi.Bene… anzi, male! Allora la DOMANDA DEFINITIVA è:
Che differenza fa se la Banca Centrale è dichiarata pubblica o privata o guazzabuglio diabolico se in ogni caso emette moneta-debito, cioè obbliga lo Stato a restituire la moneta alla scadenza dei titoli di debito statali (acquistati prima dal Ministero del Tesoro e/o dagli Operatori Abilitati) e a pagare inoltre gli interessi su questa stessa moneta?
Risposta: NESSUNA DIFFERENZA!!! …Infatti i casi A), B) e C) sono solo tre varianti di un’ unica cosa: la moneta-debito addebitata da falsari usurai.

Insomma si fa tutto un da fare per scoprire e denunciare le trame di IGB© e poi si conclude dicendo che la statalizzazione risolve tutto… eh sì! Continuiamo allora con l’ avere come tra il 1936 e il 1992 una società dello Stato, la Banca d’ Italia, che come un cancro distrugge il resto dello Stato, i cittadini privati e le aziende, in combutta con le Banche Commerciali e d’ Affari…

Un capitolo a parte va ora riservato alla truffa della riserva aurea

Da sempre ogni Banca Centrale tiene in bilancio per vari scopi una certa quantità di oro.
Fino al 15 agosto del 1971 e SOLO per i non residenti negli Stati Uniti d’ America ogni banca a richiesta poteva cambiare la valuta nazionale in dollari e convertire quindi i dollari in oro custodito dalla Federal Reserve.
Quindi fino al Ferragosto del 1971 Fin sono messi per legge nero su bianco tre furti espliciti:
– ai residenti negli USA viene detto in faccia che il dollaro di carta viene loro prestato dalla Fed e dalle Banche Commerciali senza copertura e senza possibilità di conversione in oro, con l’ aggiunta degli interessi;
– al Resto del Mondo viene detto in faccia che gli Statunitensi sono truffati di brutto in casa loro e che solo una parte dei dollari di carta in circolazione può a richiesta essere convertita in oro e quindi una parte ancora minore di valuta cartacea nazionale può essere a sua volta convertita in oro passando per i dollari: infatti la convertibilità è ben altra cosa della copertura aurea.

– a TUTTO il Mondo si continua a nascondere il fatto che il valore è una dimensione del tempo e NON della materia, per cui il valore indotto sul simbolo monetario di costo nullo (banconota, oggi anche denaro elettronico) è una creazione del pubblico che lo accetta, NON una creazione della banca che lo emette e solo per il fatto di scriverci sopra 1, 10, 100, 1000: tant’ è che la miniera concede gratuitamente la pepita d’ oro.

Dato per assodato tutto ciò, il fatto che una Banca Centrale sia completamente di proprietà pubblica suona come una truffa con beffa finale.
Se lo Stato è proprietario della Banca Centrale, di conseguenza anche la riserva in oro (che magari si fa custodire per conto terzi da altre Banche Centrali) dovrebbe essere di proprietà dello Stato, perciò con quale criterio si prestano banconote allo Stato (oltre alle Banche Commerciali e d’ Affari) attraverso una società dello Stato visto che sono garantite, anche solo per la già truffa della convertibilità, da riserve auree di proprietà della stessa collettività?
Ciò significa che la collettività tramite il fantasmi giuridici dello Stato e della Banca Centrale presta a se stessa semplici pezzi di carta garantiti solo in minima parte da qualche sassolino prezioso già di sua proprietà e quindi a utilizzo gratuito, né più né meno come la miniera concede gratuitamente la proprietà e l’ utilizzo della pepita d’ oro.
Perciò si genera DAL NULLA un debito verso se stessi (!!!) in pezzi di carta con l’ assurda giustificazione di avere già in tasca una cosa gratuita di valore nominale SICURAMENTE inferiore ai pezzi di carta (convertibilità).

Con la fine degli accordi-truffa di Bretton Woods il 15 agosto 1971 si inaugura la stagione della super-truffa grazie al fatto che il Sistema Bancario ottiene per legge la facoltà di creare moneta come vuole e quanto vuole per i prestiti senza alcun rischio dovuto alla possibilità di convertibilità, fattibile solo per una piccolissima parte della massa totale di banconote di tutte le divise a livello mondiale, massa in continuo e inesorabile aumento.
Nel caso delle Banche Centrali statali la fine degli accordi sulla convertibilità aurea ha il significato di far diventare i propri sassolini preziosi un semplice peso morto (come se non lo fossero già da prima), quindi è ancora più stridente il fatto che si sia stabilito per legge con la fine degli accordi di Bretton Woods che gli Stati Banchieri possano così auto-indebitarsi all’infinito della propria carta straccia e auto-inchiodarsi in tale INFERNALE ASSURDITÀ a causa del peso degli interessi che fanno aumentare lo stesso auto-indebitamento a circolo vizioso.

Lo stesso Governatore Luigi Einaudi (poi divenuto Presidente della Repubblica) ben prima del 1971 aveva già confermato in pieno l’ inutilità del vincolo della convertibilità e il paradosso di trovarsi a capo di una Banca Centrale statale: “Alla scarsità dell’ oro si è sostituita la saggezza del Governatore”.
Come se fosse saggio un Governatore di Stato che di mestiere fa compravendita usuraia di debiti dello Stato creati dal nulla attraverso la banca statale che dirige…!!!

BANCHE COMMERCIALI E D’AFFARI

Prima ho introdotto gli Specialisti in titoli di Stato. Occorre ricordare come NESSUNA banca statale funziona in maniera differente da una qualsiasi banca privata.
Infatti ogni banca (sia centrale che commerciale) emette e ritira moneta con i prestiti in questo modo:1. crea moneta DAL NULLA;
2. la presta, acquistando titoli di debito vari o erogando mutui, fidi, anticipi, sconti, ecc.
3. chiede interessi sul debito contratto dal richiedente (Stati, imprese, privati);
4. distrugge la moneta restituita dal debitore in quota capitale nominale, intascando gli interessi.Dato per assodato questo UNICO modo di operare del Sistema Bancario, riassumibile con moneta-debito dissipativa caricata di interessi, si scoprono a questo punto delle cose impensabili ancorchè abnormi.
Lo Stato Italiano con la legge bancaria fascista del 1936 statalizzò una fetta consistente del sistema bancario privato dell’ epoca, in particolare divennero di proprietà pubblica le seguenti banche commerciali e d’affari:- Credito Italiano
– Banca Commerciale
– Banco di Roma
– Mediobanca
– Monte dei Paschi di Siena
– Banca Nazionale del Lavoro.Le prime 3 erano definite “Banche di Interesse Nazionale” o BIN (dal 1937) dopo essere divenute per statuto “Istituti di Diritto Pubblico” insieme alle seconde 3 in virtù di tale legge bancaria.
Queste banche chiaramente svolgevano attività creditizia in tutti i rami del settore privato (alcune erano specializzate in credito industriale a medio e lungo termine) e…
… del settore pubblico…! Sì, avete capito bene: erano banche al 100% statali che alle aste del Ministero del Tesoro acquistavano i titoli di Stato come qualsiasi Specialista in titoli di Stato prima descritto, cioè INDEBITAVANO lo stesso Stato che le possedeva…!!!E non potrebbe essere altrimenti, visto che DATI MACROSCOPICI INCONTROVERTIBILI affermano che:1) il debito pubblico non si è MAI estinto di colpo;
2) il debito pubblico mediamente è sempre aumentato;
3) il fisco è sempre rimasto in funzione e anzi il carico fiscale è sempre aumentato sia in quantità di tasse che in peso delle singole tasse;
4) le aste dei titoli di Stato sono sempre esistite e anzi si sono sempre più intensificate;
5) non sono MAI esistiti i libri del Credito Pubblico e del Signoraggio Pubblico derivanti dai prestiti allo Stato da parte delle sue stesse banche – creditore e debitore coincidono – ma SOLO quello del Debito Pubblico;
6) non sono MAI esistiti registri di Credito o di Signoraggio competenti allo Stato e derivanti da tutti i prestiti fatti dalle banche commerciali e d’affari statali a privati e imprese;
7) tutto quanto appena detto è durato per tutto il periodo di proprietà statale di queste banche commerciali, dal 1936 al 1992, anno in cui si iniziò la loro ri-privatizzazione.Oltre a ciò le cosiddette BIN erano le partecipanti della Banca d’ Italia, cioè della Banca Centrale, quindi la stessa Banca d’ Italia figurava come una banca al 100% statale come già visto poco fa, che come sua attività principale (d’ altra parte lo fa DA SEMPRE per legge-statuto-convenzione) acquistava e vendeva titoli di Stato sia all’ emissione direttamente in asta sia indirettamente nel sistema delle Banche Commerciali e d’ Affari (prima dell’ asta del luglio 1981, poi solo indirettamente). Oltre a ciò come già accennato la Banca d’ Italia prima del 26 novembre 1993 poteva anticipare liquidità direttamente sul conto corrente di Tesoreria del Ministero del Tesoro: una forma di indebitamento pubblico alternativa a quella dell’ acquisto di titoli di Stato e attuata direttamente dal Tesoro con la Banca Centrale senza intermediazione di altre banche o di altri intermediari.
Ancora, la Banca d’ Italia statale comprava/vendeva titoli di debito statali ANCHE dalle/alle Banche Commerciali statali che la partecipavano (le BIN), ovviamente, perché queste ultime come già detto operavano sul mercato come qualsiasi banca privata sempre con modalità come da punti 1., 2., 3. e 4. prima elencati e compravano tra le altre cose anche titoli di Stato, potendo partecipare alle aste in qualità di operatori abilitati.Risulta a prima vista paradossale che uno Stato, emettendo moneta-debito tramite delle sue società bancarie per prestiti a se stesso oltre che ai privati, non risulti contemporaneamente creditore di tutta la moneta emessa a debito sia verso di sé che verso i privati e quindi non utilizzi gratuitamente TUTTA la moneta proveniente sia dalle restituzioni dei prestiti sia dal percepimento degli interessi per suoi scopi a cominciare dal finanziamento a costo zero (cioè a tasse zero) della spesa pubblica.In realtà ciò non è affatto paradossale poiché abbiamo appena mostrato come NON CONTA ALCUNCHE’ il fatto che la proprietà dell’ ente emittente (la banca) sia pubblica o privata, ma conta SOLTANTO la modalità con cui viene emessa e gestita la moneta dallo stesso ente emittente.
In particolare lo Stato non riutilizzava gratuitamente la moneta che il suo perverso sistema di banche pubbliche riceveva da imprese, da privati e da se stesso (!!!) alla restituzione dei prestiti, poiché da sempre la moneta restituita in quota capitale nominale (valore nominale del prestito) viene distrutta (moneta-debito dissipativa), a SPUDORATA conferma della sua precedente creazione DAL NULLA (vedi punti 1., 2., 3. e 4.), fermando il suo flusso al sotto-fantasma giuridico della banca anziché essere poi gestita direttamente dallo Stato e dalle Pubbliche Amministrazioni in genere per qualsivoglia scopo di rilievo pubblicistico.
Solo una parte degli interessi venivano conferiti dalle banche statali allo Stato tramite tassazione e distribuzione degli utili netti e quindi né più né meno di una banca privata partecipata da un azionista pubblico, ma questo non è affatto un vantaggio poiché il fatto che lo Stato chieda a se stesso e ai cittadini che rappresenta interessi sui prestiti – oltre al già ampiamente sottolineato auto-indebitamento – E’ ABERRANTE e AUTOLESIONISTICO, oltre a essere AUTOINFLATTIVO, senza contare il fatto che gli interessi per alcuni decenni erano a due cifre con punte del 20% annuo. Alla faccia del conclamato “interesse pubblico”…!!!
E suona come una ennesima estrema beffa il fatto che lo Stato fino al 7 febbraio 1992 potesse decidere assieme alla sua Banca d’ Italia quale tasso di sconto e quali interessi AUTOTRUFFARSI e TRUFFARE ai cittadini e alle imprese su una già gigantesca truffa data dai debiti pubblici e privati creati dal nulla.
Come da schiavi poter decidere collegialmente col padrone la quantità di frustate da ricevere tra un minimo di 50 e un massimo di 100 (© Sandro Pascucci).Infatti non a caso i sistemi con cui lo Stato si è sempre finanziato sono stati il prelievo fiscale (tasse e tariffe) e il contrarre nuovo debito pubblico col Sistema Bancario (sia privato che pubblico), mentre in misura molto minore l’ utile delle varie aziende di Stato (quando c’ era).La sovranità monetaria è rimasta sempre nelle mani delle sue banche e delle altre banche private.Ma anche se ci fosse un libro del Credito Pubblico o del Signoraggio Pubblico accanto a quello del Debito Pubblico, che senso avrebbe mai indebitarsi con se stessi per poi riprendersi a posteriori il dovuto in qualità di creditori di se stessi? Ciò non avrebbe alcun senso: sarebbe naturale che lo Stato si stampi IL DOVUTO – senza contrarre alcun debito e senza dichiarare alcun credito – per finanziare i servizi che eroga ai cittadini di cui è rappresentante, emettendo quindi la c.d. moneta-proprietà.Così si uscirebbe finalmente dalla spirale perversa dettata a bacchetta nella società dalle [IN]CULTURE SERVE DEI BANCHIERI TRUFFATORI E USURAI.
A iniziare dalla [in]cultura del debito monetario onnipresente e ineluttabile.
Per continuare con la [in]cultura del valore in sé e per sé (vedi sopra: valore dimensione della materia VS valore dimensione del tempo).

Per concludere, sia prima che dopo il 1936 per arrivare fino agli Anni 70, lo Stato emetteva anche cartamoneta di piccolo taglio con su scritto “Regno d’ Italia” o “Repubblica Italiana” e questi biglietti venivano emessi SENZA formazione di alcun debito pubblico, né più né meno del caso dell’ emissione di monete metalliche, da sempre appannaggio dello Stato.
In realtà l’ emissione di questa cartamoneta avveniva in piccoli volumi e saltuariamente allo scopo di coprire momentanei disavanzi di bilancio nel corso dell’ anno, perciò incideva poco sul bilancio dello Stato, più o meno come l’ emissione di monete metalliche.
A mio parere il mantenere anche una piccolissima parte di emissione monetaria (come le monete metalliche) da parte degli Stati è mediaticamente funzionale al Sistema Bancario perché la sola presenza nel caso dell’ Euro metallico dei simboli RI (Repubblica Italiana) o RF (Republique Française) e di un conio specifico per ogni Nazione che emette lo stesso Euro metallico contribuisce a far credere che sia tutto sotto controllo pubblico e gratuito compresa l’ emissione dell’ Euro in banconote da parte della Banca Centrale Europea.

 


 

CONCLUSIONI

In definitiva la nazionalizzazione della Banca d’Italia e delle banche ridefinite Banche di Interesse Nazionale e Istituti di diritto pubblico del 1936-1937, durata fino al 1992, non ha fatto altro che CAMBIARE LA PROPRIETÀ DEI FANTASMI GIURIDICI AUTORIZZATI ALL’EMISSIONE DI MONETA, senza cambiare di una virgola il funzionamento del precedente Sistema Bancario privato e con somma beffa per i cittadini.

Tutto quello che è stato fin qui scritto vale anche per tutte le banche statali del resto dell’Europa, a cominciare come detto dalle Banche Centrali Nazionali tuttora statali quali Bundesbank, Banque de France e Bank of England che sono le più importanti in assoluto anche tra le varie BCN europee partecipanti alla stessa BCE.

Per quanto detto finora, chi vuole pensare e operare VERAMENTE nell’interesse dei cittadini DEVE rispondere definitivamente alle domande fondamentali:

 

– DI CHI E’ LA PROPRIETÀ DELLA MONETA ALL’ATTO DELL’EMISSIONE?
– COME DEVE ESSERE EMESSA E GESTITA LA MONETA?

 

Tutto il resto compete soltanto alla superficie della questione monetaria. Altrimenti, come diceva Giacinto Auriti, lo Stato rimarrà un semplice fantasma giuridico creato ad arte dalla Grande Mangiatoia™ come paravento per servirSI anziché come strumento per serviRE.

[per approfondire leggi Vito Zuccato su forum.primit.it]

E` nato il Partitu Populare Corsu

Vox Populi - rivista d'ispirazione giobertiana

E` nato il partito “online” di Corsi e Italiani: Partitu Populare Corsu (acronimo ufficiale= PPC)

Tra gli obiettivi principali del PPC ci sono: L`indipendenza della Corsica e l`eventuale libera confederazione con la Repubblica Italiana; l`uscita della Corsica dall`Unione Europea; riforma del lavoro e obiettivo di raggiungimento della piena occupazione dei lavoratori corsi; immigrazione di ritorno dei corsi nell`isola; tutela del patrimonio storico-culturale, insegnamento e pieno apprendimento della lingua corsa nelle scuole e crisma di ufficialita` negli enti pubblici, stesso percorso per la lingua italiana da rendere coufficiale come e` stato per secoli prima dell`imposizione della lingua coloniale francese; avvio di accordi economici con i Paesi vicini tra cui l`Italia sulla base di scambio reciproco di eccellenze, beni e tecnologie, non piu` sulla base di una forte competitivita` che mette i Paesi uno contro l`altro, vero preludio ad una guerra economica e non solo.

Lo Statuto completo e` leggibile nei canali…

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Nel frattempo in Turchia

Il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha appena presentato i prototipi di quella che sarà la prima linea di auto completamente prodotta in Turchia.

Saranno a marchio TOGG, Automobile Initiative Group of Turkey, la sigla del consorzio di cinque società turche che, in collaborazione con l’Unione turca delle camere e delle borse di materie prime, produrrà un SUV e una berlina.

Saranno eleganti auto elettriche dal design Pininfarina.

Verranno costruite a Bursa in un ex sito militare che, grazie a imponenti investimenti pubblici, è stato riconvertito per dare lavoro a 4.300 persone.

E mentre l’Italia è ormai completamente deindustrializzata, la Turchia (già leader europeo della produzione di elettrodomestici), grazie agli investimenti pubblici e alla costante presenza dello Stato in economia, si appresta a diventare una vera e propria potenza economica.

Eppure anche la Turchia ha straordinari siti archeologici, spiagge mozzafiato, ottimo cibo e milioni di turisti l’anno.

Ma stranamente non puntano tutto sul turismo, forse perché sanno che la produzione industriale è la spina dorsale di un paese.

Chissà, forse l’hanno imparato proprio dall’Italia degli anni 60-70, quella che noi stessi abbiamo prima ridicolizzato e poi dimenticato.

● Casa tua richiede dei confini, no? La politica anche.

Herman Daly, il padre della teoria della sostenibilità e il più noto economista ecologico al mondo: «I mercati odiano i confini, ma le politiche pubbliche, nell’interesse della comunità, le richiedono. Poiché la globalizzazione consiste nella cancellazione dei confini nazionali a fini economici, essa finisce anche per minacciare l’esistenza delle politiche economiche nazionali. Inoltre, implica anche l’eradicazione della politica economica internazionale.

(Tratto da qui) “Regolamentare nuovamente il commercio internazionale allontanandoci da modelli che impogono libero mercato, libera circolazione dei capitali e globalizzazione. Modelli basati su tetto massimo-aste-scambi commerciali, una riforma fiscale ecologica e altri provvedimenti nazionali che internalizzano i costi ambientali determineranno un aumento dei prezzi, mettendoci in una situazione di svantaggio competitivo su scala internazionale rispetto ai Paesi che non internalizzano i costi. Pertanto, dovremo applicare misure di compensazione per proteggere le efficaci politiche nazionali in materia di internalizzazione dei costi dall’abbassamento degli standard a causa della concorrenza con le imprese straniere non soggette al pagamento dei costi sociali e ambientali delle proprie attività.”

Questo “nuovo protezionismo” è molto diverso dal “vecchio protezionismo”, nato per proteggere una classe aziendale nazionale inefficiente dai concorrenti esterni più efficienti. La prima regola dell’efficienza è “prendere in considerazione tutti i costi” anziché il “libero mercato”, il quale, insieme alla libera circolazione dei capitali, determina una competizione che causa l’abbassamento degli standard finalizzato alla riduzione dei costi. L’imposizione di tariffe rappresenterà inoltre una buona fonte di entrate pubbliche. Ciò sarà in conflitto con l’Organizzazione mondiale del commercio, con la Banca Mondiale il Fondo Monetario Internazionale, quindi…

● I migliori auguri


Rosina è la proprietaria di un bar, di quelli dove si beve forte.
Rendendosi conto che quasi tutti i suoi clienti sono disoccupati e che quindi dovranno ridurre le consumazioni e frequentazioni, escogita un geniale piano di marketing, consentendo loro di bere subito e pagare in seguito. Segna quindi le bevute su un libro che diventa il libro dei crediti (cioè dei debiti dei clienti).
La formula “bevi ora, paga dopo” è un successone: la voce si sparge, gli affari aumentano e il bar di Rosina diventa il più importante della città.

Lei ogni tanto rialza i prezzi delle bevande e naturalmente nessuno protesta, visto che nessuno paga: è un rialzo virtuale. Così il volume delle vendite aumenta ancora.

La banca di Rosina, rassicurata dal giro d’affari, le aumenta il fido. In fondo, dicono i risk manager, il fido è garantito da tutti i crediti che il bar vanta verso i clienti: il collaterale a garanzia.

Intanto l’Ufficio Investimenti & Alchimie Finanziarie della banca ha una pensata geniale. Prendono i crediti del bar di Rosina e li usano come garanzia per emettere un’obbligazione nuova fiammante e collocarla sui mercati internazionali: gli Sbornia Bond.

I bond ottengono subito un rating di AA+ come quello della banca che li emette, e gli investitori non si accorgono che i titoli sono di fatto garantiti da debiti di ubriaconi disoccupati. Così, dato che rendono bene, tutti li comprano.

Conseguentemente il prezzo sale, quindi arrivano anche i gestori dei Fondi pensione a comprare, attirati dall’irresistibile combinazione di un bond con alto rating, che rende tanto e il cui prezzo sale sempre. E i portafogli, in giro per il mondo, si riempiono di Sbornia Bond.

Un giorno però, alla banca di Rosina arriva un nuovo direttore che, visto che in giro c’è aria di crisi, tanto per non rischiare le riduce il fido e le chiede di rientrare per la parte in eccesso al nuovo limite.

A questo punto Rosina, per trovare i soldi, comincia a chiedere ai clienti di pagare i loro debiti. Il che è ovviamente impossibile essendo loro dei disoccupati che si sono anche bevuti tutti i risparmi.

Rosina non è quindi in grado di ripagare il fido e la banca le taglia i fondi.

Il bar fallisce e tutti gli impiegati si trovano per strada.

Il prezzo degli Sbornia Bond crolla del 90%.

La banca che li ha emessi entra in crisi di liquidità e congela immediatamente l’attività: niente più prestiti alle aziende. L’attività economica locale si paralizza.

Intanto i fornitori di Rosina, che in virtù del suo successo, le avevano fornito gli alcolici con grandi dilazioni di pagamento, si ritrovano ora pieni di crediti inesigibili visto che lei non può più pagare.

Purtroppo avevano anche investito negli Sbornia Bond, sui quali ora perdono il 90%.

Il fornitore di birra inizia prima a licenziare e poi fallisce.

Il fornitore di vino viene invece acquisito da un’azienda concorrente che chiude subito lo stabilimento locale, manda a casa gli impiegati e delocalizza a 6.000 chilometri di distanza.

Per fortuna la banca viene invece salvata da un mega prestito governativo senza richiesta di garanzie e a tasso zero.

Per reperire i fondi necessari il governo ha semplicemente tassato tutti quelli che non erano mai stati al bar di Rosina perché astemi o troppo impegnati a lavorare.

Bene, ora potete dilettarvi ad applicare la dinamica degli Sbornia Bond alle cronache di questi giorni, giusto per aver chiaro chi è ubriaco e chi sobrio.

 

A VOI TUTTI i migliori auguri di buone feste sfavillanti e ricche di emozioni!

Politica con la P maiuscola

A Piazza Pulita (La7) Concita De Gregorio – ex direttrice dell’Unità – ha spiegato in breve il senso del pensierino espresso l’altro giorno dal caposardina Santori: “Politica con la P maiuscola significa delegare a qualcuno che è competente.”

Secondo Concita, il tema del MES (come dunque tutti quelli in generale di pari complessità dei trattati con l’UE et similia) dovrebbe essere lasciato ai ‘competenti’ (come Elsa Fornero, indicata in studio). Questa sarebbe l’essenza della democrazia: il popolo manda qualcuno ‘di cui si fida’ a trattare a suo nome (segue applauso scrosciante).
Ora, è parte fondamentale del mondo moderno, con un’elevata divisione del lavoro, il fatto che non tutti possano occuparsi di tutto, e che sia necessario dare fiducia di volta in volta a persone che nei rispettivi ambiti di specializzazione ne sanno più di noi. Tutto ciò è fisiologico e naturale, e nessuno lo mette in discussione.
Ma come si fa razionalmente a ‘delegare a qualcuno di cui ci si fida’? Si valuta se si presenta bene? Se non dice parolacce? Quali sono le competenze specifiche che dovrebbero essere attribuite ad un ceto politico?
Ecco, idealmente un ceto politico capace dovrebbe avere:
1) la capacità di scegliere e valutare gli specialisti cui delegare, in modo che operino nel migliore interesse del paese;
2) la capacità di comprendere le linee essenziali di ciò che fanno gli specialisti e di spiegarle alla popolazione, facendo da mediatori.
Bene, e quali sono le comptenze specifiche che dovrebbe avere l’elettorato, il popolo, per mandare quel ceto politico a fare il suo lavoro?
Idealmente il popolo dovrebbe essere in grado di valutare:
1) l’efficacia con cui il ceto politico ha delegato agli specialisti per fare gli interessi del paese;
2) il modo in cui è riuscito a farsi capire intorno a cosa si stava facendo e perché.
Alla luce di queste considerazioni come dobbiamo valutare le considerazioni di Concita De Gregorio?
Beh, la valutazione non sembra difficile.
Negli ultimi 30 anni il ceto politico che Concita sostiene è quello che ha scommesso le sue carte sull’UE, sulla disciplina dei conti, sull’austerità espansiva, sul rispetto dei trattati, e sulle soluzioni europee relativamente a crescita, debito, immigrazione, riduzione della diseguaglianza sociale, e promozione di ricerca e sviluppo.
E si tratta di un ceto che ha sistematicamente, massivamente ed inequivocabilmente fallito.
Dati inoppugnabili alla mano, in tutti questi ambiti l’Italia ha gravemente peggiorato le sue performance rispetto a prima.
Inoltre, gli stessi dati ci dicono che l’intera Eurozona ha perso comparativamente terreno nel mondo, aggravando le situazioni già critiche e creandone di nuove (a ridere sono solo la Germania e un paio di stati satellite, punto).
E tutto ciò è avvenuto senza che né il ceto politico italiano (né peraltro giornalisti come la nostra) spiegassero cosa stava succedendo: l’unica cosa che abbiamo avuto il piacere di sentire erano lezioncine su quanto eravamo ‘choosy’, quanto avevamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, ecc. ecc.
Tanto basti quanto ai ‘competenti’ (tipo la Fornero, la competente di cui stiamo ancora cercando di risolvere l’incastro degli esodati; o il rassicurante ministro Gualtieri, quello che va a trattare le sottigliezze del diritto comunitario e della finanza internazionale, forte della sua laurea in lettere moderne.)
Però infine Concita forse ha davvero ragione.
Il popolo non sa proprio fare il suo mestiere.
Se fosse davvero competente a fare ciò che gli spetta, a giudicare chi li ha governati in base ai risultati, avrebbe spazzato via questo intero ceto dirigente da tempo.
E invece ce lo troviamo ancora là a farci la lezione, insieme alla stessa Concita (che la sua di competenza l’ha dimostrata traghettando il giornale (l’Unità) che dirigeva al fallimento). [via A. Zhok]

 

● Le banche spendono a deficit, lo Stato no

Le banche spendono a deficit, emettendo credito con soldi che non hanno, in misura di 20 volte la loro disponibilità reale: è una spesa a deficit in misura del 2000% (deposito frazionario; hai letto bene: DUEMILA per cento), coperta dalla restituzione automatica (o in denaro o tramite i beni posti a garanzia dal debitore).
Lo stato può tecnicamente spendere a deficit garantito dal ritorno fiscale automatico: se fai bene i conti scopri che TUTTI i soldi spesi rientrano necessariamente, a tempo debito (provare per credere).
Gli USA sono usciti dalla crisi 2007-08 con spese a deficit anche superiori al 10%.
Il Giappone fa spese a deficit analoghe.
L’Italia del dopoguerra è stata costruita con spese a deficit dello stesso ordine.
L’Italia “europea” nel 2019 arranca con un deficit del 2,04%, di fronte a pressioni per ridurlo all’1,6 (roba da crescita nulla).
L’Italia costruita con intelligenti usi del deficit viene oggi distrutta impedendolo, mentre la banche investono a deficit nella misura proporzionale di circa 1000 volte di più.
Questa è la scandalosa privatizzazione dell’economia, che genera concentrazione di ricchezza in poche mani ed espansione della povertà in tutte le altre.


CURIOSITÀ

Francia, Germania e Regno Unito evadono più di noi.

https://www.ilsole24ore.com/art/nei-paradisi-fiscali-nascosti-italiani-142-miliardi-l-81percento-pil-ACFnzXr?fbclid=IwAR1bnJe5yLBycFUkHOOpGy20bVcR_fWW5RPTNROsYialt3aIpv9KjsPF_rk

Jeff Bezos (Amazon) toglie l’assicurazione sanitaria a 1900 dipendenti — Fortebraccio

Jeff Bezos, l’uomo più ricco del mondo, taglia l’assicurazione sanitaria dei lavoratori part-time di Whole Foods. L’operazione lascerà 1.900 persone senza assicurazione sanitaria. Negli Stati Uniti, come è noto, paghi 600 dollari solo per fare una semplice visita medica. I tagli non riguardano i dipendenti a tempo pieno, ma solo coloro che lavorano circa 20 ore […]

via Jeff Bezos, proprietario di Amazon, toglie l’assicurazione sanitaria a 1900 dipendenti — Fortebraccio

● Gretinismo, ce n’è per tutti

Ce n’è per i ricchi e per i poveri, per i progressisti e per i conservatori, per quelli di destra e per quelli di sinistra. Cari amici manifestanti, se la vostra grande mobilitazione sarà all’altezza di questi problemi, alla forza, radicalità, serietà che implicano, avrete l’occasione di fare la storia. Se invece pensate ci cavarvela con un flash mob fighetto, un po’ di raccolta differenziata e una tassa sui consumi puzzoni dei poveri, beh, lungi dall’essere la soluzione sarete un problema in più da superare. (Andrea Zohk)

Ieri vaste manifestazioni di matrice ecologista, in Italia e nel mondo, hanno suscitato impressione e grandi entusiasmi. Vedere tante persone, soprattutto giovani, mobilitarsi in massa per qualcosa di importante, qualcosa che va al di là delle immediatezze e superficialità di cui siamo prigionieri, è uno spettacolo confortante.

Francamente delle nuove generazioni è giusto temere chi si rimbecillisce davanti a uno schermo, chi fa a gara di selfie o chi si perde dietro a gadget e capetti firmati, ma non quelli che alzano la testa per guardare al di là del proprio presente individuale.

Dunque credo che l’attuale movimento vada accolto con apprezzamento, e anche se non mancano espressioni ingenue e talvolta semplicemente sciocche, bisogna ricordare che questo è fatale in ogni movimento di massa, e lo è sempre stato.

Ciò che però è importante capire, davanti alle usuali espressioni festose e ridenti, da scampagnata inattesa, è che il problema in oggetto è assai lontano dall’essere l’occasione per una festa.

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I) I dubbi

I dubbi degli scettici verso questo movimento non sono privi di senso, per quanto spesso si appuntino su questioni irrilevanti (come le vicende biografiche della nota ragazzina svedese).
Il primo, fondato, dubbio nei confronti di questo movimento sta nel fatto di essere apparentemente sostenuto da quello stesso apparato capitalistico che è all’origine dei problemi ecologici. I sorrisi di capi di stato che invocano ulteriore crescita come unica soluzione, e il plauso di industrie private la cui moralità si risolve nel distribuire cedole corpose ai propri azionisti, sono indici assai sospetti.

Ora, il problema è che, se è vero che tutti i movimenti di massa possono essere manipolati, un movimento di questo tipo, con un orizzonte vastissimo e radicale, ma anche assai vago, può essere manipolato e fuorviato in modo estremo.
Il grande rischio, cui il tentativo di affrontare la tematica ambientale si presta con facilità, è quello di far convergere l’attenzione su questioni di dettaglio e soluzioni ‘sostitutive’ lasciando intoccato il problema di fondo. E il problema di fondo è uno solo, talmente radicale da far tremare vene e polsi di chi ne intraveda l’impatto: il problema è rappresentato da un sistema produttivo che per sua essenza non può che generare devastazione ambientale. Le caratteristiche di questo sistema, che è ciò che chiamiamo capitalismo, è quello di accelerare costantemente i processi di consumo delle risorse, di produzione di scarti e di concentrazione (di produzione e consumo).

Il sistema richiede crescita della produzione per sopravvivere (uno stato stazionario a crescita zero farebbe saltare l’intero sistema degli investimenti privati, non garantendo rese crescenti). E crescita della produzione significa crescita di tutte le attività che promettano dei margini di profitto, dunque processi trasformativi di materie prime, processi di combustione, processi di spostamento planetario di capitali, di persone, di beni intermedi e beni finali. Tutte queste tendenze, in crescita costante, decentrata e illimitata, aumentano la cosiddetta ‘impronta ecologica’ umana sul pianeta, creando condizioni che stanno già provocando un’ecatombe di specie animali e vegetali, e che coinvolge crescentemente la salute e la sopravvivenza della stessa specie umana.

Il sistema richiede inoltre la concentrazione continua sia dei fattori di produzione che di consumo, che è a sua volta un fattore gravemente destabilizzante: il sistema ottimizza le proprie attività se riesce a concentrare le risorse da utilizzare, la produzione e il consumo in singoli luoghi. Esempi di queste concentrazioni sono le aree industriali, e le megalopoli moderne.

È importante capire che i processi di concentrazione in un sistema in equilibrio producono fatalmente squilibrio e patologia. In un organismo vivente la concentrazione fuori controllo di una qualunque sostanza ordinariamente innocua produce avvelenamento (la variabile quantitativa è determinante nei processi naturali: per dire, il sale in certe quantità è indispensabile per la fisiologia dell’organismo umano, ma al di sopra di una certa quantità produce avvelenamento, disfunzioni organiche, morte). Questo accade per ogni sostanza in ogni sistema con caratteristiche di equilibrio organico, come gli ecosistemi. La stessa cosa avviene con le concentrazioni estreme di certi elementi naturali (es. fabbriche, industria chimica, nucleare) e della popolazione (concentrazioni di consumo e di scarti).

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II) I problemi dell’imputabilità

Sul tema del ‘riscaldamento globale’ si tira fuori spesso la difficoltà di dimostrarne l’imputazione a cause umane. Ed indubbiamente ciò che abbiamo a disposizione sono sempre solo convergenze e concomitanze tra possibili cause e possibili effetti. Sono convergenze e concomitanze che parlano a netto favore di una certa ipotesi, ovvero il ruolo di alcune attività umane nell’indurre cambiamenti climatici, tuttavia si tratta di ipotesi ben corroborate, ma certo non di prove apodittiche.

In un laboratorio noi possiamo selezionare e variare singole cause, esplorandone le ripercussioni, ma quando ci muoviamo sul piano naturale, dove non possiamo tenere sotto controllo tutte le variabili del sistema, la stringenza dei nessi tra cause ed effetti può essere sempre messa in dubbio.

Ciò che è importante capire a questo proposito è che questo dubbio è irrilevante. È irrilevante perché non dobbiamo soffermare lo sguardo su una singola imputazione causale, ma sul funzionamento del sistema. Il problema di fondo sul piano dei processi di degrado ambientale è proprio questo: la produzione plurale, incontrollata, anarchica, su tutto il pianeta, di una miriade di cose, utili, superflue o senz’altro dannose, mette in circolo continuamente una vasta pluralità di sostanze inedite, prodotti di sintesi, sottoprodotti di scarto, e lo fa con procedimenti variegati e mutevoli. Tutto ciò rende la ricerca di un’imputabilità causale precisa di fronte al manifestarsi di uno squilibrio, di una patologia, assai difficile.

Noi possiamo registrare gli aumenti di tumori, allergie, intolleranze, crolli immunitari, infertilità, possiamo registrare la scomparse di specie naturali a blocchi, possiamo verificare la crescita di aree morte negli oceani, possiamo notare tutte queste cose, ma tra osservare l’effetto e riuscire a ricostruire una causa plausibile può passare moltissimo tempo, e anzi non è affatto detto che alla fine ci si riesca, proprio perché ci troviamo in un sistema complesso, multifattoriale, aperto, e dove le variabili a monte continuano a mutare proprio a causa dell’attività umana.
In questo senso i dubbi sull’origine antropica del riscaldamento globale sono buoni quanto mille altri dubbi – se il nostro intento è quello di cercare una causa univoca e precisa, qualcosa da poter portare in tribunale per ‘chiedere i danni’ a un colpevole. Ma sul piano del processo complessivo di degrado ambientale questa imputazione è superflua, perché mentre il colpevole in senso individuale può essere irrintracciabile, il colpevole in senso complessivo è chiarissimo, ed è un sistema produttivo che fa della crescita infinita, sulla base di iniziative anarchiche in competizione reciproca, il nerbo del suo funzionamento.

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III) Le finte soluzioni
In questo contesto la tendenza dominante da parte del sistema economico, per conservarsi in vita e prosperare, è di procedere con soluzioni locali affidate in ultima istanza al sistema stesso di autoregolamentazione dei mercati. Perciò il modo in cui si pensa sempre di intervenire è attraverso incentivi-disincentivi di mercato e promuovendo ‘sostituzioni tecnologiche’. Questi interventi si limitano a riorientare la produzione in una direzione momentaneamente diversa, ma comunque sempre crescente, e dunque si tratta di fatto sempre di false soluzioni.

Ad esempio, il tema del controllo delle emissioni non è affatto nuovo. I primi provvedimenti a questo proposito sono stati presi molto prima che la maggior parte dei manifestanti di ieri nascesse. I provvedimenti proposti dagli economisti, e spesso implementati, consistevano nell’introdurre tasse sulle emissioni (carbon-tax), o di attribuire permessi di inquinamento trasferibili e a pagamento. L’idea in entrambi i casi è quella di fornire un incentivo-disincentivo alla riduzione delle emissioni, lasciando poi fare al mercato. Naturalmente entrambi gli interventi laddove sono stati usati sono falliti miseramente.
Il mercato ha come esigenza quello di aumentare i profitti e questa esigenza non è negoziabile, dunque la risposta all’introduzione di una tassa è semplicemente quella di aggirarla se possibile, o di scaricarla sugli acquirenti, se impossibile fare altrimenti.
Quanto ai permessi di inquinamento trasferibili, non essendo possibile in nessun modo definire (e misurare) una quantità totale di inquinamento accettabile, questi permessi sono stati distribuiti in maniera causale e soggetta a pressioni politiche, ed essendo trasferibili hanno tutt’al più spinto paesi sottosviluppati (a scarsa industrializzazione) a cedere le proprie quote a paesi sviluppati (dove i costi di produzione accresciuti vengono scaricati sull’acquirente, come nel caso della carbon-tax).

La verità è che tutte le soluzioni che ritengono di lasciar giocare la partita ai meccanismi di mercato sono fallimentari in partenza, perché si tratterà sempre soltanto di modi per indurre momentanei reindirizzi del mercato stesso, senza metterne in discussione il meccanismo di fondo: ma è proprio il meccanismo ad essere il problema, non le singole soluzioni. È il meccanismo a produrre incremento di consumo, di scarti e di concentrazioni. Tutte le soluzioni tampone sono di fatto operazioni di distrazione, che riposizionano semplicemente alcuni produttori sul mercato.

Pensiamo alle cicliche ‘rottamazioni’ indotte dalla rincorsa a prodotti sempre più ‘ecologici’. Invece di chiedere alle aziende di produrre macchine, trattori, lavatrici, ecc. capaci di durare 50 anni, si forniscono incentivi pubblici a cambiare tutto quanto ogni 5 anni in modo da ‘aggiornare ecologicamente’ tutti i nostri macchinari. E ciascuno di questi ‘momenti di progresso ecologico’ implica aumenti della produzione, e aumenti della rottamazione di scarti.

Così invece di avere una macchina che dura una vita, abbiamo l’occasionissima incentivata ecologicamente di cambiarne una decina: e ciò sembra a tutti una mirabile armonia prestabilita tra consumismo e ecologia, salvo che il primo prospera e la seconda soccombe.

Qualunque intervento estemporaneo su singoli settori si limiterà a creare uno sbilanciamento competitivo che danneggerà qualcuno favorendo qualcun altro, senza cambiare di una virgola il sistema.
Ieri risuonavano in piazza perentorie richieste al governo di ‘abolire gli incentivi al consumo di combustibili fossili’. Bellissimo, peccato che questo significhi, rebus sic stantibus, semplicemente mettere fuori mercato camionisti e veicoli agricoli italiani, per sostituirli con carriaggi est-europei a carbone o simili. Siccome l’esigenza di svolgere quell’attività produttiva rimane, modificarne le condizioni di agevolazione per certi agenti economici può soltanto riposizionare i concorrenti sul mercato, ma non cambierà affatto gli effetti ambientali negativi.

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IV) L’orizzonte delle soluzioni reali

Se ora veniamo all’orizzonte delle soluzioni reali e non fittizie, vediamo subito come ci si trovi di fronte a qualcosa di grandioso, epocale, i cui margini non sono, temo, minimamente percepiti da chi oggi manifesta pittandosi di verde.
La prima cosa da capire è che i processi di crescita incontrollata di consumi e scarti hanno due variabili fondamentali: il consumo procapite e la popolazione che consuma.

Trattare il problema in termini reali ha dunque alcune implicazioni che non credo siano intuitive, o almeno non per tutti. Mi limito qui a elencarne concisamente tre aspetti.

1) In primo luogo, un sistema che sia in grado di limitare e dosare a piacimento i tassi di crescita di produzione e consumo può essere solo un sistema in cui il controllo ultimo del sistema produttivo è affidato ad organismi centralizzati, di natura politica, sperabilmente democratica: un sistema per cui non credo vi sia altro termine utilizzabile se non ‘socialismo (democratico)’.

Questo significa che un sistema capace di tenere sotto controllo i processi autodistruttivi di cui sopra è un sistema dove meccanismi di mercato e libera iniziativa possono sì esistere in forma circoscritta, ma dove le leve ultime di controllo (a partire dal sistema finanziario) sono affidate allo Stato.

2) In secondo luogo, tale sistema, dovendo procedere ad un contenimento dei processi produttivi non può più contare sull’idea (di solito solo un’idea) che i ‘perdenti’ del sistema avranno la loro chance di rifarsi risalendo la china in futuro: un sistema produttivamente stazionario tende a non avere mobilità sociale (e già oggi ce n’è pochissima), dunque le differenze reddituali abissali che oggi esistono non sarebbero più tollerabili.

Con un esempio: se hai un sistema che produce masse infinite di carne a basso prezzo per operai a basso salario, puoi conservare salariati immiseriti, mentre tu acquisti palazzine con gli introiti dei tuoi allevamenti intensivi. Ma se devi produrre carne di mucche al pascolo brado, da un lato avrai carne costosa, inaccessibile ai working poor, dall’altro tu stesso avrai una produzione più contenuta, con riduzione degli introiti. Inoltre, se non vuoi che orde di affamati vengano a cercarti a casa, devi garantirgli un incremento di introiti capaci di acquistare quella carne che ora è più cara.
L’effetto finale (che dev’essere governato a livello statale) è quello di una radicale compressione delle distanze reddituali. (E ho come l’impressione che già qui molti degli ecologisti di battaglia dei quartieri bene inizino a sudare freddo.)

3) In terzo luogo, ma almeno altrettanto importante, il controllo demografico dei paesi che sono ancora in crescita demografica deve divenire una priorità internazionale ed essere percepito come tale. Se i problemi di cui sopra sono prevalentemente a carico dei paesi ‘ricchi’, questo invece è un problema massivamente a carico dei paesi ‘poveri’.

Chi a tutt’oggi fa discorsi immalinconiti sulla crescita zero della demografia europea (e sul bisogno di afflussi di popolazione da altre parti del mondo) semplicemente non ha capito nulla.
I paesi occidentali, soprattutto europei, sono già in condizione di sovrappopolamento rispetto alle capacità dei loro territori, e la crescita zero (e magari anche un po’ calante) è esattamente l’unica cosa che possono permettersi (ecologicamente parlando).

Il meccanismo attuale crea continuamente una concentrazione di popolazione (producente-consumante) in aree sempre più affollate, mentre aree semivuote del pianeta continuano a produrre popolazione a ritmi palesemente insostenibili, popolazione che poi cercherà di accatastarsi nelle aree già sovraffollate. Questo folle meccanismo funziona perché deresponsabilizza tutti. Deresponsabilizza i paesi con crescita demografica tumultuosa, i cui governanti possono contare sulle valvole di sfogo dell’emigrazione per tenere a bada lo scontento locale, che esploderebbe se la popolazione dovesse trovare sostentamento là dove è nata. E deresponsabilizza i paesi ‘ricchi’, che vedono nell’incremento di popolazione ‘prodotta altrove’ un modo per drenare manodopera a basso costo, che consente di conservare la propria superiorità economica e di incrementare la produzione.
Questo sistema è congegnato in maniera tale che l’unica forma di contenimento contemplata è quella di ‘crisi malthusiane’, cioè di situazioni in cui ad un certo punto la produzione incontrollata di popolazione da parte dei meno abbienti venga arrestata da eventi tragici, carestie, ecc.
In assenza di questa forma di contenimento, il processo si limita a proseguire all’infinito, con aree di produzione-consumo di beni sempre più affollate e aree di ‘produzione umana’ stabilmente miserabili.

● Non siamo produttivi!

Questa frase riecheggia spesso nei commenti di alcuni economisti e opinionisti. Ma cos’è la produttività e soprattutto qual è la sua incidenza rispetto all’attuale crisi? Prendiamo due bar, il “Bar dello Sport” e lo “Splendor Bar”. Nel primo lavora Piero, nel secondo Paolo.

Ogni mattina dalle 6 alle 14 nel “Bar dello Sport” entrano 1200 clienti per bere un caffè; pertanto Piero ogni mattina deve preparare 1200 caffè e riceve uno stipendio di 60 euro al giorno.
Nel bar dove lavora Paolo, sempre dalle 6 alle 14 entrano solo 40 clienti per bere un caffè, per cui Paolo prepara solo 40 caffè. Paolo ha una paga giornaliera di 50 euro.

Se confrontiamo quanti caffè producono Piero e Paolo in un’ora, stiamo misurando quella che in economia viene chiamata PRODUTTIVITÀ.

Piero ha una produttività di 150 caffè all’ora e il suo datore di lavoro, un tedesco di nome Wolfgang, è molto soddisfatto di lui.
Paolo ha invece una produttività di 5 caffè all’ora. Il suo datore di lavoro, Pier Carlo, è insoddisfatto della resa di Paolo anche se Paolo ogni giorno gli spiega che il problema non è la sua produttività, ma il basso numero di clienti che entra al bar.
Pier Carlo non si lascia convincere e alla fine decide di licenziare Paolo e di chiudere lo “Splendor Bar”.

Tutto sembra quindi risolto a favore della maggior produttività, ma la storia non finisce qui.

Una volta disoccupato (e disperato) Paolo si presenta dal signor Wolfgang, dicendogli che è un ottimo barista e che costa la metà di Piero.
Wolfgang, avido affarista, senza starci a pensare troppo licenzia Piero e assume immediatamente Paolo, che già dal primo giorno preparerà 1200 caffè per i 1200 clienti del bar a fronte di uno stipendio pari alla metà di quello di Piero.
Ovvero lavora per soli 30 euro al giorno.

Wolfgang si sente a questo punto un mago dell’economia, perché non solo ha mantenuto la stessa produttività, ma il costo della manodopera necessaria per un caffè si è dimezzato, permettendogli di guadagnare 30 euro in più al giorno.

Ma la storia non è ancora giunta al termine.
Così com’è successo a Paolo, che è rimasto senza lavoro, altrettanto succederà a parte dei 1200 clienti del “Bar dello Sport”, i quali, a causa della crisi, dovranno quindi rinunciare al caffè quotidiano.
Un’altra parte dei 1200 accetterà di lavorare per uno stipendio più basso e sarà costretto a tagliare la spesa del caffè della mattina al bar per far quadrare i conti a casa.
Il risultato sarà che al “Bar dello Sport” comincerà ad entrare sempre meno gente, facendo precipitare la produttività di Piero.
Per mantenere alta la produttività, Wolfgang dimezzerà le ore di lavoro di Piero e la sua paga, ma in questa spirale deflazionistica Wolfgang potrà licenziare i baristi e pagare sempre meno i nuovi senza però invertire minimamente la spirale improduttiva, per il semplice fatto che la produttività dipende dalla domanda di caffè e non dalla bravura del barista.

Oggi l’Italia è tra le maglie nere in Europa per la produttività, ritenuta responsabile dell’austerità che ci colpisce e che va debellata con serie riforme strutturali.
Ma da oggi almeno Paolo e Piero hanno capito che la produttività e la crisi ci sono perché non ci sono più clienti che entrano nel loro bar a DOMANDARE un caffè perché hanno finito i soldi, non è una mera questione di PRODUTTIVITÀ.

PER SIMILITUDINE:

Memento…

● Conte: dopo le dimissioni

Intervista a Alfonso Celotto, docente di Diritto costituzionale all’Università Roma Tre, che all’AGI spiega cosa potrebbe venir fuori da una situazione politica “molto fluida”. [via Italialeaks]

Dopo le dimissioni di Giuseppe Conte e l’apertura ufficiale della crisi di governo “la situazione è molto fluida” e gli scenari possibili sono tre: un governo guidato da un tecnico, un governo politico 5 stelle-Pd (“a patto che il Pd trovi una sua unitarietà ed eviti un’ulteriore frammentazione”) o il ritorno alle urne.

Lo spiega all’Agi il professor Alfonso Celotto, docente di Diritto costituzionale e Diritto pubblico comparato all’Università Roma Tre. “Le crisi di governo possono essere parlamentari o extraparlamentari – afferma il professore – le più comuni, oltre 60 volte su 65 governi, sono extraparlamentari, come è accaduto con il premier Conte. Extraparlamentari significa che il presidente del Consiglio si dimette senza un esplicito voto di sfiducia da parte delle Camere e il governo resta in carica fino alla nomina di un nuovo governo. Gli scenari possibili sono vari – prosegue Celotto – siamo davanti a una crisi molto tattica e questo tatticismo ricorda quello del marzo 2018, subito dopo le elezioni, perché il risultato elettorale è stato composito e come tale non ha indicato una maggioranza naturale. Del resto – sottolinea il professore – dobbiamo ricordare che siamo una repubblica parlamentare dove il governo viene nominato dal Parlamento e non direttamente dal popolo, come avviene nelle repubbliche presidenziali”.

I tre scenari possibili per il dopo Conte

Con le dimissioni di Giuseppe Conte si sono aperte tre alternative: la prima è un nuovo governo che si può chiamare di scopo, del presidente o di garanzia. “Questi termini – osserva il docente di Roma Tre – possono essere ritenuti sinonimi, e indicano un governo che ha una guida non politica e del quale fanno parte ministri per gran parte non politici ma tecnici. Un po’ come è accaduto con il governo Monti. Dobbiamo ricordare – afferma Celotto – che tecnico non è una parola dal significato malevolo, anzi dovrebbe significare un governo di alta competenza, di alta qualità tecnica che puo’ favorire dei risultati per il Paese”.

La seconda alternativa “è un governo politico che metta insieme il Pd e il M5s, ovviamente il Pd in tutti i suoi ranghi, e anche con pezzetti di Leu e gruppo misto per arrivare a una maggioranza abbastanza stabile soprattutto al Senato: qui la maggioranza è di 158 e bisogna raggiungere 162 o 165 per governare in maniera tranquilla. Sicuramente un governo di ampia coalizione politica che è tutto da costruire per capire come i 5 Stelle che hanno lavorato con un partito di centrodestra possono lavorare con un partito di centrosinistra”.

La terza alternativa è il voto: “Nel caso in cui non si riesca a formare un nuovo governo il presidente della Repubblica scioglie le Camere e si va direttamente alle urne”. Quali dei tre scenari è il più probabile? “In questo momento – risponde Celotto – io direi che il governo politico ha un 40% di possibilità, il governo tecnico un 35% e il voto un 25%. Sono percentuali molto vicine perché la situazione mi sembra molto fluida”.

Le consultazioni del Capo dello Stato

La parola passa a questo punto al Capo dello Stato che da oggi pomeriggio avvierà le consultazioni tra le forze politiche. “Le consultazioni sono il modo di avere il polso della situazione – chiarisce l’esperto di diritto costituzionale – ciascun gruppo parlamentare viene ricevuto al Quirinale e vengono ricevuti normalmente dal più piccolo al più grande, in ordine di rappresentatività politica. Sappiamo che alla fine delle consultazioni, che possono durare un paio di giorni, il presidente puo’ fare diverse cose: un secondo giro di consultazioni, affidare un mandato esplorativo, cioè un preincarico a un soggetto di garanzia come avvenne l’anno scorso con i presidenti del Senato e della Camera, o ancora designare direttamente un nuovo presidente del Consiglio il quale a sua volta farà le consultazioni per formare il governo”.

La partita in atto nel Partito democratico

Zingaretti e Renzi come si giocheranno questa partita? “Il ruolo del Pd è sicuramente il più difficile – evidenzia Celotto – sappiamo che è un partito molto diviso in correnti per cui bisogna capire se riesce a trovare una unitarietà nello stare al governo oppure se questa unitarietà non la riesce a trovare, per cui rischia una frammentazione ulteriore. In fondo la situazione è un po’ come quella del 2006, quando Prodi mise insieme nella coalizione dell’Ulivo una varietà composita di governo, e quindi un governo con grandi intenzioni politiche che non sempre riusciva a portare a termine i suoi obiettivi. A mio avviso il Pd deve fare un’importante analisi per capire se conviene andare al voto o cercare di governare. Il tentativo di governare può essere il più costruttivo per il Paese, ma vanno anche calcolati gli interessi politici delle singole correnti di voler andare al voto oppure di voler provare ad andare al governo. Penso che sia difficile anche all’interno del Pd capire questi equilibri”.

La possibilità di un accordo tra Pd e M5s

Quindi, prima di parlare di un accordo 5 stelle-Pd “bisogna capire se ci puo’ essere una convergenza politica completa di tutte le correnti del Pd e di tutte le parti dei 5 stelle verso un governo congiunto. A quel punto va fatto il programma, ed è tutto da vedere quali possano essere i punti di convergenza. Ma il problema più grave è trovare la convergenza tra Pd e M5s sull’idea di abbinarsi”.

A complicare il quadro politico c’è anche la manovra economica che l’Italia dovrà preparare nei prossimi mesi. “è uno scenario importante – ammette Celotto – la manovra economica che ci aspetta è impegnativa, da decine di miliardi. Inoltre, ci sono le clausole di garanzia sull’Iva e c’è sicuramente bisogno di fronteggiare i parametri europei, per cui sarà una manovra dispendiosa e importante. Si tratta di capire come i partiti vorranno muoversi rispetto a questo. Sappiamo bene – osserva il docente – che nessun partito politico vuole intestarsi una manovra sanguinosa e dura, per cui in questa ottica potrebbe essere più plausibile che sia un governo a matrice tecnica ad intestarsi queste riforme, come accadde nel 2011 con il governo Monti. In ogni caso – conclude – il quadro mi sembra molto fluido e penso che ci vorrà qualche giorno per risolvere questa crisi”. 

Bilancio di mezza stagione a mezze tinte

Nicoletta Forcheri

Francamente che questo governo non faccia niente né nel senso anticicliclo economico né a difesa dei cittadini, lo abbiamo visto tutti con l’ultima dichiarazione dei redditi, dove:

1 la zona no tax area è sempre vergognosamente bassa, 8000 euro l’anno vs i 40000 euro annui dell’Albania;

2 le aliquote fiscali sono sempre vergognosamente distruttive delle classi meno abbienti (23% la prima aliquota fino ai 15000 euro, il 27% dopo i 15000!);

3 per persone come la sottoscritta, che vivono di affitti turistici, non esiste NEANCHE la zona no tax area, per dire o paghi o vendi, persino su 5000 euro di reddito, il che significa che ci vogliono affamare, e che la patrimoniale esiste eccome!

4 sempre per i privati che affittano NON esistono le spese detraibili, quindi PATRIMONIALE NASCOSTA. Per dire in Francia un proprietario che affitta dichiara d’ufficio il 50% del reddito per l’altro 50% è…

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● Banconote e conio

 [In calce podcast Vera Economia di Alessandro Sieni]

Banconote e conio sono ormai una proporzione minuscola (meno del 10%) del denaro esistente nell’economia. Alcuni, prendendo esempio dalle banche private che generano la moneta scritturale bancaria, sperimentano una procedura somigliante digitando numeri sulla tastiera di un pc. La scritturazione bancaria dei “bit” si ritiene CONVERTIBILE IN MONETA LEGALE EURO accettata da tutti perché ritenuta ope legis (regolamento Bce) ratificata dagli stati. Per similitudine, alcuni provano a imitare questa procedura anche in forza di una sentenza attestante che la moneta bancaria non è moneta legale, difatti l’avvocato Marco Della Luna, per salvare dalla vendita all’asta, richiesta da una banca ai danni di un suo cliente (come a diversi altri), ha presentato al giudice dell’esecuzione immobiliare del Tribunale di Genova un’istanza di sospensione basata anche sulla contestazione di nullità del contratto di mutuo perché la banca in questione (come fanno tutte le banche) aveva prestato, spacciandola per euro (moneta legale), una moneta scritturale privata, da essa stessa creata senza autorizzazione. Il giudice in questione non ha sospeso l’esecuzione, ma ha fatto un’ammissione sorprendentemente audace, per un giudice, ossia che effettivamente il denaro creato e prestato dalla banca non è la moneta legale Euro, BENSÌ POSSA ESSERE CONVERTITO IN ESSA quando si preleva in contanti. Una tale ammissione mina le basi stesse del sistema di potere politico-economico che domina e sfrutta la società contemporanea…

In conclusione, l’oggetto della licenza bancaria, ex art. 10 TUB, è l’esercizio e l’intermediazione del credito, non la creazione della moneta, la quale non può considerarsi come implicita nell’esercizio del credito, così come la fabbricazione di automobili non può considerarsi implicita nel noleggio di automobili. La creazione di moneta non rientra nemmeno nell’emissione di moneta elettronica, consentita alle banche di credito e ad altri soggetti soltanto contro copertura in fondi pre-esistenti. La creazione dell’euro, della moneta legale, è riservata al Sistema Europeo delle Banche Centrali: artt. 127 e 128, 1° c TFUE; art, 10 TUB; artt. 347 e 453 CP, ed è vietata alle banche non centrali – e queste sono norme pubblicistiche, imperative, penalmente sanzionate.

Quindi, come non è legale la moneta bancaria e tuttavia viene riconosciuta da chicchessia, allora nello stesso modo pur non essendo legale la moneta di Stefano questa dovrebbe altrettanto essere legale!

● Moneta scritturale, Bankitalia s’incarta

http://sdw.ecb.europa.eu/reports.do?node=1000004112

http://sdw.ecb.europa.eu/reports.do?node=1000004114

NOTA. Circolazione al di fuori dell’area dell’euro Le banconote in euro non sono utilizzate esclusivamente dai residenti nell’area dell’euro. Essendo denominate in una valuta internazionale, talvolta valicano i confini dell’area e non rientrano più. Si stima che in termini di valore tra il 20% e il 25% delle banconote in euro in circolazione sia detenuto al di fuori dell’area dell’euro, prevalentemente nei paesi limitrofi. La domanda di banconote in euro è bruscamente aumentata soprattutto nei paesi dell’Europa orientale non appartenenti all’UE con lo scoppio della crisi finanziaria nel 2008 e il deprezzamento delle valute nazionali rispetto all’euro. Poiché queste banconote restano in circolazione, si presume che continuino a essere detenute da non residenti nell’area dell’euro.

links:
https://nicolettaforcheri.wordpress.com/2017/04/23/tribunale-di-savona-sulla-creazione-di-euro-scritturali-e-relativi-pagamenti/

Un contradditorio a caso…

Moneta scritturale: quelli che si creano gli euro da soli

● Minibot a prova d’idiota

Il denaro non è un bene reale, bensì è un bene fittizio creato a volontà dal suo monopolista, ad esempio lo Stato, il cui ruolo è quello di creare benessere diffuso.

I liberisti trattano il denaro come se fosse un bene reale, ignorando completamente le basi della teoria monetaria moderna (il denaro infatti non è più agganciato all’oro dal 1971, fine del “Gold standard”.

Uno Stato sovrano con “moneta fiat” oggi ha il potere di creare tutto il denaro che vuole, per creare piena occupazione e pieni servizi, e senza generare inflazione…

Sappiamo che secondo il filosofo Benedetto Croce, la differenza tra un LIBERALE ed un LIBERISTA, seppur quasi impercettibile ai più è profonda: “Il liberismo è un concetto inferiore e subordinato a quello di liberalismo. E in Italia si può essere liberali senza essere liberisti”.

Per completezza, il concetto di LIBERTARISMO secondo l’Accademia della Crusca e l’Enciclopedia Treccani afferisce ad un orientamento di pensiero e movimento politico-culturale tipicamente statunitense teso ad esaltare il ruolo dell’individuo e la sua libertà d’azione all’interno della società capitalisticaM.N. Rothbard (For a new liberty. The libertarian manifesto, 1973), principale teorico del libertarismo, postula la necessità e la possibilità di assoggettare alla logica di mercato tutte le funzioni tradizionalmente attribuite allo Stato (comprese la giustizia, l’ordine pubblico e la difesa: cosa non pensabile per un liberale o per un liberista per sé) e di assolutizzare i diritti individuali come naturalmente fondati. Per questo e per la fiducia espressa nei confronti del sistema capitalistico il libertarismo è denominato anche anarco-individualismo o anarco-capitalismo.


Il video “La favola dell’ebreo e il ciclo monetario” di Nicolas Micheletti è visibile qui https://www.youtube.com/watch?v=p7Bfe3iSNSE

Cornelius Castoriadis, Perché non siamo in democrazia

l'eta' della innocenza

Perché la società si sgretola in un pullulare di egoismi, razzismi, disuguaglianze crescenti e perdite di solidarietà? Perché cresce l’assenteismo elettorale, mentre i partiti sono sempre meno “rappresentanti del popolo” e sempre più burocrazie volte a perpetuare il loro potere? 1.461 altre parole

via Cornelius Castoriadis, Perché non siamo in democrazia — ~ gabriella giudici

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● L’Euro, cosa è

Un tempo era lo stato a emettere moneta, libera da debito. Oggi (forse un po’ incredibilmente, no?) questo compito è assolto dalla BCE, un privato che sottrae allo stato il potere di sovrintendere le politiche monetarie e fiscali, già funzioni di carattere pubblico. Ora lo Stato è diventato un guscio vuoto, autoritario e iniquo, un mero passacarte degli interessi di enti sovranazionali non eletti. La soluzione per lo stato, forse, non sarebbe il ripristino dei diritti e della democrazia mediante la riappropriazione della sovranità, attuando politiche economiche in funzione dei reali bisogni del paese?

m-e-r-c-a-n-t-i-l-i-s-m-o

L’Euro, che non è [solo] una moneta (per giunta a debito) [1] è presumibilmente una truffa (sich!) perché, se è vero che lo scopo di una moneta è quello di svolgere un servizio di rappresentazione “cartacea” (o unità di conto o intermediazione) dei beni e servizi scambiati tra le parti, non si capisce perché tale servizio non possa essere neutro, vale a dire auto-prodotto (a livello di comunità/nazione) e privo di interessi. L’Euro, più che una moneta qualsiasi, è e rappresenta invece un accordo monetario di parità tra i “vecchi” cambi nazionali, volto ad armonizzare forse l’impossibile, puntando alla facilitazione dei movimenti finanziari di alto livello… senza tenere conto delle rispettive e disparate politiche economiche nazionali. Ora, col senno di poi, è facile notare come l’Euro sia non tanto una moneta vera e propria quanto un “club”, un accentrato sistema di governo delle politiche economiche dei popoli, artatamente ideato da privati capitalisti, non certo eletti democraticamente. Bello vero?

Lo scorso 1° gennaio infatti l’Euro ha compiuto i suoi primi venti anni di vita. Dovremmo ormai aver maturato la giusta consapevolezza su come giudicare l’attuale progetto di integrazione europea, culminato nell’unione monetaria del 1999, anzi del 1997 (dato che quello fu l’anno della fissazione dei cambi tra paesi aderenti): oltre alle venti candeline, l’Unione Europea ha spento qualsiasi possibilità di attuazione di politiche emancipatorie per le classi meno abbienti e ha contribuito in maniera decisiva, come detto sopra, alla depoliticizzazione delle decisioni di politica economica, ormai dipinte da un élite quasi esclusivamente come scelte tecniche.

Negli ultimi vent’anni risulta che la limitazione della crescita reale dei redditi da lavoro sia stata una delle cause di stagnazione della domanda, anche se c’è chi sostiene, tra l’altro, che fu l’eliminazione della scala mobile il motivo dell’utile rallentamento dell’inflazione, che negli anni passati era considerato uno dei fattori negativi per la normalizzazione del sistema economico di un paese. Tuttavia, oggi di inflazione non ce n’è… Eppure non sembra che si stia meglio di quando i salari erano difesi dalla scala mobile e c’era la “liretta”… Oggi non ci sarà inflazione ma in compenso c’è l’ “eurone”, però non vi è lavoro (e quindi reddito) e per l’appunto tutto ciò è dovuto alla Moneta unica.

Domanda retorica (non occorre rispondere), secondo te è meglio:

1. un’inflazione al 4, 5, 6% (e più) con la possibilità di recuperare il potere d’acquisto oppure:

2. un’inflazione a zero, ma nessun reddito perché non hai lavoro?

Ecco, ora deglutisci… e ripeti con me: il pericolo non è l’inflazione, il pericolo è la deflazione. Il pericolo non è l’inflazione, il pericolo è la deflazione. IL PERICOLO NON È L’INFLAZIONE, IL PERICOLO È LA DEFLAZIONE. [2]

Molti, come modestamente il sottoscritto, sostengono che la moneta appartiene di diritto a chi lavora, produce e contribuisce in qualsiasi modo al benessere collettivo. Nel mondo economico attuale invece ogni moneta a corso forzoso, attraverso artifici o raggiri, “sembra” essere di proprietà della banca centrale che semplicemente la stampa e poi la presta ad interesse ai legittimi proprietari.
Il risultato di tutto questo è che più si produce nuova ricchezza, più il corpo sociale impoverisce indebitandosi sempre di più e se a questo aggiungiamo una classe politica che a tutto mira meno che al benessere dei cittadini, abbiamo oltre al crescente indebitamento anche una spesa pubblica che ogni anno aumenta. Tanto per chiarire oggi spendiamo ogni anno oltre la metà di quello che si produce (circa 750 miliardi di Euro).

Il risultato sono tasse crescenti per coprire debiti in realtà inesistenti e sperperi pubblici, mentre i Diritti fondamentali, i servizi essenziali come gli investimenti per ricerca, scuola, infrastrutture ecc., sono ridotti o azzerati per mancanza di fondi…

TRATTO DA WSI ECONOMIA

INTERVISTATORE. E di chi è la colpa secondo il professor Sapelli? Chi ha voluto l’Euro è stata la sinistra internazionale che ha condannato alla povertà la classe media.

“Di certo tra i padri dell’euro ci sono ordoliberalisti tedeschi, che hanno spinto per estendere a tutti gli europei la Costituzione della Germania, imponendo dall’alto anche una forma economica (…) è stata creata per la prima volta una moneta senza uno Stato, provocando i disastri che sappiamo, con effetti tutti deflattivi, imposti dalla Germania per assicurarsi un surplus commerciale. Così Berlino drena risorse a tutta Europa e poi le trasferisce all’estero”.

INTERVISTATORE. E, all’affermazione secondo cui, “quindi le posizioni anti-euro sono solo elettorali”, Sapelli risponde.

“Le posizioni politiche si capiscono bene: c’è l’inversione della rappresentanza. Chi ha voluto l’euro è stata la sinistra internazionale, dai Delors ai Blair, con Clinton e fino a Prodi; la socialdemocrazia tedesca e l’azionismo italiano dei Ciampi e Padoa Schioppa. Ma così questa sinistra ha condannato alla povertà la classe media, nella sua definizione americana, cioè con dentro anche gli operai. Insomma, tutta la gente onesta. Quindi ora non la può più rappresentare. Chi ci può pensare? La destra moderata. Ecco perché hanno fatto fuori Berlusconi, nel 2011. E direi che lo stesso è appena accaduto a Fillon: i magistrati francesi hanno fatto un piacere agli eurocrati”.

INTERVISTATORE. E sull’Euro il professore non ha dubbi: uscirne è difficilissimo, anche se un sistema più tecnico c’è.

“Penso che come è stata una follia entrare, così è facile fare follie uscendo. Il problema non è la moneta, ma il credito: bisognerebbe riuscire a separare il sistema dei pagamenti da quello dei crediti (…) Tecnicamente non c’è nulla. È una gabbia. Gli unici in Italia che possono elaborare qualcosa di serio sono i professori Paolo Savona e Giuseppe Guarino (…) Ci sarebbe un metodo tecnico per lasciare l’euro, ma richiederebbe la cooperazione di tutte le banche centrali e di tutti i governi. Tutti seduti intorno a un tavolo con l’obiettivo comune di ridenominare ogni attività nelle valute nazionali. Accompagnando per un periodo anche lungo la doppia circolazione, dell’euro e della nuova valuta. Al momento è una prospettiva auspicabile, ma irrealistica”.

[1] La nostra moneta ufficiale, l’Euro, come tutte le altre monete a corso forzoso, la cui accettazione è imposta dalla legge, è una moneta basata sul debito. Lo Stato, che ogni anno deve adeguare la quantità di moneta in circolazione, necessaria per lo scambio di beni e servizi, si indebita con la banca centrale che stampa il denaro, emettendo titoli di debito (Bot, BTP, CCT ecc.) per un pari importo e sui quali deve pagare anche un tasso di interesse.
[2] Prof. Giulio Sapelli all’VIII Assise degli Amministratori camerali lombardi (29 Novembre 2018). “Non esiste il problema dell’inflazione, ma quello della deflazione. Sono andato in un paese della Val Trompia, che è uno dei posti più ricchi del mondo, per un convegno sindacale. Il locale segretario della Fim mi ha detto che è in pensione, ma il figlio e la figlia, in cassa integrazione, sono tornati a vivere in casa perché non hanno i soldi per pagare il mutuo. Stiamo erodendo la ricchezza non solo dei ricchi, ma anche dei poveri e delle classi medie (dove ci sono anche gli operai). Il pericolo è la deflazione, cioè che si fermi tutto. Allora, ciò che ci può guarire è l’inflazione. Bisogna convincere i tedeschi, i quali non conoscono neanche più la loro storia – Weimar non ha insegnato loro niente? –, che non esiste il problema dell’inflazione, ma quello della deflazione. Abbiamo iniettato nel sistema trilioni di liquidità, dovremmo avere l’inflazione al 20% e invece non l’abbiamo. Qui arriviamo al vero problema e secondo me le camere di commercio devono farsene carico con coraggio: questi soldi non sono andati all’economia reale, ma sono serviti a salvare le banche; se non pensiamo a riformarle continueremo per molto tempo a cercare di salvarle, senza riuscirci. Dobbiamo tornare a separare banche di investimento e banche d’affari. Non si può parlare di sussidiarietà e poi pensare che un organismo dall’alto controlli migliaia di intermediari finanziari, tantomeno a livello europeo. Occorre dunque separare le banche. Bisogna chiedere agli imprenditori di creare le proprie banche, di rafforzare le banche cooperative, le Bcc, le banche popolari. I paesi con un forte sistema di banche cooperative sono già da parecchio oltre la crisi. Il problema è che nessuna economia è uguale all’altra: il mondo è diseguale. Se si guarda dentro le cifre, anche quelle dell’Ocse, ci si accorge che vi sono settori che sono anticiclici: il biomedicale, le nanotecnologie, un certo tipo di informatica, le macchine utensili (in cui eravamo i primi al mondo e che stiamo continuando a distruggere). Alcune imprese tengono perché dei loro prodotti non se ne può fare a meno. Bisogna avere l’intelligenza di scegliere sette-otto settori anticiclici, puntare su questi e difenderli a tutti costi, anche con l’intervento pubblico. Non è detto che si possa uscire dalla crisi solo con la mano privata. Bisogna intervenire nelle situazioni in cui i privati da soli non ce la possono fare, auspicando anche degli interventi di capitale estero. La crisi che attraversiamo è fatta di luci e ombre. È una crisi con molte componenti morali e spirituali, quindi è anche una crisi di attesa. Attendiamo che ci sia la soluzione. Per esempio, occorre abbassare le tasse sulle imprese. Come può, infatti, crescere un paese con il 50-60% di carico fiscale? Non esiste al mondo, e ve lo dico da studioso di storia e teoria economica, una situazione analoga. Occorre cercare di aumentare la massa salariale. Le camere di commercio sono un attore economico: sono un’autonomia funzionale, ma possono agire come strumenti di governo dell’economia. Sono la casa degli attori del mercato, grazie alla quale l’imprenditore non è più suddito, ma cittadino. Le camere e le loro iniziative sono un elemento per affrontare la crisi, nella consapevolezza che il mondo non è solo nero e bianco, ma grigio e che in fondo al tunnel la luce che s’intravede è quella della speranza.”.
° ° °

● Euro, prima e dopo

Quando ci si domanda se e’ possibile per l’Italia fermare l’incredibile declino, occorrerebbe valutare quanto segue:

1) RIMUOVERE IL “VINCOLO ESTERNO”
Nel breve-medio periodo condizione necessaria ma non sufficiente per una ripresa e’ unicamente quella di un “cambio di sistema nel rapporto con l’estero”, ergo uscire da Euro e svalutare (qualsiasi altra azione, anche la piu’ condivisibile riforma, non puo’ matematicamente avere effetti nel breve-medio periodo per cambiarne la traiettoria; ma l’uscita dall’euro non garantisce sul medio-lungo periodo una crescita stabile), tornando ad una piena sovranita’ monetaria e valutaria.
È dimostrato nella simulazione >>> https://goo.gl/8CoZgR che conferma i Nove studi e rapporti a confronto sul break-up dell’Euro >>> https://goo.gl/KEoamX
dove si illustrano:
l’Analisi della Svalutazione del 1992-1995 >>> https://goo.gl/bvxyCh
Le tesi della Thatcher >>> https://goo.gl/eBd3as
Le tesi di George Dorgan (UBS-Reuter)>>> https://goo.gl/abzeWg
Le tesi di Bolkestein >>> https://goo.gl/L3qCr3
Le tesi di Kaldor >>> https://goo.gl/U7a2bx
Le tesi di ben 7 nobel >>> https://goo.gl/J4GDod
In conclusione, per gli euro-fanatici, qui è reperibile un Manuale che spiega le ragioni per cui ci conviene uscire >>> https://goo.gl/ZiQYno

2) RIMUOVERE I “VINCOLI INTERNI”
Nel medio-lungo periodo condizione necessaria ma non Sufficiente per mantenere tale ripresa è unicamente quella di procedere rapidamente ad un “Cambio di sistema interno“, ergo, “Ridurre il peso della Tassazione” che per chi paga è insostenibile, nonché il blocco burocratico, “ristrutturare la Spesa Pubblica” efficientando gran parte della spesa corrente, riducendo una serie di voci, e nel contempo aumentando la spesa per Investimenti, per Ricerca e Sviluppo, e quella di protezione sociale e di supporto alle famiglie (all’epoca avevamo fatto un grosso lavoro a riguardo, evidenziando le storture della spesa pubblica, che trovansi qui >>> https://scenarieconomici.it/manovra-shock-da-150…/

3) RENDERE SOSTENIBILE LA NOSTRA DEMOGRAFIA
NEL LUNGHISSIMO PERIODO, quanto sopra non serve a niente, se non si fa una politica demografica decente e per tempo; una nazione che procede con un tasso di fecondità di 1,3 figli per donna da oltre 2 decenni, se continuerà con questi numeri, e senza una politica di immigrazione intelligente (che miri all’ingresso di forza lavoro nei momenti di sola espansione, in particolare di persone “integrabili“), avrà tra qualche lustro un profilo demografico insostenibile, con una popolazione anziana predominante, che comporta “costi” (sociali, previdenziali, sanitari) semplicemente insostenibili per la popolazione in età lavorativa.
Le misure da prendere sono semplici, ed adottate con successo dalla Francia (“reddito familiare”, “asili nido”, etc), ed ineludibili. Chi non affronta la questione demografica, semplicemente è privo di visione di lungo periodo e non ha dimestichezza con la “matematica”: i numeri sono inesorabili.
Altre strade semplicemente non esistono.
Ah, dimenticavo, questo è il “conto” >>> https://goo.gl/5LkJ69

CONCLUDENDO: EURO PRIMA E DOPO, TI DICE NIENTE? https://t.co/lZ2QmDflsZ

● Crisi, come risolvere

1901294_660969710629263_1663586764_nPoiché numerosissimi lettori stanno scaricando e condividendo il modulo per pagare gratis creando euro (vedi sotto) l’avvocato Marco Della Luna pubblica una versione aggiornata del medesimo, ripetendo che non se ne assume alcuna responsabilità, che chi lo volesse usare lo farebbe a suo rischio e pericolo, avvertendo che non vi è garanzia di accettazione e che qualche banca ha addirittura denunciato il debitore che la aveva pagata usando tale modulo. Testualmente egli dichiara: “Io non vi vedo alcun illecito penale, ma la “giustizia” di ogni paese serve di regola il potere costituito e i suoi interessi, a torto o a ragione, in cambio della partecipazione a qualche privilegio. Tenete presente che tutte le istituzioni, anche quelle giudiziarie, stanno legittimando la creazione di moneta contabile denominata “euro” da parte delle banche non centrali, in aperta violazione dell’art. 128 TFUE, che riserva la creazione dell’Euro al Sistema Europeo delle Banche Centrali – il che la dice lunga sull’inconsistenza della legalità vantata dal regime. Neanche i cittadini, le imprese, gli enti pubblici potrebbero, secondo questo articolo, creare moneta denominandola “euro”, ma lo possono fare per legittima difesa contro le banche (non centrali), che lo fanno sistematicamente, sotto gli occhi compiacenti delle istituzioni, e per giunta senza dichiarare i profitti da creazione monetaria, e così facendo evadono le tasse creando debito pubblico, recessione e povertà. Di fatto, però, alcune banche hanno (implicitamente o esplicitamente) accettato il pagamento qui descritto, e anche qualche ente pubblico, anche per imposte. Perché lo fanno? Credo che sia una sorta di prova, per vedere se funziona questo mezzo di pagamento, che è l’unico con cui si possa evitare una crisi generale di insolvenza dei loro “debitori”, cioè la svalutazione in massa dei crediti nei loro bilanci. E credo che molte banche nonché l’Agenzia delle Entrate temano che, se si scontrano in tribunale con queste contestazioni di sistematica illegalità e violazioni fiscali, possa dilagare lo scandalo, e, con lo scandalo, la consapevolezza popolare. Tuttavia la vera utilità del fatto che migliaia e migliaia di persone continuano a “pagare” con questo tipo di moneta, è un’utilità sociale, consistente nel rendere pubblica la realtà illegittima e insostenibile del sistema monetario basato sulla sovranità monetaria delle banche private di credito che creano pseudo-euro in violazione dei trattati. E nello spingere verso una riforma come quella delineata in fondo a questo articolo. Il tutto come meglio analizzato e argomentato nel mio ultimo saggio, Tecnoschiavi, pubblicato da Arianna Editrice, dal quale sono estratte le pagine che seguono. 16.02.19 Marco Della Luna”

Per scaricare il modulo aggiornato, richiederlo tramite messaggio a: https://facebook.com/MonetaNostra


PER RISOLVERE IL PROBLEMA FINANZIARIO NAZIONALE

La realtà sopra esposta fornisce all’Italia un’arma potentissima sconfiggere l’opposizione di Germania, Francia, Commissione Europea così da poter attuare la spesa per investimenti e taglio delle tasse indispensabile per rilanciare il Paese. L’Italia infatti può contestare all’UE e alla BCE e anche alla Corte dei Conti, sollevando uno scandalo generale:

  • come falso, arbitrario e scientificamente confutato il paradigma economico-finanziario adottato da UE e BCE e basato sulla scarsità-costosità intrinseche della moneta, quindi sulla necessità di tassare o risparmiare per trovare i soldi con cui fare gli investimenti utili, per non dire dei vincoli di bilancio;
  • come falsi i bilanci delle banche di credito (e della stessa BCE e BdI), richiedendo l’accertamento degli utili non dichiarati e il pagamento delle tasse su di essi e usando tali utili per risanare a costo zero tutte le banche decotte, pagando tutti i loro creditori e facendo una splendida figura.

La suddetta realtà consente pertanto (di gettare sul tavolo delle trattative con l’Unione Europea la richiesta):

  • di chiarire mediante apposito trattato e, in ogni caso, apposita legge nazionale, la distinzione normativa e contabile tra euro-moneta legale creato dal SEBC e moneta creata dalle banche non centrali sotto la denominazione “euro”;
  • di eseguire, attraverso l’Agenzia delle Entrate, verifiche e rettifiche dei bilanci delle banche;
  • di denunciare, con forte battage divulgativo, i reati di falso in bilancio, evasione fiscale, riciclaggio;
  • di accusare come complici (almeno per via omissiva) di questa colossale evasione fiscale tutte le autorità monetarie soprattutto europee;
  • di creare in proprio, attraverso una banca pubblica, l’euro scritturale che creano le altre banche (dato che lo Stato ha ceduto alla BCE la potestà di creare la moneta legale, non la moneta scritturale bancaria).

● È il documento più tradotto nel mondo

Dichiarazione-diritti-uomo

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (DUDU) secondo il Guinness dei Primati, è il documento più tradotto nel mondo.

Se chiedessi di menzionare i propri diritti, molte persone ti direbbero semplicemente la libertà di parola o di fede o forse un paio di altri. È indubbio che tali diritti siano importanti ma il campo dei diritti umani è davvero molto più vasto. Ad esempio si tratta di:

potere di scelta e opportunità,

libertà di ottenere un lavoro,

di intraprendere una carriera,

di crescere i propri figli,

di scegliersi il proprio partner,

diritto a viaggiare o permanere ovunque,

diritto di lavorare senza essere maltrattati, senza subire abusi e senza la minaccia di un licenziamento arbitrario,

vi è persino il diritto al tempo libero…

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, redatta dai rappresentanti di tutte le regioni del mondo, adottata dalle Nazioni Unite è l’attestazione sui diritti umani più universale che esista. Tratteggia i diritti fondamentali i quali formano le basi per una società ugualitaria. Con questo atto storico l’assemblea dell’ONU fece appello a tutti gli Stati membri (circa duecento) di divulgare il testo della Dichiarazione “affinché venga esposta, letta e spiegata principalmente nelle scuole ed in altre istituzioni educative, senza distinzione basata sulla posizione politica dei Paesi o dei territori”.

La Dichiarazione è un documento concreto che è stato accettato come contratto tra un Governo e la sua gente praticamente in tutto il mondo.

Nato settant’anni fa, non a caso, quando le città di tutta l’Europa e dell’Asia erano rese a cumuli di macerie fumanti, quando milioni di persone erano morte per la guerra e molti altri milioni erano prive di casa o morivano di fame. Sotto la presidenza di Eleanor Roosevelt (vedova del presidente Franklin Roosevelt) l’apposita Commissione decise di redigere il documento che divenne la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. La Roosevelt, sua ispiratrice, né parlò come della Magna Carta internazionale dell’intera umanità, fu adottata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.
Nel preambolo e nell’Articolo 1, la Dichiarazione proclama i diritti di ogni essere umano: 

“Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo. La noncuranza e il disprezzo per i diritti umani hanno prodotto atti barbarici che hanno oltraggiato la coscienza dell’umanità. L’avvento di un mondo in cui gli esseri umani possono godere di libertà di parola e credo, libertà dalla paura e dalla povertà è stata proclamata come la più elevata aspirazione della gente comune. Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.”

I Paesi membri delle Nazioni Unite si sono impegnati a promuovere gli articoli sui diritti umani che, per la prima volta nella storia, sono stati codificati in un unico documento. Di conseguenza, molti di questi diritti, in varie forme, fanno parte delle leggi costituzionali delle nazioni democratiche. Tutto questo è così semplice, splendido, anzi direi magnifico… (Per l’Italia si veda anche la Legge 25 ottobre 1977, n. 881).

Mai come ora, i diritti del singolo individuo anche di nazionalità italiana, delle minoranze, delle etnie più povere e oppresse vengono non solo disattesi ma addirittura calpestati.
Il concetto di dignità umana e uguaglianza viene attaccato con forza e senza sosta da una narrazione dei fatti intrisa di colpa, paura e ricerca di capri espiatori, diffusa da coloro che cercano di arrivare o di restare ancorati al potere, ad ogni costo.

Tutti possono prendere posizione agendo a livello locale per riconoscere e far rispettare i diritti uguali e inalienabili di tutto l’essere umano.

Occorre crederci e attivarsi.

…Se troverai un po’ di tempo per pensare, con leggerezza, ascolta >>> 
https://soundcloud.com/stefano-ni…/il-progetto-vera-economia
e poi visita >>> 
https://www.youtube.com/watch?v=Gd8-4-NAcG8&feature=youtu.be&fbclid=IwAR0KaC0Wm4eCSfOrYQ43_7TaqfJM-ZfAqy8C2X8PLiV8cwYxk43_15X5XOY

● Ordoliberismo e diritti umani

stefanonizzolaIl motivo per il quale è utile conoscere la teoria ordoliberista è molto semplice, la sua diretta emanazione politico economica si ritrova interamente applicata nei principi regolatori dell’Unione Europea e dunque in netto contrasto e in posizione dominante rispetto all’impianto costituzionale Italiano ma in perfetto accordo con i principi costituzionali Tedeschi.

L’Economia sociale di Mercato (ESM) ha come obiettivi principali della sua Politica Economica il primato della politica monetaria e della politica di sviluppo, l’allineamento dei prezzi sull’offerta delle merci, una ripartizione equa e graduale dell’aumento del benessere; nulla, ma proprio nulla fa riferimento al lavoro e alla piena occupazione e il motivo è molto semplice: l’intervento dello Stato nei mercati, dunque anche quello del lavoro, è ritenuto dall’ESM inammissibile.

Come si sia dispiegato il dominio politico ed economico della Germania in ambito Europeo è noto a tutti ma è meno noto che esso si sia sviluppato dietro la peggiore delle menzogne, quella della giustizia sociale.

Lungi dall’essere ciò per cui viene spacciata, la ESM in realtà consiste in un’impalcatura economico istituzionale volta unicamente alla polarizzazione indefinita dei redditi; essa si esplica attraverso il trasferimento automatico di ricchezza per effetto della stabilizzazione monetaria; questa produce

  • da un lato  il  progressivo trasferimento di quote di profitto dai salari verso le rendite,
  • e dall’altro l’aggiustamento della domanda di lavoro in funzione di retribuzioni progressivamente decrescenti tali da poter raggiungere la piena occupazione.

Come è noto, un mercato del lavoro che raggiunge la piena occupazione attraverso salari di puro sfruttamento può essere giustamente considerato un esempio di efficiente allocazione delle risorse ma non certo di giustizia sociale.

Il fenomeno che tuttavia testimonia del fatto che le politiche ordoliberiste siano pienamente inefficienti nell’allocazione delle risorse è rappresentato dal suo effetto decrescente nella propensione marginale agli investimenti.

Tale effetto discende dal mancato incentivo che il dogma della stabilità monetaria, provoca ad opera della stagnazione della domanda aggregata interna, la quale a sua volta genera la paralisi se non l’arretramento del saggio di crescita della produttività per via della selezione delle imprese e della loro naturale moria da mancata competitività.

Meno imprese per selezione naturale significa dividere una torta un po’ più piccola di mercato per via della crescente disoccupazione (calo della domanda) tra un numero minore di investitori, i quali vedono crescere i propri profitti in modo automatico in assenza di investimenti e contemporaneamente aumentare la quota di remunerazione del capitale anche in presenza di decrescita del PIL.

Altro effetto non meno nefasto si rileva nella collocazione geografica delle attività produttive che tendono a localizzarsi e concentrarsi in prossimità delle aree a maggior concentrazione industriale con un effetto di impoverimento progressivo delle aree periferiche.

Riepilogando:

  1. Moria delle attività economiche,
  2. elevato inutilizzo delle risorse umane,
  3. tendenza alla diminuzione degli investimenti,
  4. congestionamento industriale e impoverimento delle periferie.

Si può affermare dunque che, sia teoricamente che empiricamente, si riscontra nell’applicazione di politiche economiche ordoliberiste una totale e perniciosa inefficienza nell’allocazione delle risorse; l’esatto opposto di quanto propagandisticamente sbandierato da chi oggi detiene lo scettro del controllo della Politica Economica dell’Unione Europea.

Bello, eh?


Vi spiego l’ordoliberismo, Francesco Forte video qui

			

● Trust (emendamento n° 7) (Jersey) Legge 03/09/2018

03/09/2018 AGGIORNAMENTO

EVIDENZIO CHE (a chi occorresse): Il trust non è né una persona giuridica né un ente dotato di una seppur minima soggettività giuridica, ma costituisce un insieme di rapporti giuridici – destinati in favore di beneficiari – che fanno capo al trustee. Il trustee non è il legale rappresentante del trust, ma è un soggetto proprietario di determinati beni e titolare di determinati rapporti giuridici nell’interesse dei beneficiari del trust. Il Trustee dispone, in osservanza di quanto stabilito nel regolamento del trust, dei diritti di cui è titolare ed è l’unico referente nei confronti dei terzi. Il pignoramento immobiliare effettuato contro il trust è nullo, perché effettuato verso un soggetto giuridicamente inesistente.
Cass. civ. Sez. III, 27-01-2017, n. 2043.


Articolo

1 Interpretazione
2 Articolo 1 modificato
3 Articolo 9 modificato
4 Articolo 9 bis modificato
5 Articolo 29 sostituito
6 Articolo 30 modificato
7 Articolo 34 modificato
8 Articolo 38 modificato
9 Articolo 40 modificato
10 Articolo 43 modificato
11 Articolo 43 bis inserito
12 Articolo 47 modificato
13 Citazione e inizio

TRUST (EMENDAMENTO n. 7) (JERSEY) LEGGE 2018

UNA LEGGE per modificare ulteriormente la legge Trusts (Jersey) 1984.

Adottato dagli Stati 22 marzo 2018
Sanzionato dall’ordine di Sua Maestà in Consiglio, il           23 maggio 2018
Registrato dalla Royal Court il 1 ° giugno 2018
GLI STATI , soggetta alla sanzione della Sua Eccelente Maestà in Consiglio, hanno adottato la seguente Legge –

1        Interpretazione n
In questa legge “legge principale” significa la legge Trusts (Jersey) 1984[1] .
2        Articolo 1 modificato
All’articolo 1, paragrafo 1, della legge principale, dopo la definizione “minore” è inserita la seguente definizione:
“‘Ufficiale’ significa –
(a)      nel caso di una fondazione, un membro del consiglio della fondazione;
(b)      nel caso di una società in accomandita semplice, un socio accomandatario o un socio accomandante che partecipa alla gestione della partnership;
(c)      nel caso di società di capitali diverse da quelle menzionate ai sottoparagrafi (a) e (b), un amministratore, dirigente, segretario o altro funzionario analogo della società;
(d)      nel caso di una società a responsabilità limitata, un partner;
(e)      nel caso di una società in accomandita semplice o di una società con personalità giuridica distinta, ad eccezione di una società a responsabilità limitata, un socio accomandatario o un socio accomandante che partecipa alla gestione della partnership; o
(f)      in ogni caso diverso da quelli menzionati nei sottoparagrafi (a), (b), (c), (d) ed (e), qualsiasi altra persona che pretende di agire in una delle capacità descritte in uno qualsiasi dei sottoparagrafi. (a), (b), (c), (d) ed (e); “.
3      Articolo 9 modificato
Nell’articolo 9 (2A) della legge principale, per la lettera (d) deve essere sostituito il seguente sottoparagrafo –
“(D)      non, nel determinare la capacità di una società o altra persona avente personalità giuridica, pregiudicare il riconoscimento della legge del suo luogo di costituzione o stabilimento, a seconda del caso;”.
4      Articolo 9 bis modificato
Nell’articolo 9A della legge principale –
(a)      al paragrafo (1) –
(i)      nella lettera (b) dopo la parola “qualsiasi” devono essere inserite le parole “o tutte”,
(ii)      dopo la parola “effetto” devono essere aggiunte le seguenti parole:
“E nel costruire i termini del trust, se il trust non è espresso come testamento o testamento o entrare in vigore dopo la morte del disponente, si presume che il trust abbia effetto immediato, salvo diversamente espresso “;
(b)      al paragrafo (2) –
(i)      per il sottoparagrafo (c) deve essere sostituito il seguente sottoparagrafo –
“(C)      di agire come, o dare indicazioni per la nomina o la rimozione di –
(i)      un funzionario di qualsiasi società, o
(ii)      un dirigente di una società a responsabilità limitata, una società in accomandita semplice o qualsiasi altra società con personalità giuridica separata,
in cui il trust detiene un interesse indipendentemente dal fatto che tale interesse nella società o nel partenariato sia interamente, parzialmente, direttamente o indirettamente detenuto dal trust; “,
(ii)      nella lettera (d) il termine “vincolante” è cancellato,
(iii)      alla lettera (e), dopo la parola “destra” devono essere inserite le parole “o chi agisce”;
(c)      dopo il paragrafo 3, è inserito il seguente paragrafo:
“(3A)      La prenotazione o la concessione da parte di un disponente di un trust di –
(a)      qualsiasi interesse beneficiario nella proprietà della fiducia; o
(b)      alcuni o tutti i poteri di cui al paragrafo (2),
non costituisce di per sé il disponente o la persona a cui è concesso il potere o l’interesse beneficiario, un fiduciario “.
5      Articolo 29 sostituito
Per l’articolo 29 della legge principale è sostituito il seguente articolo:
“29      Divulgazione
(1)      Soggetto a qualsiasi ordine del tribunale, i termini di un trust possono –
(a)      conferire a una persona il diritto di richiedere la divulgazione di informazioni o un documento relativo al trust;
(b)      determinare l’estensione del diritto di qualsiasi persona alle informazioni o un documento relativo al trust; o
(c)      imporre a un trustee un obbligo di divulgare informazioni o un documento riguardante il trust a qualsiasi persona.
(2)      Soggetto ai termini del trust e a qualsiasi ordine del tribunale –
(a)      un beneficiario con il trust non essendo un ente di beneficenza;
(b)      un ente di beneficenza che viene indicato per nome nei termini del trust come beneficiario del trust; o
(c)      un esecutore,
può chiedere la divulgazione da parte del trustee di documenti che si riferiscono o formano parte dei conti del trust.
(3)      Soggetto a qualsiasi ordine del tribunale, un trustee può rifiutarsi di rispettare –
(a)      una richiesta di divulgazione di informazioni o un documento relativo al trust ai sensi del paragrafo (1) (a) o qualsiasi documento che si riferisce o fa parte dei conti del trust ai sensi del paragrafo (2); o
(b)      qualsiasi altra richiesta di divulgazione di informazioni o un documento relativo al trust,
se il trustee nell’esercizio della sua discrezione è soddisfatto che è nell’interesse di uno o più beneficiari, o dei beneficiari nel loro complesso, rifiutare la richiesta.
(4)      Nonostante i paragrafi (1), (2) e (3), fatti salvi i termini del trust e qualsiasi ordine del tribunale, un trustee non è tenuto a rivelare a qualsiasi persona informazioni o documenti che –
(a)      divulga le deliberazioni del fiduciario in merito al modo in cui il trustee ha esercitato un potere o discrezione o ha eseguito un dovere conferito o imposto al fiduciario;
(b)      divulga il motivo di ogni particolare esercizio di potere o discrezionalità o esecuzione di un dovere di cui al sottoparagrafo (a), o il materiale su cui tale ragione deve o potrebbe essere stata basata; o
(c)      si riferisce all’esercizio o al proposto esercizio di un potere o potere discrezionale, o alla prestazione o alla prestazione proposta di un dovere, di cui al sottoparagrafo (a).
(5)      Nonostante i termini del trust, su richiesta del trustee, di un esecutore, di un beneficiario o, con permesso del tribunale, di qualsiasi altra persona, il tribunale può emettere un ordine che ritenga opportuno determinare la misura in cui qualsiasi persona può richiedere o ricevere informazioni o un documento relativo al trust, in generale o in ogni caso specifico. “.
6      Articolo 30 modificato
L’articolo 30, paragrafo 11, della legge principale è abrogato.
7      Articolo 34 modificato
All’articolo 34 della legge principale –
(a)      al paragrafo (1), per le parole “si dimette, si ritira o viene rimosso” devono essere sostituite le parole “si dimette, si ritira, viene rimosso o cessa di essere un trustee”;
(b)      per il paragrafo (2) deve essere sostituito il seguente paragrafo:
“(2)      L’articolo 43 A si applica quando un trustee si dimette, si ritira, viene rimosso o cessa di essere un trustee.”;
(c)      il paragrafo (2A) è abrogato;
(d)      al paragrafo (3) per le parole “si dimette, si ritira o viene rimosso” devono essere sostituite le parole “si dimette, si ritira, viene rimosso o cessa di essere un trustee”.
8      Articolo 38 modificato
All’articolo 38 della legge principale –
a)      per i paragrafi (1) e (2) devono essere sostituiti i seguenti paragrafi:
“(1)      Fatto salvo l’articolo 15, i termini di un trust possono essere diretti o autorizzati –
(a)      l’accumulazione, per qualsiasi periodo, di tutto o parte del reddito del trust e la sua aggiunta al capitale; o
(b)      la conservazione, per qualsiasi periodo, di tutto o parte del reddito del trust nel suo carattere di reddito.
(2)      Fatto salvo l’articolo 15, i termini di un trust possono dirigere o autorizzare la distribuzione di tutto o parte del reddito del trust e mentre la fiducia continua a esistere e per tanto tempo e nella misura in cui –
(a)      il reddito del trust non è distribuito o richiesto per essere distribuito secondo i termini del trust;
(b)      non vi è fiducia nell’accumulare reddito e aggiungerlo al capitale, né nel mantenere introiti come carattere di reddito; e
(c)      non è esercitato il potere di accumulare reddito e di aggiungerlo al capitale, né di conservare reddito nel suo carattere di reddito,
il reddito del trust deve essere mantenuto come carattere di reddito.
(2A)      Fatti salvi i termini del trust, mentre il trust continua ad esistere, non ci deve essere un periodo di tempo entro il quale un potere di accumulare reddito e di aggiungerlo al capitale, di conservare reddito nel suo carattere di reddito o di distribuire reddito deve essere esercitato. “;
(b)      al paragrafo (3) (A) dopo il termine “beneficiario” devono essere inserite le parole “e aggiungerle al capitale o conservarle nel suo carattere di reddito”;
(c)      al paragrafo (5), per la parola “parte” devono essere sostituite le parole “tutto o parte”;
(d)      al paragrafo (6), per le parole “Qualsiasi parte” deve essere sostituita la parola “Tutti”;
(e)      al paragrafo (7), per le parole “Nessuna parte del trust” deve essere sostituita la parola “Trust” e dopo la parola “deve” deve essere inserita la parola “not”.
9      Articolo 40 modificato
All’articolo 40 della legge principale, dopo il paragrafo (5) è inserito il seguente paragrafo:
“(6)      In deroga ai paragrafi (3) e (4), le mele di cui all’articolo 43A in cui un trust è revocato in tutto o in parte.”.
10      Articolo 43 modificato
All’articolo 43 della legge principale, per il paragrafo (2) deve essere sostituito il seguente paragrafo:
“(2)      In deroga al paragrafo (1), l’articolo 43A si applica alla cessazione di un trust.”.
11      Articolo 43 bis inserito
Dopo l’articolo 43 della legge principale, sono inseriti i seguenti titoli e articoli:
“Sicurezza

43A      Sicurezza
(1)      Un trustee –
(a)      chi –
(i)      si dimette, si ritira, viene rimosso o cessa di essere un trustee, o
(ii)      distribuisce la proprietà di fiducia; o
(b)      di un trust che è stato risolto o revocato in tutto o in parte,
può, prima di distribuire o cedere proprietà fiduciarie, a seconda del caso, richiedere di fornire una ragionevole sicurezza per le passività, esistenti, future, contingenti o di altro tipo.
(2)      Laddove la sicurezza richiesta per essere fornita ai sensi del paragrafo (1) sia sotto forma di indennità, l’indennità può essere fornita in relazione a:
(a)      il trustee o una persona impegnata nella gestione o amministrazione del trust per conto del trustee;
(b)      uno o tutti i presenti, futuri o ex funzionari e dipendenti del fiduciario o della persona impegnata nella gestione o amministrazione del trust per conto del trustee; e
(c)      i rispettivi successori, eredi, rappresentanti personali o beni delle persone di cui alle lettere (a) e (b) e qualsiasi persona nei confronti della quale l’indennità è fornita ai sensi del presente paragrafo può far valere i termini dell’indennità in modo autonomo (indipendentemente dal fatto che siano parti del contratto o di altri accordi che prevedono l’indennità).
(3)      Se un’indennità cui si riferisce il paragrafo (2) è prorogata o rinnovata da un contratto o da un altro accordo e tale contratto o altro accordo prevede un’indennità nei confronti di una delle persone di cui al paragrafo (2), tale persona può far valere i termini del risarcimento di per sé (indipendentemente dal fatto che siano o meno parti di quel contratto o altro accordo ) “.
12      Articolo 47 modificato
All’articolo 47 della legge principale –
a)      dopo il paragrafo 1, lettera b), sono inseriti i seguenti sottoparagrafi:
“(Ba)   qualsiasi persona, se il tribunale è convinto che nonostante uno sforzo ragionevole per trovare tale persona, la persona non può essere trovata;
(bb)     qualsiasi persona, se il tribunale è convinto che la persona rientra in una classe di beneficiari e che a causa del numero di persone che rientrano in tale classe, è irragionevole per la persona da contattare; “;
(b)      al paragrafo (2), per le parole “o (c)” devono essere sostituite le parole “, (ba), (bb) o (c)”.
13      Citazione e inizio
Questa legge può essere citata come Legge sui trust (emendamento n. 7) (Jersey) 2018 e entrerà in vigore 7 giorni dopo la registrazione.

 

Più info qui >>> https://dirittiumaniblog.wordpress.com/2016/07/06/legale-rappresentanza-e-un-living-trust/

 

● Cos’è il Trust?

La figura del Trust è un’immensa novità nel panorama giuridico italiano come in tutti quei sistemi che hanno le loro radici nel Diritto Romano (il cd. ceppo Romano-germanico ). In Italia tale sistema è stato ufficialmente introdotto dalla legge 364/89, entrata in vigore dal 1° gennaio 1992, non da ieri, quindi. Questa legge altro non è che la ratifica “sic et simpliciter” della Convenzione dell’Aja sulla legge applicabile al Trust avvenuta il 1°luglio 1985.

Il Trust, tuttavia, è un istituto giuridico che viene applicato nei paesi di common law (Inghilterra prima fra tutti) già da oltre cinque secoli. Ma allora perché una figura così importante altrove ci ha messo tanto tempo prima di entrare ufficialmente nel nostro ordinamento e, comunque, ce ne metterà ancora molto per entrare nella prassi privatistica del nostro Paese? La risposta è semplice. I due grandi sistemi civili (common law e civil law) sono profondamente diversi fra loro e i presupposti per l’applicabilità o meno degli istituti tipici dell’uno all’interno dell’altro sono diversi fin dalle più profonde radici.

Infatti il nostro civil law, ad esempio, basa il concetto di proprietà come un monolito inscalfibile ed assoluto,  lo si può frazionare – sulla carta – ma alla fine, magari dopo decenni, esso torna tale e quale come era prima. Il suo magnetismo è assoluto. Da noi un bene, soprattutto immobile, può fare tutti i giri che vuole, può essere locato, affittato, dato in usufrutto, in gestione e altro, ma “il proprietario” c’è sempre, una persona o un’entità è sempre individuabile ed individuato. Potremmo definirlo come un cane legato ad uno di quei guinzagli che si accorciano e allungano a piacere, basta premere un pulsante e il cane, volente o nolente, torna vicino al suo padrone.

Così non è per il Trust. In esso non esiste la figura della proprietà o del proprietario dei beni… Esiste la figura del bene (mobile, immobile o quant’altro) di colui che lo cede in gestione, di colui che lo gestisce, e di colui che trae i benefici della gestione.

Le figure sono in genere tre (ma possono essere anche meno o più, a seconda della giurisdizione che regola il trust).

Il primo è il cd. Settlor, o meglio, il disponente. Questa persona è quello che prima aveva in proprietà (come la intendiamo noi) il bene che viene ceduto al Trust. Questi nomina una persona (o entità) terza cd. Trustee (gestore) il quale ha la gestione del bene contenuto nel Trust. Questi ha la piena facoltà di gestire i beni (ufficialmente) come meglio crede, può venderli e con i soldi acquistare altri beni, può affittarli, insomma può fare (sempre ufficialmente) di tutto senza che il disponente possa dire A sugli atti che il gestore compie. Ma il bello è che il gestore non è neanche lui proprietario (come lo intendiamo noi) del bene. Terza figura è quella del (o dei ) cd. Beneficiary (beneficiario). In genere è la figura più comoda perché gode dei benefici della gestione del trustee, si può dire che campa di rendita.

A questo punto giova un esempio pratico:il disponente cede in Trust un suo appartamento, nomina un gestore, che può essere il cognato, e nomina altresì come beneficiaria la moglie. Il gestore decide che per far fruttare al meglio l’appartamento conviene affittarlo;L’affitto, quando percepito, viene versato alla moglie beneficiaria.Chiaramente la somma viene decurtata delle spese e delle tasse che l’appartamento richiede e queste possono essere, e in genere è così, addebitate al Trust. In tutto ciò il disponente (in via ufficiale) non ha voce in capitolo. 
In altre parole, il bene ceduto in Trust non è di nessuno, è un bene che “galleggia” senza essere attraccato in nessun porto.

Altro esempio: viene conferita in Trust una somma di denaro, il trustee quei soldi può investirli in un fondo comune, può comprarci immobili, automobili, noccioline, può acquistare direttamente partecipazioni societarie essendo il gestore di “un qualcosa” (Trust) che può nominare membri di consigli di amministrazione ecc. ecc.

Prima obiezione (fra le tante) che vengono mosse da chi è ancorato saldamente al nostro ordinamento romanistico: “ma se io trasferisco i miei beni al Trust, come faccio a controllare il Trustee affinché non faccia stupidaggini con quello che prima era mio?” Domanda legittima e pregnante. Ecco che entrano in gioco una serie di accorgimenti pratici.

  1. il disponente può nominare uno o più cd. Protector (controllori) i quali hanno il compito, appunto, di controllare che la gestione sia conforme a ciò che da noi si chiama “la diligenza del buon padre di famiglia”, ma attenzione, questo non può avere un potere di veto così forte da limitare le scelte del gestore, altrimenti il Trust non è più tale e quindi considerato nullo in tutte le sue parti;
  2. Il disponente, in genere, parallelamente all’atto che istituisce il Trust, consegna al gestore una cd. letter of wishes (lettera dei desideri), la quale ufficialmente non può esistere e non esiste, ma c’è, dove il disponente “invita” il trustee a gestire secondo certe direttive ivi indicate;
  3. la tutela giurisdizionale. Il Trustee è comunque obbligato a gestire i beni secondo il criterio del buon padre di famiglia, quindi se il disponente, il beneficiario o il controllore si accorgono che il gestore non segue certi canoni e obbiettivamente guida i beni verso una direzione di sicuro disfacimento degli stessi, possono ricorrere al giudice affinché questo “torni sulla retta via” tramite i poteri affidati dalla legge ai giudici e, contestualmente, condanni il gestore al risarcimento dei danni prodotti dalla sua malagestio.

In genere, però, se un gestore vuole fare il furbo può farlo, ma non di più o di meno di un promotore finanziario, un assicuratore o un commercialista che per lavoro maneggia i nostri soldi. Il problema è quindi di fiducia nei confronti del gestore che deve essere persona (o entità) seria e professionale.

Per concludere, distinguiamo il cd. Trust interno dal Trust estero

Il primo è costituito in Italia, anche se regolato da una legge che il disponente può scegliere (legge inglese o piuttosto quella delle Bahamas, British Virgin Islands, Panama o altra giurisdizione estera).

Il secondo è costituito all’estero, anche se comprendente beni siti in Italia.

In un’ottica di Tax optimization il Trust estero è preferibile in quanto in Italia la legislazione fiscale è molto severa e capillare.

I trust interni possono essere usati sia a fini ereditari sia a fini di assets allocation and managment sfruttando la non titolarità dei beni in capo ad alcuno. Può essere comodo per evitare incursioni di creditori o curatori fallimentari, il tutto, naturalmente, deve essere conforme a quanto prescrivono le leggi in materia.

Il trust è come un vestito di alta sartoria, non ce ne è uno uguale all’altro, ognuno deve e può legittimamente essere fatto su misura, in funzione delle occasioni per cui s’intende sfruttarlo.

Più info qui >>> https://dirittiumaniblog.wordpress.com/2017/06/19/trust-apro-e-chiudo-una-parentesi-nel-diritto-positivo/

IL TRUST, APPLICAZIONI PRATICHE

Trust e individuo/famiglia
• BLIND TRUST: per risolvere il problema del conflitto di interesse
potenziale in capo a soggetti con patrimonio e che assumono cariche
pubbliche.
Settlor =Beneficiario – Assoluta indipendenza del trustee – Durata
legata alla scadenza del mandato – Comitato di sorveglianza

• TRUST TESTAMENTARIO: il trustee può assolvere agli stessi
obblighi dell’esecutore testamentario con maggiore libertà (no vincoli
durata 1+1, libertà di vendere i beni, volontà defunto e non eredi).

• TRUST E MATRIMONIO: per regolare i rapporti patrimoniali trai
coniugi (patti prematrimoniali, separazione dei beni, fondo
patrimoniale) e situazioni di crisi matrimoniale

Fondo patrimoniale: trasferimento da parte di un coniuge o dei 2
coniugi di alcuni beni ad un fondo per soddisfare i bisogni della
famiglia (167-171 C.C.). Costituzione con atto pubblico e
amministrazione del fondo in comunione legale con vincoli su alcuni
atti dispositivi (specie in presenza di minori).

Elementi comuni:
 effetto segregativo,
 negozio giuridico unilaterale,
 oggetto non sono i beni ma il vincolo di destinazione sui diritti

Elementi differenzianti:
 non solo coniugi,
 anche beni per i quali non è prevista pubblicità (immobili, mobili
registrati, titoli di credito nominativi),
 durata non limitata al matrimonio o all’età dei figli,
 segregazione per l’eccedenza dei bisogni familiari,
 minori oneri di forma e pubblicità,
 non contitolarità dei diritti,
 maggiore flessibilità amministrativa,
 no autorizzazione giudice per alienazione beni se figli minori,
 esecuzione sui frutti e sui beni da parte dei creditori per obbligazioni
assunte per scopi estranei ai bisogni della famiglia,
 vincolo coniugale labile,
 spesso mancato raggiungimento obiettivo.

• TRUST E PROTEZIONE DEL PATRIMONIO (APT – Asset protection
trust)

Proteggere il proprio patrimonio dai creditori futuri su affari ancora da
realizzare.

Il disponente, al momento della costituzione del trust, deve essere
solvibile nei confronti dei creditori esistenti.

L’azione revocatoria ordinaria (2901 C.C.) prevede l’eventus damni
(idoneità dell’atto ad arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore) e la
consilium fraudis (il creditore deve provare il consilium fraudis del
debitore)

Spendthrift trust: vincolo di impignorabilità del credito del
beneficiario.

Ordinanza della Corte di Cassazione n. 20254 del 19/11/2012

• TRUST E PROTEZIONE SOGGETTI DEBOLI:

per garantire l’assistenza a soggetti deboli in caso non possano essere
assistiti direttamente dai familiari. Solitamente si individua un protector
che controlli l’operato del trustee e l’eventuale residuo al termine della
vita del disabile può venire assegnato ad altri familiari o a enti benefici.
Vantaggi rispetto all’amministratore di sostegno L.6/2004.
Trust collettivo nell’interesse dei beneficiari mediante comparti.

• TRUST E TUTELA ANIMALI DOMESTICI:

trust di scopo per garantire l’assistenza ad animali domestici a cui si è
particolarmente affezionati in caso di morte del proprietario. Honorary
trust (beneficiari vigilano su trustee) Statutory Pet Trust (protector che
controlla il trustee ma fondo non eccessivo) Traditional Legal Trust
(benficiario curatore e trustee controllore).

• TRUST E MANTENIMENTO MONUMENTO SEPOLCRALE O
CELEBRAZIONE DI MESSE:
per garantire post morte il mantenimento e la conservazione delle
tombe o per garantire la celebrazione di messe (in Italia per esempio
un lascito alla Chiesa cattolica vincolato alla celebrazione di una messa
perpetua in realtà dura al massimo 14 anni decorsi i quali la Chiesa non
ha più obblighi)

• TRUST PER LA GESTIONE DI OPERE D’ARTE
per mantenere l’unitarietà della collezione di opere d’arte
provenienti da differenti soggetti o per evitare la loro suddivisioni a
seguito di morte del proprietario. Differenza con fondazione.

STRUMENTI ALTERNATIVI

• PATTI DI FAMIGLIA
• SOCIETA’ SEMPLICI
• SOCIETA’ HOLDING
• FONDO PATRIMONIALE FAMILIARE

NESSUNO DEGLI STRUMENTI ALTERNATIVI MENZIONATI, TUTTAVIA, PRESENTA LA
MEDESIME CARATTERISTICHE E PERMETTE LA STESSA FLESSIBILITA’ DEL TRUST!

● Credi nella €uro-moneta a debito?

IL TRAPPOLONE DELLO SPREAD
Il mercato dei capitali non vuole decapitare né l’Italia (che anzi vuole continuare a spremere) né l’Euro ma vuole speculare sulle chiacchiere e sui chiacchieroni. Si vende e si ricompra nel giro di 24/48 ore e… Oplà, il gioco è fatto!

Inoltre

Che la spesa dello stato generi un moltiplicatore nella spesa aggregata della Nazione (la quale, dunque, produce un pil maggiore del valore della spesa pubblica) è noto nella letteratura scientifica fin dai tempi della “Tabella economica”, opera pubblicata da Francois Quesnay del 1758.
Ciò significa che i propagandisti ordoliberisti contrari al deficit di Stato (specialmente quando non sia devoluto alle banche!) risultano in arretrato culturale di oltre due secoli e mezzo… chi sono i mercati-

● Domanda al signor Benetton

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LETTERA APERTA di Adolfo Perez Esquival (attivista pacifista argentino) a Luciano Benetton

 

 

 

 

 

Riceva il mio saluto di Pace e Bene.

Le scrivo questa lettera, che spero legga attentamente, tra lo stupore e il dolore di sapere che Lei, un imprenditore di fama internazionale, si è avvalso del denaro e della complicità di un giudice senza scrupoli per togliere la terra ai fratelli Mapuche, nella provincia di Chubut, nella Patagonia Argentina. Vorrei ricordarle che Mapuche significa Uomo della Terra e che esiste una comunione profonda tra la nostra Pachamama, la Madre Terra e i suoi figli… Tra le braccia di Pachamama ci sono le generazioni che vissero e che riposano nei tempi della memoria.

Deve sapere che quando si toglie la terra ai popoli nativi li si condanna a morte, li si riduce alla miseria e all’oblio. Ma deve anche sapere che ci sono sempre dei ribelli che non zoppicano di fronte alle avversità e lottano per i loro diritti e la loro dignità come persone e come popolo. Continueranno a reclamare i loro diritti sulle terre perché sono i legittimi proprietari, di generazione in generazione, sebbene non siano in possesso dei documenti necessari per un sistema ingiusto che li affida a coloro che hanno denaro… È difficile capire quello che dico se non si sa ascoltare il silenzio, se non si è in grado di recepire la sua voce e l’Armonia dell’Universo che è una delle cose più semplici della vita.

Qualcosa che il denaro non potrà mai comperare.

Quando giunsero i conquistatori, gli “huincas” (i bianchi), massacrarono migliaia di popoli perpetrando etnocidio per appropriarsi della loro ricchezza e rubando loro terra e vita.

Purtroppo questo saccheggio continua fino a oggi.

Signor Benetton, Lei ha comprato 90 mila ettari di terra in Patagonia per accrescere la sua ricchezza e potere e si muove con la stessa mentalità dei Conquistadores; non ha bisogno di armi per raggiungere i suoi obiettivi ma uccide, con la stessa forma, usando il denaro. Vorrei ricordarle che non sempre ciò che è legale è giusto, e non sempre quello che è giusto è legale. Vorrei dirle che Lei ha tolto, con la complicità di un giudice ingiusto, 385 ettari di terra, con l’arma del denaro, a un’umile famiglia Mapuche con una dignità, un cuore, una vita; loro sono Atilio Curianco e Rosa Nahuelquir proprietari legittimi da sempre, per nascita e per diritto dei loro padri.

Vorrei farle una domanda, signor Benetton: CHI HA COMPRATO LA TERRA A DIO?

Lei sa che la sua fabbrica dagli abitanti del luogo è chiamata “la gabbia”, cinta con filo di ferro, che ha rinchiuso i venti, le nubi, le stelle, il sole e la luna. È scomparsa la vita perché tutto si riduce al mero valore economico e non all’Armonia con la Madre Terra.

Lei si sta comportando come i signori feudali che alzavano muri di oppressione e di potere dei loro latifondi.

A Treviso, quel bel paese nel nord Italia, dove Lei ha il centro delle sue attività, non so quello che pensano i cittadini e le cittadine riguardo alle sue azioni. Spero che reagiscano con senso critico e pretendano che Lei agisca con dignità e restituisca questi 385 ettari ai legittimi proprietari.

Sarebbe un gesto di grandezza morale e le assicuro che riceverebbe molto di più che la Terra: la grande ricchezza dell’amicizia che il denaro non potrà mai comprare.

Le chiedo, signor Benetton, che viaggi in Patagonia e che incontri i fratelli Mapuche e che divida con loro il silenzio, gli sguardi e le stelle. Credo che il luogo che con la sua presenza chiamano “La gabbia”, verrebbe chiamata “l’Amico” e la gente di Treviso sarebbe onorata di avere nel suo paese una persona con il cuore aperto alla comprensione e alla solidarietà. La decisione è sua. Se decide di restituire la terra ai fratelli Mapuche mi impegno ad accompagnarla e dividere con Lei e ascoltare la voce del silenzio e del cuore. Tutti siamo di passaggio nella vita, quando arriviamo siamo in realtà in partenza e non possiamo portare niente con noi. Possiamo lasciare al nostro passare le mani piene di speranza per costruire un mondo più giusto e fraterno per tutti.

Che la Pace e il Bene la illuminino e le permettano di trovare il coraggio per correggere i suoi errori.

Adolfo Perez Esquivel


PER FAVORE RECATI QUI >>> https://mapucheit.wordpress.com/2017/05/17/united-colors-of-benetton-rosso-sangue-mapuche/

IN ITALIA

IL 90% DELLE AZIONI DI ATLANTIA SONO IN MANO A BENETTON E FONDI E BANCHE ESTERE

Gli italiani hanno pagato il pedaggio al casello per 20 anni a Blackrock, HSBC, Singapore e decine di mega fondi e banche estere. Quando paghi al casello i soldi vanno a Singapore (oltre che Benetton).

Giovanni Zibordi‏ @gzibordi 20 agosto 2018

AUTOSTRADE PER L’ITALIA, A PROPOSITO DI NAZIONALIZZAZIONE
I moribondi piddini, Chicco Testa in primis (deputato per due legislature con PCI e PDS che poi ha ricoperto incarichi prestigiosi presso Enel, Acea, Wind, Cnel, Metro di Roma e con i Rotschild, ecc.) e altri lo sostengono per davvero.
E poi ci chiediamo perché l’Italia è in queste condizioni.

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● Banca d’Italia afferma che è legittimo praticare usura

safe_image[Per chi capisce l’italiano]

La Banca d’Italia, pur affermando nella nota che nel TEG (tasso effettivo globale) vanno computati tutti gli oneri connessi all’erogazione del credito, arriva incredibilmente ad escludere gli interessi di mora dallo stesso: Gli interessi di mora sono esclusi dal calcolo del TEG, perché non sono dovuti al momento dell’erogazione del credito, ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente”. Tale interpretazione non ha alcun fondamento normativo, fatto pacificamente noto alla stessa Banca d’Italia. Infatti l’art. 644 c.p. testualmente e chiaramente punisce non solo chi si fa dare interessi usurari ma anche chi semplicemente li promette. Ergo il fatto che la promessa usuraria sia portata a termine con il successivo pagamento nulla rileva ai fini della consumazione del reato di cui all’art. 644 c.p.

Banca d’Italia pertanto afferma testualmente, inutile girarci intorno, che in caso d’inadempimento del proprio Cliente, è legittimo praticare usura.

Ciò viene fatto attraverso l’astuzia di escludere il tasso di mora dal calcolo del TEG, astuzia che pare presupporre un dolo specifico.

Il parere di Banca Italia desta poi ancora più sconcerto laddove si prende atto che lo stesso pare una replica alla sentenza della Cassazione Civile, Sez. I, 9.01.2013 n. 350, che aveva confermato un indirizzo ormai ampiamente consolidato. La Cassazione infatti nelle motivazioni inequivocabilmente così si esprime: “La stessa censura (sub b), invece, è fondata in relazione al tasso usurario perché dalla trascrizione dell’atto d’appello, risulta che parte ricorrente aveva specificamente censurato il calcolo del tasso pattuito in raffronto con il tasso soglia senza tenere conto della maggiorazione dei tre punti a titolo di mora, laddove, invece, ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c., comma secondo, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi di moraIn claris non fit interpretatio.

Dunque la Banca d’Italia cerca con tale nota di sovvertire il senso della citata sentenza invitando le banche a proseguire nella pratica illecita di cui si è detto… Forte, eh?

[Il “corpo del reato” >>> https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/normativa/archivio-norme/contrasto-usura/cusu-istr-tassi/Istruzioni_usura_feb06.pdf ]

Migliori informazioni QUI

● Euro scritturali

Le banche, di fatto, hanno la potestà globale della politica. Controllando il denaro, controllano tutto: politici, corporation, guerre e “terrorismo”. Attraverso il cosiddetto signoraggio, hanno creato debiti pubblici fittizi tali da garantire loro un potere assoluto sui singoli stati. Stampano soldi che hanno il valore di carta straccia e li vendono allo Stato, il quale diviene debitore per il valore nominale e non per il valore reale di “fabbricazione” che è quasi nullo. Le banche sono la potenza assoluta dell’era moderna e dunque sono sollevate dagli obblighi fiscali: perché dovrebbero pagare tasse?

Ripubblico un testo dell’avvocato Marco Della Luna aggiornato, per la creazione di Euro scritturali e il pagamento con essi dei debiti verso banche e Stato, avvertendo che quasi certamente non sarà accettato dai destinatari, i quali proteggono il loro privilegio bancario di creare moneta dal nulla e di dominare con esso l’economia e la politica, anche se esso non è sancito dalla legge. Possono contare sull’appoggio di buona parte delle istituzioni, anche di quelle giudiziarie.

Avverto che questo tipo di moneta, cioè “moneta nostra”, non è idoneo a sostenere un’economia funzionante, perché nessuna economia può funzionare con una moneta che ciascuno può produrre ad libitum. Quello che questo tipo di moneta può fare è destare le menti alla comprensione di quanto il sistema è incostituzionale e contrario ai diritti dell’uomo, ai principi fondamentali di eguaglianza e democrazia, quindi di quanto è delegittimato chi lo difende. Questa moneta può quindi far esplodere politicamente, giudiziariamente e fiscalmente il conflitto dell’ingiustizia e del sopruso.

Sì, anche fiscalmente, perché le banche – come recentemente ha ammesso la stessa Banca d’Italia in persona del capo della Vigilanza – sono esonerate, di fatto perché non vi è norma che lo consenta – dal pagare le tasse sulla moneta che creano. Si tratta di circa 540 miliardi l’anno nella sola Italia!

Avverto anche che corre voce di un imminente denuncia penale da parte di banchieri contro chi usa questo tipo di moneta, minacciando l’esclusività del loro privilegio. Questi banchieri sceglieranno una piazza fidata per presentare la denuncia. 

https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/avvisi-pub/creazione-moneta-scritturale/index.html

(CARTA INTESTATA)

Spett.le          BANCA           VIA PEC_____________

e p.c.

Banca d’Italia

Pec: bancaditalia@pec.bancaditalia.it

VIA PEC

In relazione al vostro preteso credito:_____________________________di € 100,00

Io sottoscritto:_____________________

PREMESSO CHE

1 – Lo Stato, come pure BRI, BCE, EBA e KMPG, ammettono e accettano la prassi con cui le banche di credito, creano moneta scritturale nell’erogare prestiti e pagamenti (realizzando così un ricavo, seppur non contabilizzato e pertanto sottratto all’imposizione tributaria per circa 540 miliardi l’anno in Italia); recentemente abbiamo avuto anche l’ammissione da parte della Banca d’Italia, in persona di Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza; l’ammissione è avvenuta come risposta scritta a un’interrogazione dell’on.le Alessio Mattia Villarosa, nella Commissione Finanze congiunta Camera-Senato, del 17.01.17 – vedi il video: https://www.youtube.com/watch?v=WPmObU-V4lk; la prassi della creazione di “euro”, allo scoperto, mediante mera registrazione contabile fiat, è verità ufficiale.

2 – Il Tribunale di Bolzano, con l’ordinanza 06/09/16 resa nella pendente esecuzione forzata rg 216/14, afferma: “quanto, invece, alla violazione dell’art 127 (ex art 105) del trattato istitutivo dell’Unione Europea, non si capisce per quale motivo la creazione di moneta attraverso il sistema bancario possa violare tale norma, che nulla dispone in tal senso, come è assolutamente irrilevante il riferimento all’art 10 TUB, che non vieta tale sistema, posto che comunque l’Euro è una moneta non rappresentativa, per cui non è richiesto un controvalore per ogni biglietto stampato come all’era del sistema aureo…”.

3 – Questa facoltà delle banche non centrali di creare ed emettere euro scritturali (girali) in assenza di qualsiasi norma di legge che conferisca loro questa facoltà, è riconosciuta in base al principio che ciò che non è proibito o riservato, è lecito.

4 – In forza del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione, il predetto principio si applica a tutti i soggetti; dunque tutti, non solo le banche, possono creare danaro fiduciario denominato in euro (la semplice emissione contro denaro preesistente è invece normata e limitata ai possidenti i requisiti di legge);

TUTTO CIÒ PREMESSO

Con la presente, e con scritturazione contabile di cui allego copia, in applicazione del principio enunciato dal Tribunale, cioè al medesimo titolo e al medesimo modo in cui voi avete creato il denaro che mi avete prestato, CREO 100,00 euro scritturali e ve li bonifico, invitandovi a contabilizzarli correttamente subito, a estinzione del mio debito pregresso.

CAVEAT: Qualora il pagamento non venisse accettato, il debito si considererà comunque estinto poiché non è consentito rifiutare l’euro come mezzo di pagamento finale.

Cordiali saluti,

______________

 


Scrittura contabile di creazione di euro scritturali

 

________________CF Residenza:_______________

Esercizio giornale 2017
Esercizio bilancio 2017
Data registrazione ——–2017
Causale: Pagamento residuo debito, interessi, spese
Creatore-emittente:

Data di ultima modifica: oggi

Valuta scritturale: Euro

CONTI      
Conto Descrizione Dare Avere
Cassa moneta scritturale   100  
Ricavi da creazione di moneta scritturale     100
CONTI      
Saldo c.s.   100  
Commiss., interessi, spese bancarie ad oggi, salva verifica   0  
Cassa moneta scritturale          100
       

 

● Salvini è praticamente un brand, soggetto a immagine e comunicazione coordinata

Il sistema di comunicazione di Matteo Salvini ha dei fattori chiave che disegnano il modello comunicativo della sua narrazione. Si tratta dei tre driver che compongono il fattore S (o fattore Salvini). Il primo punto è rappresentato da temi e agenda della narrazione del ministro degli Interni.

Come emerge dall’analisi qualitativa della comunicazione salviniana nel corso di due settimane politicamente cruciali (quelle a cavallo dei ballottaggi delle elezioni amministrative, con la vicenda migranti e le relative polemiche con altri paesi europei a far da sfondo), Salvini ha toccato una pluralità di aree tematiche, in ciascuna declinando il proprio messaggio: economia (flat tax e congelamento dell’aumento IVA), agricoltura (evento di Coldiretti in piazza con dichiarazioni a favore del Made in Italy), immigrazione e sicurezza (dichiarazioni sull’Aquarius e la dotazione alla polizia di pistole elettriche), problemi idrogeologici (sull’alluvione ad Ancona), equilibri di Governo (riaffermazione dell’alleanza con il M5S), Europa (tensioni con la Francia), sanità (obbligo sui vaccini), demografia (censimento dei rom).

La narrazione di Salvini non si esaurisce nella dilatazione delle aree tematiche, ma si articola anche nei diversi ruoli coperti: ministro dell’Interno con la visita ad un poliziotto ferito, premier de facto con le esternazioni in campo economico e internazionale, leader leghista con la partecipazione ai comizi e la polemica politica contro gli avversari (come Matteo Renzi).

Decisiva, infine, è la scelta degli strumenti e dei format. Salvini utilizza massicciamente i social network generando un flusso di informazioni in tempo reale, che consente letteralmente di seguire la sua giornata in diretta, con una media giornaliera di circa 22 tra post Facebook e tweet. Il leader del Carroccio, poi, dimostra anche una notevole capacità nel saper utilizzare diversi format: video per raccontare eventi o parlare direttamente con la comunità social, interviste se deve spiegare i contenuti della posizione intraprese, foto per celebrare gli eventi e valorizzare i suoi fan, la sua “base”.

Esaminiamo ad esempio il “flusso online” dei post Facebook e dei tweet di Matteo Salvini in una giornata politicamente piuttosto ‘calda’, il 14 giugno: giornata successiva ai – positivi, per la Lega e il centrodestra – risultati del primo turno delle Comunali, segnata sia da polemiche sul piano interno (lo scandalo dello stadio a Roma che ha coinvolto un importante esponente della giunta Raggi) ma anche esterno, con lo scontro diplomatico con la Francia sulla questione dei migranti.

Numero di post/tweet*
Ruolo
Ministro dell’Interno 7
Comunicazione politica online 8
Comizi elettorali dal vivo 7
Temi Numero di post/tweet*
Economia 4
Sicurezza 5
Immigrazione 7
Agricoltura 3
Attacchi politici (Renzi) 3
Format Numero di post/tweet*
Video 6
Foto 26
Interviste 3

*NB: spesso post e tweet sono sovrapponibili nel contenuto, in tal caso vengono conteggiati ununica volta

Con un efficace mix tra la comunicazione online ed offline il segretario del Carroccio ha costruito l’immagine non solo di ministro dell’Interno, ma di un vero e proprio del Presidente del Consiglio de facto senza rinunciare alla forza e alla libertà d’azione sul piano comunicativo tipiche di un leader di partito. Una comunicazione fluida dove talvolta i confini tra i diversi ruoli si confondono: ma che, mettendo al centro sempre e comunque “Salvini”, lo fa diventare praticamente un brand. La narrazione del leghista si muove con una strategia scientifica e mirata che occupa “militarmente” dal punto di vista comunicativo tutti i campi tematici e tutti i ruoli. Questa occupazione è fatta utilizzando alcuni temi chiaveripetuti in modo martellante (la sicurezza, la flat tax, l’immigrazione, i rom) che sono diventati dei leit motiv in grado di determinare – e dominare – l’agenda setting dei media.

Peraltro, come dimostrato da diversi sondaggi condotti nei giorni in cui si è dibattuto con maggior intensità di certi temi, è emerso come le posizioni sostenute da Salvini siano state apprezzate dalla maggioranzadegli elettori, per di più trasversalmente da un punto di vista politico.

linea salvini

Questa comunicazione totale di Salvini sta influenzando la costruzione dell’agenda setting degli italiani, ovvero quei temi su cui l’opinione pubblica solitamente discute e che in passato era dettata e delineata in primis dai media. Oggi invece Salvini, con il suo flusso costante di esternazioni, sta costruendo l’agenda della percezione. I temi che gli italiani avvertono come più attuali sono quelli su cui il ministro degli Interni si concentra maggiormente: profughi, sicurezza, rom. Non a caso sono temi che da settimane sono al centro del dibattito. Altri temi di prima importanza come l’economia, il lavoro, il welfare e le infrastrutture rimangono sullo sfondo perché in questo momento prevale l’agenda della percezione di Salvini.

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Il modello di comunicazione e narrazione di Salvini può essere definito multilivello perché agisce sia sul piano politico che su quello istituzionale, attivando un mix efficace tra i due piani. Questo flusso di comunicazione è reso riconoscibile da una chiara identità, nello stile e nel tono di voce, entrambi peculiari rispetto agli altri attori politici della scena mediatica. Ci sono quindi pochi dubbi sul fatto che l’aumento poderoso dei consensi alla Lega negli ultimi mesi – in attesa dei primi provvedimenti concreti del Governo di cui Salvini è esponente di primo piano – sia dovuta principalmente a questa abilità comunicativa. Per quanto tempo ancora si rivelerà efficace in termini di consenso, questo è tutto da scoprire.

 

http://www.youtrend.it/2018/07/06/la-comunicazione-totale-di-salvini/

 

 

● Diritti umani: spettano a tutti, anche a te e me

carta dudu

Sono diritti universali ed irrinuciabili. I diritti umani sono una categoria di diritti che spessissimo è citata ed utilizzata, perfino impropriamente, senza averne compreso appieno il profondo significato. È l’insieme di diritti, disposizioni di legge e libertà fondamentali che spettano all’individuo solo per il fatto di esistere. Riguardano tutti, ma proprio tutti, anche te e me. Semplice, no?

Costituiscono un patrimonio non alienabile, non trasferibile, di ogni uomo, avendo ad oggetto diritti e libertà che permettono alla persona di esprimersi e svilupparsi al pieno delle proprie potenzialità, in una prospettiva di libertà e possibilità di realizzazione personale non ostacolata da non consentite e restrittive limitazioni.

Il riconoscimento di tali diritti permette quindi all’uomo, inteso in generale quale individuo – senza distinzioni di etnia, sesso, età, religione o orientamento sessuale – di poter condurre una esistenza dignitosa e libera, sviluppando armonicamente la propria personalità e le proprie aspirazioni, nel rispetto degli altri e degli ordinamenti giuridici nei quali si muove.

I diritti umani, in linea di principio, sono dotati delle maggiori garanzie di tutela da parte del sistema giuridico, nazionale ed internazionale, in quanto diritti universali, e sono diritti naturali, cioè riconosciuti a tutti dalla nascita, senza che debbano essere acquistati o ricevuti da chicchessia: i diritti umani non sono forse quei diritti che l’uomo ha per il solo fatto della sua umanità? E, se è così, allora non si può negare che siano diritti naturali a tutti gli effetti. La loro universalità, vale a dire il fatto che siano riconosciuti a tutti, comporta che siano diritti fondamentali, non trasmissibili ad altri né cedibili, e dunque irrinunciabili, nonché indivisibili (cioè non separabili).

L’esemplificazione dei diritti umani è rinvenibile nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato quale «ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l’universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione».

 

I diritti umani: quali sono

I diritti umani includono i diritti di natura civile e politica, quelli di natura economica, sociale e culturale, e da ultimo i diritti di terza generazione, che annoverano i diritti di solidarietà ed autodeterminazione dei popoli.

Volendo esemplificare alcuni di quelli elencati nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, senza pretendere di volerli citare tutti (specialmente per il fatto che la loro esistenza non è legata ad un numero chiuso, ben potendosi riconoscere ulteriori diritti e libertà fondamentali), sono ricompresi nella categoria dei diritti umani i seguenti diritti e libertà:

  • diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona, con divieto dello stato di schiavitù, servitù o di tortura;
  • diritto al riconoscimento della propria personalità giuridica;
  • diritto ad una eguale tutela da parte della legge e ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali;
  • libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato e diritto ad una cittadinanza;
  • diritto di sposarsi e di fondare una famiglia;
  • diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, di opinione e di espressione;
  • diritto di proprietà;
  • libertà di riunione e di associazione pacifica;
  • diritto all’istruzione, alla sicurezza sociale ed al lavoro (comprensivo del diritto al riposo ed allo svago);
  • diritto di partecipare al governo del proprio paese, nonchè diritto di accedere – in condizioni di eguaglianza – ai pubblici impieghi del proprio paese;
  • diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di poter partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.

L’articolo 1 della Dichiarazione Universale, con efficacissima formulazione, contiene una norma che, aldilà delle definizioni di legge, è un vero e proprio proclama: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza».

 

I diritti umani: C.E.D.U. – Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

Nonostante l’immenso valore sociale della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, tale atto non ha valore di legge, per cui il suo non essere vincolante per gli stati ha comportato che successivamente fosse necessario garantire la protezione dei diritti umani attraverso apposite normative sovranazionali, volte a tutelare i diritti e le libertà fondamentali dell’individuo.

In Europa è stata emanata a Nizza, nel 2000, la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (C.E.D.U.), che comprende e riconosce la protezione di numerosi diritti umani, fra i quali quelli alla

  • dignità umana ed alla vita,
  • all’integrità della persona (con divieto di tortura, di schiavitù e di pene o trattamenti inumani o degradanti),
  • i diritti alla libertà,
  • sicurezza,
  • rispetto della vita familiare e privata
  • nonché le libertà fondamentali, quali la libertà di pensiero, di espressione, di riunione ed associazione, di religione.

Per garantire il rispetto dei diritti umani ed assicurare che venga fatta giustizia nelle ipotesi di loro violazione, è stata istituita apposita corte a Strasburgo, chiamata a risolvere specificatamente i casi di violazione dei diritti umani sottoposti alla sua attenzione.

 

Per potersi rivolgere alla Corte E.D.U.

tuttavia, è necessario aver cercato di ottenere tutela per la propria situazione giuridica presso le corti del proprio stato europeo di appartenenza: soltanto dopo aver ricorso alla tutela giurisdizionale nel proprio paese infatti, e non aver ottenuto il riconoscimento di quanto chiesto, sarà possibile presentare ricorso alla corte europea dei diritti dell’uomo.

Scarica il ricorso alla CEDU (file Pdf)

 

 

La D.U.D.U. commentata dal Prof. Antonio Papisca >>> 
http://unipd-centrodirittiumani.it/it/dossier/la-dichiarazione-universale-dei-diritti-umani-commentata-dal-prof-antonio-papisca/3

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● Moneta scritturale, Bankitalia s’incarta

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Da poco tempo la Banca d’Italia ha pubblicato sul proprio sito ufficiale un singolare “Avviso pubblico”. Bizzarro anche nella formulazione, poiché non riporta la data né la firma di qualcuno o il riferimento a un qualche ufficio interno.

Insomma è di Bankitalia, ma non si sa chi l’ha scritto. La materia è interessante. Il documento si intitola “Creazione di moneta scritturale da parte dei cittadini – Avviso al pubblico” e inizia raccontando il fatto che Bankitalia da qualche tempo sta ricevendo da parte di alcuni cittadini “comunicazioni che attestano l’autonoma creazione di euro scritturali e l’utilizzo delle somme così create per il presunto pagamento di debiti o per fornire una presunta provvista per successive operazioni di pagamento o per l’emissione di titoli di credito da parte della stessa Banca d’Italia”. Lo stesso documento prosegue affermando che “l’assunzione di queste iniziative, sia pure in numero limitato, unite alla presenza sul web di riferimenti alla teoria economica di cui sono applicazione, rende necessario pubblicare alcune precisazioni al fine di evitare pericolosi equivoci”.

A diversi lettori verrà da pensare che qualcuno in Italia è impazzito anche senza che faccia troppo caldo. Ma non è così, perché tutto nasce dall’iniziativa di un avvocato, Marco della Luna (anche attraverso il suo blog), che da anni si batte per contestare il potere assunto da Bankitalia (e ora dalla Bce) con la creazione di moneta, soprattutto da quando, con il divorzio tra ministero del Tesoro e Bankitalia, questa ha assunto nei fatti un’autonomia e un’indipendenza (dal potere politico in generale e dal governo in particolare) che ci fanno necessariamente porre la domanda su quali siano gli obiettivi di tale istituto, che ormai lavora stabilmente di concerto con la Bce, assumendo quindi decisioni in un’ottica europea, secondo visioni di interesse europei, quindi non necessariamente a difesa degli interessi nazionali.

Ora il cuore della questione è che, nel passare le consegne della sovranità monetaria da Bankitalia alla Bce, non c’è scritto da nessuna parte che la stessa fosse autorizzata a farlo. Ancor peggio, l’articolo 1 della nostra Costituzione recita che la “sovranità appartiene al popolo”. Ora il popolo si può dare delle istituzioni per amministrare ciò che è suo (e rimane suo). Chi amministra non ha il potere di cedere a sua volta l’amministrazione. In altre parole, con un esempio semplice: si può dire che se io ricevo una macchina in prestito e poi la guido, non faccio un abuso; ma se invece a mia volta la presto, allora compio un abuso e il proprietario che me l’ha prestata giustamente se ne risentirà.

Seppure si tratti di una materia gravissima, questo però è solo il cuore del problema, i cui effetti devastanti sono effettuati dall’attività bancaria ordinaria, quella di prestare denaro. Infatti, tale attività è ingannevolmente chiamata “prestare denaro”, perché le banche non prestano nulla: sia perché per prestare si dovrebbe prima avere (la banca non presta denaro proprio né quello dei depositanti, cioè non presta quello che ha); e poi perché di fatto in ogni erogazione di finanziamento, prestito o mutuo, la banca commerciale crea letteralmente denaro dal nulla. Ora questo denaro è “euro scritturale”, non creato da Bankitalia o dalla Bce, per il quale si parla di euro legale.

La questione non è di lana caprina perché, come scritto nello stesso “Avviso al pubblico”, “sulla base della normativa internazionale e nazionale, l’unica forma di moneta legale – ossia dotata del potere di estinguere le obbligazioni in denaro – è la moneta emessa dalla Banca centrale europea (Bce)”.

Quindi, stando alle parole della stessa Bankitalia, tutto il denaro scritturale (cioè il 98% del denaro in circolazione, quindi escluse le banconote che sono create dalla Bce) non è moneta legale e quindi non è dotata del potere di estinguere le obbligazioni in denaro.

L’anonimo redattore di questo comunicato forse pensava di mettere una toppa al discorso scrivendo che “il meccanismo di creazione di moneta scritturale da parte del singolo cittadino intenderebbe replicare la cosiddetta moneta bancaria o scritturale, termine con il quale si indica l’insieme degli strumenti gestiti e organizzati dalle banche e dagli altri soggetti abilitati a prestare servizi di pagamento: assegni, bonifici, addebiti diretti, carte…

Si ricorda che la prestazione dei servizi di pagamento, attraverso moneta scritturale, è un’attività consentita per legge esclusivamente ai soggetti abilitati, quali banche, istituti di moneta elettronica, istituti di pagamento”.

Ma, come spesso capita, la toppa è peggiore del buco e apre una voragine: infatti, se è vero che la legge disciplina la “prestazione di servizi di pagamento”, è pur vero che i cittadini che si sono creati moneta scritturale non hanno attivato un servizio di pagamento, ma hanno solo creato moneta.

Sarei proprio curioso di sapere cosa ne penserebbe un giudice in un eventuale processo: anche perché pure il pagamento effettuato con tale moneta personalmente creata non è l’offerta a terzi di un servizio, quindi non rientra nemmeno questo in un “servizio di pagamento”.

In tale senso sembra anche decadere la velata minaccia contenuta nel testo: “Secondo il Testo unico bancario (artt. 131-bis e 131-ter) l’abusiva emissione di moneta elettronica e l’abusiva prestazione di servizi di pagamento costituiscono un reato”. Infatti, solo la Bce “emette” la moneta creata (non la spende né effettua un pagamento di un debito o di una spesa, per le quali necessità utilizza invece i profitti dell’emissione, cioè gli interessi sulla moneta emessa). Invece i cittadini in questione non hanno intenzione di “emettere” moneta, ma solo di effettuare pagamenti per estinguere obbligazioni in denaro. In altre parole, Bankitalia ha solo ragione di intervenire se io creo la moneta e poi la presto, chiedendo un interesse sul denaro creato dal nulla, come fanno ora tutte le banche, dalla Bce in giù.

Paradossalmente, nessun testo legislativo dice nulla sulla creazione di moneta: perché se lo dicesse dovrebbe negare questo potere ai soggetti privati, quali sono anche banche commerciali e gli istituti di pagamento.

A certificare la confusione totale sulla natura giuridica della moneta ci sono pure le banconote. Queste sono emesse da Bankitalia (su mandato della Bce) cioè da un istituto di diritto pubblico (almeno sulla carta, come scritto nello statuto). Eppure sulle banconote, vicino alla scritta Bce c’è presente e ben visibile il simbolo del copyright “©”: cioè su un documento ufficiale e pubblico emesso da un istituto di diritto pubblico abbiamo un elemento giuridico appartenente al diritto privato!

A completare il quadro, c’è pure il Tribunale di Bolzano, il quale in un a sentenza ha affermato che “quanto, invece, alla violazione dell’art 127 (ex art 105) del trattato istitutivo dell’Unione Europea, non si capisce per quale motivo la creazione di moneta attraverso il sistema bancario possa violare tale norma, che nulla dispone in tal senso, come è assolutamente irrilevante il riferimento all’art 10 TUB, che non vieta tale sistema”. Una sentenza dagli effetti potenzialmente devastanti, in base al principio che ciò che non è esplicitamente vietato è permesso.

La moneta, oltre a essere un’istituzione, è pure frutto di una fiducia che potremmo chiamare “fiducia sociale”, senza la quale nessun sistema monetario può funzionare. Tale fiducia può essere anche concessa, quando è ragionevole concederla preventivamente. Ma deve pure essere guadagnata. E le istituzioni bancarie europee e italiane non stanno facendo molto per guadagnarsela.

E i cittadini ne prendono atto e si organizzano…

Più info >>> https://www.youtube.com/watch?v=-FiTVToLhZA


Per una più completa comprensione della questione si  rimanda a “Moneta Nostra” su Facebook

● GDPR-Privacy occorre sapere che

Dal DPO, ai registri delle attività di trattamento, sono numerose le novità da considerare prima del 25 maggio 2018, data in cui entrerà in vigore il GDPR, ossia il regolamento europeo sulla privacy. Ecco la guida pratica completa e cosa fare per adeguarsi

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Il 25 maggio 2018 entra in vigore il GDPR – General Data Protection Regulation, ovverosia il Regolamento europeo sulla privacy approvato il 14 aprile 2016, direttamente applicabile agli Stati membri dell’Unione, con il quale è stato delineato un nuovo quadro normativo in materia di protezione dei dati personali che pone molte nuove regole e importanti adempimenti da rispettare. Tuttavia, ad oggi, non tutti sono pronti alla novità e moltissimi ancora non si sono adeguati alle nuove regole e, in generale, vige ancora molta confusione sul tema. Cerchiamo, perciò, di fare chiarezza.


A chi si applica il GDPR

Nell’analizzare il nuovo regolamento la prima cosa da fare è quella di individuarne il campo di applicazione. Il GDPR, in particolare, avrà un impatto su tutti i professionisti e le imprese che, a prescindere da dove si trovino, vengano in contatto con i dati personali dei cittadini europei.


Campo di applicazione materiale

Più tecnicamente, le nuove norme interessano tutti i professionisti e le imprese che trattano i dati personali delle (sole) persone fisiche in maniera interamente o parzialmente automatizzata o in maniera non automatizzata se i dati sono contenuti in un archivio o sono destinati a figurarvi.


Restano esclusi dal campo di applicazione del GDPR:

  • i trattamenti di dati personali che non rientrano nel campo di applicazione del diritto UE;
  • i trattamenti di dati personali che sono effettuati dagli Stati membri nell’esercizio di attività rientranti nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune;
  • i trattamenti di dati personali che sono effettuati da una persona fisica nell’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico;
  • i trattamenti di dati personali che sono effettuati dalle autorità competenti con finalità di prevenzione, indagine, accertamento o perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, comprese la salvaguardia contro minacce alla sicurezza pubblica e la prevenzione delle stesse.

Campo di applicazione territoriale

Così definito il campo di applicazione materiale del Regolamento, va detto che lo stesso è circoscritto anche a livello territoriale, in quanto riguarda esclusivamente il trattamento dei dati personali effettuato nell’ambito delle attività poste in essere dal titolare del trattamento o da un responsabile del trattamento di uno stabilimento nell’Unione, anche se il trattamento è eseguito al di fuori dell’Unione.

Il GDPR, inoltre, si applica al trattamento dei dati personali di interessati che si trovano nell’Unione da parte del titolare o del responsabile del trattamento che non è stabilito nell’Unione, quando lo stesso riguarda:

  • l’offerta di beni o la prestazione di servizi a tali interessati nell’Unione o
  • il monitoraggio del comportamento tenuto dagli interessati all’interno dell’Unione.

Infine, l’applicazione del Regolamento si estende anche al trattamento dei dati personali effettuato dal titolare non stabilito nell’Unione ma in un luogo che è soggetto, in virtù del diritto internazionale pubblico, al diritto di uno Stato membro.


 GDPR: i principi applicabili al trattamento

In forza del Regolamento in vigore dal 25 maggio 2018, i dati personali:

  • devono essere trattati nel rispetto dei principi di liceità(come esattamente individuata dall’articolo 6 del Regolamento), correttezza e trasparenza;
  • devono essere raccolti per finalità determinate, esplicite e legittimee trattati in maniera compatibile con tali finalità;
  • devono rispondere al principio di minimizzazionee, quindi, essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario per rispettare le finalità del trattamento;
  • devono essere esatti e, quindi, eventualmente aggiornati;
  • devono essere conservati in maniera da consentire l’identificazione degli interessati solo per il tempo necessario al conseguimento delle finalità del trattamento e per periodi più lunghi solo per fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica, statistici;
  • devono essere trattati in maniera tale che sia garantita una loro adeguata sicurezza.

Il consenso dell’interessato al trattamento

Tra i vari aspetti di carattere generale della nuova normativa, occorre inoltre soffermarsi sulle previsioni che regolamentano il consenso dell’interessato al trattamento.

Infatti, il GDPR stabilisce che l’onere di dimostrare che l’interessato ha prestato il proprio consenso al trattamento grava sul titolare, il quale deve avere cura di fornire una richiesta di consenso chiara. La richiesta, laddove la dichiarazione da far sottoscrivere all’interessato riguardi anche altre questioni, deve inoltre essere agevolmente distinguibile dalle altre materie, comprensibile, facilmente accessibile e fatta con un linguaggio semplice e chiaro.


Revoca del consenso

Nel caso in cui l’interessato revochi il proprio consenso (cosa possibile in qualsiasi momento con la stessa facilità prevista per dare il consenso), il trattamento effettuato prima della revoca resta comunque lecito e di tale circostanza l’interessato deve essere informato prima di esprimere il proprio consenso.


 I diritti dell’interessato

L’interessato del trattamento è tutelato dal Regolamento con la previsione di diversi diritti, ovverosia:

  • il diritto alla trasparenzacirca le modalità con le quali sarà eseguito il trattamento;
  • il diritto di ricevere dal titolare o dal responsabile del trattamento delle specifiche informazionicirca i propri dati;
  • il diritto di accedere ai propri dati e di chiedernela rettifica o la cancellazione (cd. diritto all’oblio);
  • il diritto a che il trattamento dei propri dati, in specifici casi e a specifiche condizioni, sia limitato;
  • il diritto di opporsial trattamento per specifici e documentati motivi;
  • il diritto alla portabilitàdei dati personali.

La portabilità dei dati personali

Con particolare riferimento a tale ultimo aspetto, va detto che il diritto a trasferire i propri dati da un titolare del trattamento a un altro non è tuttavia esercitabile se i dati sono contenuti in archivi di interesse pubblico (ad esempio nelle anagrafi) o se gli stessi vogliono essere spostati in paesi extra Ue o in organizzazioni internazionali che non rispondono agli standard di sicurezza in materia di tutela.


Il diritto all’oblio

Un particolare approfondimento lo merita poi il cd. diritto all’oblio, che è il diritto dell’interessato a che il titolare del trattamento cancelli senza ingiustificato ritardo i suoi dati personali. Tale diritto, infatti, è esercitabile nelle seguenti ipotesi:

  • i dati personali non sono più necessaririspetto alle finalità della raccolta o del trattamento;
  • l’interessato ha revocato il consenso su cui si fonda il trattamento e quest’ultimo non ha altro fondamento giuridico;
  • l’interessato si oppone al trattamentoe non sussiste alcun motivo giuridico per procedervi comunque;
  • i dati personali sono stati trattati illecitamente;
  • i dati personali devono essere cancellati per adempiere a un obbligo legalecui è soggetto il titolare del trattamento;
  • i dati personali sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione.

 Il DPO – Data Protection Officer

Il Regolamento ha introdotto poi una nuova figura, che assume un ruolo di primo piano nel nuovo sistema della privacy: il DPO – Data Protection Officer, al quale viene affidato il compito di garantire che le imprese e gli enti gestiscano i dati personali trattati in maniera corretta.

Il DPO (o responsabile della protezione dei dati), deve essere necessariamente nominato dal titolare e dal responsabile del trattamento nei seguenti casi:

  • quando il trattamento è effettuato da un’autorità pubblicao un organismo pubblico diverso dalle autorità giurisdizionali nell’esercizio delle loro funzioni;
  • quando le attività principali poste in essere dal titolare o dal responsabile del trattamento richiedono (per la loro natura, per il loro ambito di applicazione e/o per le loro finalità) il monitoraggio regolare e sistematico degli interessati su larga scala;
  • quando le attività principali poste in essere dal titolare o dal responsabile del trattamento consistono nel trattamento, su larga scala, di categorie particolari di dati personali o di dati relativi a condanne penali e a specifici reati.

DPO può essere sia un dipendente del titolare o del responsabile del trattamento, che un soggetto esterno chiamato ad assolvere i suoi compiti in base a un contratto di servizi. La scelta va fatta comunque tra soggetti che abbiano delle qualità professionali adeguate e che quindi conoscano in maniera specialistica la normativa e la prassi in materia di protezione dei dati personali e che siano in grado di assolvere i compiti affidati dal Regolamento al responsabile della protezione dei dati.


I compiti del DPO

Nel dettaglio, al responsabile della protezione dei dati sono affidati dei compiti ben precisi che lo rendono una figura che, sebbene non vada a sostituire nella loro centralità il titolare e il responsabile del trattamento, assume un ruolo chiave ai fini della tutela e della protezione dei dati personali.

Il DPO, infatti, deve:

  • dare un adeguato supporto informativo e consulenzialeal titolare del trattamento, al responsabile del trattamento e ai dipendenti incaricati del trattamento;
  • sorvegliareche il Regolamento sia adeguatamente osservato e che siano rispettate anche le altre disposizioni dell’Unione o interne in materia di privacy e le politiche sulla protezione dei dati personali adottate dal titolare o dal responsabile del trattamento;
  • essere disposto a fornire, su eventuale richieste, un parere in merito alla valutazione d’impattosulla protezione dei dati e sorvegliarne lo svolgimento in conformità con il Regolamento;
  • cooperare con l’autorità di controlloe fungere da punto di contatto per quest’ultima con riferimento alle questioni connesse al trattamento;
  • effettuare, se necessario, delle consultazioni relative al trattamento.

I registri delle attività di trattamento

Altro aspetto di particolare rilievo del GDPR è rappresentato dall’introduzione di due registri fondamentali nella gestione dei dati personali.

Innanzitutto, ogni titolare del trattamento e, ove applicabile, il suo rappresentante sono onerati della tenuta di un registro delle attività di trattamento svolte sotto la propria responsabilità nel quale vanno riportati:

il nome e i contatti del titolare del trattamento e, ove applicabile, del contitolare del trattamento, del rappresentante del titolare del trattamento e del DPO;

  • le finalità del trattamento;
  • la descrizione delle categorie di interessati e delle categorie di dati personali;
  • le categorie di destinatario cui sono stati o saranno comunicati i dati personali raccolti;
  • gli eventuali trasferimenti di dati personali verso un paese terzo o un’organizzazione internazionale, con l’identificazione di tali soggetti e, ove necessaria, la documentazione delle garanzie adeguate;
  • i termini ultimi previsti per la cancellazione delle diverse categorie di dati (ove possibile);
  • la descrizione generale delle misure di sicurezza tecniche e organizzative (ove possibile).

Il responsabile del trattamento e, ove applicabile, il suo rappresentante sono invece onerati della tenuta di un registro delle categorie di attività svolte per conto di un titolare del trattamento.

In esso vanno riportati:

  • il nome e i dati di contatto del responsabile o dei responsabili del trattamento, di ogni titolare del trattamento per conto del quale si agisce, del rappresentante del titolare del trattamento o del
  • responsabile del trattamento e, ove applicabile, del DPO;
  • le categorie dei trattamenti che sono stati effettuati per conto di ogni titolare del trattamento;
  • gli eventuali trasferimenti di dati personali verso un paese terzo o un’organizzazione internazionale e, se del caso, la documentazione delle garanzie adeguate;
  • una descrizione generale delle misure di sicurezza tecniche e organizzative (ove possibile).

Entrambi i registri devono essere tenuti in forma scritta, anche in formato elettronico.


GDPR: cosa fare per adeguarsi

Per adeguarsi alle previsioni del GDPR è quindi necessario eseguire alcune fondamentali azioni. Innanzitutto, bisogna provvedere a predisporre i registri delle attività di trattamento.

Inoltre è fondamentale dotarsi di un Data Protection Officer, se si è tra i soggetti tenuti a provvedervi.

Chiaramente occorre poi stendere o adeguare la documentazione in materia di trattamento dei dati personali, per renderla completa e aggiornata alla luce delle prescrizioni introdotte dal Regolamento in vigore dal 25 maggio 2018, provvedendo anche a definire le politiche di sicurezza e di valutazione dei rischi. Il tutto senza dimenticare di individuare i diversi ruoli e le responsabilità dei soggetti che effettuano il trattamento.

Il mancato adeguamento e il mancato rispetto delle norme in materia di privacy introdotte dal GDPR può comportare l’applicazione di sanzioni di carattere sia amministrativo che penale.


Scarica il testo integrale del regolamento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea >>> http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.L_.2016.119.01.0001.01.ITA&toc=OJ:L:2016:119:TOC
Scarica il testo del regolamento Gdpr arricchito dei considerando del Garante Privacy >>>
http://194.242.234.211/documents/10160/0/Regolamento+UE+2016+679.+Con+riferimenti+ai+considerando
Approfondisci qui >>> https://www.studiocataldi.it/articoli/29627-gdpr-tutto-quello-che-c-e-da-sapere.asp#par0

 

● Governo, UE e Unione monetaria: non ci resta che piangere

A parte il fatto che IL BENESSERE DIFFUSO, COME SEMPRE, È UN ATTO POLITICO FRUTTO DI UNA VOLONTÀ e non un fatto tecnico oggettivo, in sostanza qualcuno decide sempre chi sono i primi a soffrire…

vignetta-4…Tendo a credere che l’UE non apporta alcun valore a ciò che fa, semplicemente risucchia la ricchezza dai paesi più ricchi e la distribuisce parzialmente a quelli non troppo ricchi per finanziare progetti di vanità per autopromuoversi o per finanziare generosi emolumenti e pensioni a politici di seconda categoria, inoltre gran parte del clamore pro-UE è infondato, “ha mantenuto la pace in Europa bla, bla, bla”, difatti ad esempio la Svizzera o la Norvegia non hanno iniziato nessuna guerra nonostante siano al di fuori dell’UE, semmai è la NATO che sta mantenendo la pace tra gli aderenti, inoltre pochissimi paesi UE spendono abbastanza per le loro forze armate, e non sarebbero in grado di iniziare una guerra, anche se lo volessero. L’UE è probabilmente inutile perché i paesi europei potrebbero andare d’accordo senza di essa, le prove di ciò sono costituite dai paesi europei che scelgono di non aderire.

Adesso è facile dirlo: la nostra partecipazione all’UEM Unione Monetaria Europea, cosiddetta AVO che però Area Valutaria Ottimale per noi non è, è stata letale, pur essendo membri fondatori, per stoltezza nostra (che abbiamo acconsentito) e per abbondanza di potere di altri Paesi. Nell’UEM, più il tempo passa, più risulta difficile sgrovigliarsi. Tuttavia prossimamente, con l’avvento di un governo veramente [forse] politico la strategia più sensata, o la meno peggio, potrebbe essere quella del riposizionamento, due potrebbero essere le vie, ecco i pro, comunque entrambi drammatici: 1) mediante una magica ricostruzione economica e sociale del Paese (in breve, modello Monti o PD in versione ancora più austera) oppure 2) attraverso una mirabolante uscita dall’Euro, ritenuta però dal mainstream la peggior soluzione, atta soltanto a fare del male sia all’Italia sia all’Unione.

Questi sono i contro: verso la prima via, vanno osservate le proibitive condizioni politiche e sottostanti lacerazioni sociali e verso la seconda via, tralasciando per semplicità l’impatto nella sua totalità verso il sistema aziende, vi è la necessità di assicurare segretezza dell’opzione exit (per evitare fughe di capitali) che contrasta con le esigenze di democrazia e di accordo sociale e politico sulla ripartizione dei pesanti costi da sostenere nei 3-4 anni successivi all’uscita. In ogni caso, uscire senza un’attenta pianificazione sarebbe un disastro, e di certo non ce lo farebbero sapere in anticipo, se ci stessero lavorando.

Ciò che penso è che nonostante gli italiani siano frustrati dall’attuale economia, credo che al tempo stesso ritengano che sia un grave errore attribuire ogni problema all’UE, o che l’Italia andrà meglio al di fuori di essa o uscendo semplicemente dalla moneta unica. Tutto sommato, per gli italiani, vediamo che riformare l’UE senza lasciare l’Euro è un’agenda ragionevole, lasciarla no. PD, Forza Italia e altri, ma anche il Movimento 5 stelle sono favorevoli all’integrazione europea, anche se chiedono alcune riforme. La Lega è sola contro l’UE e contro l’Euro, i sovranisti di sinistra sono praticamente inesistenti. Quindi, non penso che ci sarà un’Italia antieuropea nel prossimo futuro.

Mentre è molto comprensibile che gli italiani siano frustrati dall’attuale economia provocata anche dall’intransigenza e dall’arroganza dell’UE, che nonostante la Brexit è convinta che nessun paese oserebbe andarsene …l’unico modo in cui l’UE prenderà in considerazione qualsiasi riforma significativa è se più paesi minacciano di uscire.

La conclusione non può essere che poco confortante: non ci resta che piangere. A meno che io sbagli…

● Migranti: costretti a rimanere a Roma o Atene

Le nuove riforme Ue puniranno i Paesi di primo approdo dei migranti. L’Italia con Spagna e Grecia si oppone con un documento inviato alle Capitali

È per questo che Italia, Cipro, Grecia, Malta e Spagna si sono messe insieme per provare a fare pressing sulla Commissione Ue e sugli stati del Nord nella speranza che si decidano a non trasformare il Sud dell’Europa in un enorme campo profughi.

Il prossimo 28 e 29 giugno a Bruxelles le capitali Ue si riuniranno per rivedere, almeno questa è l’idea iniziale, il regolamento di Dublino. Ovvero la norma che in questi anni ha costretto gli Stati di primo approdo a tenersi tutti i migranti. Ma sia la Germania che  la Francia sembrano aver capito che le aperture ai migranti hanno un costo elettorale molto alto (basti pensare ai casi delle ultime settimane a Bardonecchia). E così tira l’aria di un passo indietro sulla “solidarietà” tanto sbandierata: meglio costringere i migranti a rimanere a Roma o Atene piuttosto che vederli approdare a Parigi o Berlino.

Sarà per questo che, come riporta il Corriere, Italia, Cipro, Grecia, Malta e Spagna hanno firmato un documento inviato a tutte le cancellerie europee per provare a rompere questa pericolosa spirale. Per mesi si è parlato dello “storico” accordo sulla redistribuzione dei rifugiati. Ma il dispositivo è stato un flop in passato e ora la discussione prevede di quote di redistribuzione, ma molto restrittive. Non sarebbero compresi nel patto i migranti che provengono da Paesi dove non c’è guerra o persecuzione. Il fatto è che buona parte dei richiedenti asilo viene proprio da lì e sarà l’Italia a farsene carico. Bel guadagno.

Non solo. Perché la redistribuzione di 200mila migranti – secondo le bozze di accordo cui si è giunti durante i negoziati – scatterebbe soltanto quando il flusso di nuovi arrivi supererà del 160% la quota entrata nell’anno precedente. Cosa significa? Che con molta probabilità non scatterà mai, visto che – soprattutto dalla Libia – le partenze sono in lieve diminuzione. Tutto cambia, insomma, per non fa cambiare nulla.

Ah, non solo. Perché anche qualora si verificasse la condizione vincolo, quella della Commissione sarebbe soltanto una “proposta” ai Paesi, non un’azione. Poi ci sarebbero altri negoziati, altro tempo. E forse non se ne farà nulla. A meno che, ma la condizione sembra davvero difficile da raggiungere, il flusso non superi il 180%: a quel punto la “proposta” della Commissione diventerebbe vincolante “a meno che – precisa il Corriere – un’ampia maggioranza di governi voti contro”.

Nel documenti presentato dagli Stati del Sud si trovano poi le critiche ad altri obblighi imposti a Italia e Grecia. Il più “pericoloso” è quello che riguarda i cosiddetti 10 anni di “stabile responsabilità”. In sostanza, in base alla bozza dell’accordo, l’Italia sarebbe responsabile dei migranti approdati nel suo territorio non per uno ma per 10 anni.

Per tutti, questo periodo, insomma, gli altri Stati potrebbero decidere di rispedire lo straniero nel Belpaese con una semplice notifica e riaccompagnandolo alla frontiera.

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(Fonte qui)

 

 

● Scatenano un conflitto mondiale

…con le FakeNews occidentali -grazie ai filmini fake dei WhiteHelmets– tutto per fare un favore a Israele e USA.

Gli esperti dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche sono già in Siria ed entreranno domani nella città di Doma per provare l’utilizzo di agenti chimici nella ex roccaforte dei ribelli nei sobborghi di Damasco.

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Difatti [fonte L’Antidiplomatico] il rappresentante russo all’Onu considera inaccettabile che l’OMS riceva informazioni poco attendibili dai sedicenti ‘caschi bianchi’ sull’avvelenamento di 500 persone nella città siriana di Douma, ritenendo che servono solo ad alimentare la tensione.

I membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno mostrato una mancanza di responsabilità quando hanno rilasciato accuse secondo cui circa 500 persone hanno chiesto aiuto medico nella città siriana di Douma il 7 aprile scorso con sintomi di avvelenamento. Queste azioni da parte dei dipendenti dell’OMS non fanno altro che rafforzare i poteri che stanno alimentando il conflitto in Siria, ha affermato Gennady Gatilov, rappresentante permanente della Russia presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali a Ginevra, in una dichiarazione rilasciata all’agenzia russa TASS.

Gatilov considera la dichiarazione dell’OMS grave, sottolineando che “è stata fatta proprio quando la Siria aveva sperimentato un nuovo aumento delle tensioni”.

“Abbiamo tutti sentito parlare della possibilità di attacchi americani e l’emergere di una tale dichiarazione è nelle mani di coloro che si battono per uno scenario che prevede l’uso della forza in Siria”, ha osservato il diplomatico. “Lo consideriamo inaccettabile”.

“Abbiamo contattato i responsabili dell’OMS e abbiamo chiesto che presentassero fonti concrete di informazione su cui si basava questa affermazione, inoltre [abbiamo] chiesto loro di nominare i cosiddetti partner sanitari a cui si riferisce l’OMS e di fornire informazioni su cui le strutture mediche specifiche hanno interessato quasi 500 persone, chi le ha contate e chi ha fatto le diagnosi”. “Secondo le informazioni che possediamo, questi” partner “non sono altri che i rappresentanti della famigerata organizzazione dei ‘Caschi Bianchi'”, ha spiegato Gatilov.

“Consideriamo tutto questo come una diffusione flagrante e imprudente di informazioni non comprovate”, ha sottolineato Gatilov.

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Aggiornamenti >>>
Il Ministero della difesa russo svela dove e quando girato il video di attacco chimico in Siria.
https://sptnkne.ws/hpqF
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/siria-mosca-e-damasco-accusano-servizi-stranieri-dietro-1515163.html
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-esclusivo_massima_diffusione_presunto_attacco_chimico_a_douma_loms_di_ginevra_contraddetta_dallufficio_onu_in_siria/82_23669/

I partecipanti diretti alle riprese del video sulle “conseguenze di un attacco chimico” nella città di Duma in Siria hanno detto che il video è una messa in scena, ha dichiarato il maggiore generale Igor Konashenkov in un briefing venerdì.

“È stato possibile trovare i partecipanti diretti alle riprese di questo video e intervistarli. Oggi presentiamo un’intervista in diretta di queste persone. Gli abitanti di Duma hanno descritto dettagliatamente come sono state condotte le riprese alle quali hanno partecipato e che cosa hanno fatto” ha detto.

L’esercito russo è riuscito ad assicurarsi che queste siano proprio le persone riprese nel video. Secondo Konashenkov, tra queste ci sono due medici che lavorano in un ospedale locale nel pronto soccorso. Hanno detto che “tutte le vittime che sono state portate in ospedale non avevano sintomi di avvelenamento”.

“Durante il primo soccorso medico all’ospedale, sono entrate delle persone sconosciute, alcune di loro avevano videocamere. Queste persone hanno iniziato a urlare, a provocare panico e spruzzando con dei tubi dell’acqua sulle persone, gridando a tutti di essere a rischio di avvelenamento. I pazienti e i loro parenti in preda al panico hanno iniziato a versarsi acqua l’uno sull’altro” ha detto il rappresentante del Ministero della Difesa.

Dopo tutto questo è stato ripreso nel video, e le persone sconosciute “sono fuggite via rapidamente” ha aggiunto Konashenkov.

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INTERVALLO

Trova l’errore…

First Lady Assad &amp; Mogherini

[First Lady Assad & Mogherini]

● Le bugie su Assad

La maggior parte della gente è disorientata riguardo alle vere cause della guerra in Siria, dove vi è un caos completo.

Fondamentalmente si tratta di petrolio e gas

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Nel Golfo Persico c’è un giacimento di gas, il più grande esistente al mondo. Il Qatar, che ha una parte di questo giacimento, si è incontrato con la Turchia nel 2009, due anni prima del conflitto siriano. I signori del Qatar avrebbero voluto vendere il loro gas costruendo una pipeline che, attraversando Arabia Saudita e Siria, avesse raggiunto la Turchia, sbocco verso il mercato europeo, questo perché vogliono vendere il loro gas agli europei. Il gas in Qatar non serve a niente!

Si doveva chiedere ad Assad il permesso di attraversare il suo paese e il loro problema era che Assad ha risposto no! Al Qatar non è piaciuta la risposta, oltretutto, la proprietà dello stesso gas è rivendicata anche dall’Iran. Questo giacimento è speciale, una formazione interdipendente e accessibile lato Qatar e lato Iran. Gli iraniani hanno detto: “Noi vorremmo costruire la pipeline rossa”, hanno fatto la proposta a Assad che ha detto “Si”.

Non è un concetto complicato. L’Iran vuole mantenere Assad al potere.

Kuwait, Arabia Saudita e Turchia vogliono farlo cadere, e se poi vogliamo scavare più a fondo abbiamo americani e inglesi che hanno deciso di far cadere Assad. Così abbiamo da una parte l’alleanza dei paesi NATO (GB, USA, Francia, ecc.) che vogliono far cadere Assad uniti alle monarchie del Golfo (Qatar, Arabia Saudita) ed Erdogan in Turchia (paesi Sunniti) e dall’altra abbiamo gli Sciiti Iran, Hezbollah (Libano) che vogliono mantenere al potere gli Alauiti di Assad e i russi perché hanno due basi militari in Siria.

I russi non vogliono che il gas del Qatar arrivi in Europa perché hanno Gazprom!

Ci sono tante circostanze che sembrano complicate, ma lo sono perché si viene indotti nell’errore. Si possono confondere le cose presentandole in modo complicato e si può spiegare semplicemente un regime su base geopolitica, e questo avrebbe un senso: da una parte c’è un’alleanza Sunnita: Qatar, Arabia Saudita, Turchia più paesi NATO Gran Bretagna, Francia, USA… e dall’altra parte Russia, Iran, Hezbollah, Assad. La cosa va avanti da quattro anni. Abbiamo 400mila morti e da noi in Occidente viene solo raccontato che Assad è un “cattivone”, il boia di Damasco: di petrolio e di gas non si parla. Ci raccontano che finora non siamo intervenuti, che lo abbiamo fatto solo quando ha cominciato a massacrare il suo popolo, NON È LA VERITÀ. L’Arabia Saudita e la Turchia hanno miratamene introdotto Jihadisti radicali in Siria con il compito di destabilizzare la società siriana. E ha funzionato. Si danno armi a Jihadisti radicali e assassini e li si infiltra in un paese, così facendo si può destabilizzare qualsiasi paese. Nel 2011 è stata distrutta la Libia e ucciso Gheddafi. In Libia vennero trovate molte armi, furono requisite e spedite in aereo nella base di Incirlik, in Turchia! Da lì vennero distribuite al fronte Al Nustra, all’Armata Libera Siriana, a Al Qaeda (che in Siria si chiam Is…): da noi si spiega che questi sono ribelli! La parola ribelli non suona tanto male. Già, però la parola “Jihadisti” genera disagio, e motivo di disagio anche più profondo. I paesi della NATO (USA, GB, Francia, ecc.) sono dalla parte dei ribelli, DALLA PARTE DEI JIHADISTI.

Quando il popolo realizzerà cosa sta accadendo “la casa prenderà fuoco”.

Si dice che la NATO combatte il terrorismo. Tutto sommato questa cosiddetta guerra contro il terrorismo è una storia infarcita di bugie. Ci raccontano storie e non si sa quando, ma prima o poi, inciamperanno. Mettiamo che avete in casa un cane e un gatto che da 10 anni convivono pacificamente, un giorno tornate a casa e chiedete: “Dov’è il cane?” Il cane l’ha mangiato il gatto! Lo capite, qualcosa non va. Il punto è che non si può credere a tutto. Poi esce fuori: “Ah ah, ti ho fregato!” Veniamo continuamente messi a confronto con queste bugie. Esempio celebre: l’ex ministro degli esteri USA Colin Powell, prima dell’attacco all’Irak, mostra la fialetta e dice: “Saddam possiede armi di annientamento.” Oggi tutti sanno che era una bugia e forse il contenuto della fialetta era colore per pittori… Sfacciato!

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Siria in breve
1. In Siria, non c’è nessuna banca centrale correlata ai Rothschild.
2. La Siria ha vietato gli alimenti geneticamente modificati (OGM), coltivazione e l’importazione degli stessi.
3. La Siria è l’unico paese arabo che non ha debiti con l’ FMI (fondo monetario internazionale), né con la Banca mondiale, né con chiunque altro.
4. La famiglia Assad appartiene all’orientamento tollerante alauita dell’Islam.
5. Le donne siriane hanno gli stessi diritti degli uomini nello studio, sanità e istruzione.
6. Le donne in Siria non sono obbligate a indossare il burka. Sharia (legge islamica) non è incostituzionale ma è molto discussa.
7. La Siria è l’unico paese arabo con una Costituzione laica, che non tollera movimenti estremisti islamici.
8. Il 12% della popolazione siriana appartiene a uno dei molti rami cristiani sempre presenti nella vita politica e sociale.
9. Negli altri paesi arabi la popolazione cristiana non raggiunge l’0,8% a causa i maltrattamenti subiti.
10. La Siria è l’unico paese del Mediterraneo non invaso e che è rimasto proprietario delle risorse petrolifere rifiutando di privatizzarle.
11. La Siria ha un’apertura verso la società e la cultura occidentale come verso gli altri paesi arabi.
12. In Siria si tollera il pluralismo religioso.
13. Nell’ambito delle tensioni globali, la Siria era il solo paese, in zona, senza guerre o conflitti interni.
14. La Siria è l’unico paese al mondo che ha ammesso i rifugiati iracheni, senza alcuna discriminazione sociale.
15. Bashar Al-Assad ha un grande sostegno popolare…il 100%!!!
16. La Siria ha destinato ad imprese statali, una riserva di petrolio di 2,5 miliardi di barili.
17. La Siria si oppone all’espansionismo di Israele e alla sua apartheid verso i palestinesi.
18. La popolazione è ben informata sui pericoli della globalizzazione e del nuovo ordine mondiale.
19. La Siria è l’ultimo ostacolo che impedisce l’asservimento dell’umanità e la creazione dello stato sionista della Grande Israele.
20. Forse ora puoi capire meglio gli Stati Uniti che cosa hanno in mente…
Siria fact-checking informazione
Qualcosa di certo non convince nella scelta militare. Probabilmente sarebbe più importante attivare ogni genere di aiuto creando delle serie ONG per portare la ricostruzione totale.
https://www.youtube.com/watch?time_continue=241&v=k7LPILjBAmo
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=6&pg=12639
https://www.lantidiplomatico.it/print.php?idx=6119&pg=23623
https://paeseidentitatradizioni.it/2018/04/12/siria-cosa-sapere-su-questo-stato-al-centro-delle-attenzioni-mondiali/
http://lamiaparteintollerante.altervista.org/quello-che-non-sai-sulla-siria-il-vero-motivo-dellattacco-al-presidente-assad/
https://www.maurizioblondet.it/breve-riassunto-delle-attivita-dei-rothschild-medio-oriente-nel-resto-del-mondo/
http://www.eunews.it/2015/12/04/siria-unaltra-guerra-per-il-petrolio/46292
http://vociscomode.caffedeigiornalisti.it/2017/12/28/un-mese-da-giornalista-in-siria-la-contabilita-del-terrore/
https://www.youtube.com/watch?v=rBNRJTs3Bf0
http://aanirfan.blogspot.it/2017/04/trump-at-war-with-assad-and-putin.html
https://www.youtube.com/watch?v=u-utmdstru0
https://www.valigiablu.it/siria-video-propaganda/
http://www.baldinicastoldi.it/libri/cerano-i-reporter-di-guerra/
http://alfredodecclesia.blogspot.it/2017/04/lattacco-di-armi-chimiche-in-siria-e.html
http://www.syrianprints.org/en/

AGGIORNAMENTO

Il nostro Boeing militare KC-767 ha nel frattempo raggiunto l’Arabia Saudita. Cosa fa laggiù? Andremo a rifornire in volo gli aerei sauditi che attaccheranno la Siria? Tutto questo sta avvenendo SENZA CHE SIA ANCORA INSEDIATO UN GOVERNO.

https://www.maurizioblondet.it/cosi-gentiloni-ci-portato-alla-guerra-impunito/

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AGGIORNAMENTO 2

FORSE NON È CHIARO CHE I “RIBELLI MODERATI”, SONO I TERRORISTI CHE HANNO FATTO STRAGI DI CIVILI IN SIRIA
Un tweet di Don Lazzara: “altro mistero che è sfuggito al mainstream: tra il materiale militare consegnato dai jihadisti ai governativi è stata trovata un’ambulanza di una onlus italiana.

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● Stanno lì solo perché sono amici di amici

[1.128.722 persone vivono direttamente o indirettamente, di politica, il 4,9% del totale degli occupati nel nostro Paese].

 

Sarà anche per questa ragione che rispetto agli altri paesi europei l’Italia spende il 30% in più per la politica (23,2 miliardi di euro tra costi diretti e indiretti).

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● La formazione del Governo

[Bla bla bla bla bla… Quante chiacchiere! Atteso che la Costituzione (Art.92) tracci le linee guida in merito, l’attuale legge elettorale propinata ai poveri italiani (Rosatellum) postula limpidamente le coalizioni (LE COALIZIONI, NON I PARTITI, CAPITO?) cioè le alleanze fra formazioni politiche, e quella che predomina è il centrodestra, di cui tutti sanno chi è il leader.]

 

L’Art.92 Cost. disciplina la formazione del Governo con una formula semplice e concisa: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri“.
Secondo tale formula sembrerebbe che la formazione del Governo non sia frutto di un vero e proprio procedimento. Invece, nella prassi, la sua formazione si compie mediante un complesso ed articolato processo, nel quale si può distinguere la fase delle consultazioni (fase preparatoria), da quella dell’incarico, fino a quella che caratterizza la nomina.
Prima di assumere le funzioni, il Presidente del Consiglio e i Ministri devono prestare giuramento ed ottenere la fiducia dei due rami del Parlamento come prescritto dagli articoli 93 e 94 della Costituzione.

La fase preparatoria

Questa fase consiste essenzialmente nelle consultazioni che il Presidente svolge, per prassi costituzionale, per individuare il potenziale Presidente del Consiglio in grado di formare un governo che possa ottenere la fiducia dalla maggioranza del Parlamento. Questo meccanismo viene attivato, ovviamente, ogni qualvolta si determini una crisi di governo per il venir meno del rapporto di fiducia o per le dimissioni del Governo in carica. L’ordine delle consultazioni non è disciplinato se non dal mero galateo costituzionale ed è stato soggetto a variazioni nel corso degli anni (in alcuni casi il Presidente della Repubblica ha omesso alcuni dei colloqui di prassi). In sostanza, questa fase può ritenersi realmente circoscritta a quelle consultazioni che potrebbero essere definite necessarie e, cioè, quelle riguardanti i Capi dei Gruppi parlamentari e dei rappresentanti delle coalizioni, con l’aggiunta dei Presidenti dei due rami del Parlamento, i quali devono essere comunque sentiti in occasione dello scioglimento delle Camere. A titolo esemplificativo può dirsi che l’elenco attuale delle personalità che il Presidente della Repubblica consulta comprende: i Presidenti delle camere; gli ex Presidenti della Repubblica, le delegazioni politiche.

L’incarico

Anche se non espressamente previsto dalla Costituzione, il conferimento dell’incarico può essere preceduto da un mandato esplorativo che si rende necessario quando le consultazioni non abbiano dato indicazioni significative. Al di fuori di questa ipotesi, il Presidente conferisce l’incarico direttamente alla personalità che, per indicazione dei gruppi di maggioranza, può costituire un governo ed ottenere la fiducia dal Parlamento. L’istituto del conferimento dell’incarico ha fondamentalmente una radice consuetudinaria, che risponde ad esigenze di ordine costituzionale. Nella risoluzione delle crisi si ritiene che il Capo dello Stato non sia giuridicamente libero nella scelta dell’incaricato, essendo vincolato al fine di individuare una personalità politica in grado di formare un governo che abbia la fiducia del Parlamento. L’incarico è conferito in forma esclusivamente orale, al termine di un colloquio tra il Presidente della Repubblica e la personalità prescelta. Del conferimento dell’incarico da’ notizia, con un comunicato alla stampa, alla radio e alla televisione, il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica. Una volta conferito l’incarico, il Presidente della Repubblica non può interferire nelle decisioni dell’incaricato, né può revocargli il mandato per motivi squisitamente politici

La nomina

L’incaricato, che di norma accetta con riserva, dopo un breve giro di consultazioni, si reca nuovamente dal capo dello Stato per sciogliere, positivamente o negativamente, la riserva. Subito dopo lo scioglimento della riserva si perviene alla firma e alla controfirma dei decreti di nomina del Capo dell’Esecutivo e dei Ministri. In sintesi il procedimento si conclude con l’emanazione di tre tipi di decreti del Presidente della Repubblica:

quello di nomina del Presidente del Consiglio (controfimato dal Presidente del Consiglio nominato, per attestare l’accettazione); quello di nomina dei singoli ministri (controfimato dal Presidente del Consiglio); quello di accettazione delle dimissioni del Governo uscente (controfirmato anch’esso dal Presidente del Consiglio nominato)

Il giuramento e la fiducia

Prima di assumere le funzioni, il Presidente del Consiglio e i Ministri devono prestare giuramento secondo la formula rituale indicata dall’art. 1, comma 3, della legge n. 400/88. Il giuramento rappresenta l’espressione del dovere di fedeltà che incombe in modo particolare su tutti i cittadini ed, in modo particolare, su coloro che svolgono funzioni pubbliche fondamentali (in base all’art. 54 della Costituzione). Entro dieci giorni dal decreto di nomina, il Governo è tenuto a presentarsi davanti a ciascuna Camera per ottenere il voto di fiducia, voto che deve essere motivato dai gruppi parlamentari ed avvenire per appello nominale, al fine di impegnare direttamente i parlamentari nella responsabilità di tale concessione di fronte all’elettorato. E’ bene precisare che il Presidente del Consiglio e i Ministri assumono le loro responsabilità sin dal giuramento e, quindi, prima della fiducia.

Formula rituale

“Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della nazione”

http://www.governo.it/il-governo-funzioni-struttura-e-storia/la-formazione-del-governo/186

 

● Moneta a debito e declino

https://sendvid.com/wxnj4fq3

Quando ci si domanda se è possibile per l’Italia fermare l’incredibile declino, occorrerebbe valutare quanto segue:

 

1) RIMUOVERE IL “VINCOLO ESTERNO”

Nel breve-medio periodo condizione necessaria ma non sufficiente per una ripresa e’ unicamente quella di un “cambio di sistema nel rapporto con l’estero”, ergo uscire da Euro e svalutare (qualsiasi altra azione, anche la piu’ condivisibile riforma, non puo’ matematicamente avere effetti nel breve-medio periodo per cambiarne la traiettoria; ma l’uscita dall’euro non garantisce sul medio-lungo periodo una crescita stabile), tornando ad una piena sovranita’ monetaria e valutaria.

È dimostrato nella simulazione >>> https://goo.gl/8CoZgR che conferma i Nove studi e rapporti a confronto sul break-up dell’Euro >>> https://goo.gl/KEoamX

dove si illustrano:

L’Analisi della Svalutazione del 1992-1995 >>> https://goo.gl/bvxyCh

Le tesi della Thatcher >>> https://goo.gl/eBd3as

Le tesi di George Dorgan (UBS-Reuter)>>> https://goo.gl/abzeWg

Le tesi di Bolkestein >>> https://goo.gl/L3qCr3

Le tesi di Kaldor >>> https://goo.gl/U7a2bx

Le tesi di ben 7 nobel >>> https://goo.gl/J4GDod

In conclusione, per gli euro-fanatici, qui è reperibile un Manuale che spiega le ragioni per cui ci conviene uscire >>> https://goo.gl/ZiQYno

 

2) RIMUOVERE I “VINCOLI INTERNI” 

Nel medio-lungo periodo condizione necessaria ma non Sufficiente per mantenere tale ripresa è unicamente quella di procedere rapidamente ad un “Cambio di sistema interno“, ergo, “Ridurre il peso della Tassazione” che per chi paga è insostenibile, nonché il blocco burocratico, “ristrutturare la Spesa Pubblica” efficientando gran parte della spesa corrente, riducendo una serie di voci, e nel contempo aumentando la spesa per Investimenti, per Ricerca e Sviluppo, e quella di protezione sociale e di supporto alle famiglie (all’epoca avevamo fatto un grosso lavoro a riguardo, evidenziando le storture della spesa pubblica, che trovansi qui >>> https://scenarieconomici.it/manovra-shock-da-150-miliardi-di-riduzione-delle-tasse-e-spese-per-far-rinascere-litalia/

 

3) RENDERE SOSTENIBILE LA NOSTRA DEMOGRAFIA

NEL LUNGHISSIMO PERIODO, quanto sopra non serve a niente, se non si fa una politica demografica decente e per tempo; una nazione che procede con un tasso di fecondità di 1,3 figli per donna da oltre 2 decenni, se continuerà con questi numeri, e senza una politica di immigrazione intelligente (che miri all’ingresso di forza lavoro nei momenti di sola espansione, in particolare di persone “integrabili“), avrà tra qualche lustro un profilo demografico insostenibile, con una popolazione anziana predominante, che comporta “costi” (sociali, previdenziali, sanitari) semplicemente insostenibili per la popolazione in età lavorativa.

Le misure da prendere sono semplici, ed adottate con successo dalla Francia (“reddito familiare”, “asili nido”, etc), ed ineludibili. Chi non affronta la questione demografica, semplicemente è privo di visione di lungo periodo e non ha dimestichezza con la “matematica”: i numeri sono inesorabili.

Altre strade semplicemente non esistono.

Ah, dimenticavo, questo è il “conto” >>> https://goo.gl/5LkJ69


La tesi riportata dal quotidiano tedesco (di orientamento conservatore) Die Welt non è nuova: l’eurozona è destinata prima o poi al fallimento per la mancanza di trasferimenti fiscali sufficienti. Come spiega Die Welt i trasferimenti fiscali sono uno degli strumenti indispensabili al funzionamento di una zona valutaria, insieme ad una elevata mobilità dei capitali e dei lavoratori (questa molto difficile in Europa a causa delle barriere linguistiche). In sostanza, l’assenza di trasferimenti fiscali rende l’euro una costruzione instabile e incapace di garantire equità economica e sviluppo armonico degli stati membri.
Tra i grafici a corredo dell’articolo uno in particolare merita attenzione. Si tratta dei trasferimenti fiscali USA ed eurozona a confronto, ovvero il saldo tra denari versati alla UE e denari ricevuti dalla UE degli stati aderenti all’euro zona rispetto ai saldi degli stati USA nel bilancio federale.
Ricordiamo che la spesa federale USA 2014 ($3.500 mld) vale il 20% del PIL USA (17.500 mld). La spesa UE (€145 mld, ed estesa a tutti i paesi, non solo all’eurozona) conta solo l’1% del PIL UE ( €14.300 mld).
Il grafico di Die Welt ci mostra due fatti:
1. I trasferimenti fiscali europei sono solo il 5% di quelli USA. L’eurozona non possiede dunque lo strumento più importante per attenuare gli squilibri di produttività e gli shock asimmetrici, al contrario degli USA e di tutte le altre unioni monetarie funzionanti del mondo, da Australia a India a Canada a UK, Germania Francia e Italia (prima dell’euro).
2. I già minuscoli trasferimenti fiscali in Europa non vanno poi a regioni povere come il Sud Italia, ma (anche) a stati ricchi come il Lussemburgo. Il ricchissimo Lussemburgo (maggior reddito procapite europeo) ottiene infatti paradossalmente trasferimenti europei pari al 4,1% del suo PIL. In pratica: il Sud Italia trasferisce parte delle sue imposte al Lussemburgo, via UE.
In sintesi: chiunque difenda l’euro citando il dollaro come esempio riuscito di moneta unica non sa quello di cui parla. Gli USA impiegano massicci trasferimenti fiscali tra stati ricchi e stati poveri per compensare gli squilibri e stabilizzare l’unione politica e amministrativa.
Per chiarire il concetto del ruolo essenziale dei fiscal transfers basta riportare l’abstract di un documento della Federal Reserve Bank di San Francisco: “Le tasse raccolte dal governo USA sono spese attraverso trasferimenti che promuovono l’equità economica tra stati. Questo sistema redistribuisce fondi tra stati più ricchi e più poveri nel lungo periodo e contribuisce a stabilizzare gli stati colpiti da shock economici temporanei. Sorprendentemente, poco o nulla di questa redistribuzione ed effetto di stabilizzazione deriva da trasferimenti di spesa attraverso programmi federali e servizi. Piuttosto, sono le differenze tra tasse federali pagate negli stati a produrre questi effetti. La ricerca suggerisce che un sistema simile di tassazione e trasferimenti nell’Unione Europea avrebbe potuto ridurre la divergenzaeconomica tra gli stati membri”
Nonostante queste informazioni siano alla portata di chiunque purtroppo si vedono ancora molti sedicenti economisti (e troll prezzolati) propugnare l’enorme sciocchezza del confronto tra euro e dollaro (sciocchezze talvolta proferite da gestori di fondi sovrani, in palese conflitto di interesse).
Die Welt conclude molto seccamente: o trasferimenti fiscali adeguati o fine dell’euro. E visto che decuplicare i contributi di stati ricchi come Germania, Olanda, Francia e Italia è politicamente impossibile, l’euro ha davanti a sé un avvenire né brillante né lungo.

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Concludendo (ringraziando CPC scenarieconomici.it anche per quest’ultima ulteriore analisi https://scenarieconomici.it/conto-delleuro-1-430-mld-fruttati-germania-290-mld-persi-italia/) >>>  direi: EURO-MONETA A DEBITO PRIMA E DOPO, TI DICE NIENTE?

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● Dicono: “Dobbiamo tagliare il debito” significa “⚠️devi tagliare il tuo conto corrente!”

LA COSA INTERESSANTE È QUESTA: IL DEBITO PUBBLICO È IL DENARO CHE PERMETTE AI CITTADINI DI AVERE CASE, MACCHINE, VESTITI, CIBO, ECC. TU AS COMPRIS?

[Vecchio titolone sempre valido...]

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In Spagna, sono andati avanti per più di un anno senza formare il governo e nessuno ha rotto il cazzo, in Germania sono ormai mesi, tre, quattro, che non c’è governo e nessuno dice nulla, in Italia sono passati ormai cinque giorni e tutti, ma proprio tutti, rompono i coglioni con la necessità di fare un governo “presto”.
Ora, se nessuno ha chiesto di fare “presto” alla Spagna, alla Germania, cos’è questa roba del “fare presto”?
E’ “presto” detto: vogliono i soldi, i nostri soldi.
E’ solo ansia, paura!
Manteniamo i ricchi, quelli che votano la sinistra, quelli che “il lavoro è per gli schiavi”, la rendita sociale è un atto dovuto, per questi.
Lo sfruttamento dei deboli, il “plusvalore” di Marx è passato da essere disvalore a valore.
Il ruolo sociale della sinistra è quello di difesa dei ricchi, dei parassiti, della rendita di posizione.
Come fa la gente a non capirlo?
Dalema con la barca, Veltroni con la pensione di 6000 euro al mese, Renzi con i contributi pagati dal Comune di Firenze, Boschi col tesoretto rubato ai correntisti di Banca Etruria e difeso dai giudici, come per Zonin, che a fronte del furto di un paio di miliardi ai correntisti di Veneto Banca  è stato condannato a restituire poco più di trecentomila euro, dal magistrato…
Napolitano, Bersani, Boldrini, Grasso, Scalfari, De Benedetti, la Rai, La7, Canale5,, Sky Tv, la Confindustria…
Tutti questi sono in ansia… “fare presto”… vogliamo che ci “mantenete”, coi vostri sacrifici, col sudore della vostra fronte.
“Ahhh che sofferenza…  Mica vorrete che andiamo a lavorare, noi siamo diversi da voi, non possiamo rinunciare alle gioie della vita a cui siamo abituati. “Fate presto”, vogliamo tornare alle nostre gioie!”
Ecco, sono in ansia.
Ogni volta che c’è una elezione, loro sono in ansia, per questo ci fanno votare il meno possibile, per questo non ci raccontano nulla dei Trattati che firmano, per questo lo strumento referendario non può essere propositivo ma solo consultivo, per questo i governi tecnici, i governi di scopo, i governi del Presidente, i governi di coalizione, di unità nazionale…
Ragazzi, sono in ansia per i loro “pasti gratis”…
I soldi…. vogliono i nostri soldi.
Ogni volta cosi, usano l’arma del linguaggio che hanno costruito, i vocaboli che usano hanno solo lo scopo di spaventarvi.
Abbiamo degli impegni nei confronti dei mercati, abbiamo il debito pubblico…
Ve l’ho spiegato in tutte le salse: il debito pubblico è la ricchezza dei cittadini, i vostri risparmi.
Come fate a credergli?
E’ solo una questione contabile.
Una comunità decide di costituirsi come uno stato. La prima cosa che fa è stabilire le terre che sono di proprietà, questi sono i confini dello stato.
In quel territorio, c’è bisogno di strade, ferrovie , porti, ospedali, scuole, caserme, telefonia, tribunali etc etc…
Per costruire tutte queste infrastrutture, ci vogliono i soldi.
Come si fa? E’ semplice, la comunità stabilisce cosa sia denaro all’interno di quei confini.
Se il denaro è fatto in forma di banconota, esso viene creato dal nulla, stampando le banconote necessarie per iniziare quelle opere.
A questo punto inizi a dare quelle banconote, create dal nulla, a chi costruisce le strade, gli ospedali, le ferrovie … etc..
Essendo queste banconote “denaro” della comunità, l’intera comunità accetta di effettuare ogni transazione in cambio di quel denaro.
Ovviamente i risparmi dei cittadini della comunità sono costituiti da quel “denaro”.
Sui conti correnti in banca il valore è dato o espresso in quel denaro.
Contabilmente come è?
Semplice, la comunità nel suo insieme ha creato centomila banconote che prima erano nella stanza della fotocopiatrice, adesso invece non ci sono più, sono finite nel portafogli di tutta la gente della comunità.
Risultato? La comunità nel suo insieme, ha un debito verso sè stessa di centomila banconote.
Nel frattempo però, sono comparse strade, ponti, ferrovie etc etc…
Prima non c’erano e sono quindi “patrimonio della comunità”.
Altro che privatizzare!!
Quando ti dicono che “Dobbiamo tagliare il debito”, significa che devi tagliare il tuo conto corrente!
La cosa interessante è questa: il debito pubblico è il denaro che permette ai cittadini di avere case, macchine, vestiti, cibo etc etc
Senza che la comunità effettui quella operazione di fotocopiare e creare banconote, nessuna strada, nessuna casa, niente di niente.
Il denaro è “effetto”, non causa.
La causa è preesistente, e scaturisce dalla comprensione del mezzo più idoneo a favorire lo sviluppo e realizzazione di un intento condiviso.
Quindi il denaro è la misura dell’intelligenza impiegata nella realizzazione di un “intento condiviso”.
A chi appartiene il denaro all’atto di emissione? Alla intelligenza della comunità nell’ operazione di realizzazione di quell’intento condiviso. Oggi ci sono due tipi di denaro, quindi due tipi di intento, condivisi da due parti di una comunità, quella di chi vuole vivere alle spalle degli altri e quella che subisce questo intento.
Per mantenere questi parassiti, la parte della comunità composta dai “mantenitori” deve venire costantemente ingannata, instupidita, resa meno intelligente, attraverso parole che cambino la percezione delle cose.
La parola “debito”, usata in economia, non ha alcun significato. leggete un libro che si intitola “debito, i primi 5000 anni” di david Graeber…
Il “debito pubblico” è quello che ho spiegato sopra: il denaro che usiamo e che ci ha permesso di fare strade, ponti, ospedali, ferrovie….
Viene creato dal nulla e viene creato prima…
Se prima non lo stampi, non nasce da sè.
Questi del “fate presto”, lo sanno, siete voi che non lo sapete…

Franco Remondina qui >>> https://dodicesima.com/

● Qualcosa non quadra, vero?

Cross_of_the_Knights_TemplarAddirittura nel buio Medioevo l’uomo o lavoratore della terra che fosse, disponeva del suo tempo, i suoi tempi dipendevano dalle esigenze della vita, non erano stabiliti da un imprenditore e dai dettami fissati dalla società dell’epoca.

Noi invece, senza neppure accorgercene, siamo divenuti merci in movimento i cui tempi sono completamente contingentati e pilotati.

Non siamo più manco uomini ma oggetti. Ormai distanti da un’epoca in cui l’economia era in sottordine alle esigenze della comunità umana, ora siamo in un’altra era in cui le leggi economiche abusano di tutto e tutti ed è l’uomo a doversi piegare ad esse.

Queste leggi sono considerate come leggi della natura, ineluttabili, alle quali è inutile opporsi. La Terra, prima inalienabile, come pure l’uomo, diventano merce.

Qualcosa non quadra…

 

Quello che segue non è e non vuole essere un volgare spottone elettorale, ma una semplice occasione di riflessione.

p.s.: Rizzo è davvero l’ultimo vero comunista, così come inteso nella vulgata corrente. Rispettatelo.

● Fotte una minchia* dei Diritti Umani [*lic. poetica]

[News dalla vetta del mondo, da Washington D.C. via P. Barnard]

Che i media siano controllati e che si auto-censurino per salvarsi il sedere, lo sa anche un cacciavite. Ma che due notizie bomba sul Presidente della nazione più potente del mondo, e accessibili a tutti, possano lo stesso per un ordine di scuderia scomparire nel nulla sui maggiori media occidentali, no, questo non lo credevo. Attenti, forse avete letto in fretta: nei Pentagon Papers, nel Watergate, nell’Iran-Contras, nell’Iraq-gate, i fatti erano occulti. Nei due casi che racconto qui, no, sono pubblici e accessibili da una pensionatariguardano l’uomo più potente del pianeta, eppure sono stati ‘suicidati’ e sepolti da tutti i grandi media con un accordo e con una sincronia scioccanti. Davvero, io mi devo arrendere ai ‘complottisti’ e dire: i media non esistono più.

ECCO LE STORIE

Il Presidente Donald Trump è sotto attacco da parte di due Stati ombra ben noti all’interno dello Stato americano (e di ogni altro Stato): cioè il raggruppamento dei Servizi Segreti da una parte – che comprendono CIA, NSA, NGA, FBI e che va sotto il nome di ‘Shadow Government’; e le maggiori Corporations coi loro lobbysti che foraggiano il Congresso, dall’altra – ovvero Big Oil, Big Pharma, Big Banks, Big Media, Arms Industry, Silicon Valley, che passano sotto il nome di ‘Deep State’*

(Nota per i lettori: chiunque neghi l’esistenza e i poteri di questi apparati con la parola “complottismo”, non ha mai letto una pagina del NYTimes, del Washington Post o sentito di P2 e Stragismo in Italia. Quindi è un cretino)

In USA i Poteri non si attaccano mai per rispetto della legge, non siamo bambini, quindi il motivo dei sopraccitati attacchi è ovvio (e noto): questo Presidente è incontrollabile, e forse anche mentalmente instabile, ma così facendo e così essendo, egli ha devastato la sacra tradizione di almeno 70 anni di presidenze americane, dove le politiche reali furono sempre influenzate o truccate da ‘Shadow Government’ e ‘Deep State’, fino alla presidenza Obama inclusa. Trump va quindi abbattuto.

Ma quest’uomo è molto meno fesso di ciò che appare. O forse è meglio dire: si è circondato di alcuni dei più brillanti ‘Rasputin’ di tutta la Storia moderna. Trump ha quindi contrattaccato coi due numeri scritti nel titolo: 13818 – 82 FR 60839. Si riferiscono rispettivamente al N. del Presidential Executive Order del 20 dicembre 2017, e al N. di protocollo del medesimo presso il U.S. Government Publishing Office. La mossa è stata ‘nucleare’, ma talmente tanto che quegli apparati di Potere, ripeto ‘Shadow Government’ e ‘Deep State’, faticano a riprendersi. Chiarisco e aggiungo con ordine, perché la storia è agghiacciante.

Donald Trump è sotto una ‘Dresda’ di bombe per abbatterlo, fra cui: il presunto accordo-scandalo con Putin per truccare le elezioni 2016, che coinvolge anche la sua famiglia – la relativa inchiesta, nelle mani dell’implacabile ex direttore dell’FBI Robert Mueller col suo team – accuse di grave instabilità mentale da Impeachment e apparentemente documentate dall’esplosivo best seller Fire and Fury di Michael Wolff – una presunta serie di abusi sessuali ai danni di donne lungo la sua carriera sia da businessman che come politico – e una sfilza di accuse a membri del suo governo per uso improprio/abuso personale di denaro pubblico (come Steve Mnuchin, Ryan Zinke o Tom Price, ecc.). Tutti questi scandali s’appoggiano pesantemente sui poteri e/o sulle spiate dello ‘Shadow Government’.

Ce n’è a sufficienza per demolire chiunque. Trump, in assenza di 13818 – 82 FR 60839, sembrava un gigante coi piedi d’argilla. Non controlla l’FBI, prima diretta dal suo arci nemico Comey e oggi da Christopher Wray che a sua volta non controlla l’FBI. Non controlla la CIA, diretta da Mike Pompeo, che a sua volta non controlla la CIA. Non controlla la NSA diretta dall’Ammiraglio Michael Rogers, che a sua volta non controlla la NSA. Non ha nessuna influenza sulla NGA, che gioca un ruolo centrale in tutte le inchieste di massima sicurezza in America. Questo per quanto riguarda lo ‘Shadow Government’. Poi è troppo ricco per poter essere comprato dal ‘Deep State’, che è – specialmente con Wall Street e la dirigenza ebraica americana – sponsor principale dei Democratici, e di tutti i Repubblicani ostili al Presidente. Ergo, anche qui lo davano per traballante nelle simpatie del Congresso.

Poi quattro giorni prima di Natale cade la bomba 13818 – 82 FR 60839, e, usando un’impareggiabile espressione americana, “the shit hit the fan” (la merda finì nelle pale del ventilatore).

Prima cosa, un riassunto dell’Executive Order 13818 – 82 FR 60839: è uno degli atti legislativi americani più dirompenti da sessant’anni. Cosa dice in due parole: colpisce con le massime armi, sia in senso letterale che giuridico che finanziario, chiunque si renda colpevole di violazioni dei Diritti Umani e di corruzione, in USA e nel mondo. Colpisce anche i governi esteri coinvolti, i loro funzionari, e qualsiasi complice in qualsiasi forma. Di più: va a colpire queste infami catene là dove gli fa più male, cioè nei soldi, con il blocco e la confisca dei loro denari, proprietà, titoli, azioni, anche nelle loro forme più maliziosamente nascoste o lontanamente imparentate.

Ok, sappiamo che Trump non è Mandela, quindi stop, e precisazione: questa legge avrà effetti minimi sui Diritti Umani o sulla corruzione nel mondo, di cui a Washington fotte una minchia, e neppure è stata voluta per quello, Trump è solo un meschino opportunista, lo capirete fra un attimo. Ma è stata scritta per mitragliare a morte un settore ben preciso delle violazioni dei Diritti Umani. Fermi, TUTTI ATTENTI:

Per violazione dei Diritti Umani e corruzione, l’Amministrazione Trump ha voluto intendere soprattutto il mercato dei minori per pedofilia, nel bacino più ampio dei trafficanti di persone. Infatti il Presidente aveva anticipato questa legge il 23 febbraio 2017 in conferenza stampa, rilanciata dalla Associated Press, dove parlò proprio di traffici umani per pedofilia. Ma perché? Perché Trump sa bene che questo abominio, l’abuso di minori venduti, sembra aver infettato la maggioranza dei vertici di ‘Deep State’,col silenzio dello ‘Shadow Government’, e con un presunto forte coinvolgimento di una notissima beneficienza: la Clinton Foundation. Come fa Trump a saperlo? Da anni ne parla in pubblico un ex pezzo grosso della CIA, di cui specifico i dettagli alla fine, più altre fonti autorevoli. Se rileggete questo paragrafo capite subito che il suo Executive Order colpirà proprio i suoi nemici.

In questo momento preciso negli Stati Uniti alcuni altissimi nomi stanno tremando, e precisamente dalla mattina del 21 dicembre scorso, quando l’Executive Order 13818 – 82 FR 60839 è stato pubblicato ‘in Gazzetta’ a Washington. JF Kennedy fu ucciso per meno, a quanto sappiamo fino ad oggi. Infatti i ‘Rasputin’ di Trump sapevano che la vita del Presidente sarebbe stata immediatamente in pericolo dopo 13818 – 82 FR 60839, e qui hanno fatto la pensata di tutte le pensate, eccola:

Nelle prime righe dell’Executive Order, viene appositamente scritto dal Presidente questo: “Io perciò decido che i gravi abusi dei Diritti Umani, e la corruzione, nel mondo costituiscono un’insolita e straordinaria minaccia alla sicurezza nazionale”. Dovete sapere che le precise parole minaccia – alla – sicurezza – nazionalepronunciate dal Presidente degli Stati Uniti implicano l’immediata mobilitazione di tutto l’esercito americano, cioè del Pentagono. E’ di fatto un preallarme di guerra, e di conseguenza le protezioni intorno al Presidente divengono massime. E quando si muove il Pentagono non esiste nulla al mondo, se non un arsenale nucleare straniero, che possa batterlo. Questo è ultra chiaro a tutti gli apparati di ‘Deep State’ e ‘Shadow Government’, che ora sono in deep shit, nella merda fino al collo, per essere chiari.

Non è stato un caso che Trump abbia messo nei posti chiave a Washington tre Generali, e un Ammiraglio a capo dei più potenti 007 degli USA. Abbiamo il Gen. James “Mad Dog” Mattis come Ministro della Difesa; il Gen. John Kelly come White House Chief of Staff, e il Gen. H. R. McMaster come Consigliere per la Sicurezza Nazionale. Poi, anche se boicottato dai suoi sottoposti, c’è l’Ammiraglio Michael Rogers a capo dalla NSA. Insomma, il Pentagono. Trump sarà anche scemo, ma cosa sia lo ‘Shadow Government’ lo sapeva benissimo, e si è protetto.

Ricapitoliamo: ‘Deep State’ e ‘Shadow Government’ le trovano tutte per abbattere Trump in ovvio accordo con Hillary Clinton. Ma Trump usa il pretesto di una legge sui Diritti Umani, la 13818 – 82 FR 60839, per metterli in un angolo con indagini profonde sul traffico internazionale di minori per pedofilia in cui sarebbero coinvolti molti vertici USA di ‘Deep State’, inclusi i Clinton, col silenzio di ‘Shadow Government’. E Donald lo fa coprendosi le spalle con l’intero esercito degli Stati Uniti. Bella roba.

Esisterebbe dunque un traffico di minori per pedofili di altissimo livello ai vertici di ‘Deep State’ inclusi i Clinton. Trump apprende questo da molte fonti, la prima delle quali è l’ex agente e dirigente pluridecorato della CIA Kevin M. Shipp. Costui, senza la fama attribuita al suo collega ‘whistleblower’ Edward Snowden, sta rivelando da anni il livello di marciume criminale che davvero permea lo ‘Shadow Government’ in America. Shipp è stato esperto di anti-terrorismo, guardia del corpo di due direttori della CIA, era ai vertici della Counterintelligence, ed è stato citato dal New York Times come “veterano della Central Intelligence Agency”. Non è proprio un signor nessuno nello ‘Shadow Government’americano.

Ma già da anni il Washington Times, il New York Post e l’inglese The Guardian riportavano notizie certe sui cosiddetti “Voli Lolita” – cioè voli su un jet privato per orge con minori – organizzati dal miliardario pedofilo Jeffrey Epstein. Bill Clinton, secondi gli atti del processo che condannò Epstein, fu ospite 26 volte su quei voli. Altri nomi di alto rango trovati nell’agenda ‘nera’ del miliardario furono Tony Blair, Michael Bloomberg, Richard Branson fra molti altri, e i cellulari delle minori schiave del sesso fra cui “Jane Doe N.3”. E’ quest’ultima che negli atti processuali ha dichiarato di “essere stata costretta a rapporti sessuali con diversi politici americani, top businessmen, un Premier famosissimo, e altri leader internazionali”. Nel 2006 Epstein fece una grassa donazione alla Clinton Foundation. Nella capitale USA, la ONG di Conchita Sarnoff, Alliance to Rescue Victims of Trafficking, ha decine di files su Potere e pedofilia.

Ora, e qui siamo al titolo del mio articolo: provate a trovare traccia sui grandi media italiani o americani dell’esplosivo affare 13818 – 82 FR 60839 del dicembre 2017; dei nomi coinvolti come Bill e Hillary Clinton, Robert Mueller, Kevin M. Shipp, e di ‘Deep State’ e ‘Shadow Government’. Attenti, non parliamo di una legge del Nicaragua, ma del Presidente americano più discusso e delegittimato della Storia. Nulla, non si trova niente, ed è accaduto meno di un mese fa, il silenzio stampa è stato totale (il FT ne accenna ma svuotando tutta la news). Eppure bastava cliccare i comunicati stampa del governo più noto al mondo, poi U.S. Government Publishing Office ecc. e pensare al quadro di guerra politica in USA. Nulla, neppure nei “Paesi seri” di Marco Travaglio. Questi colossali fatti e intrighi sono stati ‘suicidati’ e sepolti da tutti i grandi media con un accordo e con una sincronia scioccanti. Davvero, io mi devo arrendere ai ‘complottisti’ e dire: i media non esistono più.

** ULTIMA ORA** Sono le 06:32 del mattino del 19 gennaio mentre scrivo queste ultime parole, e una *** ULTIMA ORA *** mi compare sullo schermo. Come in una coincidenza paranormale, essa tratta esattamente di Donald Trump, del tentativo di ‘Deep State’ e ‘Shadow Government’ di abbatterlo, dei Clinton e del “falso complotto russo“, di Robert Mueller, ed è molto più che esplosiva. Infatti pochi minuti prima era giunto sugli scranni del Congresso USA un Memorandum che sembra contenere le prove delle azioni della Clinton, coi soldi del Partito Democratico, col silenzio di CIA ed FBI, per usare i poteri TECH della NSA permessi dalla legge FISA, sotto la presidenza di Obama… e il tutto per spiare la campagna elettorale di Trump, per corrompere testimoni russi a dire il falso contro il neo-eletto Presidente, e con la collusione di Londra. Fox News titola: “Molto più grave del Watergate”. Il sito di finanza Zero Hedge pubblica all’istante i Tweet di alcuni senatori americani sotto shock, con parole come “Non solo questo Memorandum manderà a spasso un sacco di gente al Dipartimento della Giustizia, ma certi nomi finiranno in galera”, dalla bocca del Senatore Matt Gaetz.

Giusto il tempo di dormire un poco e mi ributto sulla news, con la certezza che sarà esplosa dal New York Times a Repubblica, passando per CNNBBC e RAI. Nulla. Vado su Fox News, e in prima non c’è più nulla! Perdo il fiato. Ma lo recupero quando Zero Hedgepubblica un Tweet del più autorevole fra gli autorevoli, Edward Snowden, che conferma tutto, lo vedete sopra in foto. Eppure, di nuovo, ago e filo hanno cucito la bocca e le dita di tutto il mondo dei media che contano in un istante, e con un potere di assolutismo che davvero non credevo possibile a questo livello. La news dalla vetta del mondo, non dal Nepal ma da Washington D.C., è di nuovo ‘suicidata’ sulle testate e sugli schermi più noti del pianeta, PUR ESSENDO USCITA IN PUBBLICO. E’ possibile che lo stesso Donald Trump sia parte di questa incredibile congiura del silenzio, per barattare coi suoi nemici e per poterli poi ricattare per anni, ma ciò non cambia la sostanza di questo articolo.

● Donne massone

Intervistate naturalmente vogliono farci credere che nella massoneria femminile non ci sono segreti, non hanno niente di male da nascondere, che non favoriscono la carriera lavorativa delle loro sorelle massone, e che non ordiscono nessun complotto a danno del prossimo (questo perché l’antimassoneria si sta diffondendo molto anche nel mondo anglosassone soprattutto tramite Internet): tutte menzogne perché la massoneria femminile è tale e quale a quella maschile.
E’ un’associazione segreta satanica.
E poi basta considerare che la giornalista afferma che le è stato vietato di riprendere tante cose, e osservare attentamente le facce e gli sguardi delle donne massone e il loro modo di parlare, per capire che sono figlie e serve di Satana.
Quindi, ricordatevi che esistono anche donne massone, e che ce ne sono anche in seno alle Chiese Evangeliche, sempre in posti che contano.
[Tratto dal blog “Chi ha orecchie da udire oda”, amministrato da Giacinto Butindaro]

DICHIARAZIONE DEI PRINCIPI DELLA GRAN LOGGIA MASSONICA FEMMINILE D’ ITALIA

  • La Gran Loggia Massonica Femminile d’Italia lavora alla Gloria del Grande Architetto dell’Universo.
  • Conformemente alle tradizioni dell’Ordine, tre Grandi Luci illuminano i Lavori; gli obblighi dei Massoni si assumono su queste Luci.
  • La Gran Loggia Massonica Femminile d’Italia proclama la sua fedeltà alla Patria, alla Costituzione e alle leggi dello Stato, così come la sua inderogabile  osservanza del principi di Libertà, Tolleranza, Uguaglianza, Laicità, Rispetto degli altri e di sé stessi. Essa inoltre proclama il suo rifiuto di ogni discriminazione, odio, violenza, contro una persona o un gruppo di persone indipendentemente dalla loro origine sociale ed etnica, e dalla religione professata. Promuove e stimola il libero pensiero individuale e sociale.
  • La Gran Loggia Massonica Femminile d’Italia non interferisce in nessuna controversia riguardante questioni politiche o confessionali.
  • In quanto ai principi che non sono stati elencati qui sopra, la Gran Loggia Massonica Femminile d’Italia fa riferimento alla Tradizione Massonica per quanto riguarda la stretta osservanza del Regolamento, del Rituale e lo studio del simbolismo quale mezzo di accesso al contenuto iniziatico dell’Ordine.

A:.G:.D:.G:.A:.D:.U:.

Formula massonica abbreviata che significa “Alla Gloria del Grande Architetto dell’Universo”.

 

Qui invece dicono niente donne… (ma si parlano tra di loro?)

● Non ci cancelliamo dall’anagrafe, noi notifichiamo!

LO SCOPO DI QUESTO SCRITTO non è quello di corrispondere a tecniche di vendita indotta come l’A.I.D.A. e così via. Chi non mi conosce bene (ad esempio Valeria G., giustappunto l’EX giornalista investigativa che non investiga più fatti che siano rilevanti per i lettori, gli spettatori o gli ascoltatori) sta oziosamente fantasticando. State tranquilli: non ho nulla da promuovere ohibò! Nella vita mi occupo d’altro, non faccio mercimonio di servizi annessi e connessi ai diritti umani né all’istituto dell’Autocertificazione della qualità di Legale Rappresentante. L’Universo mi è testimone…

° ° °

1.4 Analizza attentamente l’intervista che segue 

Video di smentita, la risposta di P.U. al redattore disinformato: “non ci cancelliamo dall’anagrafe, noi notifichiamo!” in risposta a questo articolo http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/lazio/anagrafe-invasa-da-richieste-per-cancellarsi-dai-registri-di-nascita-_3117811-201802a.shtml

2.4 Trai le tue considerazioni

3.4 Fatto?

Ergo, con la LR parrebbe giusto farci i soldi vendendo gli annessi “servizi” dato che gli sfigati non sanno come muoversi (chiedilo a chi nel tempo è stato allontanato da P.U.)

4.4 Nota conclusiva, ratio e passaggio alle vie di fatto (TAR + CEDU)

Hai sentito che cosa dice il giurista amministrativo in coda al video? “NON STATE INERTI DAVANTI AL SILENZIO (della P.A.) altrimenti significherebbe che fate la cosa tanto per farla!”

Salutoni, N’amaste & Arigatou!

 

 

° ° °

AGGIORNAMENTO 27/04/18

Livore e ignoranza spacciati per carattere. Ma alla fine tutto torna. Tranquilli. https://www.facebook.com/loredana.ancora/posts/10213832385758134 images

 

 

● Chi è il peccatore?

Parliamo dell’attuale moneta a debito, privata. C’è consenso, perfino da parte del mainstream: l’Eurozona era in una crisi di bilancia dei pagamenti, non di debito pubblico. Gli anni scorsi si è sostenuto d’essere in una crisi fiscale dovuta (falsamente) agli elevati debiti pubblici e si sponsorizzava la cosiddetta austerità espansiva, il rimedio proposto ed attuato da Monti, il killer bocconiano. Molti sanno invece che nelle AVO i tassi di cambio fissi scatenano l’indebitamento dei paesi periferici e la conseguente trappola della povertà, così come è sempre accaduto nella storia economica. In realtà, a indebitarsi pericolosamente in primis sono le banche, cioè i privati, e quando scoppia la crisi del debito (poiché gli stranieri non rinnovano più i crediti) gli Stati, tramite le imposte, soccorrono gli istituti di credito necessitati dal ripianamento (forse a dimostrazione che in realtà, la tanto vituperata ed ostacolata crescita del settore statale è indispensabile all’espansione dell’iniziativa privata) fatalmente determinando la crisi fiscale e quindi l’esplosione del debito sovrano… Irlanda e Spagna sono gli esempi più tipici. La Grecia fu uno Stato malignamente coccolato dai tedeschi (parzialmente anche dai francesi e poco dagli italiani) portato ad indebitarsi oltre misura, con i risultati che conosciamo. La ragione di questa vicenda è del tutto il mercantilismo industriale tedesco che, sostenendo la periferia attraverso discutibili soluzioni di finanza creditizia, aveva “pompato” artificiosamente all’estero, in particolare in Grecia, gli acquisti dei propri beni. Furbi, eh? Forse. Questi processi erano benedetti da molti economisti autorevoli, primi fra tutti Blanchard e Giavazzi, già nel 2002. Dunque la crisi non è dei debiti sovrani (pubblici) come si vuole far credere, ma è originata da questioni di bilancia commerciale, vale a dire dai debiti esteri (privati) indotti dal malevolo credito facile.


Ora due domande:

secondo te, umanamente, chi è il peccatore? È più carogna il debole acquirente/compratore oppure il potente venditore che invoglia e trascina in errore?

 

● Chi alimenta questo marcio sistema

[Astieniti dalla lettura, se debole di stomaco. Elaborazione ribloggando la fonte Killuminati Avengers]

 

Non è solamente l’elettore complice, ma soprattutto il credente con il suo otto per mille finanzia la nostra schiavitù [VEDI QUI], le guerre benedette dalla stessa Chiesa [VEDI QUI], ma anche e soprattutto la “PRETOFILIA” nonché gli avvocati difensori [VEDI QUI].

Il credente (tale proprio perché volutamente disinformato) si meraviglia di tutto ciò, ma non sa che il prete altro non sta facendo ciò che la stessa Bibbia gli consente (Numeri 31:17,18). Non mandate i vostri figli in chiesa, non consegnateli al demonio, la chiesa altro non è che la bestia descritta da Giovanni in apocalisse capitolo 13. Di seguito il link che lo spiega in modo dettagliato https://youtu.be/gYIstu-kNMw

● Diritti incomprimibili

La Corte Costituzionale con la sentenza n.275/2016, in merito ad una controversia tra Regione Abruzzo e Provincia di Pescara per quanto concerne il servizio di trasporto scolastico dei disabili, la Corte Costituzionale ha riconosciuto che le garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere condizionato da motivi di bilancio. Nella fattispecie, la Regione Abruzzo aveva negato in parte il finanziamento del 50% per il servizio trasporto degli studenti disabili alla Provincia di Pescara, in quanto l’articolo 6 comma 2-bis della legge regionale n.78 del 1978, aggiunto all’art.88 comma 4 del 2004, prevede l’erogazione “nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa”.

Nella dichiarazione di illegittimità della suddetta legge, la Consulta scrive:

“11.− Non può nemmeno essere condiviso l’argomento secondo cui, ove la disposizione impugnata non contenesse il limite delle somme iscritte in bilancio, la norma violerebbe l’art. 81 Cost. per carenza di copertura finanziaria. A parte il fatto che, una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali, è di tutta evidenza che la pretesa violazione dell’ Art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio, sia con riguardo alla Regione che alla Provincia cofinanziatrice. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione.”.

La sentenza conferma ciò che da anni economisti e giuristi affermano: la costituzionalizzazione (Governo Monti) del dogma liberista del pareggio di bilancio, e l’approvazione dei Trattati di Maastricht e Lisbona, si pongono in antitesi con i diritti fondamentali della nostra Carta costituzionale che pone l’economia al servizio dell’interesse pubblico.

Dopo la schiacciante vittoria del NO al Referendum, e alla luce della sentenza della Corte, le forze politiche che si sono battute per salvare la Costituzione dalla “deforma” Boschi-Renzi-Napolitano, dovrebbero iniziare una seria battaglia parlamentare al fine di abrogare l’attuale articolo 81.

Solo così, la Costituzione potrà ritornare a garantire integralmente i diritti sociali del popolo italiano.

 

Testo della sentenza >>>

 

SENTENZA  N. 275
ANNO 2016
 
Commenti alla decisione di
  1. Adriana Apostoli,I diritti fondamentali “visti” da vicino dal giudice amministrativo Una annotazione a “caldo” della sentenza della Corte costituzionale n. 275 del 2016,per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali
 
  1. ErikFurno,Pareggio di bilancio e diritti sociali: la ridefinizione dei confini nella recente giurisprudenza costituzionale in tema di diritto all’istruzione dei disabili, in questa RivistaStudi2017/I
 
III. Lorenzo Madau, “È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione”, per g.c.dell’Osservatorio AIC
 
  1. Andrea Longo,Una concezione del bilancio costituzionalmente orientata: prime riflessioni sulla sentenza della Corte costituzionale n. 275 del 2016, perg.c. di Federalismi.it
 
 
V. Riccardo Cabazzi, Diritti incomprimibili degli studenti con disabilità ed equilibrio di bilancio nella finanza locale secondo la sent. della Corte costituzionale n. 275/2016, per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
–           Paolo                           GROSSI                                           Presidente
–           Alessandro                  CRISCUOLO                                     Giudice
–           Giorgio                        LATTANZI                                              ”
–           Aldo                            CAROSI                                                   ”
–           Marta                           CARTABIA                                             ”
–           Mario Rosario              MORELLI                                                ”
–           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”
–           Giuliano                       AMATO                                                   ”
–           Silvana                         SCIARRA                                                ”
–           Daria                            de PRETIS                                               ”
–           Nicolò                          ZANON                                                   ”
–           Franco                         MODUGNO                                            ”
–           Augusto Antonio        BARBERA                                              ”
–           Giulio                          PROSPERETTI                                        ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Abruzzo 15 dicembre 1978, n. 78 (Interventi per l’attuazione del diritto allo studio), aggiunto dall’art. 88, comma 4, della legge della Regione Abruzzo 26 aprile 2004, n. 15, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2004)», promosso dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, nel procedimento vertente tra la Provincia di Pescara e la Regione Abruzzo, con ordinanza del 19 marzo 2014, iscritta al n. 123 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell’anno 2014.
Visto l’atto di costituzione della Regione Abruzzo;
udito nell’udienza pubblica del 19 ottobre 2016 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;
udito l’avvocato Fabio Francesco Franco per la Regione Abruzzo.
Ritenuto in fatto
1.− Con ordinanza del 19 marzo 2014, il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Abruzzo 15 dicembre 1978, n. 78 (Interventi per l’attuazione del diritto allo studio), aggiunto dall’art. 88, comma 4, della legge della Regione Abruzzo 26 aprile 2004, n. 15, recante: «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2004)», nella parte in cui prevede che, per gli interventi di cui dall’art. 5-bis della legge regionale n. 78 del 1978, la Giunta regionale garantisce un contributo del 50% della spesa necessaria e documentata dalle Province solo «nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa».
2.− Espone il giudice a quo di essere investito della domanda con cui la Provincia di Pescara ha chiesto il pagamento del contributo, pari al 50%, delle spese necessarie e documentate per lo svolgimento dei servizi di cui all’art. 5-bis della legge della Regione Abruzzo n. 78 del 1978, in particolare del servizio di trasporto degli studenti disabili, riferite alle annualità 2006-2012. Sulla base della citata norma, la Provincia aveva approvato e trasmesso annualmente alla Regione i piani degli interventi, relazionando per ciascun anno sulle spese sostenute e sulle attività svolte. A fronte di ciò la Regione aveva erogato, per le varie annualità, finanziamenti per somme inferiori a quelle documentate dalla Provincia con una differenza pari ad euro 1.775.968,04. Il mancato finanziamento del 50% delle spese effettuate avrebbe determinato nel tempo un indebitamento tale da comportare una drastica riduzione dei servizi per gli studenti disabili, compromettendo l’erogazione dell’assistenza specialistica e dei servizi di trasporto.
3.− La Regione non ha contestato l’ammontare degli importi spesi dall’amministrazione provinciale, tuttavia ha eccepito che, in virtù dell’art. 6, comma 2-bis, della legge regionale censurata, il proprio obbligo di corrispondere il 50% delle suddette spese trova un limite nelle disponibilità finanziarie di bilancio.
4.− In via preliminare sull’ammissibilità del ricorso amministrativo, il rimettente rappresenta che l’adempimento degli obblighi patrimoniali in contestazione riguarderebbe i limiti della provvista finanziaria necessaria allo svolgimento del servizio pubblico e, quindi, i profili organizzativi di esso, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo; la mancata tempestiva impugnazione degli atti di stanziamento e di pagamento emessi dalla Regione non sarebbero di ostacolo alla decisione, poiché tali atti costituirebbero meri dinieghi o riconoscimenti di debito, non preclusivi dell’accertamento giurisdizionale della misura dell’obbligazione dedotta.
5.− In ordine alla non manifesta infondatezza, il TAR dubita della legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Abruzzo n. 78 del 1978, in riferimento all’art. 10 Cost., in relazione all’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità – adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18, e all’art. 38 Cost., che assicurano il diritto allo studio delle persone con disabilità, poiché l’effettività di tale diritto risulterebbe pregiudicata dal condizionamento dell’erogazione del contributo, al trasporto degli studenti disabili, alle disponibilità finanziarie, di volta in volta, determinate dalle leggi di bilancio.
6.− In particolare il giudice a quo ritiene che la scelta di prevedere un cofinanziamento regionale del servizio di trasporto e assistenza ai disabili denuncia la necessità di esso, deducendosi da ciò che le Province non sarebbero, evidentemente, in grado di far fronte alle esigenze del servizio in maniera autonoma. Tuttavia, la norma censurata darebbe immotivata e non proporzionata prevalenza alle esigenze di equilibrio di bilancio e non assicurerebbe una adeguata, stabile e certa tutela al diritto all’educazione e all’istruzione degli alunni affetti da grave disabilità, che necessitano del trasporto per la frequenza scolastica.
7.− Rileva, in proposito, il giudice a quo che, una volta assunta la decisione di contribuire al servizio, la determinazione della misura del finanziamento non potrebbe essere rimessa alle mere decisioni dell’amministrazione regionale, poiché ciò trasformerebbe l’onere della Regione in una posta aleatoria ed incerta, la cui entità, in mancanza di limiti predeterminati dalla legge, potrebbe essere arbitrariamente ridotta, per finanziare beni ed interessi che non godono di tutela piena ed incondizionata al pari del diritto allo studio del disabile, con conseguente sacrificio della sua effettività.
8.− Prosegue il rimettente che il rilievo costituzionale di tale diritto costituisce un limite invalicabile all’intervento discrezionale del legislatore, così che il nucleo di garanzie minime per renderlo effettivo dovrebbe essere assicurato al di là di ogni esigenza di bilancio, garantendosi certezza, stabilità e obbligatorietà del finanziamento.
9.− Viceversa l’inciso «nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio», contenuto nell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Abruzzo n. 78 del 1978, legittimerebbe una decisione arbitraria della Regione di coprire in modo discontinuo i costi del servizio, gestito in conformità del piano previsto dall’art. 6 della medesima legge.
10.− In tal modo, il godimento del diritto allo studio degli studenti disabili, tutelato dalla Costituzione, sarebbe rimesso ad arbitrari stanziamenti di bilancio di anno in anno decisi dall’ente territoriale e, nella fattispecie, dalla norma censurata. Quest’ultima considererebbe le spese per i contributi alle Province per il servizio di trasporto degli alunni disabili come spese non obbligatorie, cosicché i contributi regionali per il trasporto dei disabili potrebbero essere ridotti già nella fase amministrativa di formazione delle unità previsionali di base, senza che di ciò vi sia alcuna evidenza o limite a garanzia dell’effettivo godimento dei diritti costituzionalmente garantiti.
11.− Il finanziamento del servizio potrebbe essere ridotto in modo repentino e incontrollato, di anno in anno, rendendo del tutto variabile ed inattendibile la continuità e la pianificazione dell’organizzazione dello stesso da parte delle Province, con inevitabili ripercussioni sulle famiglie e sulla possibilità di queste di poter assicurare la frequenza scolastica ai propri figli.
12.− In ordine alla rilevanza della questione, il giudice a quo segnala che, non essendo contestata tra le parti del giudizio a quo l’entità delle somme spese per l’erogazione del servizio, la pretesa della ricorrente Provincia in tale giudizio troverebbe il fondamento nella parte della disposizione impugnata che regola la copertura della spesa complessiva (successivamente limitata dalla clausola di salvaguardia che consente alla Regione di dimensionare ad libitum la propria quota di copertura); pertanto, la questione di costituzionalità sarebbe pregiudiziale alla definizione della suddetta pretesa.
13.− Si è costituita la Regione Abruzzo contestando la fondatezza della questione poiché, ai sensi dell’art. 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione degli alunni disabili, tra cui è compreso il servizio di trasporto dall’abitazione alla sede scolastica, è di competenza della Provincia e la Regione non ha alcun obbligo di illimitata compartecipazione ai costi necessari al suo svolgimento.
14.− In ogni caso, la difesa regionale rappresenta che l’effettività del diritto allo studio del disabile deve essere bilanciato con altri diritti costituzionalmente rilevanti e, in particolare, con il principio di copertura finanziaria e di equilibrio della finanza pubblica, di cui all’art. 81 Cost.; che il limite della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio «costituirebbe una legittima scelta fra prestazioni essenziali, gratuite, e non essenziali, eseguibili dietro pagamento di un contributo, da effettuarsi in relazione alle finalità perseguite, ed alle esigenze dell’utenza di base»; che la possibilità di accedere ad una interpretazione costituzionalmente conforme della normativa censurata e il suo mancato esperimento da parte del giudice a quo, comporterebbero l’inammissibilità della questione; e, infine, che la determinazione della misura del contributo da parte della Regione non sarebbe arbitraria, poiché essa viene effettuata sulla scorta dei piani preventivi di intervento per il diritto allo studio dei disabili, predisposti dalla stessa Provincia, sulla base delle necessità riscontrate nell’anno scolastico in corso e di quelle dichiarate dal genitore dello studente che si iscrive alla scuola secondaria superiore.
Considerato in diritto
l.− Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dubita, in riferimento all’art. 10 − in relazione all’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18 − e all’art. 38 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Abruzzo 15 dicembre 1978, n. 78 (Interventi per l’attuazione del diritto allo studio), aggiunto dall’art. 88, comma 4, della legge della Regione Abruzzo 26 aprile 2004, n. 15, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2004)», nella parte in cui prevede, per gli interventi previsti dall’art. 5-bis della medesima legge e, in particolare, per lo svolgimento del servizio di trasporto degli studenti portatori di handicap o di situazioni di svantaggio, che la Giunta regionale garantisce un contributo del 50% della spesa necessaria e documentata dalle Province solo «nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa».
2.− Il giudice a quo ritiene che il condizionamento dell’erogazione del contributo alle disponibilità finanziarie, di volta in volta determinate dalla legge di bilancio, trasformi l’onere della Regione in una posta aleatoria e incerta, totalmente rimessa alle scelte finanziarie dell’ente, con il rischio che esse divengano arbitrarie, in difetto di limiti predeterminati dalla legge, risolvendosi nella illegittima compressione del diritto allo studio del disabile, la cui effettività non potrebbe essere finanziariamente condizionata.
3.− In via preliminare, occorre premettere che non incide sulla rilevanza della questione sollevata, l’avvenuto trasferimento ai Comuni delle funzioni amministrative già attribuite, conferite o comunque esercitate dalle Province (tra le quali quelle in materia di assistenza scolastica e diritto allo studio), per effetto della sopravvenuta legge della Regione Abruzzo 20 ottobre 2015, n. 32, (Disposizioni per il riordino delle funzioni amministrative delle Province in attuazione della legge n. 56/2014), in attuazione alla legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni).
3.1.− In proposito, infatti, va rilevato che, nel giudizio a quo, la Provincia di Pescara ha agito per vedersi corrispondere il contributo del 50% per il servizio di trasporto per i disabili svolto tra il 2006 ed il 2012, che resta regolato dalla normativa antecedente al riordino operato dalla legge reg. Abruzzo n. 32 del 2015.
3.2.− Pertanto, poiché la Regione non ha contestato le spese sostenute dalla Provincia, ma ha determinato l’entità effettiva del proprio contributo, in misura inferiore al 50% di esse, facendo applicazione dell’art. 6, comma 2-bis, della legge reg. Abruzzo n. 78 del 1978, che integra il presupposto autorizzatorio della spesa iscritta in bilancio, la questione di legittimità costituzionale di tale norma è pregiudiziale alla decisione da adottare nel giudizio a quo.
4.− Nel merito la questione è fondata.
Il diritto all’istruzione del disabile è consacrato nell’art. 38 Cost., e spetta al legislatore predisporre gli strumenti idonei alla realizzazione ed attuazione di esso, affinché la sua affermazione non si traduca in una mera previsione programmatica, ma venga riempita di contenuto concreto e reale.
5.− La natura fondamentale del diritto, che è tutelato anche a livello internazionale dall’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18, impone alla discrezionalità del legislatore un limite invalicabile nel «rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati» (sentenza n. 80 del 2010), tra le quali rientra il servizio di trasporto scolastico e di assistenza poiché, per lo studente disabile, esso costituisce una componente essenziale ad assicurare l’effettività del medesimo diritto.
6.− Nella specie il legislatore regionale si è assunto l’onere di concorrere, al fine di garantire l’attuazione del diritto, alla relativa spesa, ma una previsione che lasci incerta nell’an e nel quantum la misura della contribuzione, la rende aleatoria, traducendosi negativamente sulla possibilità di programmare il servizio e di garantirne l’effettività, in base alle esigenze presenti sul territorio.
7.− Si deve ritenere che l’indeterminata insufficienza del finanziamento condizioni, ed abbia già condizionato, l’effettiva esecuzione del servizio di assistenza e trasporto come conformato dal legislatore regionale, violando in tal modo il precetto contenuto nell’art. 38, terzo e quarto comma, Cost.
Tale effettività non può che derivare dalla certezza delle disponibilità finanziarie per il soddisfacimento del medesimo diritto, nel quadro dei compositi rapporti amministrativi e finanziari degli enti territoriali coinvolti. Difatti l’affidamento generato dalla previsione del contributo regionale condiziona la misura della disponibilità finanziaria della Provincia e degli altri enti coinvolti nell’assolvimento del servizio in questione.
Non può neppure essere condivisa in tale contesto la difesa formulata dalla Regione secondo cui ogni diritto, anche quelli incomprimibili della fattispecie in esame, debbano essere sempre e comunque assoggettati ad un vaglio di sostenibilità nel quadro complessivo delle risorse disponibili.
Innanzitutto, la sostenibilità non può essere verificata all’interno di risorse promiscuamente stanziate attraverso complessivi riferimenti numerici. Se ciò può essere consentito in relazione a spese correnti di natura facoltativa, diverso è il caso di servizi che influiscono direttamente sulla condizione giuridica del disabile aspirante alla frequenza e al sostegno nella scuola.
In secondo luogo, è proprio la legge di cui fa parte la norma impugnata a conformare in concreto le situazioni soggettive oggetto di assistenza (senza poi farne conseguire il necessario finanziamento per effetto del richiamato inciso riduttivo).
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che «in attuazione dell’art. 38, terzo comma, Cost., il diritto all’istruzione dei disabili e l’integrazione scolastica degli stessi sono previsti, in particolare, dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate)», la quale «attribuisce al disabile il diritto soggettivo all’educazione ed all’istruzione a partire dalla scuola materna fino all’università»; e che «la partecipazione del disabile “al processo educativo con insegnanti e compagni normodotati costituisce […] un rilevante fattore di socializzazione e può contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggiato (sentenza n. 215 del 1987)”» (sentenza n. 80 del 2010).
8.− La disposizione impugnata è peraltro incoerente anche rispetto al quadro normativo complessivo dei finanziamenti destinati ai servizi a rilevanza sociale quale risultante dalla legge di bilancio, alla quale essa demanda la quantificazione ridotta del finanziamento. In tal modo viene reso generico ed indefinito il finanziamento destinato a servizi afferenti a diritti meritevoli di particolare tutela, rendendo possibile – come esattamente affermato dal giudice rimettente – che le risorse disponibili siano destinate a spese facoltative piuttosto che a garantire l’attuazione di tali diritti. Pertanto, pur essendo la disposizione in questione appartenente a un contesto distinto da quello della legge di bilancio, la sua influenza su quest’ultima provoca un risultato normativo non conforme a Costituzione.
9.− La garanzia del 50% della copertura del servizio di assistenza ai disabili appartiene alla conformazione della struttura e dell’organizzazione del servizio stesso. Pertanto, l’indeterminatezza del finanziamento determina un vulnus all’effettività del servizio di assistenza e trasporto, come conformato dal legislatore regionale, con conseguente violazione dell’art. 38, terzo e quarto comma, Cost.
10.− D’altronde va considerato che, sebbene il legislatore goda di discrezionalità nell’individuazione delle misure per la tutela dei diritti delle persone disabili, detto potere discrezionale trova un limite invalicabile nella necessità di coerenza intrinseca della stessa legge regionale contenente la disposizione impugnata, con la quale viene specificato il nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati. Dunque il livello delle prestazioni dovute, mentre appare salvaguardato dalla legge regionale nel suo complesso ed in particolare nella parte che prevede una pianificazione del fabbisogno degli interventi, nonché un preciso rendiconto degli oneri sostenuti, risulta poi vanificato dalla prescrizione contraddittoria che subordina il finanziamento (da parte regionale) degli interventi alle politiche ed alle gestioni ordinarie del bilancio dell’ente.
11.− Non può nemmeno essere condiviso l’argomento secondo cui, ove la disposizione impugnata non contenesse il limite delle somme iscritte in bilancio, la norma violerebbe l’art. 81 Cost. per carenza di copertura finanziaria. A parte il fatto che, una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali, è di tutta evidenza che la pretesa violazione dell’art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio, sia con riguardo alla Regione che alla Provincia cofinanziatrice. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione.
12.− Con riguardo alla Regione, è da sottolineare come l’impianto della legge reg. Abruzzo n. 78 del 1978 sia improntato al metodo della programmazione, secondo cui gli interventi ed i pertinenti oneri finanziari sono istruiti nell’anno precedente così da consentire la loro corretta iscrizione nel bilancio, soprattutto quando riguardano il nucleo incomprimibile del diritto a prestazioni riconducibili a diritti fondamentali. In tal modo non è configurabile il rischio per l’equilibrio del bilancio della Regione da essa paventato in correlazione allo stanziamento della percentuale di finanziamento prevista per legge. Proprio la previa redazione del piano di assistenza testimonia l’inverosimiglianza dell’ipotesi di squilibrio di bilancio che è viceversa eziologicamente collegabile all’uso promiscuo delle risorse, che il giudice rimettente individua come autentica causa vanificatrice della copertura finanziaria del servizio.
13.− Nel caso in esame, il rapporto di causalità tra allocazione di bilancio e pregiudizio per la fruizione di diritti incomprimibili avviene attraverso la combinazione tra la norma impugnata e la genericità della posta finanziaria del bilancio di previsione, nella quale convivono in modo indifferenziato diverse tipologie di oneri, la cui copertura è rimessa al mero arbitrio del compilatore del bilancio e delle autorizzazioni in corso d’anno. In buona sostanza si ripete, sotto il profilo sostanziale, lo schema finanziario già censurato da questa Corte, secondo cui, in sede di redazione e gestione del bilancio, vengono determinate, anche attraverso i semplici dati numerici contenuti nelle leggi di bilancio e nei relativi allegati, scelte allocative di risorse «suscettibili di sindacato in quanto rientranti “nella tavola complessiva dei valori costituzionali, la cui commisurazione reciproca e la cui ragionevole valutazione sono lasciate al prudente apprezzamento di questa Corte (sentenza n. 260 del 1990)”» (sentenza n. 10 del 2016).
14.− In definitiva, nella materia finanziaria non esiste «un limite assoluto alla cognizione del giudice di costituzionalità delle leggi». Al contrario, ritenere che il sindacato sulla materia sia riconosciuto in Costituzione «non può avere altro significato che affermare che esso rientra nella tavola complessiva dei valori costituzionali», cosicché «non si può ipotizzare che la legge di approvazione del bilancio o qualsiasi altra legge incidente sulla stessa costituiscano una zona franca sfuggente a qualsiasi sindacato del giudice di costituzionalità, dal momento che non vi può essere alcun valore costituzionale la cui attuazione possa essere ritenuta esente dalla inviolabile garanzia rappresentata dal giudizio di legittimità costituzionale» (sentenza n. 260 del 1990). Sul punto è opportuno anche ricordare «come sul tema della condizione giuridica del portatore di handicaps confluiscono un complesso di valori che attingono ai fondamentali motivi ispiratori del disegno costituzionale; e che, conseguentemente, il canone ermeneutico da impiegare in siffatta materia è essenzialmente dato dall’interrelazione e integrazione tra i precetti in cui quei valori trovano espressione e tutela» (sentenza n. 215 del 1987).
15.− Altrettanto infondata è la tesi secondo cui la norma terrebbe conto della doverosa contribuzione da parte degli assistiti dotati di capacità contributiva. Di tale contribuzione non v’è traccia nell’intera legge reg. Abruzzo n. 78 del 1978; e, soprattutto, la medesima legge, nella sua formulazione letterale, parla di garanzia della spesa necessaria e documentata senza evocare altre fonti di finanziamento.
16.− Infine, non è condivisibile l’argomento secondo cui le scelte adottate in sede di bilancio non avverrebbero in modo generico, bensì con apposita istruttoria ricavata dall’acquisizione dei piani preventivi di intervento predisposti dalle Province sulla base delle necessità riscontrate nell’anno scolastico in corso e di quelle dichiarate dal genitore dello studente che si iscrive per la prima volta al grado di istruzione secondaria superiore. È proprio la disattenzione alle risultanze del piano il vizio genetico della norma contestata, che consente di prescinderne al di là di ogni ragionevole argomento: condizionare il finanziamento del 50% delle spese già quantificate dalle Province (in conformità alla pianificazione disciplinata dallo stesso legislatore regionale) a generiche ed indefinite previsioni di bilancio realizza una situazione di aleatorietà ed incertezza, dipendente da scelte finanziarie che la Regione può svolgere con semplici operazioni numeriche, senza alcun onere di motivazione in ordine alla scala di valori che con le risorse del bilancio stesso si intende sorreggere.
17.− Significativi in proposito appaiono i dati storici della contribuzione regionale in valore assoluto e percentuale: nell’ordinanza del giudice rimettente – e le cifre non sono in contestazione tra le parti – si legge che «per l’esercizio finanziario 2008, risulterebbero stanziati in bilancio 1.400.000,00 per l’attuazione dell’art. 6 comma 2-bis della legge regionale n. 78 del 1978, quindi le Province hanno ottenuto un cofinanziamento nella percentuale del 39% (invece che del 50%) delle somme spese; per il successivo esercizio finanziario 2009, sono stati stanziati in bilancio solo 700.000,00, quindi le Province hanno ottenuto un cofinanziamento di poco inferiore al 18%; nel 2011 la percentuale è stata del 26% circa; nel 2012 il 22% circa». Palese è la lesione della effettività del servizio, non solo sotto il profilo quantitativo, ma anche per l’assoluta discontinuità delle percentuali di copertura ammesse a finanziamento.
18.− Ciò conferma l’assunto del giudice a quo, secondo cui «in quanto spese non obbligatorie, quantomeno non in misura fissa, i contributi regionali per il trasporto dei disabili possono essere ridotti già nella fase amministrativa di formazione delle unità previsionali di base, senza che di ciò vi sia alcuna evidenza o limite idoneo a dare effettività ai diritti previsti dalla Costituzione e sottesi a tale servizio di trasporto».
19.− Per tali argomentazioni, l’art. 6, comma 2-bis, della legge reg. Abruzzo n. 78 del 1978 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo limitatamente all’inciso «, nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa,».
20.− Rimangono assorbite le ulteriori censure formulate in riferimento all’art. 10 Cost., in relazione all’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Abruzzo 15 dicembre 1978, n. 78 (Interventi per l’attuazione del diritto allo studio), aggiunto dall’art. 88, comma 4, della legge della Regione Abruzzo 26 aprile 2004, n. 15, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2004)», limitatamente all’inciso «, nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa,».
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 ottobre 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 16 dicembre 2016.

● Il diritto di chiedere l’elemosina

 

 

Il diritto di chiedere l’elemosina è riconosciuto dalle leggi di tutte le nazioni che si considerano civili e dalle carte internazionali che proteggono i diritti umani. Chiedere solidarietà è proprio questo: un diritto umano che niente deve né può sostituire. E’ molto pericoloso metterlo in dubbio o contrattarlo. I diritti umani possono piacerci o non piacerci, ma sono inalienabili, finché seguiremo la via della civiltà. Limitare l’accattonagggio era l’obiettivo dei nazionalsocialisti negli anni 1930. Dobbiamo, a mio avviso, essere molto attenti su questo argomento. Non possiamo, non dobbiamo ribadire quel progetto. Bisogna ridurre la povertà con programmi sociali efficaci. L’accattonaggio sarà automaticamente minore, perché ci sarà meno necessità. Ma il diritto a chiedere solidarietà resterebbe vivo anche nel caso il nostro pianeta sconfiggesse la povertà. Pochi comprendono, nel nostro tempo, il contenuto del diritto umano di chiedere solidarietà, tendendo la mano. La questua non è un peccato né un delitto. Chiunque può trovarsi nell’esigenza di richiedere solidarietà. E’ come il diritto ad esprimersi, a cercare amicizie, a dialogare con persone terze, ad amare. Non può essere regolamentato né sostituito da alcun programma. Chi ha bisogno di solidarietà, deve avere la libertà di scegliere come chiederla. E chi vuol dare solidarietà ha il diritto di offrirla come meglio crede: anche con una semplice monetina.

Nonostante il reato di mendicità sia stato abrogato nel 1999, talvolta l’accattonaggio può diventare penalmente rilevante

mendicante che chiede elemosina

Un tempo il codice penale puniva come reato il cd. accattonaggio. La norma di riferimento, in particolare, era quella di cui all’articolo 670 del codice penale, sulla “Mendicità”, che al primo comma puniva con l’arresto fino a tre mesi chiunque mendicava in luogo pubblico o aperto al pubblico e al secondo comma puniva con l’arresto da uno a sei mesi chi commetteva il fatto in modo ripugnante o vessatorio, simulando deformità o malattie o adoperando altri mezzi fraudolenti per destare l’altrui pietà.

Da diverso tempo, però, l’articolo 670 è scomparso dal nostro ordinamento: ad averlo abrogato, infatti, è stata la legge numero 205 del 25 giugno 1999, che si è inserita nel solco già tracciato dalla sentenza numero 519 del 28 dicembre 1995 con la quale la Corte costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale del primo comma di tale articolo.

Per la Consulta, in particolare, non era possibile considerare illecita una richiesta di elemosina fatta per ottenere umana solidarietà, volta a far leva sul sentimento di carità e non idonea a intaccare l’ordine pubblico o la pubblica tranquillità.

Se non mancano proposte di legge, sponsorizzate da alcuni partiti politici, con le quali si chiede la reintroduzione del reato di accattonaggio, non mancano neanche norme che, a determinate condizioni, rendono il chiedere l’elemosina un vero e proprio reato.

Più che chiedere l’elemosina in sé e per sé, a configurare reato possono essere le modalità con le quali ciò avviene.

Ad esempio, sfruttare anziani o disabili per far loro chiedere l’elemosina può configurare il reato di riduzione o mantenimento in schiavitù, di cui all’articolo 600 del codice penale. Ancora: chiedere in maniera insistente soldi può integrare il reato di violenza privata di cui all’articolo 610 c.p. e utilizzare animali può rappresentarne una forma di maltrattamento penalmente rilevante ai sensi dell’articolo 544-ter c.p.

Occorre in ogni caso mettere in evidenza che, senza degenerare e far sfociare necessariamente il comportamento nell’area penale, molti regolamenti comunali vietano espressamente l’accattonaggio, con la conseguenza che chi lo pratica potrebbe essere sottoposto quantomeno a sanzione amministrativa.

Certamente il problema nelle strade di molte città italiane è evidente e va gestito, ma i modi per farlo sono diversi: l’importante è non dimenticare mai che di mezzo ci sono delle persone (spesso in difficoltà) e che, pertanto, la questione va gestita con le dovute attenzioni.

● Formale rifiuto del voto

Adoro la democrazia e l’equilibrio [per ancora qualche tempo] e ringrazio Fernanda Vigagni per il suo post sul formale rifiuto del voto. Da non poco mi ritengo LR integerrimo e so bene di non aver bisogno di votare per scegliere i miei aguzzini. Ho letto il D.P.R. 361 più volte, pure i vecchi post di Valeria, ed ho sempre avuto il dubbio che la verbalizzazione di proteste e osservazioni fatte dai soggettoni all’interno del seggio siano fattispecie previste solo in merito ad eventuali problemi per l’esercizio del voto e non invece a ragioni di protesta politica magari da far verbalizzare sotto dettatura. Tra l’altro, la legge nonostante prescriva dove vanno messe le schede per l’elettore che si rifiuta di votare perché indugia nel seggio o crea turbativa al regolare svolgimento delle operazioni ecc. non dice dove vadano archiviate le schede così rifiutate. Immagino che i membri del seggio operino su ciò che è espressamente previsto e non certo su interpretazioni del momento, ed il fatto è che nel modulo verbale e nella norma non compare alcun riferimento al riguardo! Ad ogni modo, anche questa volta, come al solito in queste occasioni, ne approfitterò per indagare le fonti giuridiche al riguardo e mi riproporrò se scoverò degli aggiornamenti. Concludendo, nella sostanza, non che gliene freghi al LR -che idealmente non ha certo necessità di votare- ma, come ritenevo in gioventù, votare scheda bianca o scarabocchiarla oppure stare a casa non esime dalla responsabilità del risultato finale. Anzi, seppure la Procura indaghi la Sezione Elettorale in caso di sospette “poche” schede bianche vi è pur sempre il rischio che la scheda lasciata intonsa venga compilata da altri anche se per “trasformare” in voto occorre che tre scrutatori + un presidente di seggio siano disonesti… Ma questa è un’altra storia.

 

NORMATIVA >>>  http://elezioni.interno.it/contenuti/normativa/Circ_018_ServElet_06-04-2016.pdf

 

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Notifica di RIFIUTO DELLA SCHEDA ELETTORALE PER CITTADINI ITALIANI (non ancora Legali Rappresentanti) da Valeria Gentili

Preparare due copie della stessa, firmarle all’atto della consegna al PRESIDENTE DEL SEGGIO
quando chiamati al voto, presentare documento di riconoscimento, lasciare che lo scrutatore vi trovi sulla lista elettorale, vi porga matita e scheda che NON TOCCHERETE, chiedendo di notificare al Presidente del Seggio il vostro rifiuto scritto.
Dovete presentarlo SOLO a lui, è il solo che possa riceverlo e timbrare con la sua firma in calce per accettazione e che possa allegarlo ai registri elettorali
IMPORTANTE: Non intralciate le operazioni di voto
Se il Presidente è impegnato in altri affari, attendete fuori dal seggio, facendo passare avanti gli altri elettori dopo di voi e lasciando che lo scrutatore conservi il vostro documento e la vostra dichiarazione con la scheda sul suo tavolo
Ottenete una copia per voi, con firma e timbro del seggio e lasciate l’altra per le operazioni di registrazione del vostro rifiuto, che saranno fatte anche in tempi successivi.
Riprendete il vostro documento e lasciate il seggio
la vostra scheda non potrà essere manomessa e/o utilizzata in altro modo e sarà conservata presso il Viminale insieme alla vostra dichiarazione spontanea e al registro di voto anche in futuro.

SCARICA IL FORMAT PER CITTADINI ITALIANI QUI

 

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Notifica di RIFIUTO DELLA SCHEDA ELETTORALE (per Legali Rappresentanti) da Valeria Gentili

Preparare una copia della vostra LR e due copie della notifica di rifiuto, che sarà firmata all’atto della consegna al PRESIDENTE DEL SEGGIO
quando chiamati al voto, presentare il mandato di LR, lasciare che lo scrutatore vi trovi sulla lista elettorale, vi porga matita e scheda che NON TOCCHERETE, chiedendo di notificare al Presidente del Seggio il vostro rifiuto scritto.
Dovete presentarlo SOLO a lui, è il solo che possa riceverlo e timbrare con la sua firma in calce per accettazione e che possa allegarlo ai registri elettorali
IMPORTANTE: Non intralciate le operazioni di voto
Se il Presidente è impegnato in altri affari, attendete fuori dal seggio, facendo passare avanti gli altri elettori dopo di voi e lasciando che lo scrutatore conservi il vostro mandato in copia e la vostra dichiarazione con la scheda sul suo tavolo
Ottenete una copia per voi, con firma e timbro del seggio e lasciate l’altra per le operazioni di registrazione del vostro rifiuto, che saranno fatte anche in tempi successivi.
La vostra scheda elettorale non potrà essere manomessa e/o utilizzata in altro modo e sarà conservata presso il Viminale insieme alla vostra dichiarazione spontanea e al registro di voto anche in futuro.

SCARICA IL FORMAT PER LEGALI RAPPRESENTANTI QUI

 

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VOTAZIONI 4 MARZO 2018
(Ricopio il post di Fernanda Vignagni presente su Facebook)
Votare significa continuare a sostenere questo sistema marcio … TUTTI I PARTITI SONO MARCI … perché se non lo fossero stati … anche se piccoli e non al governo … AVREBBERO POTUTO E DOVUTO FARE ALMENO INFORMAZIONE SUI VERI PROBLEMI STRUTTURALI CHE IMPEDISCONO UNA NORMALIZZAZIONE E LEGALIZZAZIONE DI QUESTO SISTEMA DEVIATO … TUTTI MUTI …
quindi sia per cittadini che per LR … vale quanto segue
A TUTTI COLORO CHE NON VOTANO NON ANDANDO AL SEGGIO A VOTARE, OPPURE VOTANO SCHEDA BIANCA, O CON UNA GRANDE CROCE O CON PAROLACCE PERCHÈ NON AVETE NESSUNA FIDUCIA O NON SIETE RAPPRESENTATI DA NESSUNO …
SAPPIATE che in realtà, favorirete il partito con più voti, perché le schede verranno conteggiate ugualmente.
Vedere REGOLAMENTI PER IL CALCOLO DEL PREMIO DI MAGGIORANZA!!
LE SCHEDE BIANCHE OD ANNULLATE CON UNA ENORME CROCE NON NEGANO NULLA MA VENGONO CONTEGGIATE PER IL CALCOLO DEL PREMIO DI MAGGIORANZA, favorendo, indirettamente chi ha preso più voti.
Inoltre la scheda annullata verrà conteggiata per il rimborso elettorale ai partiti.
ABBIAMO UNA ARMA LEGALE E LETALE CONTRO QUESTA LEGGE INFAME! ECCO I RIFERIMENTI LEGALI!
Tutto si basa su un’ uso “PUNTIGLIOSO” della legge:
D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 – Art. 104….OMISSIS
Il segretario dell’Ufficio elettorale che rifiuta di inserire nel
processo verbale o di allegarvi proteste o reclami di elettori è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa sino a lire 4.000.000…..OMISSIS)
Illustro nei dettagli il sistema DA USARE, che è già stato indicato da altri:
ANDARE A VOTARE, PRESENTARSI CON I DOCUMENTI (CI o LR) + TESSERA ELETTORALE “SENZA PRENDERE IN MANO LA SCHEDA ELETTORALE”” ( perché prendere in mano la scheda significa accettare la votazione quindi dare il consenso e non poter più negare)
2) DIRE AL PRESIDENTE DEL SEGGIO ELETTORALE DURANTE LE VOTAZIONI DI VOLER ESERCITARE IL DIRITTO DI RIFIUTARE LA SCHEDA dicendo:
“Rifiuto la scheda perché non sono rappresentato da nessun politico e chiedo che sia verbalizzato!”
3) PRETENDERE CHE VENGA VERBALIZZATO IMMEDIATAMENTE IL RIFIUTO DELLA SCHEDA
4) ESERCITARE IL PROPRIO DIRITTO DI AGGIUGERE, IN CALCE AL VERBALE, UN COMMENTO CHE GIUSTIFICHI IL RIFIUTO D.P.R.30 marzo 1957, n. 361 – Art. 104, 5° capoverso)
COSI FACENDO NON VOTERETE, ED EVITERETE CHE IL IL VOTO NULLO O BIANCO, SIA CONTEGGIATO COME QUOTA PREMIO PER IL PARTITO CON PIU’ VOTI!!
Se facciamo così in tanti INTASEREMO I SEGGI, E L’INFORMAZIONE SERIA DOVRÀ PARLARNE!
Questa è la PRIMA AZIONE LEGALE e DI PROTESTA CONTRO LA LEGGE ELETTORALE!!!
Legge elettorale Rosatellum incostituzionale come il Porcellum … fatta da degli abusivi illegali … nel tentativo di ridare legalità a ciò che non ce l’ha più dal 2005 … e poter rimanere nella camera dei bottoni a finire l’opera di svendita è smantellamento della Nazione Italia e del suo popolo in termini di sovranità
FORZA!
QUESTA È LA RISPOSTA A QUESTO MARCIO SISTEMA POLITICO.
DOMANDATEVI COME MAI NESSUNO NE PARLA O LA PRENDE COME UNA POSSIBILITÀ DI REAZIONE !!! È UN’AZIONE DEVASTANTE PER IL SISTEMA E NESSUNO LA VUOLE NOMINARE.
Condividete perché il 90% degli italiani non conosce affatto questa possibilità cosi devastante, più saranno i contestatori maggiore sarà il danno che riceverà il sistema politico in ogni senso …
È SARÀ NECESSARIA UNA NUOVA COSTITUENTE …

 


 

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MOVIMENTO ASTENSIONISTA POLITICO ITALIANO * ULTIMO AVVERTIMENTO PER CHI DENIGRA E OFFENDE L’ASTENSIONISMO ELETTORALE

http://www.movimentoastensionista.it/

Ultimo avvertimento per chi denigra e offende l’astensionismo elettorale. Il termine astensionismo racchiude tutte quelle forme di esercizio di voto che però non attribuiscono voto utile per alcun candidato, né per una forza politica o coalizione elettorale.

In esso sono comprese diverse tipologie di esercizio elettorale: affluenza alle urne, espressione di scheda bianca, nulla, non attribuibile, astensione motivata ai seggi.

Ognuna di queste forme rientra a pieno titolo nell’esercizio del diritto di voto degli elettori e, da questo punto di vista, la campagna elettorale per le elezioni politiche 2018 non si è affatto aperta sotto i migliori auspici.

Contro l’astensionismo hanno iniziato una spavalda e ripetuta kermesse addirittura le più alte cariche dello Stato, seguite a ruota dagli interventi di numerosi esponenti politici, ovviamente ripresi da tutti i mass media.

Continuare ad offendere gettando immotivato discredito a un diritto sancito dalla legge rappresenta non solo un modo rozzo e squallido nel favorire gli interessi di qualcuno, ma, nello stesso tempo, costituisce un attacco premeditato alla democrazia e ai principi fondamentali della Costituzione e dell’intera Repubblica.

Le gravi violazioni dei principi e reati individuati per la fattispecie dal Movimento Astensionista Politico Italiano (che per statuto non è un partito politico ma un movimento di opinione a tutela dei diritti di chi esercita l’astensionismo in ogni sua forma) sono:

articoli 1, 2, 3, 21, 48, 49, 54 della Costituzione, con l’aggiunta, da parte del Presidente della Repubblica, della violazione degli articoli 87, 90, 91.

Potrebbero altresì essere ravvisabili le violazioni:

dell’art. 290 del codice penale per il vilipendio verso una parte consistente del popolo italiano esercitante un diritto elettorale;

degli artt. 287 e 347 del codice penale per usurpazione di potere politico;

dell’art. 346 del codice penale per traffico di influenze;

degli artt. 97, 98, 100, 101 del DPR 30 marzo 1957 n. 361 e successive modifiche  (Testo Unico delle leggi elettorali);

della legge 25 giugno 1993, n. 205 (Legge Mancino) sulla discriminazione;

della legge 24 febbraio 2006, n.85.

Quanto descritto costituisce, oltre a turbativa del libero e democratico dibattito elettorale in prossimità di elezioni politiche, alterazione sostanziale e indotta degli assetti dei poteri legislativi, esecutivi ed istituzionali determinati da libere elezioni.

A fronte di tutto ciò, il Movimento Astensionista Politico Italiano avverte tutti gli attori della campagna elettorale appena iniziata che non saranno più tollerate affermazioni di discredito nei confronti dell’astensionismo politico-elettorale, e di chi intende esercitarlo nel pieno diritto e tutela delle leggi dello Stato.

https://www.agenziagiornalisticaopinione.it/lancio-dagenzia/movimento-astensionista-politico-italiano-ultimo-avvertimento-denigra-offende-lastensionismo-elettorale/


AGGIORNAMENTO DEL 2 FEBBRAIO 2018

Gen. Micheli NO VOTO


AGGIORNAMENTO DEL 6 FEBBRAIO 2018

Come si vota il 4 marzo, for dummies

Com’è fatta la nuova scheda per le elezioni del 4 marzo, come si usa tra uninominale e proporzionale e come evitare che il proprio voto venga invalidato

Un facsimile della scheda elettorale (NiloGlock/Wikimedia)

Il prossimo 4 marzo 2018, poco più di due mesi dopo lo scioglimento delle camere, si voterà alle elezioni politiche per rinnovare i seggi del Parlamento: per la prima volta dopo più di dieci anni si useranno una nuova legge elettorale, una nuova scheda e un nuovo metodo per votare. Questa è una breve guida al nuovo sistema, una spiegazione di cosa succede a seconda di come votiamo e le cose da sapere per evitare di fare errori che potrebbero invalidare il nostro voto: con la premessa che questa legge è considerata molto complicata e faticosa da registrare nei suoi meccanismi. Se invece siete alla ricerca di un chiarimento più generale su come funziona la legge stessa, potete trovarlo qui.

Come è fatta la scheda?
Domenica 4 marzo riceverete una scheda elettorale per ciascuna camera, quindi una per la Camera e – se avete almeno 25 anni – una per il Senato. In Lombardia e nel Lazio gli elettori riceveranno anche una scheda per il voto alle regionali, ma qui parliamo solo delle politiche.

Il nuovo sistema elettorale – definito “Rosatellum” – ha introdotto un sistema misto, proporzionale e maggioritario, e prevede che il Parlamento venga eletto in due modi diversi ma collegati: un modo viene chiamato “uninominale” e un modo viene chiamato “proporzionale”.“Uninominale” vuol dire che in ogni collegio le coalizioni o i partiti candidano una sola persona, e chi prende più voti tra le persone candidate ottiene un seggio; “proporzionale” vuol dire che più seggi in un collegio vengono invece divisi in modo proporzionale ai voti presi dalle coalizioni o dai partiti. Circa un terzo dei seggi tra Camera e Senato sarà eletto in confronti diretti nei collegi uninominali, e i restanti due terzi saranno eletti con sistema proporzionale.

Un fac-simile della scheda per il Rosatellum

Ogni scheda sarà divisa in un certo numero di aree separate tra loro, corrispondenti a ciascun partito o coalizione. I partiti infatti si possono presentare da soli o riuniti in coalizioni.

All’interno di ogni area ci sarà in testa uno spazio rettangolare con un unico nome: è il candidato scelto da ogni coalizione – o partito – nel collegio uninominale in cui risiediamo. Siccome all’uninominale ogni coalizione deve presentare un solo candidato, può capitare che nel vostro collegio non ci sia il candidato del vostro partito preferito, ma quello scelto dalla coalizione a cui appartiene. Esempio: se i partiti Rosso, Verde e Blu sono alleati in una coalizione, nel collegio di Roma sosterranno tutti insieme un candidato del partito per esempio Rosso, nel collegio di Milano uno del partito Blu, eccetera.

Sotto lo spazio rettangolare ci saranno una serie di caselle con un simbolo di partito e un certo numero di nomi, dai due ai quattro. Sono le singole liste dei candidati dei partiti che formano la coalizione, che a sua volta sostiene il candidato di cui sopra; i nomi sotto al simbolo sono i nomi dei candidati di quel partito nel collegio proporzionale.

Come si vota?
Si possono fare al massimo due segni sulla scheda: si può barrare il nome del candidato al collegio uninominale che preferiamo e poi scegliere una delle liste che lo appoggiano. Quindi i due segni devono essere fatti nella stessa area: non è possibile scegliere un candidato all’uninominale e un partito di una coalizione diversa da quella di quel candidato. Una volta scelto un candidato uninominale, è possibile scegliere solo e soltanto una delle liste che lo appoggiano. Se si sceglie una lista in un’altra coalizione, la scheda viene annullata. Ripetiamolo, per sicurezza: non c’è voto disgiunto, non si può votare un candidato di centrodestra e una lista di centrosinistra.

Altra cosa importante: non sono previste le preferenze. Si può votare una lista, ma non potete scegliere a quale candidato di quella lista dare il vostro voto: la lista dei nomi è solo un’informazione in più. Se alla scheda si aggiungono altri segni sui nomi dei candidati, si rischia di vedere il proprio voto annullato.

Se tracciate solo un segno su uno dei partiti – votando quindi per la parte proporzionale – il vostro voto sarà esteso anche al candidato sostenuto da quel partito al collegio uninominale. Se invece barrate soltanto la casella del candidato uninominale, la procedura sarà un po’ più complessa. I voti di questo tipo saranno infatti distribuiti tra le liste che appoggiano il candidato uninominale in proporzione alle preferenze ricevute dalle liste stesse. Quindi se una delle liste che formano la coalizione ha ricevuto il 30 per cento dei voti, riceverà anche il 30 per cento dei voti di chi non ha votato esplicitamente per nessuna lista di quella coalizione ma solo per il candidato uninominale relativo.

Cosa succede una volta votato?
Scegliendo un candidato all’uninominale – o anche solo una delle liste che lo appoggiano -, quel candidato riceverà quindi un voto all’interno di quel collegio. Al termine dello scrutinio, il candidato che ha ricevuto anche solo un voto più dei suoi avversari sarà eletto. Se insieme al candidato viene barrata anche la casella di una delle liste proporzionali che lo appoggiano, quella lista allora riceverà un voto (altrimenti vale il calcolo di distribuzione detto sopra). Su base nazionale, grossomodo, ogni lista eleggerà un numero di parlamentari proporzionale ai voti che ha ottenuto, ma come questi eletti saranno divisi nei collegi è materia complessa. I candidati della lista proporzionale saranno eletti nell’ordine in cui compaiono sulla scheda. La legge permette le candidature multiple: si potrà essere candidati in un seggio uninominale e in un massimo di cinque collegi proporzionali. In caso di elezione in più collegi il candidato si ritiene eletto nel collegio uninominale, oppure nel collegio proporzionale dove la sua lista ha ottenuto la percentuale minore di voti.

Riassumendo
– Si riceve una sola scheda per la Camera e una sola scheda per il Senato.

– Si può votare facendo un solo segno, oppure due, basta che entrambi i segni siano fatti nell’area della scheda che spetta a un’unica coalizione.

– È possibile votare un candidato all’uninominale e, con un secondo segno, scegliere una delle liste che lo appoggiano.

– Si può scegliere anche solo il candidato all’uninominale o solo una delle liste, ma il voto sarà comunque “trascinato” rispettivamente anche sulle liste o sul candidato.

– Non si può votare una lista diversa da quelle che appoggiano il candidato che abbiamo scelto.

Quindi, se volete votare una coalizione ma non vi piace il candidato che la coalizione ha presentato nel vostro collegio uninominale, l’unico modo che avete per non votarlo è rinunciare e votare un’altra coalizione.

Viceversa, se avete deciso di votare per un candidato ma non vi piace uno dei partiti che lo appoggiano, l’unico modo che avete per essere sicuri che il vostro voto non finisca a quel partito è fare due croci, esprimendo anche una scelta per un partito che non sia quello. Attenzione: deve essere parte della stessa coalizione, altrimenti il vostro voto sarà annullato (l’abbiamo già detto?). Infine, non si possono esprimere preferenze sui singoli candidati della lista proporzionale.

Soglie di sbarramento
Tutto questo procedimento, però, farà poca differenza se liste e candidati non supereranno la soglia di sbarramento. Per eleggere candidati nel proporzionale, una lista deve infatti ottenere almeno il 3 per cento dei voti su base nazionale, per la Camera; al Senato lo stesso, ma riceve seggi anche se – fallendo l’obiettivo del 3 per cento a livello nazionale – abbia ottenuto in una sola regione almeno il 20 per cento dei voti. La soglia per le coalizioni invece è del 10 per cento dei voti, a patto che almeno una delle liste che la compongono raggiunga il 3 per cento a livello nazionale. Se una lista che fa parte di una coalizione non riceve il 3 per cento a livello nazionale, non elegge nessun parlamentare: se ottiene però più dell’1 per cento, i voti che ha raccolto vengono distribuiti tra i suoi alleati.
Adesso potete rileggere l’articolo daccapo e vedere se la seconda volta va meglio.

Più approfondimenti >>> http://www.ilpost.it/2018/01/29/come-si-vota-rosatellum/

● Ehilà… Usa ogni mezzo per conoscere più a fondo la realtà

1701061936-traspar2Ti accenno della Legale Rappresentanza (Articolo 46 lettera u DPR 28.12.2000, n. 445) che varie correnti di pensiero sperimentano quale strumento giuridico capace di sfruttare –a mio parere non ancora con pieno successo- alcune falle del Sistema opprimente e schiavizzatore…

Partiamo dal presupposto che tu non sappia nulla della LR.

In Italia esistono vari gruppi di studio (due-tremila persone) anche in aspro conflitto tra loro, provenienti da successive scissioni o espulsioni dal gruppo “madre” P.U. fondato nel 2015 da Valeria G., la quale ha “distillato” l’ideologia OPPT dagli Stati Uniti, adattandola alla nostra realtà.

Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili andrebbero ripristinati perché disattesi.

La ricognizione e l’auto-apprendimento della documentazione sui Diritti umani presente sul web può aiutare a comprendere ma, occhio, dovrà avvenire gradualmente, essendo vera e propria scienza sociale richiede disponibilità al sacrificio dell’approfondimento, trattandosi in fin dei conti di studio e ricerca giuridica, volta all’abbattimento di un vero e proprio conflitto di interessi tra l’essere umano e lo Stato, uno scontro nel quale noi siamo la parte più debole.

 

Eccoti tre collegamenti web adatti a cominciare le tue manovre di assaggio:
Il 1° collegamento punta ad un articolo da me pubblicato in questo blog, sulla Legale Rappresentanza >>> https://dirittiumaniblog.wordpress.com/2016/07/06/legale-rappresentanza-e-un-living-trust/
Il 2° collegamento è la videoregistrazione relativa ad un recente incontro pubblico di P.U. tenutosi in Veneto, liberamente fruibile sul web >>> https://www.youtube.com/watch?time_continue=2180&v=_hVXi24_e0o
Il 3° collegamento è la pagina web di uno dei nostri svariati detrattori pro-sistema >>> https://www.nextquotidiano.it/la-rivoluzione-permanente-del-popolo-unico/

 

Ti consiglio di fermarti immediatamente e di prendere appunti non appena dovessi sentirti estraneo ad un argomento: è arduo proseguire senza aver metabolizzato i precedenti passaggi.

Mi auguro di averti trasferito il messaggio più importante, che è la prudenza. Per favore non ti avventare su ipotesi “operative” prima di essere assolutamente certo di ciò che stai facendo. Pondera bene i fatti, a tavolino, confrontandoti anzitutto con la teoria. Alla messa in pratica c’è sempre tempo, soprattutto dato che la LR non è uno strumento fatto per “non pagare il conto, o non pagare le tasse, ecc.”, ciò, eventualmente, se e quando tutto fila liscio, sarà una semplice conseguenza naturale…

● Quanto il personale medico è qualificato?

1701061936-traspar2
IERI AVEVO CONDIVISO SU FACEBOOK il post di Fabio Franchi dal titolo COLLOQUIO CON IL PEDIATRA (qui di seguito il testo) a cui è seguita l’interazione con un medico di Napoli, che riporto subito dopo, a cui ho dovuto immancabilmente dare riscontro, come sotto riportato…
Pediatra: “Allora le facciamo queste punturine?”
Genitore: “Ma io vorrei avere qualche informazione e sapere se rischio qualcosa” 
P: “Ma sì, ci può essere un po’ di febbricola, tutt’al più! un po’ di male al braccio, … un po’ di pianto, niente di grave.”
G: “Ma io ho sentito che ci possono essere anche effetti avversi gravi, anche l’AIFA ne riporta tanti.”
P: “Signora, non si confonda! quelle sono “segnalazioni”, sono cose che sarebbero capitate comunque. Deve sapere che le malattie ci sono anche indipendentemente dai vaccini. Ne era al corrente?” “Certo, ci sono gli shock anafilattici, che sono un’eventualità remotissima però comunque sono facilmente risolvibili con un po’ di adrenalina che noi abbiamo sempre a disposizione in ambulatorio. …. Ce l’avevo qui, in questo cassetto … Marta! Marta, dove ha imbucato l’adrenalina? Gliel’avevo già chiesto la scorsa settimana, non deve mancare mai! Vada subito a procurarsi qualche fialetta”
G: “Quindi solo effetti avversi di scarsa entità. Ma, scusi, come fa a saperlo?”
P: “Ma che domanda mi fa?! Con tutti gli studi che ci sono a disposizione, certo che lo sappiamo! Dagli studi pubblicati si sa che è così. Tutta la comunità scientifica è concorde.”
G: “… da quel che mi hanno detto, non sembra che ci sia nessuno studio che abbia confrontato un gruppo di vaccinati con 10 vaccini ed un gruppo di non vaccinati affatto. Lei dice che c’è. Mi potrebbe dare le coordinate di questo studio, che poi lo controllo e lo faccio controllare con calma da chi è più competente di me?” “Ovviamente, studi sui singoli vaccini non permettono di dedurre conclusioni sull’insieme.”
“Se lo studio non ci fosse, Lei non potrebbe informarmi, neanche con la più buona volontà, semplicemente perché non può umanamente sapere qualcosa che non è ancora conosciuto. Se Lei non può informarmi, io non posso firmare un consenso informato, visto che l’informazione non c’è. Giusto?”
“Affinché un consenso possa definirsi informato, bisognerebbe che l’informazione venisse data realmente. Almeno così mi ha detto la signora Debegnac, che ha fatto tutte le scuole dell’obbligo.”
G: “Se questo studio clinico randomizzato controllato non c’è, allora non può trattarsi che di un esperimento diretto. Se è un esperimento, allora ci dovrebbe essere la possibilità di una scelta da parte della cavia umana. Non dovrebbe essere obbligatorio un esperimento. Da quel che ricordo, gli esperimenti obbligatori su cavie umane venivano fatti nei regimi dittatoriali, con l’entusiasta partecipazione di molti medici. Ma noi viviamo ancora in un regime democratico, almeno io credevo così.” “Lei cosa mi dice a proposito?”
[…]
G: “C’è poi la questione dell’adiuvante e dell’alluminio, non pensa sia un problema?”
P: “Ma cosa vuole che sia signora! ce n’è una quantità infinitesimale. Noi e il bambino ne assumiamo tanto di più per bocca, o con il latte materno, o con il latte artificiale, e poi con i cibi e pure con l’acqua. Quindi non c’è proprio da preoccuparsi.
G: “Ma quanto alluminio si trova nei vaccini esattamente?”
[Qui di solito non sanno rispondere. Dei 5 medici o professori con cui mi sono confrontato pubblicamente, nessuno ne sapeva niente. Se sanno rispondere, si fa loro osservare che il primo giorno si supera già il limite considerato massimo dalla FDA americana (0,850 mg) e ribadito dal prof Burioni [1]. Se obiettano che in Europa il limite è più alto (cioé 1,25 mg), si può dire che siamo comunque vicino a valori elevati e che c’è il problema della tossicità cronica. La quantità di alluminio assunta con i vaccini nel primo semestre di vita, secondo il calendario vaccinale italiano è superiore di 23,5 volte il massimo consentito dall’EFSA [2]. per l’assunzione cronica, per un “peso medio”. Ce ne sarà in porporzione tanto di più se il bimbo sarà di peso inferiore alla media, o prematuro. “Come la mettiamo dottore? Lei mi mette per iscritto che consiglia al mio piccolo una dose di alluminio innocua, ma che viene considerata 23 volte tossica dall’EFSA?“ “Oppure, in alternativa, mi può scrivere che, secondo Lei, l’EFSA si sbaglia, specificandone in dettaglio i motivi?” ]
Per una disamina di alcuni aspetti, potete provare a leggere un mio commento alle risposte del dr. Giovanetti che ha pubblicato sul sito dell’ISS le sue “Risposte alle domande difficili”: https://drive.google.com/…/13FvOnynclJ7SmbxkrdIa-8LHO…/view…(versione 2)
Questo scritto riguarda solo la prima parte del documento. Dovreste sapermi dire se interessa e se il taglio può essere considerato utilizzabile (è quello lo scopo). Se sì, mi occuperò anche della seconda parte.
Nota [1]: Il prof Burioni, per dimostrare l’innocuità dell’adiuvante, in suo post ha citato un lavoro (HogenHesch 2013) in cui viene riportato che il limite massimo per dose è 0,850 mg, che viene superato fin dalla prima seduta vaccinale dal PNPV italiano
Nota [2]: Assunzione settimanale tollerabile (TWI): 1 mg/kg/settimana (da: Safety of aluminium from dietary intake. Scientific Opinion of the Panel on Food Additives, Flavourings, Processing. Aids and Food Contact Materials (AFC). (Question Nos EFSA-Q-2006-168 and EFSA-Q-2008-254). The EFSA Journal (2008) 754, 1-34.)
Calcolo approssimativo del livello massimo di assunzione ed assorbimento di alluminio secondo l’EFSA. Ha una funzione solo indicativa. E’ riferito a pesi (per mese) vicini alla media. Per confronto: nei primi sei mesi al lattante vengono inseriti all’interno del suo corpicino 3,390 mg (vedi schema allegato per il calcolo).
Links ai post precedenti https://www.facebook.com/fabio.franchi.921/posts/1913136628935738v

ECCO L’INTERVENTO DEL DOTT. TOZZI RICCARDO E CONSEGUENTE MIA RISPOSTA:

Mi dispiace intervenire ma l’ignoranza in materia è davvero sconcertante…..post ridicolo….giri di parole per convincere menti deboli !!! Ma non ricordate i casi di poliomielite??? Io ne ho visti molti purtroppo …ora scomparsi…avete mai visto gli spasmi tetanici???? Scomparsi .Vogliamo parlare della difterite? Ma cosa ne sapete? Niente infatti debellata.La tubercolosi? Non sapete nemmeno cos’ è…scomparsa con gli ospedali che la curavano….e le orchiti da parotite ? Che ne sapete ? Mi dispiace davvero dirvelo ma smettetela di consultare il dr.Google e così via e fidatevi….
Stefano Nizzola
Dato che si è preso il disturbo di replicare pur con il suo sconcerto, già che c’è almeno lo faccia bene, oggi è così facile informarsi! Lo faccia anche lei, al di fuori di Google, naturalmente, esca dal gregge. Veniamo al dunque. Nella sua disciplina, caro il nostro cardiochirurgo, non metto mai lingua ritenendomi inidoneo a farlo sia in profondità sia di striscio, al massimo riporto considerazioni di altri, particolarmente quando paiano suscitare curiosità. Tra l’altro, non ho difficoltà ad affermare che talvolta un vaccino possa anche essere utile. Quanto all’arte di argomentare qui dentro -adottata da eventuali astanti- sappia che replico unicamente a chi si distingue per cortesia, restituendogli altrettanta educazione: dunque, caro Tozzi, in questo caso per lei farò un’eccezione, pur mirata a distoglierla dal suo manifesto torpore. Vede, per me in prevalenza il problema non è medico-scientifico bensì è economico-sociale. Sono fortemente critico contro le lobby del farmaco, particolarmente con l’avvento del Pensiero Unico ordoliberista (se n’è accorto di vivere in pieno liberismo, vero?) tale logica comporta che una multinazionale NON INVESTA PER DEFINIZIONE DOVE NON GUADAGNA ABBASTANZA, NON TROVA? Ergo, il progresso medico (che pure c’è stato, stia tranquillo, non glielo disconosco) è ostacolato nel suo naturale avanzamento DA ESIGENZE DI LUCRO, di tornaconto, che può portare anche ad episodi di corruzione che in passato hanno riguardato anche specificatamente il settore delle vaccinazioni. LE TORNA QUALCOSA, VERO? Abbiamo avuto scandali anche nella chirurgia, ma sempre in conseguenza di un modello economico e sociale errato, o no? Lei ci vive lì dentro… Trovo interessante chiarire che l’Art. 32 Cost. recita: “Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Questo inciso sembra aver convinto i più che l’obbligo imposto per legge possa superare il consenso individuale al trattamento sanitario, MA NON E’ COSI’, ed è il secondo comma dello stesso articolo costituzionale a spiegarlo: “La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Le due locuzioni non sono casualmente contenute in due commi successivi l’uno all’altro vanno necessariamente lette nella loro consecutio temporis: LA LEGGE PUÒ OBBLIGARE AD UN DETERMINATO TRATTAMENTO SANITARIO, MA NON PUÒ COMUNQUE VIOLARE I LIMITI IMPOSTI DAL RISPETTO DELLA PERSONA UMANA. Non è il contrario. Non è che la legge non può violare i diritti della persona umana a meno che tale violazione sia giustificata da un obbligo. La legge può obbligare, ma non può comunque violare. Fin qui è chiaro? Bene. I diritti della persona umana cui l’art. 32 fa riferimento, tutelati anch’essi a livello costituzionale nelle disposizioni precedenti all’art. 32 Cost. sono, tra gli altri, il diritto alla autodeterminazione, diritti ripresi successivamente da numerose convenzioni e dichiarazioni tra cui quella di Oviedo di cui certamente ne avrà contezza… PUNTO DELLA SITUAZIONE. Nella legislazione ordinaria, pur mancando di un referente normativo “generale”, il principio del consenso informato è enunciato in numerose leggi speciali, quali quella istitutiva del Servizio sanitario nazionale (L. 833/1978 il cui art. 33 sancisce il carattere di norma volontario degli accertamenti e dei trattamenti sanitari, nel rispetto della dignità e della libertà umana), in tema di sperimentazione clinica (D.L.vo. n. 211/2003), di procreazione medicalmente assistita (L. 40/2004) e di attività trasfusionali e di produzione di emoderivati (L. 219/2005).
Nel Codice di deontologia medica del 2014, l’Art. 35 statuisce che “… Il medico non intraprende né prosegue in procedure diagnostiche e /o interventi terapeutici senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in presenza di dissenso informato….”. A livello di fonti sopranazionali, il medesimo principio come detto, trova riconoscimento nella Convenzione del Consiglio d’Europa sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, che, sebbene non ancora ratificata dallo Stato italiano (L’Italia è uno dei pochi paesi europei che non ha ancora depositato il protocollo di ratifica della Convenzione di Oviedo nonostante il 28 marzo 2001 abbia approvato la legge di ratifica n.145), costituisce una valida fonte d’indirizzo interpretativo.
Dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, adottata a Nizza il 7 dicembre 2000, si evince come il consenso libero e informato del paziente all’atto medico vada considerato non soltanto sotto il profilo della liceità del trattamento, ma prima di tutto come un vero e proprio diritto fondamentale del cittadino europeo, afferente al più generale diritto all’integrità della persona. Dunque, il consenso informato nasce molto tempo dopo la Costituzione, per conferire dignità pratica a tale diritto, fungendo da sintesi tra i due diritti fondamentali della persona alla cura ed alla autodeterminazione.
Esso è stato riconosciuto dalla Giurisprudenza UNANIME come principio fondamentale in materia di tutela della salute. Ebbene, è vero che residuano casi nei quali è limitatamente consentito non acquisire il previo consenso informato del paziente da sottoporre alle cure, ma si tratta dei casi in cui tale consenso non è acquisibile perché il soggetto che dovrebbe prestarlo non è capace di intendere e volere per patologie psichiatriche riconosciute (ed in tal caso peraltro si deve comunque acquisire il consenso del tutore o rappresentante legale), ovvero perché incosciente ed in immediato pericolo di vita (ed anche
in tal caso, laddove possibile, si dovrebbe prima acquisire il consenso dei parenti più prossimi). Le vaccinazioni dunque, per quanto obbligatorie, non sono un TSO vero e proprio, anche se impropriamente da più parti sono definite tali. Si consideravano TSO gli elettroshock, pratica inumana scomparsa, per i quali nessuno si è mai sognato di acquisire il consenso del soggetto sottoposto visto che era considerato incapace di prestarlo. Ora, la profilassi vaccinale è resa obbligatoria ma, per quanto detto, essa necessita comunque di un previo consenso informato giacché i soggetti cui è rivolta (adulti o bambini) sono capaci di intendere e volere e/o rappresentati da adulti capaci di intendere e volere. In presenza di tale capacità, attuale e concreta, siamo in presenza di un diritto attuale e concreto all’autodeterminazione che non può essere superato dall’obbligo. In altre parole, io posso essere obbligato a sottopormi a vaccinazione, ma conservo il diritto ad essere previamente informato circa il trattamento sanitario che riceverò e, in stretta correlazione, il diritto a non essere d’accordo. Senza il consenso di un soggetto giuridicamente capace, il trattamento sanitario può anche essere obbligatorio, MA NON PUO’ ESSERE PRATICATO perché la legge può imporre trattamenti sanitari obbligatori ma non oltre i limiti del rispetto della persona umana. ripeto: NON OLTRE I LIMITI DELLA PERSONA UMANA. La legge può obbligarmi ad un trattamento sanitario ma, non potendo superare il mio diritto all’autodeterminazione, non può obbligarmi ad essere d’accordo e, quindi, a riceverlo. Ciò chiarito, dolente del lungo pippone, le offro una ulteriore piccola riflessione a riprova: LA SBANDIERATA MINACCIA DI SEGNALAZIONE AL TRIBUNALE DEI MINORI E’ STATA CANCELLATA, SI DOMANDI PERCHE’. Saluti a lei e ai suoi vaccini.

Funziona, funziona…

 

 

● PIIGS arrivato su Rai 3

[Storia di un piccolo miracolo italiano raccontato da Claudio Santamaria]

PIIGS è film documentario del 2017 diretto e prodotto da Adriano CutraroFederico GrecoMirko Melchiorre e narrato da Claudio Santamaria che indaga le cause e i riflessi dell’austerity sulla società europea, in particolare del Sud Europa. Gli autori dichiarano che il film segue la tesi secondo la quale le politiche di austerity stanno aggravando gli effetti della crisi finanziaria, specialmente in quei Paesi che The Economist ha definito PIIGS (acronimo di PortogalloIrlandaItaliaGrecia e Spagna) – ovvero quegli Stati con un alto debito pubblico e un’economia debole.

TRAMA La cooperativa Pungiglione vanta un credito di un milione di euro dal comune e dalla regione e rischia di chiudere per sempre: 100 dipendenti perderanno il lavoro e 150 disabili rimarranno senza assistenza. È vero che nell’Eurozona non c’è alternativa all’austerity, al Fiscal Compact, al pareggio di bilancio, ai tagli alla spesa sociale? Al fallimento del Pungiglione? Il film tratta inoltre diversi interventi da parte di giornalisti ed economisti riguardo alla crisi economica attuale.

Partito in sordina, raccogliendo sul web i fondi necessari alla produzione, PIIGS è il documentario italiano con alle spalle la storia più incredibile ed affascinante, visibile da mezzanotte di sabato 30 dicembre 2017  accedendo e registrandosi gratuitamente a RAi Play, CLICCA QUI, link:

http://www.raiplay.it/video/2017/12/Piigs-ca977e13-e24f-4dbe-acda-65f265d5959a.html

Doveva essere una scommessa ed invece è arrivato a coinvolgere Noam Chomsky, Vladimiro Giacchè, Paolo Barnard, Warren Mosler, Erri De Luca, Stephanie Kelton e molti altri che hanno partecipato ad un viaggio che dai cinema di periferia ha raggiunto la TV nazionale a suon di sale piene durante tutto il suo percorso su e giù per la penisola.

Ma non è tutto.


PER I CULTORI DELLA RIDONDANZA (estratto da Goofynomics): …D’altra parte, voi lo capite bene: perché mai al mondo Nord e Sud avrebbero dovuto cooperare? Perché mai si sarebbe dovuta verificare una redistribuzione da Nord a Sud? Che fosse necessaria lo si sapeva – Mundell (1961) – e che non fosse politicamente proponibile anche – Kaldor (1971). Quindi? Quindi il disegno era perfetto e ha prodotto i risultati che doveva produrre: la distruzione del welfare, come era chiaro a Featherstone (2001). Piagnucolare “autteità bbutta attiva” come il fariseo De Grauwe non ci porta da nessuna parte. Il piddino andrà al cinema, verserà la lacrimuccia, uscirà sentendosi migliore, penserà che il giorno dopo, oltre a ritirare i vestiti in lavanderia, dovrà anche chiedere “un’altra Europa”, poi se ne dimenticherà – dell’Europa, non dei vestiti – e la cosa finirà lì.

Per rivedere la presentazione di Riccardo Iacona al film PIIGS basta accedere e registrarsi a RAI Play, CLICCA QUI, link:

http://www.raiplay.it/video/2017/12/Anteprima-Piigs-dd236cb2-87af-4599-a50d-71c692753896.html

PER SAPERE TUTTO SU PIIGS

RASSEGNA STAMPA ESSENZIALE

WIKIPEDIA

 

Lingua originale italiano
Paese di produzione Italia
Anno 2017
Durata 76 min
Genere documentario
Regia Adriano CutraroFederico GrecoMirko Melchiorre
Sceneggiatura Adriano CutraroFederico GrecoMirko Melchiorre
Casa di produzione Studio Zabalik
Distribuzione (Italia) Fil Rouge Media
Fotografia Mirko Melchiorre
Montaggio Federico Greco
Effetti speciali Costantino RoverMarco Bambina
Musiche Paolo BaglioDaniele BertinelliAntonio Genovino
Animatori Costantino Rover
Interpreti e personaggi

 

VERSIONE COMPLETA (Vimeo)

https://vimeo.com/249237893

● Andrebbe benissimo come discorso di fine anno

https://vimeo.com/249237893

1.     Cosa sono i trattati internazionali?

2.     Come influiscono sulla nostra Costituzione?

3.     Sono essi stessi costituzionali?

4.     È vero che nei trattati europei esiste una disoccupazione strutturale, ovvero che non si persegue la piena occupazione ma anzi questa viene evitata da parametri come il Nairu (non-accelerating inflation rate of unemployment)?

5.     Come stanno destrutturando, disarticolando lo Stato?

6.     Cos’è il vincolo esterno e come fu che accettammo “il grande disonore di essere italiani”?

7.     Come ha avvantaggiato l’economia tedesca?

8.     Come vengono distorte le norme della nostra costituzione?

9.     La sovranità appartiene al popolo o, più finemente, appartiene al popolo-lavoratore?

10. E cosa intendevano i costituenti per “lavoratore”?

11. Qual è l’articolo più importante nella Costituzione?

12. Perché il famoso motto di Calamandrei “lo Stato siamo noi” oggi viene comunemente deriso?

13. Tutelare il benessere della propria comunità, e promuoverne il progresso, equivale ad essere protezionisti e guerrafondai?

14. È stato il nazionalismo a provocare i conflitti in Europa, oppure è stato l’imperialismo, cioè quel modello che si vuole imporre a tutti gli altri negando proprio l’individualità dei vicini?

15. Il liberoscambismo economico incentiva o disincentiva la stabilità politica tra i popoli?

16. È gestibile ipotizzare trasferimenti dai creditori (soprattutto la Germania) ai paesi periferici, o la disciplina dei trattati, per stessa imposizione dei tedeschi, prevede il divieto del bail-out e della solidarietà fiscale?

17. È praticabile la via politica della modifica dei trattati oppure è da escludersi in partenza?

18. La nostra Costituzione, basata sulla inclusione di tutte le classi sociali nel Governo, e basata sui lavoratori, consente tutto questo?

Questi solo alcuni dei temi toccati da Luciano Barra Caracciolo, magistrato e giurista del Consiglio di Stato, nella lunga intervista di Byoblu.

Nel 2018 ricorrono i 70 anni dall’emanazione della nostra Costituzione. Come dice Calamandrei, abbiamo forze esterne allo Stato – e superiori ad esso – che decidono sostituendosi alle istituzioni democratiche costituzionali. Questo è avere lo straniero in casa. Ribellarsi a questo, per chi soffre gli effetti di questo impoverimento, è a portata di mano ed è proprio l’auspicio che possiamo fare, ovvero rivendicare la legalità costituzionale.

http://www.raiplay.it/video/2017/12/Piigs-ca977e13-e24f-4dbe-acda-65f265d5959a.html

 

 

● Se l’ONG è il governo dei non governativi

Quando le navi di alcune ONG si spingono a ridosso del confine marittimo della Libia, o lo oltrepassano, per imbarcare migliaia di aspiranti rifugiati e trasportarli in Italia sostenendo che si sarebbero messi in pericolo anche senza riceverne alcuna richiesta d’aiuto (nel 90% dei casi, secondo Frontex), il pur fragile e impotente governo libico denuncia giustamente la violazione della propria sovranità territoriale. Non così quello italiano, che offre loro coordinamento, porti, personale e imbarcazioni di supporto, oltreché il sostegno dei propri esponenti politici.

Tradotto in termini istituzionali, gli organi sovrani del nostro Paese accolgono gli obiettivi dei finanziatori privati delle ONG a dispetto dell’impatto che questi, una volta tradotti in azione, eserciteranno sulla res publica: dai bilanci (5 miliardi di euro per l’accoglienza preventivati nel 2017) all’ordine pubblico, dal consenso alla coesione sociale. E sul piano della narrazione politica, per giustificare la concessione di questa discrezionalità privata davvero inedita per proporzioni e conseguenze, la imbastiscono nei termini politici della necessità: di un «fenomeno epocale», esogeno e quindi ingovernabile.

Nel dubbio che introdurre masse di individui privi di autorizzazione nel territorio nazionale possa costituire reato (D.L. 286/1998, L. 189/2002), il nostro governo non imponeva la propria legge né la vigilanza delle proprie forze di polizia, ma proponeva alle ONG la sottoscrizione di un «codice di condotta» facoltativo che qualcuna firmava, qualcuna no, qualcun’altra ci avrebbe fatto sapere. Atteso che uno dei requisiti della citata legge 49/1987 era che le ONG «accettino controlli» (ibid. capoverso g), con questo ulteriore arretramento si riqualificavano i non governabili, già non governativi, come i diplomatici di un organismo sovranazionale non soggetti alla legge di alcuno, con i quali siglare al più protocolli d’intesa, timidi accordi bilaterali e gentlemen’s agreement il cui mancato rispetto non prevede sanzioni.

Più recentemente, una nota ONG recapitava una lettera aperta al presidente del Consiglio italiano per lamentare le condizioni carcerarie… in Libia. Secondo gli autori della missiva, il nostro governo e gli altri paesi europei sarebbero responsabili degli abusi condotti nei centri di detenzione libici e, nell’applicare le proprie leggi sull’immigrazione, di «pura ipocrisia» se non di «cinica complicità con il business criminale che riduce gli esseri umani a mercanzia nelle mani dei trafficanti». Senza riguardo per le sovranità e le giurisdizioni degli interessati, l’ONG in questione agiva così da Società delle Nazioni stabilendo problemi, responsabilità e soluzioni. Chi ha deciso che i detenuti in Libia abbiano diritto di entrare in Europa? Loro. E che debbano dirigersi in Italia? Loro. E che l’Italia debba farsi carico delle politiche libiche come nel 1911? Loro. E che lo debba fare non protestando con i diplomatici libici, inviando aiuti, collaborando con le autorità locali e dei paesi di origine, appellandosi alle corti internazionali, all’ONU e all’Unione Africana ecc. ma aprendo i propri confini? Sempre loro. E che noi si debba essere colpevoli di non accogliere chi dall’Africa ha comprato un biglietto per l’Europa e non, invece, chi non può neanche permettersi l’acqua, o gli yemeniti bombardati, o gli orfani di Bucarest? Ancora loro, bontà loro.

Come già in altri casi, prima di criticare gli atti e i protagonisti delle vicende occorre risalire alla loro rappresentazione. Perché le eccezioni di diritto fin qui descritte non traggono forza dalla violenza di chi le perpetra né dalla negligenza di chi le subisce, ma dal consenso che la loro formula continua a riscuotere nel pubblico. Se spostassimo l’indagine sul lato della ricezione scopriremmo che il fenomeno si colloca nell’alveo di tendenze molto più ampie e strutturate, come quella di postulare l’inadeguatezza delle strutture governative tradizionali – cioè nazionali – nell’affrontare e risolvere i problemi che affliggono la platea «globale» dei sofferenti. Da quel postulato scaturisce il desiderio di soluzioni «post governative» che trascendano la burocratica gravezza e i compromessi osceni dell’esistente politico, di una legge universale senza giudici e giurisdizioni, che riconosca solo sé stessa.

Se un tempo quella legge, per come ad esempio espressa nella Carta universale dei diritti umani, doveva ispirare gli ordinamenti traducendosi in norme e decisioni compatibili con la specificità dei ricettori, oggi la si vuole ad essi antagonista. La si immagina lex superior dettata dal cuore e di immediata applicabilità, più autorevole proprio in forza della sua autosussistenza e del suo essere truisticamente «buona». Nello scarto tra le lungaggini fallimentari del processo decisionale e l’incombenza dei pericoli di volta in volta presentati come i più spaventevoli ritroviamo così una vecchia conoscenza: quel «fate presto» che ieri insinuava l’incompatibilità delle piene garanzie democratiche con l’obiettivo di «pagare le pensioni» minacciate dallo spread e oggi, toccando le stesse identiche corde, tra il rispetto delle leggi e della volontà popolare e la morte delle masse in viaggio. In entrambi i casi, non c’è tempo per lo Stato, men che meno per quello democratico.

La N di ONG, indifferentemente dai meriti o demeriti di chi si fregia della sigla, sembrerebbe quindi tradursi nell’immaginario di tanti come particella non già privativa, ma dispregiativa. Racchiuderebbe in sé il sogno puerile di un «post Stato» dove comandano i buoni in quanto buoni e di un «sub Stato» – quello ordinario, riservato agli uomini ordinari che non «salvano vite» – che deve stare alla larga, ammutolire rispettoso e non intralciare gli atti di eroismo di cui è incapace. Sicché i magistrati che ipotizzavano condotte illecite nelle operazioni di salvataggio di alcune ONG erano guastafeste, inopportuni, per qualcuno anche infami. E una di quelle ONG esibiva sulla prua della propria nave il cartello «Fuck IMRCC», per significare quanto apprezzasse gli sforzi della Guardia Costiera di contenere flussi e «salvataggi» nei limiti della legalità, con l’Italian Maritime Rescue Coordination Centre.

Questa tentazione di un’«anarchia del bene» è forse tra le regressioni psicologiche meno indagate della crisi istituzionale dei decenni recenti. Eppure ha già una lunga storia alle spalle, di cui le ONG non sono che gli ultimi protagonisti, quando non le vittime. Se da un lato l’illusione di un «oltre» lo Stato soddisfa i requisiti di un nichilismo dove la corruzione si sana con la negazione, dall’altro, quello reale, essa consegna un ampio scudo immunitario a chi ha la forza di prenderselo: cioè ai più forti, o se si preferisce ai più ricchi. Che se non sempre sono anche i «migliori», possono agevolmente farlo credere comperando spazi sui giornali. Si apre così un vulnus nello stato di diritto, una corsia riservata ai capitali privati per incunearsi nel governo pubblico saltando a pie’ pari le pur fragili, ma esistenti, precauzioni, regolazioni, norme di vigilanza. È perciò una privatizzazione al cubo: perché senza bandi né disciplinari, commissioni giudicanti o scadenze di affido, ma prima ancora perché di norma cara ai nemici naturali delle privatizzazioni, qui paghi di salutarne l’intenzione e l’involucro «nobile e disinteressato».

Se le ONG che destabilizzano sono solo una minoranza (molto) rumorosa, è però vero che il governo dei non governativi rappresenta oggi la cifra tecnica dominante del riformismo più violento. Perché nel reclamare uno statuto «altro» e più alto consente di dettare le leggi senza essere legislatori, fare politica senza essere eletti, agire senza titolo e decidere senza responsabilità, disattivando in un sol colpo tutto l’arsenale delle cautele costituzionali e procedurali che si applicano agli statuti codificati. In questa deroga pascolano già da anni i banchieri centrali «indipendenti» dal potere politico, veri dominidelle agende politiche contemporanee, per l’analoga e bizzarra idea che se lo Stato è inefficiente e mariuolo, i grandi azionisti degli istituti di credito privati servirebbero l’interesse generale perché «razionali». E così anche i tecnocrati, quelli che non bisogna infastidire con le opposizioni perché «competenti» e «autorevoli». E la piaga del secolo, il sovranazionalismo, dove l’illusione di uno spazio politico «altro» e migliore serve a promuovere cambiamenti incompatibili con gli ordinamenti interni delle comunità. Se certe cose ce le chiedessero i nostri ministri, sarebbero incostituzionali, o illegali. Invece ce lo chiede Leuropa, i think tank intergovernativi, l’OMS ecc. in nome dei più alti principi, cioè di chi di volta in volta li finanzia.

Sicché va tutto bene, anche se non va bene.

 

Il saggio completo è qui >>> http://ilpedante.org/post/il-governo-dei-non-governativi

 


 

UN CASO DI SCUOLA

Migranti, spunta il dossier che inguaia le ONG
Le organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo, nel 90% del salvataggi effettuati, individuano direttamente le imbarcazioni che trasportano migranti, prima che sia partita una richiesta di aiuto e prima delle comunicazioni da parte della Guardia costiera, e sono attivate direttamente dai migranti stessi: i telefoni satellitari consegnati agli scafisti contengono infatti numeri delle imbarcazioni che intervengono. Si tratta di modalità che interferiscono con le indagini sui trafficanti. Sono queste, secondo quanto riferito dal ‘Corriere della Sera’, le accuse contenute nel dossier di Frontex su cui indaga il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro. Accuse alle quali le ong hanno già più volte replicato respingendole come “infamie”e ribadendo che il loro “unico obiettivo è salvare vite umane”.
La relazione dell’Agenzia europea indica 8 navi private e le relative ong, elencate dal quotidiano: Sea Watch di SeaWatch.org che batte bandiera olandese e porta fino a 350 persone; Aquarius di Sos Mediterraneo/Medici senza frontiere di Gibilterra con una capienza di 500 persone; Sea Eye di Sea Watch.org dall’Olanda, fino a 200 persone; Iuventa di Jugendrettet.org, bandiera olandese con 100 persone; Minden di Lifeboat Project tedesca per 150; Golfo Azzurro di Open Arms da Panama che porta fino a 500 persone; Phoenix di Moas con bandiera del Belize che ne imbarca 400; Prudence di Medici senza frontiere con bandiera italiana che è la più grande visto che ha 1.000 posti.
Frontex ha esaminato le rotte seguite da queste navi e in particolare le modalità di avvicinamento alle acque libiche, ma ha anche utilizzato testimonianze di migranti sbarcati e le informazioni fornite da agenzie di intelligence di alcuni Stati. E sostiene che “prima e durante le operazioni di salvataggio alcune ong hanno spento i transponder per parecchio tempo”.
LA REPLICA DI MSF – Dopo che Frontex ha inserito anche Medici Senza Frontiere Italia nel dossier, l’associazione umanitaria ha annunciato azioni legali. “Porteremo avanti azioni legali contro chi ci diffama” ha detto Loris De Filippi, presidente di Medici Senza Frontiere Italia, ai microfoni di ‘Radio Capital’.
“Una struttura come Frontex, che riceve finanziamenti enormi da parte dei 28 Stati membri Ue ed è inefficace – dice De Filippi – è evidente che deve mettere sul banco degli imputati qualcun altro. Dire che abbiamo rapporti diretti coi trafficanti è un’accusa infamante. Noi non spegniamo i trasponder – continua il responsabile Italia di Msf – in oltre il 70% dei casi il sistema di coordinamento di Roma ci dice dove andare avvisandoci del naufragio. In altri casi abbiamo avvistato noi i migranti dalle nostre navi e poi abbiamo avvisato il rescue center di Roma che ci ha detto che fare. Non è possibile che si dica che i migranti arrivano da noi perché ci sono le Ong”.

 

 

● CEDU: ricevibilità e procedura di esame dei ricorsi individuali

L’attuale art. 35 CEDU contempla una serie di condizioni di ricevibilità dei ricorsi, che sono tra l’altro parimenti inserite in altri trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti umani. La disposizione dell’art. 35 è stata modificata con l’entrata in vigore del Protocollo n. 14 (vigente dal 1° giugno 2010) ed è oggetto di ulteriore revisione da parte del recente Protocollo n. 15 (firmato il 24 giugno 2013, ma non ancora in vigore).

Tra le condizioni di ricevibilità più importanti vanno annoverate certamente quelle relative:

A) alla necessità di previo esperimento delle vie di ricorso interne (di cui ha già ampiamente parlato il prof. Pitea);

B) al rispetto del termine di sei mesi dalla decisione interna definitiva (termine che sarà ridotto a 4 mesi dopo le modifiche apportate con il Protocollo n. 15);

C) quella relativa alla compatibilità del ricorso con le disposizioni della Convenzione;

D) quella relativa all’assenza di manifesta infondatezza del ricorso;

E) quella, infine, introdotta con il Protocollo n. 14 relativa, al pregiudizio importante.

La sussistenza di tali condizioni di ricevibilità deve essere verificata per ogni doglianza sollevata in un ricorso, inoltre le suddette condizioni hanno carattere cumulativo, sicché il mancato verificarsi di una sola di esse determinerà l’irricevibilità del ricorso.

La verifica circa la sussistenza delle condizioni di ricevibilità è condotta, in primo luogo, dalla Corte europea in composizione di giudice unico (art. 26 CEDU) il quale, ai sensi dell’art. 27 CEDU, può, con decisione definitiva, dichiarare irricevibile o cancellare dal ruolo un ricorso individuale presentato ai sensi dell’art. 34, quando tale decisione può essere adottata senza ulteriori accertamenti. La competenza del giudice unico incontra il limite dei ricorsi introdotti contro l’Alta Parte contraente in relazione alla quale tale giudice è stato eletto (art. 26, par. 3, CEDU). Quando non procede in questo senso, il giudice unico trasmette il ricorso a un comitato o a una Camera per l’ulteriore esame.

I comitati sono composti da tre giudici (art. 26 CEDU) ed esercitano le competenze delineate all’art. 28 CEDU. Con voto unanime i comitati possono: dichiarare irricevibile il ricorso o cancellarlo dal ruolo quando la decisione può essere adottata senza ulteriore esame ovvero dichiarare ricevibile il ricorso, definendo la controversia anche nel merito, quando la questione relativa all’interpretazione e all’applicazione della Convenzione o dei suoi Protocolli all’origine della causa è oggetto di una giurisprudenza consolidata della Corte. Decisioni e sentenze così adottate sono definitive.

Infine, nei casi in cui non sia intervenuta alcuna decisione o sentenza ai sensi degli artt. 27 e 28, la controversia sarà portata all’attenzione di una Camera, composta da sette giudici (che ai sensi dell’art. 26, par. 2, possono essere ridotti a cinque per un periodo determinato con decisione unanime del Comitato dei ministri su richiesta dell’Assemblea), che si pronuncerà sulla ricevibilità e sul merito dei ricorsi individuali presentati ai sensi dell’art. 34 CEDU. È riconosciuta anche la possibilità che la Camera si pronunci sulla ricevibilità del ricorso separatamente dal merito (art. 29 CEDU).

 

Termine dei sei mesi

Uno dei principali limiti posti dall’art. 35 CEDU per la ricevibilità del ricorso consiste nella fissazione di un termine di decadenza di sei mesi dalla decisione interna definitiva per poter utilmente adire la Corte. Il termine di sei mesi, che – come detto – con l’entrata in vigore del nuovo Protocollo n. 15 sarà ridotto a quattro mesi, costituisce evidentemente un fattore di certezza del diritto e di sicurezza giuridica. La Commissione prima, e più di recente la Corte, hanno più volte ribadito che la ratio di tale norma consiste nell’esigenza che i ricorsi siano trattati in un periodo di tempo relativamente breve in modo da evitare che il passare del tempo renda difficile la ricostruzione dei fatti di causa, vanificando in questo modo l’esame dei ricorsi da parte della Corte.

Il termine dei 6 mesi inoltre ha la funzione di permettere al potenziale ricorrente di valutare l’opportunità di adire la Corte e di formulare in maniera esaustiva le doglianze che intenda far valere dinanzi a questa, con i relativi argomenti e la necessaria raccolta di documentazione prodromica alla presentazione di un ricorso.

In particolare, il termine è rispettato se nei sei mesi il ricorso è trasmesso alla Corte. Le modalità di introduzione del ricorso individuale sono state recentissimamente oggetto di modifica. Ai sensi del nuovo art. 47 del Regolamento di procedura della Corte europea, in vigore dal 1° gennaio 2014, il termine semestrale per l’introduzione di un ricorso, di cui all’art. 35, par. 1, CEDU, decorre dalla data in cui il formulario, debitamente compilato secondo le regole fissate dal medesimo articolo, è inviato a mezzo posta. Non è dunque più possibile, ai fini dell’interruzione del termine dei sei mesi, inviare la c.d. lettera di denuncia.

È necessario quindi tenere in massima considerazione tali condizioni, in quanto il mancato rispetto del termine semestrale conduce la Corte a una declaratoria di irricevibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 35, par. 4 CEDU.

Questa considerazione assume ancor maggiore valenza se si tiene a mente che la regola dei sei mesi è inderogabile; ed infatti da un lato:

  • 1) la Corte può anche rilevare d’ufficio la tardività del ricorso, ed inoltre,
  • 2) una eventuale rinuncia da parte dello Stato convenuto è priva di ogni effetto, in quanto la regola dei sei mesi mira a proteggere principi cardine dello Stato di diritto quali la certezza del diritto e la sicurezza giuridica che non possono esser compressi.

Sulla base di questa condizione di ricevibilità il ricorso deve essere, dunque, presentato alla Corte europea entro sei mesi dalla data della decisione interna definitiva.

A questo proposito, per decisione interna definitiva non si intende la sentenza passata in giudicato bensì la decisione non più soggetta a gravame e per mezzo della quale si è realizzato l’esaurimento delle vie di ricorso interne, ossia generalmente la sentenza emessa dalla più alta istanza giudiziaria.

Il computo del termine è a mesi di calendario comune, indipendentemente dalla durata effettiva in giorni dei mesi in questione. In altre parole, poniamo che la sentenza definitiva sia di oggi, 20 marzo 2015, il termine ultimo per presentare ricorso dinnanzi alla Corte EDU sarà il prossimo 20 settembre, e non il 16 settembre (come se considerassimo 180 giorni) o ancora il 21 ottobre (termine scaturente dall’applicazione della sospensione per il periodo delle ferie giudiziarie), in quanto la sospensione feriale in Italia dei termini processuali scadenti nel periodo dal 1 agosto al 31 agosto di ogni anno non opera nel computo del termine semestrale. Come la Corte ha avuto modo più volte di ribadire infatti né la Convenzione né il regolamento di procedura della Corte prevedono una tale sospensione (vedi, A.L.M. c. Italia, sent. 28 luglio 1999, § 19).

Se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto fino al giorno seguente non festivo.

 

Dies a quo

  1. a) quando ci sono rimedi interni

Il termine dei sei mesi viene generalmente calcolato a partire dal momento della effettiva conoscenza da parte del ricorrente del testo della decisione definitiva, resa al termine della regolare procedura di esaurimento delle vie di ricorso interne. Una volta esaurite le vie di ricorso ordinarie, per il ricorrente comincia dunque a decorrere il termine dei sei mesi, che non verrà sospeso nel caso che si vogliano tentare altri mezzi straordinari di ricorso: ad esempio, la domanda di revisione del processo non sospende il termine semestrale. Lo stesso discorso vale, ad esempio, per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica o per il ricorso gerarchico in materia di diritto amministrativo.

La data della decisione interna definitiva dipende dalle regole previste dall’ordinamento interno in materia di pubblicazione dei provvedimenti giurisdizionali (deposito in cancelleria o notifica dell’avviso di deposito, se previsto). Nell’ipotesi in cui sia prevista la notifica d’ufficio della decisione, il termine decorre dalla data di comunicazione alla parte. Se, invece, non è prevista la notifica d’ufficio il termine decorre dal momento in cui la decisione è effettivamente accessibile al ricorrente che deve, pertanto, farsi parte diligente al fine di ottenerne copia.

Per quanto concerne l’Italia, in particolare, bisogna distinguere a seconda che si tratti di giudizio civile o di giudizio penale:

  • 1) nel primo caso, posto che il dispositivo della sentenza è comunicato al difensore con avviso della data dell’avvenuto deposito del testo in cancelleria, i sei mesi decorrono dalla data della notifica dell’avviso di deposito;
  • 2) nel secondo caso invece il difensore, che normalmente assiste alla pronuncia del dispositivo, deve attivarsi per procurarsi copia del testo delle motivazioni della sentenza: i sei mesi, in questo caso, decorrono dalla data di deposito della sentenza motivata.
  1. b) Quando non ci sono rimedi interni

Nelle ipotesi in cui l’ordinamento delle Stato convenuto non preveda ricorsi interni effettivi ed adeguati relativamente a una determinata doglianza sollevata nel ricorso, il termine di sei mesi inizia a decorrere dalla data dei fatti o delle misure oggetto del ricorso ovvero dalla data in cui il ricorrente ne abbia subito le conseguenze pregiudizievoli. Qualora la presunta violazione derivi direttamente da una disposizione legislativa, il termine semestrale inizia a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge a condizione che la disposizione stessa non lasci al giudice alcun margine di discrezionalità nella sua interpretazione tale da permettere di evitare il verificarsi del pregiudizio per il ricorrente. Infine, quando la violazione lamentata ha i caratteri della situazione continua, il termine di sei mesi non inizia a decorrere fintantoché questa situazione si protrae nel tempo. Per situazione continua si intende quella in cui l’individuo è sottoposto ad una limitazione continuata dei propri diritti riconosciuti dalla CEDU: ad esempio, nel famoso caso Dudgeon c. Regno Unito, la Corte ha considerato come continua la situazione determinata dall’esistenza di una legge che puniva la pratica dell’omosessualità (cfr. Dudgeon c. Regno Unito, sent. 22 ottobre 1981, § 41).

Dies ad quem

Il ricorrente decade dalla possibilità di adire la Corte allo scadere del sesto mese decorrente dal dies a quo (dopo 6 mesi e un giorno non è più possibile proporre tempestivamente ricorso alla Corte EDU). Questo termine è stato reso, come sopra ricordato, ancora più restrittivo con la modifica dell’art. 47 del Regolamento di procedura della Corte, il quale non prevede più la procedura della lettera di denuncia, interruttiva del termine di decadenza, con la possibilità, oggi non più garantita, di presentare entro le 8 settimane successive il formulario di ricorso debitamente compilato.

Attualmente dunque la data di introduzione coincide con la data in cui il formulario di ricorso, interamente compilato e corroborato dalla documentazione allegata, viene inviato da parte del ricorrente o dal suo avvocato.

Il ricorso è inviato generalmente via posta, e non è necessario l’invio in plico raccomandato, che tuttavia io consiglio vivamente: nel caso infatti in cui non pervenga alla Cancelleria della Corte il ricorso con la documentazione allegata, è onere del ricorrente dimostrare di averla invitata entro il termine semestrale, fornendo prove concrete in proposito. È buona prassi a tal proposito anticipare via fax l’invio tramite posta, in modo tale da tutelare il proprio assistito.

Non è invece attualmente possibile l’introduzione del ricorso tramite invio di una e-mail, anche se va ricordato che la Corte ha recentemente introdotto, in via sperimentale, la possibilità di introdurre un ricorso in via telematica esclusivamente per coloro che utilizzano il formulario in olandese o svedese.

 

È infine importante sottolineare che il termine semestrale è calcolato separatamente rispetto a ciascuna doglianza, con la conseguenza che se le varie doglianze siano presentate contemporaneamente una volta terminato il processo, alcune potrebbero essere considerate tardive se presentate successivamente alla decorrenza del termine dei sei mesi.

 

La condizione della non manifesta infondatezza del ricorso

Oltre alle due condizioni di ricevibilità principali, ossia il previo esaurimento delle vie di ricorso interne, da un lato, e il termine di sei mesi a partire dalla data della interna definitiva, dall’altro, la Convenzione detta altre condizioni di ricevibilità ai para. 2 e 3 dell’art. 35 CEDU.

Tra queste spicca quella della non manifesta infondatezza del ricorso. Si tratta, per tutta evidenza, di una condizione che investe il merito del ricorso, nel senso che i ricorsi alla Corte europea per essere accolti debbono presentare un fumus boni juris, cioè una seria parvenza di fondamento.

In altre parole, è manifestamente infondato il ricorso che, a seguito di un preliminare e sommario esame del suo contenuto materiale, non lasci ravvisare alcuna parvenza di violazione dei diritti garantiti dalla Corte.   Ovviamente, da ciò ne deriva che ogni ricorso con queste caratteristiche è suscettibile di essere immediatamente dichiarato irricevibile dal giudice unico.

Il concetto di manifesta infondatezza è strettamente collegato all’espressione di “quarta istanza”, utilizzata dalla giurisprudenza di Strasburgo per sottolineare che la Corte non è un giudice di appello, di cassazione o di revisione rispetto alle autorità giudiziarie degli Stati parte della Convenzione e, dunque, non può riesaminare la causa nello stesso modo in cui farebbe un giudice interno di ultima istanza.

Su questo argomento si innestano due considerazioni:

  1. da un lato, bisogna infatti ricordare che uno dei principi cardine che informano l’intero sistema convenzionale è il principio di sussidiarietà, in base al quale il compito di garantire il rispetto e l’attuazione dei diritti sanciti nella CEDU, nonché di sanzionarne l’eventuale violazione, spetta in primo luogo al giudice che è più vicino all’individuo che ne chieda la tutela e la garanzia, ossia al giudice interno. Conseguentemente, la Corte EDU interviene solo in caso di inattività o di deficit di tutela da parte del giudice interno. È preferibile, quindi, sulla scorta di tale ragionamento, che le indagini sui fatti oggetto della causa e l’esame delle questioni sollevate da chi si presume vittima di una violazione dei propri diritti siano condotti, per quanto possibile, a livello nazionale, affinché le autorità interne adottino misure che pongano rimedio alle violazioni della Convenzione lamentate.
  2. d’altro canto, nonostante le peculiarità della Convenzione, questa resta comunque un trattato internazionale, soggetto quindi alle norme che disciplinano i trattati: ciò implica che la Corte non può andare oltre i limiti delle competenze che gli Stati contraenti le hanno attribuito con atto di volontà sovrana, espresso tramite lo strumento della ratifica: ossia la vigilanza sul rispetto degli obblighi assunti dagli Stati tramite l’adesione alla Convenzione (e relativi Protocolli). La Corte non dispone dunque di poteri di intervento diretto negli ordinamenti giuridici interni, dovendone semmai rispettarne l’autonomia.

Sulla base di simili argomentazioni, la Corte generalmente rigetta per manifesta infondatezza ricorsi che implicherebbero valutazioni circa eventuali errori di fatto o di diritto commessi dai giudici interni, e dunque ad esempio non può giudicare da sé l’accertamento dei fatti di causa che hanno condotto il giudice interno ad adottare una certa decisione piuttosto che un’altra, o ancora l’interpretazione e l’applicazione del diritto interno; l’ammissibilità e la valutazione delle prove al processo o infine la colpevolezza o meno di un imputato in un procedimento.

Eccezionalmente la Corte può rimettere in discussione tali constatazioni e conclusioni nella sola ipotesi in cui esse siano viziate da arbitrarietà flagrante ed evidente, in modo tale da pregiudicare i diritti e le libertà salvaguardati dalla Convenzione.

Prendiamo ad esempio il tema delle prove: la Corte europea sostiene – con giurisprudenza costante sul punto – che la Convenzione non regolamenta il regime delle prove in quanto tale (sul punto il “leading case” è Mantovanelli c. Francia, 1997). Conseguentemente tra le sue funzioni non rientra il compito di esaminare gli errori di fatto o di diritto eventualmente commessi dai giudici nazionali nella valutazione delle prove, salvo che da essi consegua una violazione dei diritti e delle libertà garantite dalla Convenzione europea, in particolare in questo caso, dell’equità del processo, garantita dall’art. 6, par. 1, CEDU. Secondo il ragionamento della Corte, spetta dunque al giudice interno, nel rispetto del principio di sussidiarietà e del margine di apprezzamento che la Corte riconosce agli Stati, la valutazione sulle prove: solo qualora nel portare a compimento questo processo valutativo siano stati violati uno o più principi cardine posti a garanzia del giusto processo, la Corte ritiene congruo il suo intervento.

Altro esempio che mi viene in mente, in materia penale, è quello della violazione dei diritti di difesa nel senso di un difetto di correlazione tra accusa e sentenza, causato dalla illegittima riqualificazione giuridica dei fatti da parte del PM successivamente alla chiusura dell’istruttoria: la Corte sul tema specifico, come in generale accennato prima sulle questioni degli errori di fatto o di diritto, ha assunto una impostazione antiformalistica: ovverosia, non basta che vi sia stata una violazione – in pratica una nullità processuale – poi non riscontrata nei successivi gradi di giudizio. Occorre in qualche maniera dimostrare che questa violazione, per il modo e il momento in cui si è realizzata, era irrimediabile. La Corte, dunque, proprio perché non vuole sostituirsi al giudice interno, e diventare un giudice di quarta istanza, si acconcia ad considerare compatibile alla Convenzione qualcosa che è anche un minus rispetto a una piena difesa, salvando quella che è una forma di “errore innocuo”. Nell’esempio che richiamavo della riqualificazione giuridica del fatto, irritualmente avvenuta oltre i termini previsti dal codice di procedura penale, la Corte si accontenta, dunque, per evitare di dichiarazione la violazione, che all’imputato sia data una occasione concreta di contestazione contro la nuova forma assunta dall’accusa: ossia non dichiara la violazione se comunque in almeno un altro grado di giudizio l’imputato abbia avuto la possibilità in concreto di difendersi dalle nuove accuse.

Oltre al concetto di quarta istanza, largamente utilizzato dalla Corte nelle sue decisioni di irricevibilità per manifesta infondatezza, i giudici di Strasburgo hanno elaborato altri parametri.

Anzitutto, il motivo di ricorso è manifestamente infondato ogniqualvolta – pur soddisfacendo tutte le condizioni formali di ricevibilità – non rivela nessuna parvenza di violazione dei diritti garantiti dalla CEDU:

  • ad esempio per assenza di qualsiasi arbitrarietà o iniquità (il procedimento si è svolto conformente alle norme procedurali domestiche; i giudici interni hanno esaminato e preso in considerazione tutti gli elementi di fatto e di diritto oggettivamente pertinenti ai fini della soluzione della disputa);
  • per assenza di sproporzione tra scopi e mezzi (questo parametro si riferisce a quegli articoli – art. 8, art. 9, art. 10 e art. 11 – che prevedono la possibilità di limitare da parte dello Stato l’esercizio di tali diritti, tramite l’adozione di misure restrittive). La Corte in questi casi ritiene l’ingerenza dello Stato non contraria alla CEDU quando essa i) è prevista da una “legge” sufficientemente accessibile e prevedibile, ii) persegue uno degli scopi legittimi previsti dalla norma (ad es. la sicurezza, l’ordine pubblico ecc…), e iii) se è necessaria in una società democratica;
  • quando esiste una giurisprudenza costante della Corte sul punto di non violazione.

La Corte inoltre perviene a conclusioni di manifesta infondatezza quando i motivi di ricorso non sono supportati da validi elementi di fatto (fondamentale in questo senso è la prova documentale a sostegno delle proprie affermazioni) e da puntuali e pertinenti argomentazioni in diritto (ad es, nel caso in cui il ricorrente che si limiti a citare una o più disposizioni della CEDU senza spiegare in che modo le stesse siano state violate). Altro esempio di rigetto è il motivo di ricorso fantasioso, relativo a fatti oggettivamente impossibili, inventati o contrari al buon senso, e infine la doglianza che sia confusa, al punto da rendere impossibile alla Corte l’esame e la comprensione delle violazioni e dei fatti denunciati.

Questa condizione di ricevibilità è stata per lungo tempo invocata dalla Commissione dei diritti dell’uomo, prima della riforma introdotta dal protocollo n. 11, per rigettare molti ricorsi con un’interpretazione estremamente rigorosa delle norme della Convenzione. Ancora oggi, si tratta di uno dei principali strumenti utilizzati dalla Corte per flirtare e rigettare la valanga di ricorsi che la Corte riceve dai 47 Stati contraenti della CEDU.

Infine mi preme sottolineare che, anche con riferimento a questa condizione di ricevibilità, ugualmente a quanto detto con riguardo al termine semestrale, si può avere una dichiarazione di irricevibilità relativa ad una singola doglianza o motivo di ricorso, formulato nel più ampio contesto di una causa. Così, ben può succedere che alcune doglianze del ricorso vengano rigettate in quanto manifestamente infondate (ad esempio, perché implicherebbero un giudizio di quarta istanza, o ancora perché il motivo di ricorso non appare supportato da idonea documentazione o non è argomentato), mentre altre doglianze superino il filtro di ricevibilità e conducano eventualmente a una constatazione di violazione della CEDU (o meglio di uno dei diritti da questa tutelati).

 

Compatibilità di ricorsi con le disposizioni della Convenzione

Altra condizione di ricevibilità prevista dall’art. 35 CEDU è quella riguardante la compatibilità del ricorso con le disposizioni della Convenzione stessa, che si traduce in una sorta di competenza della Corte ratione temporis, loci, personae, e materiae.

  1. a) Competenza della Corte ratione temporis.

Questa condizione è mutuata dal diritto internazionale generale secondo il quale un trattato non ha valore che per i fatti successivi alla sua entrata in vigore nei confronti dello Stato interessato. Si pensi, ad esempio, agli Stati dell’Europa centrale ed occidentale, entrati a far parte del Consiglio d’Europa a partire dagli anni ‘90, i quali non sono tenuti, in via di principio, a rispondere per fatti avvenuti durante il periodo del regime comunista.

  1. b) Competenza della Corte ratione loci.

L’ambito di applicazione territoriale della Convenzione è fissato dall’art. 1 il quale prevede che i diritti e le libertà enunciati nella Convenzione sono riconosciuti ad ogni persona sottoposta alla giurisdizione delle Alte Parti contraenti, cioè degli Stati parte della Convenzione.

Quello che mi interessa sottolineare in proposito è il concetto di giurisdizione espresso in questa norma. In linea di principio, ai sensi dell’art. 1 della CEDU, si ritiene che gli individui sottoposti alla giurisdizione delle Alte Parti contraenti, nei confronti dei quali queste ultime sono obbligate a garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali sanciti dalla Convenzione, siano quelli presenti sul loro territorio. Ciononostante, in virtù di un’evoluzione giurisprudenziale tutt’altro che lineare, la Corte europea ha riconosciuto che gli Stati membri della Convenzione sono chiamati a rispondere anche delle violazioni perpetrate al di fuori del loro territorio laddove essi erano nella posizione di esercitare sulla presunta vittima un controllo effettivo, tanto de jure quanto de facto. In particolare, la Corte, nel famoso caso Bankovic e altri c. Belgio del 2001, ha precisato come l’extraterritorialità costituisca un’eccezione all’ordinaria giurisdizione degli stati in due casi: (i) quando, a qualunque titolo (occupazione militare, consenso dello stato territoriale, ecc.) uno stato, attraverso l’«effettivo controllo» di una porzione di territorio, esercita in tutto o in parte i poteri di governo dello stato territoriale; ovvero (ii) nel caso di attività degli agenti di tale stato all’estero o comunque a bordo di velivoli e imbarcazioni battenti bandiera nazionale. Successivamente, la Corte ha in parte modificato il proprio orientamento, aggiungendo che questa circostanza può verificarsi anche nel caso di atti compiuti da membri delle forze armate di uno Stato al di fuori del proprio territorio (cfr. Al-Skeini e altri c. Regno Unito, 2011), ovvero da pubblici ufficiali di uno Stato in acque internazionali (cfr. Hirsi Jamaa e altri c. Italia, 2012).

  1. c) Competenza ratione personae

Non mi soffermo su questo aspetto, perché involge i concetti della qualità di vittima, già trattati dal prof. Saccucci.

  1. d) Competenza della Corte ratione materiae.

La violazione invocata dinanzi alla Corte deve ovviamente riferirsi ad una delle libertà e dei diritti sanciti dalla Convenzione. Talvolta, la formulazione apparentemente vaga delle disposizioni della Convenzione ha comportato problemi di interpretazione. Si pensi alle nozioni di “diritti e doveri di carattere civile” o di “accusa penale” contenute nell’art. 6, par. 1. Ebbene, nel corso degli anni la giurisprudenza della Commissione ha ricondotto nell’ambito della nozione di “diritto civile” il diritto del lavoro, il diritto tributario, il diritto amministrativo.

 

Altre condizioni di ricevibilità

Vi sono poi altre condizioni di ricevibilità dei ricorsi che rivestono minore importanza e che, peraltro, trovano anche scarsa applicazione nella pratica: si tratta delle ipotesi di ricorso abusivo, di ricorso anonimo o del ricorso identico ad uno già esaminato o già sottoposto ad altra istanza internazionale.

Anzitutto il ricorso è irricevibile a norma dell’art. 35, par. 3, lett. a), quando è abusivo, ossia azionato dal ricorrente in modo pregiudizievole, al di fuori della sua finalità.

La giurisprudenza della Corte EDU ha chiarito a questo proposito che il ricorso è abusivo:

  • se fondato deliberatamente su fatti inventati o falsamente provati, in modo da portare in errore la Corte; oppure
  • se utilizza un linguaggio vessatorio, oltraggioso, minaccioso o provocatorio nei confronti dello Stato convenuto, della Corte, dei giudici o della Cancelleria; o ancora
  • se si pone in contrasto e in violazione intenzionale dell’obbligo di riservatezza assunto dal ricorrente nell’ambito delle negoziazioni nel corso della composizione amichevole tra la parte e lo Stato convenuto (l’ipotesi di composizione è prevista dall’art 39 CEDU, ed è obbligatoria ai sensi dell’art. 62, par. 1 del Regolamento della Corte).

Per quanto concerne il ricorso anonimo è evidente che la Corte non può accettare ricorsi nei quali non si è specificato colui che lamenta la violazione della Convenzione sia perché deve poter conoscere i fatti di causa sia per evitare strumentalizzazioni politiche.

Altra e diversa questione è quella della riservatezza sul nominativo del ricorrente, che ben può essere richiesta al Presidente della Camera incaricato di seguire il procedimento quando ne faccia richiesta ai sensi dell’art. 33 e dell’art. 47, par. 4 del Regolamento di procedura della Corte. Si ponga il caso che il ricorrente sia una figura di spicco – ad esempio un politico: in queste situazioni la richiesta di riservatezza serve ad evitare delle ripercussioni pregiudizievoli sulla vita privata del ricorrente. Altro esempio è quello della vicenda che abbia un rilievo mediatico nazionale, e la richiesta viene fatta per evitare gli effetti negativi che la pubblicizzazione circa la presentazione di un ricorso potrebbe avere in questi casi. Ancora, la richiesta di anonimato può avere come spiegazione il timore di ritorsioni (potrebbe essere questo il caso di un richiedente asilo).

Per quanto concerne i ricorsi identici a quelli già presentati ovvero presentati ad altre istanze internazionali, si verte evidentemente in materia di ne bis in idem e di litispendenza.

La Corte, tuttavia, in ragione della particolarità della materia dei diritti umani ha sempre interpretato in maniera non restrittiva tali principi.

In particolare, il concetto di identità si riferisce allo stesso tempo, e contestualmente, alle parti e ai motivi con la precisazione che l’identità dei motivi non si riferisce ai mezzi di fatto e di diritto allegati – ossia alla qualificazione giuridica della domanda – ma piuttosto ai fatti storici che fondano la violazione del diritto invocato e che sono posti a fondamento del ricorso.

 

La condizione relativa al pregiudizio importante

L’ultima condizione prevista all’art. 35, comma 3, lett. b), CEDU è stata introdotta con l’adozione del Protocollo n. 14 ed è stata oggetto di modifica da parte del Protocollo n. 15 recentemente adottato (ma, come detto, non ancora in vigore).

Questa nuova condizione richiede che un ricorso, seppur generalmente ricevibile e potenzialmente fondato, possa essere rigettato nel caso in cui il ricorrente non abbia subito un pregiudizio importante come conseguenza della violazione lamentata. La previsione del suddetto criterio di ricevibilità, ispirato al principio de minimis non curat praetor, ha l’obiettivo di mettere a disposizione della Corte europea uno strumento utile a definire in modo rapido le controversie che non meritano un esame del merito così da avere più tempo per concentrarsi sui restanti casi.

L’elemento essenziale e centrale di questa nuova disposizione è, dunque, il “pregiudizio importante” la cui sussistenza deve essere necessariamente verificata caso per caso. A tal fine, la Corte europea tiene conto sia della percezione soggettiva del ricorrente che delle conseguenze obiettive della violazione e, in particolare, del pregiudizio patrimoniale. Quest’ultimo non viene valutato in astratto, ma facendo riferimento alla situazione specifica della persona e di quella economica del paese o della regione in cui questa vive.

L’applicazione del criterio del “pregiudizio importante” incontra due limiti stabiliti dallo stesso art. 35, comma 3, lett. b), CEDU. Questa disposizione prevede, in primo luogo, che non può essere applicato il suddetto criterio quando “il rispetto dei diritti dell’uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli esiga un esame del ricorso nel merito”. Ciò si verifica, per esempio, quando la Corte sia chiamata a risolvere questioni di carattere generale relative alla portata degli obblighi convenzionali ovvero quando lo Stato convenuto sia chiamato a risolvere problemi di carattere strutturale che coinvolgano un grande numero di persone.

Il secondo limite posto all’applicazione del suddetto criterio prevede che un ricorso possa essere dichiarato irricevibile “a condizione di non rigettare per questo motivo alcun caso che non sia stato debitamente esaminato da un tribunale interno”. Quest’ultimo periodo, espressione del principio di sussidiarietà, è stato eliminato dalla riforma adottata con il Protocollo n. 15. Secondo quanto si legge nell’explanatory report che accompagna il suddetto Protocollo, questa modifica è stata adottata al fine di dare migliore applicazione al principio de minimis non curat praetor.

 

● È l’ordoliberismo, bellezza. Ma la volete piantare?

Clamorosa sentenza del Consiglio di Stato (qui per intero Num. 4614/2017) che abilita le pubbliche amministrazioni a confezionare bandi senza compenso per il professionista aggiudicatario.

Ritorno di immagine, utilità extra-economiche, sussidiarietà… Tutto l’arsenale dei più noti argomenti snocciolati ogni piè sospinto dalla grancassa massmediatica riuniti in poche righe: le amministrazioni al collasso da anni di cure austeritarie “lacrime e sangue” potranno prevedere contratti non remunerati, con tanti saluti all’art. 36 della Costituzione, ai codici deontologici e agli interessi dei cittadini. Tutto ciò, per esplicita dichiarazione del Consiglio di Stato, grazie alla disciplina comunitaria che tali dinamiche facoltizza.

Di seguito uno degli stralci più significativi: “L’utilità costituita dal potenziale ritorno di immagine per il professionista può essere insita anche nell’appalto di servizi contemplato dal bando qui gravato: il che rappresenta un interesse economico, seppure mediato, che appare superare –alla luce della ricordata speciale ratio– il divieto di non onerosità dell’appalto pubblico, e consente una rilettura critica dell’asserita natura gratuita del contratto di redazione del piano strutturale del Comune di Catanzaro. L’effetto, indiretto, di potenziale promozione esterna dell’appaltatore, come conseguenza della comunicazione al pubblico dell’esecuzione della prestazione professionale, appare costituire, nella struttura e nella funzione concreta del contratto pubblico, di cui qui si verte, una controprestazione contrattuale anche se a risultato aleatorio, in quanto l’eventuale mancato ritorno (positivo) di immagine (che è naturalmente collegato alla qualità dell’esecuzione della prestazione) non può dare luogo ad effetti risolutivi o risarcitori. Non vi è dunque estraneità sostanziale alla logica concorrenziale che presidia, per la ricordata matrice eurounitaria, il Codice degli appalti pubblici quando si bandisce una gara in cui l’utilità economica del potenziale contraente non è finanziaria ma è insita tutta nel fatto stesso di poter eseguire la prestazione contrattuale. Il mercato non ne è vulnerato”.

Appare ormai evidente che anche il mondo delle libere professioni sia ampiamente soggiogato dall’Unione Europea e dai suoi diktat […]

via Lavorare gratis? Te lo dice l’Europa e fa curriculum — ASSOCIAZIONE INDIPENDENZA

● Qual è la vera difesa dell’individuo consumatore? Quella che non c’è

[Globalizzatori e markettari (operatori del marketing) non riempitevi la bocca di parole che non vi appartengono] 

La dicotomia lavoratore-consumatore è la principale guerra fra poveri che il Capitalismo scatena per dominare. Ciò che va capito è che dietro a un prezzo basso c’è sempre un salario basso. Naturalmente c’è la tecnologia, c’è la produttività, però nel breve periodo per far pagare poco le cose devi pagare poco chi le fa

Nessuna associazione di consumatori lo ha mai capito e soprattutto non lo ha capito la sinistra italiana che LA VERA DIFESA DEL CONSUMATORE SI FA CON I SALARI E NON CON I PREZZI: cioè, tu ti devi poter permettere una vita dignitosa, come chiede la Costituzione.

Attenzione a chi dice: “Ma così metti in difficoltà l’azienda” Bene! Se l’azienda è in difficoltà l’imprenditore sarà stimolato ad essere più produttivo e ad investire in tecnologia ecc., questo è il vero vincolo che promuove l’innovazione e la ricerca. Dare agli imprenditori il lavoro “low cost” (apro e chiudo una parentesi: pensate! Il 50% della forza lavoro sarà sostituita da macchine (fatte da chi?)), cosa che è stata fatta in Italia, l’ultimo atto di questa strategia è il JobsAct, non stimola la produttività ma avvicina l’Italia non all’Olanda o alla Danimarca ma al Bangladesh

NOTA FINALE. I sacrifici li devono fare esclusivamente i “ricchi” altrimenti sarebbero recessivi.

● Agli europei che credono ancora nella libertà

[Le nazioni europee dovrebbero essere condotte verso il super-stato senza che i popoli si rendano conto di ciò che sta accadendo.” Jean Monnet (ideologo dell’europa unita). Te capì?]

 

Potete dire quel che volete sulla storia dell’Europa, ma non potete negare che sia stata la culla della libertà per il mondo. Le principali battaglie ebbero luogo laggiù, fino a quando non emerse nettamente il concetto di libertà individuale. Poi, sulla scia delle due Guerre Mondiali prese piede lentamente un nuovo standard. Potreste chiamarlo ‘comfort’, ‘sicurezza’, ‘pace per tutti’, ‘condivisione ed assistenza’, ‘bella vita.’ Benché assoggettati alla dominante aliquota fiscale, i cittadini godevano dei ‘servizi’ forniti dai rispettivi governi. Molti servizi erano piacevoli. Perché no? Tutto andava bene.

Anche quando quei governi si riunirono sotto l’egida dell’Unione europea, la maggior parte dei cittadini dei paesi membri non ebbe alcunché da ridire, sempre a condizione che i famosi ‘servizi’ proseguissero ad essere erogati.

Tuttavia quel contratto base aveva una postilla: i governi nazionali ed i loro superiori dell’UE che formalmente ricoprivano il ruolo di Providers (fornitori di servizi – ndt), a loro discrezionalità potevano realizzare dei ‘giri di vite’ ed applicare nuove regole oppressive. E potevano – in caso di resistenza a quelle nuove regole – abbandonare il loro atteggiamento di benevolenza per assumere il ruolo di Enforcers (impositori di obblighi – ndt).

Nell’eventualità che tutto ciò fosse accaduto, che fine avrebbe fatto la famosa libertà individuale di cui sopra? Sarebbe semplicemente scomparsa.

Il giro di vite è stato realizzato consentendo che enormi masse di migranti entrassero in Europa. Un giro di vite autorizzato dai ‘superiori’ dei Providers. I crimini ed i problemi causati da questa massiccia immigrazione sono stati ben documentati dai media indipendenti. I cittadini europei non hanno avuto alcuna voce in capitolo sull’invasione. Al contrario, dissentire o discuterne in un forum pubblico è diventato politicamente scorretto.

I signori dei governi non hanno opposto resistenza. La fondamentale libertà d’espressione è colata a picco. In effetti, per anni in tutta Europa è stata condotta una vasta campagna di diffusione della correttezza politica. Ha coperto molte aree, grazie all’attivo supporto da parte della UE.

La ‘bella vita’ ha finito per incrinarsi nelle giunture. Non andava più tutto così bene. Il Provider stava diventando l’Enforcer. Ripensando al cambiamento, è diventato ovvio che fosse qualcosa di diverso rispetto alle aspettative. I Providers non erano affatto i messia dell’utopia socialista. Quella farsa era stata solo una tappa, una fase intermedia sul percorso di un’operazione molto più vasta.

Li rammollisci per qualche tempo, gli riempi la pancia di ‘servizi’, ed al momento opportuno, quando si cullano nell’auto-indulgenza, quando si sentono garantiti e protetti, quando hanno barattato la loro libertà per qualcosa di diverso che a prima vista sembra libertà, ecco che inizia il caos.

Giro di vite. Affermazione del controllo.

La struttura europea non è mai stata abbastanza estrema per i gusti di lorsignori. Dopotutto era solo una confederazione di nazioni distinte. L’operazione segreta era quella di fare dell’Europa un’unico popolo privo di tradizioni eterogenee, scremato da ogni caratteristico uso e costume nazionale. L’obiettivo era la creazione di un’entità continentale talmente piena di migranti da affievolire le differenze visibili, ed in più turbata da molti conflitti.

Per fare uno stufato, riscalda e mescola.

Così che alla fine del percorso sia rimossa perfino la memoria di come – ad un certo punto della Storia – siano stati proprio quei popoli a dare alla luce il concetto di libertà individuale. E completare l’opera rimuovendo la stessa idea di cosa si intenda per libertà individuale.

Si continuano ad accogliere immigrati che loro malgrado provengono da culture in cui il concetto di autentica libertà, con tutte le responsabilità individuali che ne conseguono, non riveste alcun significato. L’operazione è giunta a buon punto. I signori del governo non hanno mai perseguito alcuna utopia. Loro desiderano solo la sottomissione. Per molto tempo hanno usato il fioretto. Adesso hanno sguainato la sciabola.

Questa è la storia dell’Europa moderna che non viene insegnata nelle scuole. Le scuole vieterebbero persino che ne sia fatto un accenno. Quindi, la lotta ricomincia. Ha molte facce, alcune ideologiche, vale a dire incorporate in gruppi impegnati principalmente a preservare le identità nazionali ed etniche. Ma quanto tempo ci vorrà prima che l’individuo, definito dalla PROPRIA PERSONALE scelta e visione, torni ad emergere al di sopra dei gruppi?

L’originaria battaglia fu proprio quella: liberare ogni singolo individuo.

Non fu facile allora, e non lo sarà stavolta. Ma inizia tutto all’interno della mente. E non nella mente del gruppo. Di nessun gruppo.

Nel 1859, John Stuart Mill scrisse:

“Se si realizzasse che il libero sviluppo dell’individualità è uno degli elementi essenziali da cui scaturisce il benessere … non esisterebbe alcun pericolo di sottovalutazione della libertà individuale.”

Sfuggire dalla trappola che è diventata l’Europa potrà essere opera di gruppi congiunti; ma la ragione della fuga alla fine sarà per tutti la medesima: l’individuo, il suo potere personale e la sua facoltà di scegliere il proprio destino.

Levate in alto le vostre torce. Sebbene non sembri così importante, quelle sono le fiamme al cui calore evaporerà il collettivismo. E’ sempre andata così, e lo farà ancora.

Furono proprio i grandi pensatori e scrittori europei ad affermarlo a chiare lettere: la libertà esiste ed appartiene all’individuo, non al gruppo, non ad un’entità indistinta, né ad un collettivo; la libertà non è semplicemente una parola o un ideale fluttuante da agitare in aria come uno stendardo; è la piattaforma dell’anima da cui tutte le cose buone diventano possibili; è il punto di partenza di una vita; è il sangue che scorre attraverso il sogno di un futuro condiviso, un futuro migliore; è la sorella della responsabilità individuale.

Quando una coperta viene gettata sulla libertà, nessuno se ne accolla la responsabilità.

Questo è il motivo per cui così tante persone oggi fingono di non avere perduto la libertà. Perché non riescono ad assumersi le responsabilità che una simile presa di coscienza comporterebbe. Vorrebbero tutto in cambio di niente, e vorrebbero il diritto di spendere tutto, o bruciarlo, strapparlo, distruggerlo. E poi chiederne ancora.

Per lorsignori, i paesi dell’Europa sono solo luoghi. Luoghi facili da spremere.

Ma indipendentemente dalle circostanze, il nucleo centrale della contesa resta sempre quello: la liberazione dell’individuo da tutte le false speranze che lo hanno indotto a barattare la propria libertà in cambio della promessa di un’utopia.

Quell’illusione sta svanendo.

L’individuo, dovendo contare solo sulle proprie risorse, avrà bisogno di apprendere nuovamente le lezioni dimenticate. Dovrà riaccendere quell’energia. La sfida può essere tonificante e può risvegliare i corridoi dormienti dello spirito, laddove un tempo camminava il potere individuale.

E dove potrà camminare ancora.

Insoddisfazione e resistenza possono generare gioia. Una volta, tanto tempo fa, l’individuo ne era consapevole; poi scambiò quella coscienza per una dose sciropposa di New Age; ma adesso l’illusione sta svanendo. Ora l’individuo dovrà tornare ad essere fautore delle proprie imprese; del proprio destino.

Io dico che l’Europa risorgerà.

Tradotto da >>> https://jonrappoport.wordpress.com/2017/02/08/to-the-people-of-europe-who-still-believe-in-freedom/

● Gli U.S.A.: una colonia della Corona

Fonte goo.gl/G65fWj

Dopo che l’America ha dichiarato la propria indipendenza dalla Corona è stato firmato il trattato di Parigi, il 3 Settembre 1783. Quel trattato identifica il re cattolico di Inghilterra come principe degli Stati Uniti “Prince George III, per grazia di Dio, re di Gran Bretagna, Francia e Irlanda, difensore della fede, duca di Brunswick (Brunswick della Germania) e Lunebourg (Germania Lunebourg), tesoriere e principe eletto del Sacro Romano Impero (Chiesa cattolica), ecc, e degli Stati Uniti d’America” contraddicendo completamente la premessa che l’America abbia vinto la guerra di Indipendenza.

[L’articolo 5 di tale Trattato ha dato di nuovo tutte le proprietà britanniche, alla Corona – Chiesa cattolica… “It is agreed that Congress shall earnestly recommend it to the legislatures of the respective states to provide for the restitution of all estates, rights, and properties, which have been confiscated belonging to real British subjects; and also of the estates, rights, and properties of persons resident in districts in the possession on his Majesty’s arms and who have not borne arms against the said United States. And that persons of any other decription shall have free liberty to go to any part or parts of any of the thirteen United States and therein to remain twelve months unmolested in their endeavors to obtain the restitution of such of their estates, rights, and properties as may have been confiscated; and that Congress shall also earnestly recommend to the several states a reconsideration and revision of all acts or laws regarding the premises, so as to render the said laws or acts perfectly consistent not only with justice and equity but with that spirit of conciliation which on the return of the blessings of peace should universally prevail. And that Congress shall also earnestly recommend to the several states that the estates, rights, and properties, of such last mentioned persons shall be restored to them, they refunding to any persons who may be now in possession the bona fide price (where any has been given) which such persons may have paid on purchasing any of the said lands, rights, or properties since the confiscation. And it is agreed that all persons who have any interest in confiscated lands, either by debts, marriage settlements, or otherwise, shall meet with no lawful impediment in the prosecution of their just rights.”]
La Corona… È  il centro di potere finanziario mondiale è la “City State of London”, definito anche il miglio quadrato più ricco del pianeta, è la sede del cartello mondiale del denaro. La Corona ospita:
– La “Banca d’Inghilterra” controllata dai Rothschild
– Il Lloyds di Londra
– La Borsa di Londra
– Tutte le banche inglesi
– Le filiali di 384 banche estere
– 70 banche statunitensi
– Il giornale Fleet Street e monopoli editoriali
– Il quartier generale della Massoneria Mondiale
Non è parte né di Londra né dell’Inghilterra né del Commowealth britannico.

E’ sempre più evidente ai cittadini americani che il governo non agisce più in conformità con la Costituzione degli Stati Uniti o, all’interno degli Stati, secondo le costituzioni statali. Mentre le persone hanno riconosciuto per più di 150 anni che i ricchi e i potenti esercitassero un influenza sui singoli funzionari per fare in modo che una legislazione che favorisca i loro interessi sia approvata, la maggior parte degli americani ancora si aggrappa alla convinzione ingenua che tale corruzione sia eccezionale e che la maggior parte delle istituzioni della società, i tribunali, la stampa, e le forze dell’ordine, sono ancora in gran parte conformi alla Costituzione e alla legge. Si aspettano che queste forze corruttrici siano disunite e in concorrenza tra loro, in modo da bilanciarsi l’un l’altra.
Prove sempre crescenti rendono chiaro che la situazione è di gran lunga peggiore rispetto a quello che la maggior parte della gente pensa, che nel corso degli ultimi decenni la Costituzione degli Stati Uniti è stata effettivamente rovesciata e che ora è osservata solo come facciata per ingannare e calmare le masse. Ciò che l’ha sostituita è quello che molti chiamano il Governo Ombra (ved. Valdo Vaccaro qui) creato con il passaggio illegale della legge del 1871. L’esposizione di questo regime e le sue operazioni devono ora diventare un dovere primario dei cittadini che credono ancora nello Stato di diritto e nelle libertà che questo paese dovrebbe rappresentare.
Dal 1871 il presidente degli Stati Uniti e il Congresso degli Stati Uniti hanno giocato alla politica sotto un diverso insieme di regole e politiche. Il popolo americano non sa che ci sono due Costituzioni negli Stati Uniti. La prima è stata scritta dai leader dei nuovi Stati indipendenti degli Stati Uniti nel 1776. Il 4 luglio 1776, la gente ha sostenuto la loro indipendenza dalla Corona (autorità temporale del Pontefice Romano cattolico) ed è nata la democrazia. E per 95 anni, le persone degli Stati Uniti sono state libere e indipendenti. Tale libertà si è conclusa nel 1871 quando la costituzione originale “Costituzione per gli Stati Uniti d’America” è stata cambiata ne “LA COSTITUZIONE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA”.
Il Congresso si è reso conto che il paese era in gravi difficoltà finanziarie, così ha fatto un accordo finanziario con il diavolo – la Corona (la corporazione della City of London – di proprietà della Chiesa cattolica) il 1 gennaio 1855 sono quindi incorsi in un debito verso il Papa. Il connivente Papa ed i suoi banchieri non avrebbero dato soldi alla nazione senza alcune serie garanzie. Così, hanno escogitato un modo per riprendere il controllo degli Stati Uniti e, quindi è stata approvata la legge del 1871. Senza l’autorità costituzionale per farlo, il Congresso ha creato una separata forma di governo per il Distretto di Columbia.
Con l’approvazione della “legge del 1871″ fu costituita una città-stato (uno stato nello stato) chiamata Distretto di Columbia adagiata su 10 chilometri quadrati di terreno nel cuore di Washington con una propria bandiera e una propria costituzione indipendente – la segreta seconda costituzione degli Stati Uniti.

La bandiera del Distretto di Washington di Columbia ha 3 stelle rosse, ognuna simboleggia una città-stato all’interno dell’impero delle tre entità:
1. Washington DC (DC sta per District of Columbia)
2. Corporazione della City of London
3. Città del Vaticano
anche se geograficamente separate sono un impero interconnesso chiamato “L’Impero della City”. La corporazione della City of London è il centro aziendale delle tre città e controlla il mondo economico, Washington DC è responsabile del potere militare e il Vaticano controlla tutto con il pretesto di una guida spirituale.
La costituzione del Distretto di Columbia opera sotto il diritto tirannico Vaticano conosciuto come “lex fori” (legge locale). Quando il Congresso ha approvato illegalmente l’atto del 1871 ha creato una società nota come gli Stati Uniti e una forma separata di governo per il District of Columbia. Questo atto ha illegittimamente consentito al Distretto di Columbia di operare come società al di fuori della costituzione originaria degli Stati Uniti e in totale sprezzo degli interessi dei cittadini americani.
Che cosa ha fatto la legge del 1871? L’ACT del 1871 ha posto di nuovo gli Stati Uniti sotto il dominio della Corona (che significa sotto il dominio del Vaticano). Il popolo degli Stati Uniti ha perso la propria indipendenza nel 1871.
LA COSTITUZIONE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA è la costituzione degli incorporati STATI UNITI D’AMERICA. Ha capacità economica ed è stata utilizzata per ingannare le persone a pensare che essa governa la Repubblica. Non è così! La capitalizzazione NON è insignificante se si fa riferimento ad un documento legale. Questa alterazione apparentemente “minore” ha avuto un forte impatto su ogni successiva generazione di americani. Ciò che il Congresso ha fatto approvando la legge del 1871 è stato creare un nuovo documento, una costituzione per il governo del Distretto di Columbia, un governo incorporato.
Invece di avere diritti assoluti e inalienabili garantiti dalla Costituzione, Noi, il Popolo, ora abbiamo diritti e privilegi “relativi”. Un esempio è il diritto sovrano (del popolo) di viaggiare, che ora è stato trasformato (nel quadro della politica di governo aziendale) in un “privilegio” che richiede che i cittadini siano autorizzati – licenze e passaporti di guida. Approvando la legge del 1871, il Congresso commette TRADIMENTO contro il popolo che era Sovrano sotto le sovvenzioni e i decreti della Dichiarazione di Indipendenza e la Costituzione organica. La legge del 1871 è diventata il fondamento di ogni tradimento in quanto commesso da funzionari governativi.
A partire dal 1871 gli Stati Uniti non sono una Nazione; Si tratta di una Corporazione! In preparazione al saccheggio dell’America, le marionette del sistema bancario della cabala del papa cattolico di Roma avevano già creato un secondo governo, un governo ombra progettato per gestire ciò che “il Popolo” credeva fosse una democrazia, ma in realtà erano Stati Incorporati. Insieme questa chimera, questo mostro a due teste, hanno tolto al “popolo” tutti i diritti di sui juris. [alla propria sovranità]
Gli U.S.A. sono una colonia della Corona. Gli Stati Uniti sono sempre stati e rimangono una colonia della corona (il Papa cattolico romano). Re Giacomo I, non è solo famoso per la traduzione della Bibbia “La Versione di Re Giacomo”, ma per la firma della “Prima Carta della Virginia” nel 1606 – che ha concesso agli antenati inglesi dell’America la licenza di stabilirsi e colonizzare l’America. La Carta ha garantito che in futuro la Corona Inglese avrà autorità sovrana su tutti i cittadini e le terre colonizzate d’America.

● Riprendiamoci il diritto!

“Tutti gli esseri umani sono dotati di coscienza e di ragione, e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza” [Art. 1 – Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo].

Il diritto è, dopo il linguaggio, la più grande creazione dell’intelletto umano. Il diritto esprime inequivocabilmente il potere e la capacità della ragione di ordinare e organizzare la società affinchè sia garantita la pacifica e libera convivenza degli individui. Il diritto può investire una parola, una frase, di una vis, di una forza coercitiva tale da trasformarla in un comando cui ci si deve tendenzialmente uniformare, se non si vuole incorrere nelle conseguenze che il diritto stesso prevede in sè.

Ubi societas ibi ius: dove c’è società, c’è diritto. Il diritto, ci ricorda Ermogeniano, è hominum causa, ovvero nasce con l’uomo e per l’uomo. In questo senso, allora, il diritto è ordinamento osservato; esso è frutto, cioè, dell’auto-organizzazione e dell’assoggettamento spontaneo alle norme in quanto ritenute valide e condivisibili dagli stessi individui che hanno deciso di darsi un ordinamento giuridico (un sistema di norme) e a cui quelle regole sono rivolte. Se ne deduce che il diritto esprime la società e il bisogno di (auto)organizzazione degli individui. Il diritto non è, allora, tanto un comando (una legge imposta) che proviene dall’alto, ma un’esigenza che sale dal basso. Dalla rivoluzione francesce abbiamo ricevuto una scomoda eredità, che ci parla del primato della legge, ma la forma più alta di diritto si esprime invero nella consuetudine, cioè in un comportamento spontanemente adottato dai consociati perchè ritenuto obbligatorio.

Oggi questa visione elevata ed autentica del diritto è pressochè scomparsa e la legge viene utilizzata principalmente come strumento di controllo sociale, il tutto in barba ai diritti umani e con le gravi conseguenze cui tutti possono assistere, anche solo accendendo la tv. Ma così facendo gli organi di governo implicitamente ammettono l’abuso e perdono de facto la propria legittimazione ad esistere ed esercitare il potere concesso loro dai consociati. In altre parole, nel toglierci i nostri diritti, ci hanno legittimato ad agire per il loro integrale recupero. E tutto ciò è concretamente possibile ed attuabile: lo si può fare agevolmente, proprio attraverso il diritto, e senza necessariamente dover passare per un tribunale.

In questo blog, metto a disposizione le mie conoscenze in ambito giuridico, frutto di un lungo percorso di studi e di anni di esercizio della professione forense, affinchè ogni essere umano sia messo in condizione di riappropriarsi del diritto, che costituisce la più grande arma contro ogni genere di sopruso. Il diritto invero tutela e protegge l’umanità fin da quando è nato, assieme alla società; pertanto, il solo modo per ottenere il controllo e l’asservimento di un individuo, è quello di nascondere il diritto ai suoi occhi (così egli non saprà quali sono i suoi diritti). Per fortuna, questi abusi, questi scempi orrendi, hanno le ore contate.

 

(Tratto da Demetrio nato Priolo)

● I mercati, quelli che remano contro

MEMENTO: CHI SONO GLI SPECIALISTI COMPRATORI DEL DEBITO PUBBLICO

[…per definizione in conflitto di interessi verso di te]

● E, riguardo  all’interesse verso il denaro

Visto qui >>> https://forum.termometropolitico.it/306915-un-intervista-con-miguel-serrano.html

[Ora chiediti chi sono i veri nazisti…]

● La difesa comune €uropea servirà a…

…reprimere il dissenso e a fortificare il pensiero unico dominante (di Giuseppe PALMA).

 

Tutti parlano di maggiore integrazione europea.
Tutti che, con la scusa di difendere il vecchio continente dal terrorismo islamico, invocano l’esercito unico europeo e quindi l’ulteriore ed illegittima cessione di sovranità anche in campo militare.

La verità è un’altra: la cosiddetta “difesa comune” servirà solo a REPRIMERE i dissidenti e le voci contrarie al crimine dell’€uro, in modo tale che esista una voce sola: il pensiero unico dominante. Chi difenderà la Costituzione sarà considerato un sovversivo. 
Come sostenne Altero Spinelli nel tanto osannato Manifesto di Ventotene, il passaggio dalle Nazioni all’Europa unita si avrà attraverso un processo anti-democratico, cioè con sospensione dei processi democratici.
Ed è quello che sta avvenendo dal 1992 in avanti. E con particolare “violenza” dal 2011 in poi.

Se ad uno Stato togli la moneta e la difesa, togli l’essenza stessa di essere Stato. I grossi gruppi finanziari divengono i veri detentori della sovranità, disponendo della vita e della morte sia delle Istituzioni che di ciascun singolo individuo.
Se non dovesse rinascere un sano patriottismo costituzionale, la nostra classe politica – già da decenni totalmente asservita al capitale internazionale – svenderà anche gli ultimi residui di Sovranità.

Con l’esercito comune europeo, tanto per capirci, il soldato tedesco reprimerà il dissenso in Italia e viceversa. Con la particolarità che entrambi non risponderanno ad organismi eletti direttamente dal popolo (in assenza di qualsivoglia controllo democratico), bensì alla Commissione europea e alla Bce. 

● Il credito come diritto umano

Il prof. Muhammad Yunus [goo.gl/h7Yxid]: uno spunto su come aiutare i piccoli operatori economici e le micro imprese società di persone. Fondatore della celebre Grameen Bank in Bangladesh e vincitore del Premio Nobel per la Pace nel 2006, sostiene che l’accesso al credito debba essere riconosciuto come un diritto umano fondamentale e come tale tutelato e garantito dagli Stati, dalla comunità internazionale e dagli attori del sistema finanziario e bancario.

Punto di partenza nella sua argomentazione è l’art 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 e relativa legge di ratifica di stampo costituzionale, che al paragrafo 1 così recita:

Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

Egli pone in evidenza che allo Stato, oltre alle limitazioni per assicurare ad ogni individuo il godimento dei diritti civili e politici, viene richiesto anche di creare le condizioni economiche e sociali adatte a rendere la vita di ogni cittadino dignitosa e pacifica, in modo che possa aspirare alla piena realizzazione della propria personalità: la povertà secondo Yunus, nonostante ciò che viene riportato con linguaggio aulico nelle grandi Dichiarazioni e Convenzioni internazionali, è uno stato di negazione di tutti i diritti in quanto sottrae all’individuo ogni speranza nel futuro. L’eliminazione della povertà è vista come una precondizione per poter proteggere e realizzare effettivamente ogni altro diritto fondamentale. Yunus pertanto propone la ridefinizione del concetto di “sviluppo”, da considerare non solo in relazione alla crescita economica quanto invece come insieme di azioni e politiche che pongano al loro centro la tematica diritti umani. Un Paese si sviluppa veramente quando migliorano le condizioni economico-sociali della metà meno abbiente della popolazione, altrimenti ciò che si compie è solamente allargare la forbice tra i ricchi (sempre più ricchi) e i poveri (sempre più poveri). Misuratori di benessere come il reddito pro-capite non sono soddisfacenti in questo senso, è invece necessario indagare quali siano gli strati sociali che effettivamente abbiano beneficiato dell’aumento di ricchezza in un determinato Paese.

La povertà per Yunus non è causata dalla mancanza di volontà né dallo scarso lavoro compiuto, ma dall’insufficiente remunerazione che il povero riceve per tale lavoro: il sistema economico contemporaneo è, dal suo punto di vista,
basato sullo sfruttamento. Se il cosiddetto povero potesse invece disporre di una base economica maggiore, allora avrebbe maggior controllo sia sulla sua attività sia sul suo futuro: qui entra in gioco il credito. Sarebbe possibile rompere questa spirale di dipendenza e sfruttamento dando ai poveri la possibilità di costruirsi da soli un futuro, concedendo loro una somma iniziale per intraprendere un’attività economica, creare nuove forme di occupazione
innescando un circolo virtuoso che porterebbe ad un significativo sviluppo economico e umano di un’area altrimenti abbandonata al suo destino.

Il sistema creditizio oggi è tuttavia accessibile solamente a coloro che sono in grado di fornire delle garanzie in caso di mancata o tardiva restituzione del prestito: con questo meccanismo è evidente che il credito viene negato
proprio a chi invece ne ha maggiore necessità. Le banche sono secondo Yunus responsabili del crescente divario tra ricchi e poveri in quanto perpetuano un sistema discriminatorio e concepito come rapporto bilaterale contrattualistico, di diritto privato, il cui fine rimane il ritorno economico.
Mai come oggi, secondo il fondatore di Grameen Bank, è pressante invece la necessità di pensare e istituire una modalità nuova di concessione di credito, slegata dalle garanzie e dal guadagno, basata invece su un progetto di
politica economica e sociale che faccia della lotta alla povertà il propulsore principale della sua azione.
Possiamo dire che per “diritto ad accedere al credito” si intenda qui la possibilità di ricevere credito a tassi di interesse bassi: Yunus infatti distingue gli operatori di microfinanza dai “money-lenders”, che applicano tassi di interesse superiori al 15% del costo della somma di denaro prestata.

Ad ognuno deve quindi essere garantita uguale opportunità di migliorare la sua condizione economica e sociale, cosa che può essere attuata attraverso l’erogazione di credito: questo mezzo è oggi ampiamente sottovalutato, mentre costituisce una fondamentale risorsa. Yunus tiene a precisare che questa sua argomentazione non deve essere confusa con un appello alla carità nei confronti dei poveri: questa non li aiuterebbe a risollevare la loro condizione, sarebbe al contrario dannosa. Il diritto al credito da lui prospettato è inserito all’interno di un sistema finanziario che deve assicurare la restituzione dei prestiti nelle modalità e nei tempi stabiliti, altrimenti lo stesso sistema si rivelerebbe fallimentare.

Lo Stato in questa concezione rappresenta il garante della corretta attuazione e realizzazione del diritto al credito, è quindi tenuto ad intervenire in caso di inefficienza delle istituzioni bancarie e finanziarie. Yunus parla anche della responsabilità in capo alla “comunità mondiale”, per sottolineare che la globalizzazione sta aumentando in maniera crescente l’interdipendenza tra le istituzioni politiche ed economiche, tanto che è impossibile oggi concepire la lotta alla povertà e il rispetto dei diritti umani come questioni circoscrivibili all’interno dei confini di uno Stato.

Il diritto al lavoro è enunciato sia all’art. 23 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 sia all’art. 6 della Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali (ICESCR) del 1966.

Indubbiamente la creazione di lavoro costituisce un’arma potente di lotta alla povertà, perché innesca circoli virtuosi di reddito e delle rilevanti esternalità positive nei confronti della società. Distinguiamo lavoro salariato (“wage employment”) e indipendente (“self-employment”): il modo più efficace per far sì che un individuo possa progressivamente aumentare il suo patrimonio e quindi avere più controllo sui suoi diritti e sulla sua vita è il secondo, mentre nel primo caso il risultato spesso è una vita misera, di stenti e di sacrifici “per due pasti al giorno”. Secondo Yunus i poveri sono imprenditori per natura, in quanto il buon utilizzo del credito a loro concesso è questione di sopravvivenza: sono a conoscenza del fatto che non avrebbero altre possibilità per risollevare la loro condizione, quindi faranno di tutto per far fruttare il loro prestito nonché per restituirlo.

In conclusione, per Yunus il diritto ad accedere al credito per generale lavoro indipendente deve essere garantito universalmente, come precondizione per l’effettiva realizzazione di altri diritti umani fondamentali già enunciati in Carte, Dichiarazioni e Convenzioni Internazionali (come il diritto al cibo, al lavoro, all’istruzione ecc.) che vengono invece quotidianamente negati in determinati contesti a causa dell’estrema povertà e della mancanza di adeguate politiche per lo sviluppo.

L’accesso al credito per tutti è senza dubbio una questione sollevata dalla morale, come reazione alle ingiustizie e alle disuguaglianze provocate da una globalizzazione gestita secondo gli interessi di pochi; se nel responsabilizzare i governi Yunus dimostra di voler raggiungere per questo diritto il riconoscimento legale, l’importanza e la legittimità della questione rimarrebbero intatte anche in caso di fallimento di questa proposta.

Accesso_al_Credito_e_Diritti_Umani

● Uscire dall’Euro rimanendo in UE è giuridicamente possibile?

In questo articolo voglio affrontare sotto il profilo squisitamente tecnico le implicazioni giuridiche di un’uscita dall’Euro senza lasciare l’Unione Europea.

[TRATTO DALL’ARTICOLO DELL’AMICO MARCO MORI. SCORRENDO IL TESTO USA PURE IL DITO INDICE PER CLICCARE SUI LINK CHE HO MESSO PER GLI APPROFONDIMENTI (L’IPERTESTUALITÀ È IL SALE DI INTERNET)]

 

Le mie personali convinzioni le conoscete: l’UE è una dittatura finanziaria che comporta gravissime cessioni di sovranità a prescindere dall’adesione all’UEM (artt. 3 e 140 tfue) e dunque va abbandonata, auspicabilmente spazzandola viaPiù chiaro di così non potrei essere.

Lo scopo però è andare oltre le convinzioni personali ed analizzare tecnicamente un’ipotesi di cui non ho mai dibattuto in precedenza, dimostrandovi, peraltro inconfutabilmente, che la mia personale opinione non inficia minimamente la mia capacità di analisi tecnica.

Dobbiamo partire con l’attenta lettura dell’art. 140 tfue il quale dice cose assai chiare e soprattutto, letteralmente, prevede unicamente una linea di percorso: lo status di paese in deroga è propedeutico all’ingresso nell’UEM, benché ciò possa avvenire solo su successiva richiesta del membro stesso. O meglio come vedremo la richiesta, letteralmente, non è propriamente di entrare nell’UEM, ma di essere giudicati. Una sfumatura, forse sottile, ma che in realtà la dice lunga sulla ratio complessiva della norma e sulla triste fine che ha fatto la sovranità anche dei Paesi in deroga.

L’intera norma è dunque concepita unicamente affinché un Paese in deroga diventi membro della zona Euro.

I trattati letteralmente non prevedono che dall’UEM si torni indietro, ma prevedono unicamente un’uscita unilaterale (ma negoziata nel comune interesse di tutti) di uno Stato dall’UE “ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione” (art. 50 TUE).

[L’IDEA PIÙ PREGNANTE È DEL GIURISTA LUCIANO BARRA CARACCIOLO]

L’esponente più illustre che ha teorizzato la possibilità del percorso inverso, ovvero di un Paese UEM che recede solo dall’Unione monetaria, è certamente Luciano Barra Caracciolo, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato.

Il grande giurista ha trovato la motivazione alla sua apertura nella Convenzione di Vienna raffrontata alla stregua del dato testuale degli artt. 139 e 140 tfue:

dato che la procedura di ammissione all’Euro configura l’ammissione medesima come atto ampliativo, la disciplina contenuta in tali norme richiede la manifestazione di consenso dello Stato considerato in ogni sua fase procedurale. Questo consenso, quindi, è un elemento costitutivo indispensabile dell’ammissione e potrà essere ritirato in qualsiasi momento in applicazione del principio della insopprimibile libertà del consenso nel diritto internazionale, ed ancora non esiste un vincolo irreversibile e non è configurato come tale dalle norme se lette in buona fede, intesa come vincolo normativo di jus cogens.

La tesi di Caracciolo è suggestiva, ben argomentata, ed ampiamente supportabile. Tuttavia resta, come lui stesso riconosce, oggetto di interpretazione. Interpretazione, per di più, da fare secondo buona fede. Ebbene tutti noi sappiamo quanta poca buona fede vi sia nell’Unione Europea. Davvero vogliamo credere che interpreterebbero i trattati in una direzione che comporta la riaffermazione della sovranità di uno dei membri?

A mio avviso, se l’Italia avvisasse i Paesi UEM di voler uscire dall’Euro riceverebbe invece un’unica e ben diversa risposta (rammentiamo che Berlusconi per aver solo ventilato questa ipotesi è stato destituito immediatamente).

Il no sarebbe eclatante ed altisonante, perché non interpreterebbero affatto i trattati secondo buona fede, ma letteralmenteIn mancanza di una procedura che consenta espressamente l’uscita dall’Eurozona rimanendo in UE, gli altri Stati si opporrebbero, con argomentazioni giuridiche, ad ogni diverso accordo.

Leggiamo l’art. 139 tfue per comprendere perché, l’interpretazione secondo buona fede dei trattati, non sarà quella propria delle istituzioni europee:

Gli Stati membri riguardo ai quali il Consiglio non ha deciso che soddisfano alle condizioni necessarie all’adozione dell’Euro sono appresso denominati “Stati membri con deroga.

Non sono gli Stati, secondo la lettera dei trattati, ad aver sovranamente deciso di entrare in UE, ma è l’UE che ha deciso chi promuovere. Forse non è avvenuto propriamente così, ma la norma inopinatamente ratificata, anche dal nostro Parlamento, è questa.

Ed infatti il Regno Unito, per il suo particolare status, ha ottenuto un accordo speciale inserito nei protocolli allegati al trattato. Con la Gran Bretagna non si è creato un precedente, perché è il protocollo n. 15 ad aver codificato una situazione diversa da ogni altra nazione in deroga:

Riconoscendo che il Regno Unito non deve essere obbligato (n.d.s. – ma solo lui però!) né deve impegnarsi ad adottare l’Euro senza che il suo governo e il suo parlamento abbiano preso una decisione in merito”, l’art. 1 dispone: A meno che il Regno Unito notifichi al Consiglio che intende adottare l’Euro, esso non ha nessun obbligo di farlo.

In politica monetaria, art. 3Il Regno Unito mantiene i suoi poteri nel settore della politica monetaria conformemente alla legislazione nazionale ed infatti ad esso non si applicano gran parte delle norme sullo statuto della banca centrale. Ed anche in materia di disavanzo c’è solo uno sforzo generico a non averne uno eccessivo (art. 5).

In claris non fit interpretatio. [Nelle cose chiare non è concessa l’interpretazione]

Il Regno Unito non è stato obbligato e tale sua condizione è stata negoziata separatamente ad ogni altro StatoPer gli altri Paesi in deroga invece la realtà è molto diversa, per loro si applica l’art. 140 tfue.

Ogni sovranità è stata già ceduta, rivendicarla significa violare i trattati, cosa che per me va benissimo, ma, se il tema è discutere sulla fattibilità giuridica dell’azione (che nulla ha a che vedere con quella materiale! Le leggi si possono violare!) la conclusione non può che essere negativa.

L’art. 140 tfue testualmente recita:

Almeno una volta ogni due anni o a richiesta di uno Stato membro con deroga,la Commissione e la Banca centrale europea riferiscono al Consiglio sui progressi compiuti dagli Stati membri con deroga nell’adempimento degli obblighi relativi alla realizzazione dell’Unione economica e monetaria. Dette relazioni comprendono un esame della compatibilità tra la legislazione nazionale di ciascuno di tali Stati membri, incluso lo statuto della sua banca centrale, da un lato, e gli articoli 130 e 131 nonché lo statuto del SEBC e della BCE, dall’altro”.

Lo status giuridico per chi è semplicemente nell’UE, salvo negoziazioni particolari, come quelle fatte dalla Gran Bretagna (oggi ripercorribili solo invocando l’art. 50 tue e non certo recedendo dall’UEM), non lascia alcuno spazio. Il Paese in deroga deve progredire ed armonizzarsi, deve rispettare la teoria della banca centrale indipendente, deve rispettare il divieto di una banca che sia prestatrice di ultima istanza.

La norma poi prosegue imponendo ai Paesi in deroga anche tutto il peggio del repertorio dell’eurocrazia:

Le relazioni devono anche esaminare la realizzazione di un alto grado di sostenibile convergenza con riferimento al rispetto dei seguenti criteri da parte di ciascuno Stato membro:

-il raggiungimento di un alto grado di stabilità dei prezzi (n.d.s. – se questo poi crea disoccupazione pazienza…); questo risulterà da un tasso d’inflazione prossimo a quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi,

-la sostenibilità della situazione della finanza pubblica; questa risulterà dal conseguimento di una situazione di bilancio pubblico non caratterizzata da un disavanzo eccessivo secondo la definizione di cui all’articolo 126, paragrafo 6 (n.d.s. – ergo sarà la Commissione Europea a decidere, formulando l’apposita proposta al Consiglio!)

il rispetto dei margini normali di fluttuazione previsti dal meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo per almeno due anni, SENZA SVALUTAZIONI NEI CONFRONTI DELL’EURO,

-i livelli dei tassi di interesse a lungo termine che riflettano la stabilità della convergenza raggiunta dallo Stato membro con deroga e della sua partecipazione al meccanismo di cambio.

La norma poi prosegue evidenziando ancor di più la direzione univoca che porta dall’UE all’UEM, e l’assenza di percorsi inversi che abbiano legalità senza il ricorso alla procedura dell’art. 50 tue:

2. Previa consultazione del Parlamento europeo e dopo dibattito in seno al Consiglio europeo, il Consiglio, su proposta della Commissione, decide quali Stati membri con deroga soddisfano alle condizioni necessarie sulla base dei criteri di cui di cui al paragrafo 1, e abolisce le deroghe degli Stati membri in questione.(omissis…)

3. Se si decide, conformemente alla procedura di cui al paragrafo 2, di abolire una deroga, il Consiglio, deliberando all’unanimità degli Stati membri la cui moneta è l’Euro e dello Stato membro in questione, su proposta della Commissione e previa consultazione della Banca centrale europea, fissa irrevocabilmente il tasso al quale l’Euro subentra alla moneta dello Stato membro in questione e prende le altre misure necessarie per l’introduzione dell’Euro come moneta unica nello Stato membro interessato”.

Evidente dunque che non è lo Stato in deroga a decidere se entrare nell’Euro, ma sono le istituzioni europee a promuoverlo, se e quando, farà i compiti a casa, che restano comunque un obbligo giuridico e non una mera scelta. Ed ancora una volta è fondamentale il ruolo della Commissione Europea, che è l’unica a poter proporre l’ammissione di uno Stato membro (Lo Stato invece può solo, per dirla semplice, chiedere di essere iscritto all’esame).

Insomma, non a caso la Gran Bretagna, più attenta di noi alla sovranità, ha fatto espressamente riconoscere che, per lei, questi obblighi non valgono.

Per tutti gli altri invece, buona cessione di sovranità!

Dunque rimanere in UE può essere una scelta, ma non può in nessun caso essere considerata possibile o lecita giuridicamente. L’interpretazione dei trattati secondo buona fede è suggestiva e condivisibile, ma presupporrebbe che l’UE non fosse una dittatura e che le decisioni potessero seguire il diritto secondo il noto brocardo: “la legge è uguale per tutti”L’UE invece vive solo sui rapporti di forza, la legge non è uguale per tutti.

Ergo non si ha alcuna certezza di avere cooperazione dalle altre nazioni. Esse sarebbero invece obbligate a cooperare, almeno formalmente, se si scegliesse la procedura di cui all’art. 50 tue contestualmente all’uscita dall’Euro, procedura che toglierebbe al nostro nemico ogni possibile strumento di enforcement legale.

E date le circostanze spuntare le armi del nemico non sarebbe una cattiva idea…

Se si vuole sperare nello status della Gran Bretagna, ammesso e non concesso che questo sia un successo, l’unico passaggio possibile è l’art. 50 tue da azionare contestualmente all’uscita unilaterale e repentina dall’EuroSe invece si vuole salutare la compagnia subito lasciando l’UE, è assolutamente perfetto l’argomento di Luciano Barra Caracciolo. Ed è questa la linea che ovviamente prediligo. 


QUI >>> goo.gl/DYBqXc L’ESPOSTO CONTRO CESSIONE SOVRANITÀ NAZIONALE MIO CONTRIBUTO DELL’ANNO 2014 SUPPORTATO DALL’AMICO MARCO MORI.

● Giuseppe Guarino, il giurista 94 enne parla di Democrazia soppressa

…I volumi si accumulano, uno dopo l’altro, sulla scrivania. Ognuno con un pezzetto di carta infilato alla pagina giusta, per non perdere il filo del ragionamento pronto a correre via da una riga all’altra. Nel buio del suo studio romano, sotto il cono di luce delle lampade, Giuseppe Guarino cerca dati, avvicina gli occhi, porge libri. Il giurista, classe 1922, è determinato come uno scienziato in laboratorio a smontare l’ingranaggio che ha trasformato l’Europa in un continente condannato a un inesorabile declino.

IL «COLPO DI STATO»

Ex ministro delle Finanze e dell’Industria (tra il 1988 e il 1992), docente emerito di diritto pubblico, europeista convinto (all’epoca dei padri fondatori dell’Unione) Guarino è diventato uno dei più appassionati critici della moneta unica.

 

«IL TRATTATO DI MAASTRICHT TRADITO»

Ha studiato il diritto europeo: «Un argomento entusiasmante», dice. E secondo le sue ricerche il trattato di Maastricht, il grande progetto su cui si era fondata l’Unione monetaria, è stato tradito: le leggi su cui si basava originalmente la moneta unica «non sono mai state applicate», per essere a un certo punto «sostituite» con regolamenti «opposti» e infine con il Fiscal compact.
La sua denuncia è arrivata fino al tavolo del presidente José Manuel Barroso, ma è stata anche rimandata al mittente.

E oggi l’uomo che ha insegnato il diritto pubblico a Giorgio Napolitano e Mario Draghi, denuncia il «colpo di Stato» in atto a Bruxelles. «La democrazia», commenta accorato «è stata soppressa».

[SCORRENDO IL TESTO USA PURE IL DITO INDICE PER CLICCARE SUI LINK CHE HO MESSO PER GLI APPROFONDIMENTI (L’IPERTESTUALITÀ È IL SALE DI INTERNET)]

 

DOMANDA. Per rilanciare l’economia si punta ad abbattere il debito. Il governo propone dismissioni fino a circa 12 miliardi. Sarebbe sufficiente e utile?

Risposta. Ne dubiterei. L’ammontare del debito della pubblica amministrazione corrisponde al totale degli interessi dei titoli di Stato ancora in essere, quale che sia stata la loro data di emissione.

Cioè quanto nel 2013?

R. A fine 2012 era pari a 86.717 milioni di euro, corrispondenti a 5,5 punti di Prodotto interno lordo (Pil). Per il 2013 è prevista una leggera diminuzione.

Perché non è conveniente far diminuire sin da ora il totale?

R.Conviene se la vendita porta il debito a un livello che non richieda ulteriori interventi in anni successivi. Se le previsioni danno un tasso medio di crescita del Pil inferiore al costo totale del debito, il rapporto tra debito e Pil riprende a crescere.

Lei parla di un “punto di non ritorno”. Di cosa si tratta?

R. Se il tasso prevedibile di crescita del Pil nell’anno e in quelli successivi è inferiore al tasso prevedibile di crescita del costo degli interessi negli stessi anni, il rapporto debito-Pil aumenta.

Ed è quello che sta succedendo?

R. Nel 2006 depositai in Senato, nel corso di una audizione parlamentare, una tabella in cui, partendo dal rapporto tra debito e Pil del 2005, indicavo che se il tasso di crescita del Pil fosse stato dello 0,5%, la percentuale sarebbe stata del 130% nel 2013.

Ci aveva azzeccato?

R. La media del Pil è stata inferiore e corrispondentemente il rapporto nel 2013 ha raggiunto il 133%. Si tocca il punto di non ritorno quando la crescita prevista per gli anni a venire supera il costo annuale complessivo del debito e non si prevedono fattori straordinari che possono invertire la tendenza.

Il debito italiano esisteva già nel 1991. Lei ha fatto parte della classe dirigente che ha concorso a gonfiarlo. Come è accaduto?

R. L’osservazione è corrente, ma non corretta.

In che senso?

R. Bisogna distinguere tra debito interno e debito estero. Fino al 1992 la detenzione di capitali all’estero era vietata. I creditori dello Stato erano nella quasi totalità soggetti interni, famiglie, i cittadini, banche, imprese. La formula dello Stato sociale liberava le famiglie dalla generalità dei costi per sanità, istruzione, assistenza e previdenza. La proprietà dell’abitazione era diffusa in Italia più che in qualsiasi altro Paese.

In sostanza c’era abbastanza ricchezza all’interno dei confini nazionali?

R. L’economia era sostenuta dalla domanda interna che era frutto del risparmio elevato delle famiglie. Era crescente e presente in modo abbastanza omogeneo nella quasi totalità del Paese. La parte non consumata del risparmio veniva versata allo Stato (attraverso gli acquisti di titoli). Alle scadenze i titoli venivano reinvestiti. Vi si aggiungeva spesso il ricavo degli interessi. Nel 1992 la liquidità di cui disponevano le famiglie superava di un buon quarto il debito totale dello Stato.

Cosa provocò il crollo di questo sistema?

R. Come era cresciuta la liquidità interna così, a seguito della crisi petrolifera degli anni 1978-1992, era aumentato il volume della liquidità internazionale. Venivano offerti rendimenti elevati. Si aggiungeva il miraggio di sottrarre i propri risparmi al Fisco. Il timore di incorrere in sanzioni non era sufficiente per bloccare l’esodo dei capitali.

Poi è intervenuta l’Europa.

R. La direttiva sulla libera circolazione dei capitali, compresi quelli a breve, fu una delle prime a essere adottate tra le 330 da emettere per realizzare il mercato unico europeo. Fu la trasformazione istantanea del debito da interno a estero a determinare il crollo del sistema italiano, al quale si doveva lo straordinario fenomeno del “miracolo italiano o boom italiano“.

Non si sarebbe potuto modificare il sistema interno prima che lo tsunami si producesse?

R. Non è facile modificare strutture formatisi a seguito di percorsi, frutto di lunghi processi. Si oppongono barriere culturali e di interessi che non è facile abbattere. È un fenomeno anche oggi presente. In tali condizioni, influenzati da convincimenti generali e da interessi costituiti, credendo di far bene, si adottano condotte che aggravano la situazione.

Infatti l’Italia fu uno dei primi Paesi a applicare la direttiva sulla libera circolazione dei capitali.

R. Ci sarebbe stato tempo per adottarla fino al 30 giugno 1993. Un tempo sufficiente per dare una “aggiustata” al sistema.

IL PASSAGGIO DAL DEBITO INTERNO AL DEBITO ESTERO

 

Dopo l’entrata in vigore del Trattato sull’Unione europea (Maastricht) qualcosa si fece, anzi molto.

R. Il debito italiano, all’atto della stipula del Trattato, era pari al 100,8%. Salì nei tre anni successivi a 124,3%. Al sesto anno era pari al 116,8%. Tra il 1992 ed il 2005, vennero alienati beni pubblici, prevalentemente imprese del sistema delle partecipazioni statali, per un valore complessivo che rivalutato al 2013 ammonta a circa 128 miliardi di euro. Nel 2006 il rapporto tra debito e Pil si era ridotto al 106,5%.

Si trattò spesso di svendite. Vedi il caso Telecom.

R. Le autorità monetarie valutavano che incassare di meno, ma subito, fosse più conveniente che continuare a pagare tassi di interesse che avevano portato l’onere medio, ancora nel 1995, al 10% pregiudicando, oltre tutto, le possibilità di ammissione all’euro.

Chi furono i compratori?

R. Salvo la Nuova Pignone di Firenze che, ceduta alla General Electric, si è sviluppata a livello internazionale, per le cessioni più importanti (banche e industrie) gli acquirenti furono italiani.

I capitalisti senza capitale?

R. Lo sviluppo delle principali imprese private italiane si era basato sulla domanda interna. Dovendo ora affrontare la concorrenza internazionale, immaginarono di rafforzarsi acquisendo le imprese che potessero integrarsi con quelle già possedute. Ma due debolezze non sempre creano una forza. Le attese di crescita non si verificarono. In molti casi i compratori furono costretti a rivendere.

E i risparmiatori italiani?

R. Una buona parte investì in titoli, basati sull’impiego dei cosiddetti “derivati”, che promettevano elevato rendimento. In un primo tempo si ebbero crescenti ricavi. Scoppiata, a livello internazionale, la bolla dei derivati, le famiglie persero parecchio, in qualche caso quasi tutto.

Sin dagli Anni 60 si era avvertita la necessità di portare a conclusione il processo di integrazione europeo con la creazione di un mercato comune e di un’unione monetaria. Quali erano gli obiettivi?

R. Due effetti favorevoli erano certi. La confluenza delle singole economie in un unico grande mercato avrebbe eliminato i dazi di importazione ed esportazione e anche il costo della sosta alle frontiere, necessaria per l’espletamento dei controlli. L’impiego di una unica moneta avrebbe a sua volta eliminato i costi di transazione.

Sarebbe bastato?

R. Certamente no. Nell’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea, richiamato in tutti i trattati successivi, era fissato l’obiettivo che gli Stati intendevano conseguire. Si trattava dello «sviluppo armonioso ed equilibrato, una crescita sostenibile, non inflazionistica, rispettosa dell’ambiente, un elevato grado di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita». Gli Stati aderenti all’Unione avrebbero rinunciato all’esercizio di buona parte della sovranità. Avrebbero ottenuto dall’Unione, quale controprestazione, la crescita, quale definita nell’articolo 2.

E come la si sarebbe ottenuta, a chi competeva?

R. Il compito non poteva che spettare agli Stati membri. L’Unione non può indebitarsi. Le risorse che affluiscono direttamente (i dazi esterni) sono poche. L’Unione provvede alle sue spese con le risorse che le versano gli Stati, in conformità di una disciplina dettata dal Trattato.

Alla crescita avrebbero dovuto dunque provvedere gli Stati. Ma con quali strumenti?

R. La disciplina dell’atto unico e quella generale dell’Unione escludevano la quasi generalità dei mezzi di cui possono avvalersi gli Stati che non fanno parte dell’Ue. Ne restavano, di possibilità, solo due, le autonome politiche economiche degli Stati che comprendono tutti gli aspetti diversi da quelli monetari, e l’indebitamento. Il Trattato sull’Unione europea (Tue) garantiva entrambi, limitandosi a chiedere che nel farne uso, si attenessero a principi di cautela che venivano indicati.

Quali?

R. L’Unione aveva un interesse diretto a che gli Stati ottenessero risultati di crescita. Solo così sarebbero stati in condizione di trasferire all’Unione le risorse necessarie. La quale si riservava, quindi, la determinazione di principi “di massima” di coordinamento. In caso di scostamento, con un apposito procedimento, avrebbe potuto emettere una raccomandazione, atto privo peraltro di efficacia vincolante.

E l’indebitamento?

R. Sarebbe stato non solo possibile, ma in presenza di circostanze favorevoli addirittura indispensabile, per valorizzare fattori produttivi esistenti e/o insufficientemente utilizzati.
A tutela del principio del carattere non inflazionistico della crescita, il Tue introduceva limiti che gli Stati non avrebbero potuto superare. Riguardavano distintamente i rapporti indebitamento (3%) e debito (60%) in relazione al Pil. Nella loro interpretazione e applicazione gli Stati e l’Unione avrebbero dovuto attenersi a criteri vincolanti.

Sarebbero stati sufficienti i due strumenti per procurare la crescita?

R. L’economia Usa ha raddoppiato nel XX secolo la sua ricchezza attenendosi a questi limiti. Li ha superati solo in anni di diretto coinvolgimento in vicende belliche.

INTRODOTTA UNA DISCIPLINA OPPOSTA A QUELLA DI MAASTRICHT

Lo sviluppo promesso non si è realizzato. Come mai? 

R. La creazione dell’Unione europea e dell’Eurozona era un’operazione molto complessa. Non esistevano precedenti. La disciplina finalizzata alla crescita sarebbe entrata in vigore all’inizio della terza fase, quella definitiva, coincidente con quella del 1 gennaio 1999 fissata per il lancio dell’euro. La fase seconda era propedeutica alla terza. Ne discende che per dare un giudizio adeguato della disciplina dettata dal Trattato sull’Unione europea rispetto all’obbligo assunto di promuovere la crescita, si deve tener conto dei soli quindici anni decorsi dal 1 gennaio 1999.

E c’è qualche norma varata nella seconda fase da segnalare?

R. Certamente. Negli anni tra l’entrata in vigore del Trattato e l’inizio della terza fase gli Stati sarebbero stati assoggettati a norme costrittive. Se non le avessero rispettate non avrebbero superato lo scrutinio per l’ammissione all’euro.
Due condizioni attenevano a dati obiettivi del periodo già trascorso. Due dovevano essere valutate al momento dell’esame di ammissione, una specie di diploma o di laurea.

E quali erano?

R. Riguardavano il tasso di inflazione e i tassi di interesse su titoli pubblici di lungo termine. Per entrambi gli aspetti si richiedeva che nel periodo antecedente lo scostamento dalla media dei tre Stati migliori non fosse stata superiore nel primo caso all’1,5%, nel secondo al 2%. Era un divario che nella concorrenza tra le economie gli Stati più deboli avrebbero potuto recuperare.

Quindi erano regole pensate per proteggere le economie più deboli?

R. Nella terza fase, cioè dal 1 gennaio 1999, le economie dei Paesi euro, partecipi di un unico mercato e fruitori di una unica moneta, avrebbero operato tra loro in concorrenza. Una concorrenza piena e leale. Se non si fossero create condizioni di omogeneità sufficienti, le economie più forti avrebbero esercitato un potere dominante sulle altre. Le regole della fase transitoria dovevano dunque creare condizioni di omogeneità, che fossero sufficienti per scongiurare il pericolo.

E la terza fase?

R. La terza fase, con il lancio della moneta comune e inizio della competizione, basata su condizioni per una leale concorrenza, è l’unica di cui si deve tener conto per valutare l’adeguatezza della disciplina contenuta nel Trattato unico europeo.
Come sono stati i risultati per la generalità dei Paesi euro?

R. Nella classifica dei 38 Paesi con minore sviluppo nel mondo negli anni dal 2000 al 2010 compresi, l’Eurozona è presente con 13 Paesi. Sorprendenti e nello stesso tempo sconvolgenti sono i risultati dei tre Paesi maggiori, Italia, Francia, Germania. L’Italia è terza, la Germania decima, la Francia quattordicesima. Si ripete, la classifica non è dei migliori risultati decennali nel mondo, bensì dei peggiori. Nella identica classifica relativa al decennio antecedente, 1990-2000, nessuno dei Paesi euro era presente. L’evento, da ritenere responsabile della depressione diffusa e crescente nella zona euro, deve essersi necessariamente verificato tra il 1999 e il 2000.

E di che evento si tratta?

R. Ce ne è uno solo, coincidente con il lancio dell’euro. Alla data del 1 gennaio 1999, invece della disciplina stabilita dal Trattato unico europeo per la terza fase, ne è stata applicata una diversa, anzi opposta, introdotta a partire per l’appunto dal 1 gennaio 1999, con un regolamento, il numero 1466/97. Il regolamento è stato applicato sino al 27 giugno 2005.

E poi?

R. Gli è subentrato il regolamento 1055/2005, rimasto in vigore sino al 16 novembre 2011.
Data in cui è arrivato un terzo regolamento, il numero 1175/2011, cui ha fatto seguito un atto atipico, denominato Fiscal compact con il quale, nell’impossibilità che si raggiungessero i voti necessari per modificare il Trattato in vigore, quello di Lisbona, si è cercato di aggirare l’ostacolo con un Trattato non europeo, ma di diritto internazionale.

Chi prese quella prima iniziativa?

R. L’iniziativa fu presa dalla Commissione, esulando da qualsiasi competenza attribuitale dal Trattato di Lisbona. Mentre gli organi dell’Unione proponevano ed applicavano i regolamenti, era entrato in vigore (il 1° maggio 1999) il trattato di Amsterdam. Veniva poi adottato ed era entrato in vigore (1° dicembre 2009) il Trattato di Lisbona.
Entrambi i Trattati riproducevano testualmente le statuizioni degli articoli 102 A, 103, 104 c) e protocollo numero 5, contenenti la disciplina dell’euro.

Con quali conseguenze?

R. La commissione è andata avanti come se i Trattati non esistessero. Hanno imposto le norme, che sono responsabili della depressione che attanaglia da 15 anni l’Europa. La disciplina, che era stata studiata con tanta accortezza dagli elaboratori del Trattato sull’Unione e per promuovere la crescita, non è stata mai applicata.

Formalmente cosa è successo?

R. Il Trattato sull’Unione europea (Tue) e oggi il Trattato di Lisbona, che riproduce il testo del Tue, affida la funzione della crescita agli Stati membri ed attribuisce agli Stati due poteri. Il primo, di avere ciascuno una propria autonoma politica economica. Il secondo, di indebitarsi nei limiti dei valori di riferimento di cui al protocollo numero 5, da interpretarsi secondo i criteri vincolanti dettati dall’articolo 104 c) del Trattato unico europeo, oggi 126 Trattato di Lisbona. Il regolamento 1466/97 e nel suo solco in forma aggravata gli atti successivi, hanno cancellato i due poteri.

E come li hanno sostituiti?

R. Non li hanno sostituiti con altri poteri. Hanno collocato al loro posto due doveri.
Il primo, eguale per tutti gli Stati euro, consistente nell’avere a medio termine un bilancio in attivo o in pareggio, il secondo, diverso da Stato a Stato, di pervenire al risultato in stretta osservanza di un programma definito per ciascuno Stato dagli organi dell’Unione.

Quali conseguenze vanno tratte dalle modifiche apportate?

R. Parecchie. Alcune gravissime, e del tutto imprevedibili.

«CON IL NUOVO REGOLAMENTO È STATA SOPPRESSA LA DEMOCRAZIA»

 

Per esempio?

R. Se la crescita non si produce in modo fisiologico per effetto di condizioni favorevoli preesistenti, si rende necessario stimolarla. È indispensabile in tal caso la presenza di due fattori distinti. Il primo, che esistano in quantità sufficiente fattori valorizzabili. Il secondo, che lo Stato, dove non disponga già di adeguate risorse, possa ricorrere all’indebitamento.
I regolamenti hanno cancellato la politica economica degli Stati e la capacità di indebitarsi, sia pur nei limiti di cui agli articoli 104 c) del Trattato sull’Unione europa e 126 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Lisbona).
Nessuno degli Stati euro, oggi in difficoltà, disponeva al 1 gennaio 1999 di un bilancio in pareggio.

Il pareggio di bilancio è l’origine del problema?

R. Il deterioramento progressivo e crescente delle loro economie dipende dal divieto di indebitarsi anche se fosse stato presente il secondo dei presupposti per la crescita.
Fattori valorizzabili erano tutti quelli che la depressione aveva espulso dalla produzione, se ancora vitali o recuperabili. Ma mancavano le risorse.

Abbiamo perso un’opportunità?

R. Ogni occasione favorevole è andata perduta. Le risorse disponibili sono sotto i nostri occhi. L’elevatissimo e imprevedibile numero di disoccupati e sottooccupati nell’insieme dell’Eurozona ed in ciascuno dei Paesi senza deroga, imprese costrette a dismettere la loro attività, deterioramento nel funzionamento della pubblica amministrazione e dei beni pubblici, decadenza delle prestazioni rese ai cittadini, difficoltà nel far fronte ad eventi eccezionali, e così via.

E c’è una seconda conseguenza?

R. È la più grave. Se in materia economica tutti i poteri dello Stato sono stati cancellati, responsabile dei risultati è il sistema applicato. Nella specie l’insieme delle regole astratte, imposto a partire dal 1 gennaio 1999.
Gli organi dell’Unione controllano con rigore che siano puntualmente applicati. Sono costretti a loro volta ad attenersi alle specifiche norme che regolano le loro condotte. Si ha come risultato finale che i cittadini di ciascun Paese membro non dispongono di alcun potere per influire sulle discipline cui saranno assoggettati.

Significa che c’è un deficit di democrazia?

R. La “democrazia” non consiste nella semplice titolarità di una serie, quand’anche la più completa e precisa, di diritti di libertà. Non v’è ancora “democrazia”, se ai diritti di libertà si aggiunge un nutrito gruppo di diritti sociali. La “democrazia” esige che i cittadini possano trasmettere a governanti, che a essi rispondono, orientamenti e indirizzi in merito alla disciplina che dovranno applicare. Il presupposto è che i loro governanti dispongono di poteri sul cui esercizio i cittadini possono esercitare la loro influenza.

E non è così?

R. Nella materia economica che nelle condizioni storiche attuali è determinante su ogni altro settore della convivenza, i governi degli Stati membri, a partire dal 1 gennaio 1999, hanno solo obblighi, non poteri. La “democrazia”, principio fondante della costituzione di ciascuno Stato membro, condizione richiesta dai Trattati ai fini dell’ammissione all’Unione, è stata soppressa, nell’Eurozona cancellata sino alle sue ultime radici, a partire dal 1 gennaio 1999.

Non ci sono strumenti per cambiare le cose?

R. Degli istituti della democrazia restano nomi e simboli. La sostanza è scomparsa. Nessun referendum potrebbe abrogare la disciplina dei regolamenti dell’Unione. I partiti dovrebbero consentire ai cittadini di concorrere con metodo democratico alla politica nazionale. Sono divenuti aggregati di gruppi per la conquista di un potere che non esiste. I sindacati sono impotenti. Manifestazioni individuali e collettive, comprese le più gravi, restano senza effetto. Anche se si lanciasse una bomba atomica, ipotesi assurda, non servirebbe a nulla. Si ampliano invece gli spazi per la corruzione, per l’illiceità, per il mero verbalismo.

Finiscono qui le conseguenze?

R. Ve ne è un’altra che da sola dimostra la dannosa pericolosità del sistema applicato dal 1 gennaio 1999. In ogni sistema giuridico, poste alcune premesse, anche se non ne sono state valutate le conseguenze, queste non possono non prodursi.
Il principio del bilancio attivo o in pareggio a medio termine è stato imposto con regole generali a tutti gli Stati ammessi all’euro. Le condizioni non erano identiche. Alcuni Paesi avevano da tempo un bilancio in pareggio o prossimo al pareggio, altri ne erano distanti. La prescrizione non rivolta ai secondi di realizzare il pareggio a medio termine, comportava di fatto che essi assumessero una conformazione analoga, anzi identica, a quella dei primi.

Insomma una imposizione inattuabile?

R. Nelle corse al trotto dei cavalli, se non erro, si gravano di handicap i migliori perché tutti abbiano pari opportunità di classificarsi tra i primi. Il principio applicato dai regolamenti è opposto. L’handicap è stato imposto alle economie più deboli, non a quelle più forti. Ne risultano violate le condizioni essenziali per una leale concorrenza. In via generale si è reso più difficile ai più deboli il raggiungimento del pareggio. Quindi si è imposta una regola non coerente con il principio della concorrenza.

 

«LA COMMISSIONE HA INDIVIDUATO L’ERRORE NELLA INSUFFICIENZA DEL RIGORE»

 

Ma dati i risultati negativi, non c’è stata una riflessione successiva?

R. Il regolamento 1175/2011 afferma che in precedenza erano stati commessi sbagli. Ha individuato l’errore nella insufficienza del rigore. Raccogliendo un seme presente nel regolamento 1466/97, lo ha concimato e lo ha portato a fioritura.
L’obbligo, quello generale del bilancio a medio termine e quello specifico di ciascuno degli Stati membri di attenersi al programma per essi definito, da solo non avrebbe generato crescita. Ma il regolamento ha sostenuto che gli Stati che partivano indietro, per correre come migliori, avrebbero dovuto assumere conformazioni identiche, o quanto meno analoghe, a quelle dei migliori. A cominciare dalle strutture.

Cosa intenede per strutture?

R. Qui il discorso potrebbe proseguire su due piani distinti, su quello formale e su quello sostanziale. A quale dei due dare la preferenza?

Cominciamo da quello sostanziale.

R. I sistemi economici, a maggior ragione gli Stati, sono organismi diversi ma assimilabili agli uomini e a qualsiasi altra specie di entità vivente. In ogni organismo le componenti, le grandi come le minime, sono in perpetuo movimento.
Ogni entità è, nel momento successivo, diversa da quella che era nel momento anteriore. Ogni entità è somigliante, ma nello stesso tempo necessariamente diversa da qualsiasi altra della medesima specie. Pur nella diversità della conformazione tutte le entità della medesima specie sono costituite da organi o da sistemi di organi presenti in tutte le altre entità della medesima specie. Sono le strutture.
In ogni organismo i singoli organi e i sistemi che gli stessi formano corrispondono a quelli che concorrono alla conformazione delle altre entità della medesima specie. Ma sono necessariamente diverse.

E cosa c’entrano le strutture con le norme europee?

R. Queste peculiarità valgono anche per l’Unione e per gli Stati membri. Le entità elementari, e così anche se si risale ai livelli superiori, si influenzano reciprocamente. Non sono mai identiche ai corrispondenti organi o sistemi, che concorrono alla conformazione delle altre entità della specie. Per i trapianti che si effettuano nell’uomo non si dispone mai di organi identici a quello da sostituire. Le differenze sono inevitabili. Ci si deve limitare ad accertare che non sia incompatibile.
Le strutture di organismi, quali gli Stati e le loro economie, corrispondono, come ora detto, agli organi del corpo umano e ai sistemi che concorrono alla conformazione di ogni singola specie. Non sono mai identiche dall’una all’altra entità della medesima specie.

Quindi non si possono ‘replicare’le strutture di un altro Stato?

R. Se si inserisce la struttura di una economia in un’altra economia, quella di uno Stato in un altro Stato, è prevedibile che si provochino danni.
Eliminando la struttura preesistente si genera un vuoto. Se la preesistente viene sostituita da altra sul modello di un diverso sistema, non vi è certezza del se e quando si realizzerà la piena integrazione con le componenti preesistenti contigue o connesse. Il danno della demolizione dell’esistente è immediato, il beneficio sperato dall’inserimento è necessariamente futuro.

Insomma non ne vale la pena?

R. È comunque incerto. Il danno provocato dall’eliminazione di strutture complesse e antiche non è mai circoscritto. Nelle conformazioni, frutto di antica storia, ogni componente risulta sempre intrecciata con molte altre. Fa parte di nodi che non è facile sciogliere.

C’è qualcosa da aggiungere dal punto di vista del diritto?

R. Il regolamento 1175/2011 indica come sua fonte leggittimatrice l’articolo 121, paragrafo 6, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Lisbona). Il regolamento, lo si è notato nella sintetica esposizione del suo contenuto, conferma nella sua totalità discipline che non trovano corrispondenza nei tre Trattati (Maastricht, Amsterdam, Lisbona). E che contengono norme in contrasto con la disciplina dei poteri conferiti dai Trattati agli Stati quali strumenti essenziali per la produzione della crescita.
Il regolamento 1175/2011 cerca di accreditare la sua legittimità richiamandosi all’articolo 121, numero 6 Tfue. La citazione è erronea.

Qual è l’errore?

R. L’articolo 121, numero 6 Tfue non consente al regolamento di modificare il Trattato in un punto fondamentale. La disciplina originaria dei poteri di indebitamento degli Stati e dei loro limiti è quella dell’articolo 104 c) Tue, ora 126 Tfue.
La disciplina si compone di tre parti. La prima, commi 1 e 2, lettere a) e b), regola le parti sostanziali della disciplina. E assume a base della disciplina distinti rapporti del debito e dell’indebitamento con il Pil.
In una seconda parte, comma 2, ultimo capoverso, l’articolo 104 c) Tue, contiene un rinvio al protocollo numero 5 il cui oggetto è unicamente la determinazione dei valori di riferimento, compresa la definizione dei termini adoperati. In una terza parte, numeri da 3 ad 11, l’articolo 104 c) Tue detta la disciplina della sorveglianza e sanzionatoria.

Nemmeno il Consiglio può modificare le norme?

R.Il richiamato numero 11, articolo 126 Tfue, attribuisce al Consiglio di «adottare le opportune disposizioni che sostituiscono detto protocollo, avvalendosi della procedura legislativa speciale previa consultazione del Parlamento europeo e della Banca centrale europea. La competenza attribuita al Consiglio è solo la sostituzione del protocollo. Il contenuto del protocollo si limita alla specificazione dei «valori di riferimento» (ultimo capoverso del numero 1).
Il riferimento dei valori al rapporto tra debito e indebitamento ed il Pil, e i criteri vincolanti per la interpretazione e applicazione degli stessi di cui agli alinea a) e b) del numero 2 dell’articolo126, sono oggetto regolato esclusivamente dall’articolo 104 c) Tue, ora 126 Lisbona. Un oggetto quindi del tutto diverso dalla specificazione dei valori di riferimento, unica competenza attribuita al protocollo numero 5. (Intervista di Giovanna Faggionato, 4/12/13)

 

● Il 3° passo, il Popolo ha deciso che la sentenza venga applicata

Oggi, 10 Ottobre 2017, il Popolo della Nazione Italia ha manifestato se stesso in piazza del Popolo a Roma e di fronte al proclama del Governo Legittimo di Transizione ha approvato le proposte che lo stesso governo ha preparato.

Il Popolo si è spostato in piazza Montecitorio, qui il Generale Antonio Pappalardo ha

raccolto le istanze degli abusivi e scritto, letto, proclamato ed approvato una lettera in cui si dispone la chiusura di questo governo illegittimo. Entro le 17 avrebbero dovuto dare una risposta a tale lettera ma non l’hanno fatto.

Non hanno risposto al Popolo.

 

Il Generale Pappalardo ha quindi consultato il Popolo per decidere cosa fare e il Popolo ha proclamato la sua volontà: che la sentenza venga applicata ORA. Il Generale Pappalardo ha quindi riferito la decisione proclamata dal Popolo alle Forze dell’Ordine che ora stanno consultando la loro gerarchia per agire.

Domattina alle ore 11 le Forze dell’Ordine si porranno davanti al Popolo, di nuovo riunito a Montecitorio in presidio notturno che ascolterà cosa avranno da dire, acclamando di nuovo l’applicazione della sentenza.

Chiunque sia appartenente a uno qualsiasi dei partiti politici faccia passare per proprie parole, dichiarazioni o azioni in merito a quanto sta accadendo a Roma sta strumentalizzando e manipolando ciò che il Popolo sta agendo.

Il Popolo è Sovrano e non si riconosce in nessun partito o fazione o associazione.

Il Popolo Sovrano, è.

Aggiornamento del 14 Ottobre 2017:

[Carmelo Milazzo dixit: “Io il mio dovere l’ho fatto, sono un individuo libero e sovrano, non ho mai tollerato i soprusi. Adesso la palla passa all’Autorità Giudiziaria. Se non è collusa, deve procedere! L’unica cosa che mi rompe il ca°°o è che i vigliacchi dovranno godere dei benefici di chi come me il coraggio lo può vendere a tonnellate! Grazie soprattutto a chi direttamente e indirettamente ha reso possibile tutto questo, da Popolo Unico al Movimento di Liberazione Italia. Un’enorme mole di lavoro sta dietro a questa azione!”].

 

● Governano sempre gli stessi: i potenti, i ricchi, i politici di mestiere

SIAMO TUTTI SCHIAVI DELLA SOCIETÀ! L’UOMO QUALUNQUE DEVE ESSERE OBBEDIENTE, STUDIARE, LAVORARE, PAGARE LE TASSE, SPOSARSI, FARE DEI FIGLI, INDEBITARSI, GUARDARE LA TELEVISIONE, CONSUMARE, BUTTARE E RICOMPRARE, MA SOPRATTUTTO: NON DEVE MAI METTERE IN DISCUSSIONE QUELLO CHE GLI È STATO DETTO DI FARE. BISOGNA STARE ZITTI E RENDERSI CONTO CHE QUESTI 16 SINTOMI DELLA SCHIAVITÙ CI APPARTENGONO.

L’uomo di oggi si illude della propria libertà

Il mondo di oggi è uno strano posto. Fin dai primi anni di vita siamo sommersi di input che ci incoraggiano a percorrere iter preconfezionati. Lungo il percorso ci mettono i paraocchi per ostacolare la nostra ricerca di alternative alle azioni e al pensiero della mandria. Eppure se ci fermiamo un attimo a riflettere riusciamo a cogliere la complessità della vita. Riusciamo a realizzare che l’esperienza umana possa estrinsecarsi in un numero virtualmente infinito di possibilità e che forse il mondo oggi è in fiamme perché sempre più raramente gli individui si sono fermati a chiedersi come mai le cose non fossero fatte in una maniera più intelligente, etica e sensibile. 

(Questo articolo non vuole essere una critica di scelte di vita o situazioni personali di chicchessia by Claudio Rossi).

I 16 sintomi della tua schiavitù

La seguente lista di 16 sintomi di schiavitù è stata pensata solo come approccio osservativo per aiutare a identificare il disegno con cui altri hanno pianificato la nostra esistenza.

Continuate a leggere, e vi prego di commentare qui sotto aggiungendo tutto quanto vi sembra opportuno.

  1. Paghiamo le tasse a persone che vorremmo vedere in galera.Questo è forse il più netto indicatore che siamo schiavi di un Sistema. L’idea tradizionale di schiavitù evoca immagini di gente in manette costretta a lavorare nelle piantagioni per sostenere ricchi latifondisti in abiti coloniali. La versione attuale di tale sottomissione è incarnata dalla tassazione iniqua con cui i nostri redditi sono automaticamente defalcati a prescindere dal fatto che approviamo o meno come quel denaro venga riutilizzato.
  2. L’assistenza sanitaria moderna è purtroppo diventata un businessper cui raramente siamo istruiti su una corretta alimentazione e un regime di vita che giovi alla nostra salute mentale e fisica; siamo invece invitati a consumare regolarmente farmaci e a sottoporci a costose procedure che comportano grossi introiti per l’industria sanitaria e farmaceutica.
  3. Ci fanno scegliere la squadra democratica o quella repubblicana per poter discutere di ‘politica’ con gli amici, i familiari ed i colleghi di lavoro. E’ una delle incarnazioni della strategia del divide et impera, con cui la nostra società viene controllata. Entrambi i principali partiti sono corrotti fino al midollo, ed i candidati indipendenti e di minoranza non vinceranno mai. Prendendo a cuore le sorti di una delle due fazioni facciamo la nostra parte nell’impedire che il popolo si unisca in maniera compatta contro il sistema corrotto.
  4. Lavoriamo sodo svolgendo mansioni che spesso odiamo, per guadagnare soldi fiat.Il lavoro è importante e il denaro fa pagare le bollette, tuttavia perdiamo i migliori anni della nostra vita facendo cose che odiamo, solo per avere dei soldi. La verità riguardo i soldi è che non abbiamo i soldi, ma valuta fiat che è di proprietà privata e manipolata. Dal momento che questa roba è ancora necessaria per campare in questo mondo, è meglio rinunciare ad una fetta di reddito e valorizzare il nostro tempo facendo qualcosa che ci piaccia o lavorando con persone che non disprezziamo. Vivere con pochi soldi è più facile di quanto si immagini; basta andare contro le credenze e dipendenze comuni, per rendersene conto.
  5. Ci prestiamo ad accumulare debito personale per finanziare uno stile di vita orientato al consumo. Ogni volta che viene usata una carta di credito, l’operazione crea cifre sui bilanci delle stesse banche che sono artefici del saccheggio finanziario del mondo odierno. Queste cifre vengono poi moltiplicate elettronicamente dal sistema di riserva frazionaria vigente, e ciò fa si che il potere di tali apparati sia incrementato in modo esponenziale.Il fatto che partecipiamo a questo circolo vizioso per conservare un certo stile di vita è un esplicito indicatore che siamo stati ipnotizzati da uno dei principali dogmi sistemici: il consumismo.
  6. Conversiamo tra persone reali degli eventi finti mandati in televisione.La televisione è il più potente mezzo di controllo mentale; essa ci somministra una ‘programmazione mentale’ finalizzata a instillare e consolidare determinati comportamenti tra le masse. Il culto dell’ego, la sessualizzazione di tutto, la glorificazione della violenza, l’induzione alla sottomissione alla falsa autorità sono le caratteristiche principali della televisione contemporanea. Accogliendo nelle nostre vite ciò che accade nello schermo televisivo facciamo la nostra parte nel sostenere l’immagine della realtà finta creata dal Sistema.
  7. Non abbiamo nulla da nascondere alla sorveglianza totale.Se non ci da fastidio che qualcuno da qualche parte ci osservi a piacimento, ascoltando le nostre conversazioni e monitorando i nostri movimenti, senza saperlo stiamo ammettendo di essere degli schiavi ubbidienti. La sorveglianza invisibile è una forma assai insidiosa di controllo del pensiero, e quando utilizziamo la logica del ‘non ho nulla da nascondere quindi ben venga la sorveglianza’ stiamo implicitamente ammettendo la nostra sottomissione ad un padrone e la nostra rinuncia alla sovranità della nostra mente e del nostro corpo.
  8. Ci siamo lasciati persuadere che il mondo sia più sicuro se l’uso delle armi da fuocodiventi prerogativa esclusiva dei governi. Tuttavia sappiamo che questo è un mondo violento e che il crimine esista ad ogni livello sociale, compreso quello istituzionale. Certo, in un mondo perfetto le armi non sarebbero necessarie, ma purtroppo il nostro è un mondo tutt’altro che perfetto, ele armi sono una forma efficace di protezione contro i criminali comuni e quelli che abusivamente prendono possesso delle istituzioni. La volontà di rinunciare al nostro diritto alla auto-difesa è un ulteriore evidente sintomo che abbiamo delegato la nostra tutela e quella dei nostri cari a qualcun altro. L’abdicazione di massa dalla responsabilità personale è uno degli aspetti più importanti sui quali si regge il loro controllo. Benvenuti in Matrix.
  9. Beviamo consapevolmente acqua fluorizzata.Di tutti gli argomenti a tema sanitario dibattuti al giorno d’oggi, quello dell’acqua addizionata di fluoro è il più semplice da capire, dal momento che stiamo parlando di un sottoprodotto tossico di un processo industriale. La versione secondo cui l’acqua sarebbe arricchita di fluoro per la nostra salute dentale, già poco credibile di per se, costituisce comunque un abuso in quanto è una somministrazione di farmaci senza il consenso del paziente. Una volta che siamo pienamente coscienti di quanto appena detto, se continuiamo a bere acqua fluorizzata ammettiamo di essere alla mercé del Sistema.
  10. Consumiamo consapevolmente prodotti velenosicome MSG ed aspartame. Tali sostanze sono conosciute per essere tossiche per l’organismo umano. Continuando ad auto-avvelenarci con questi alimenti adulterati confermiamo che il Sistema ci ha programmati affinché sminuissimo l’importanza della nostra salute in cambio della gratificazione immediata.
  11. Abbiamo affidato la nostra salute mentale al complesso industriale farmaceutico.L’uso di farmaci psicotropi è in rapido aumento nella nostra società perché le persone sono state persuase che determinati stati mentali siano delle malattie, mentre le verità sulla salute mentale naturale sono state oscurate dai media e dall’establishment medico. Se stai assumendo farmaci psicotropi, sappi che ti trovi sotto una delle forme più potenti di controllo mentale. Parte di questo controllo è quello di convincerti di non avere alcuna autorità sulla tua mente. Si tratta forse della bugia inventata dalla Matrix più dannosa per l’individuo. Assumendo di nostra spontanea volontà questi farmaci psicotropi ci sottomettiamo alla peggiore forma di schiavitù, ed inibiamo le risposte mentali ed emozionali naturali ai fattori di stress. Segnali che servono a farci capire che abbiamo bisogno di cambiare stile di vita e abitudini.
  12. Continuiamo a guardare TV locali e nazionali. I media main-stream sono un mezzo di controllo e manipolazione, e continuando a prestare attenzione alle loro idee e visioni del mondo ci prestiamo ad essere manipolati da questa forma – neanche poi così sottile – di programmazione mentale. Anche le notizie locali sono sceneggiate a livello nazionale con il compito di plasmare le nostre opinioni sugli eventi.
  13. Siamo più interessati allo sport televisivo o altre distrazioni frivole che a quello che stanno facendo al nostro habitat.La Deepwater Horizon, Alberta Tar Sands, l’aumento del fracking, il sacrificio del Rio delle Amazzoni, Fukushima sono eventi che rischiano di cambiare radicalmente il nostro futuro. Il fatto che siamo semi-indifferenti a tutto ciò mentre ci informiamo sulle notizie sportive o le storie di gossip, è un chiaro sintomo che il nostro istinto di auto-conservazione è stato soppresso e sostituito con una tendenza impulsiva alla banalità e all’evasione.
  14. Siamo scettici verso ogni aspetto della realtà che non sia stato preventivamente discusso e convalidato dalla scienza moderna.L’essenza della scienza è l’indagine dell’ignoto, il che implica che fino a quando essa non afferri qualcosa, quel qualcosa sia inesistente. Screditando o ridicolizzando i resoconti di chi ha vissuto esperienze che trascendono la comprensione scientifica, come premorte, omeopatia, ecc. stiamo pedissequamente riducendo la nostra comprensione del mondo a una gamma molto ristretta di possibilità. La Matrix è tenuta in piedi da tutti quelli che non sono disposti a pensare fuori della scatola.
  15. Non dubitiamo della versione divulgativa della storia antica e delle origini della civiltà.Sussistono molte domande senza risposta circa le origini della specie umana, le quali mettono in luce molti aspetti non trattati nei programmi scolastici. Prendendo come oro colato le versioni ufficiali in merito alla nostra origine avalliamo molti sistemi di credenze e punti di vista ristretti promossi dal Sistema.
  16. Non abbiamo ancora realmente realizzato di essere creature spirituali impegnate a vivere un’esperienza umana.

Approfondimento qui.

 

● Il 2° passo, dopo la notifica: “Manifesto di liberazione dell’Italia”

[ECCO IL MANIFESTO DEL GEN. ANTONIO PAPPALARDO]
MOVIMENTO LIBERAZIONE ITALIA IN NOME E PER CONTO DEL POPOLO ITALIANO SOVRANO (ART.1 CO.2 COSTITUZIONE: “LA SOVRANITÀ APPARTIENE AL POPOLO”)

A TUTTE LE AUTORITÀ DEPUTATE AL RISPETTO DELLA LEGALITÀ NELLA REPUBBLICA ITALIANA SOVRANA

Il sottoscritto Generale dei Carabinieri in quiescenza, Dott. Antonio Pappalardo, nato a Palermo, il 25 giugno 1946, C.F. PPPNTN46H25G273D, in qualità di Presidente e L.R. del movimento politico nazionale, denominato “Movimento Liberazione Italia”, con elezione di domicilio per il presente atto in Roma, al Corso Vittorio Emanuele 152 (00186 – RM)

PREMESSO CHE

1. in data 04/12/2013, pubblicazione in G.U.15/10/2014 n.3, la Corte Costituzionale Italiana con sentenza n.1/2014 ha determinato l’illegittimità costituzionale del Parlamento Italiano e della legge elettorale utilizzata per eleggere il Parlamento in carica;

2. l’art.136 co.1 della Costituzione prevede che “Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”;

3. il Presidente della Repubblica in carica Napolitano Giorgio, con un Colpo di Stato, invece di sciogliere immediatamente il Parlamento, ha nominato gli illegittimi governi Monti, Letta e Renzi, dando loro mandato pieno a svolgere qualsiasi attività governativa;

4. alle dimissioni di Napolitano Giorgio, il Parlamento illegittimo, su indicazione del governo Renzi, ha nominato nuovo Presidente della Repubblica Mattarella Sergio, illegittimo anch’egli, oltre ad essere stato componente del collegio della Corte Costituzionale che aveva sentenziato l’illegittimità del Parlamento, che ha accettato la nomina in spregio di qualsiasi coerenza etica, morale, istituzionale e giuridica;
5. Mattarella Sergio, invece di sciogliere immediatamente il Parlamento, ha nominato l’illegittimo governo Gentiloni, dando mandato pieno a svolgere qualsiasi attività governativa;

6. in data 11/09/2017 è stato consegnato a Mattarella Sergio, a norma della L.241/90, un Atto Stragiudiziale di Intimazione e Diffida a sciogliere il Parlamento illegittimo, nel rispetto della sentenza della Corte Costituzionale e della Costituzione;

7. a tutt’oggi Mattarella Sergio non ha adempiuto alla sentenza della Corte Costituzionale ed alle relative previsioni della Costituzione;

8. tutti i parlamentari, il presidente della repubblica, il presidente del consiglio e tutti i componenti il governo Gentiloni, in quanto illegittimi, non possono usufruire dell’immunità parlamentare, a norma dell’art.68 della Costituzione, che loro non rispettano, pertanto, possono essere arrestati con decorrenza immediata, su tutto il territorio nazionale, essendo in flagranza di reato;

9. tutti i parlamentari, il presidente della repubblica, il presidente del consiglio e tutti i componenti i governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni, in quanto illegittimi, devono restituire, con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, tutti gli importi di cui si sono illegittimamente impossessati ai danni dei Cittadini Italiani Sovrani;

10. tutte le leggi, le norme, i tributi, le tasse e qualsiasi altro atto e/o provvedimento, assunti in sede nazionale e/o internazionale, da un parlamento e/o da un governo illegittimi e sottoscritte da un presidente della repubblica illegittimo, sono anch’esse illegittime, quindi prive di qualsiasi autorità e forza di legge nei confronti dei Cittadini Italiani Sovrani, che le considerano, pertanto, NULLE ed inapplicabili;

11. tutte le nomine dei prefetti, dei questori e dei loro vice, su tutto il territorio nazionale, in quanto effettuate da governi illegittimi, sono anch’esse illegittime e, quindi, prive di qualsiasi autorità nei confronti del Popolo Italiano Sovrano;

12. Napolitano Giorgio, Mattarella Sergio, Monti Mario, Letta Enrico, Renzi Matteo, Gentiloni Paolo e tutti i Parlamentari in carica, nominati con una legge elettorale definita incostituzionale ed illegittima, si sono resi colpevoli, in toto e/o in parte, dei seguenti reati:

1) Alto tradimento (art.90 Costituzione); 
2) Concorso formale in reato continuato (art.81 c.p.); 
3) Pene per coloro che concorrono nel reato (art.110 c.p.); 
4) Circostanze aggravanti (art.112 c.p.); 
5) Attentato contro l’integrità l’indipendenza e l’unità dello Stato (art.241 c.p.); 
6) Intelligenze con lo straniero a scopo di guerra contro lo Stato italiano (art.243 c.p.); 
7) Corruzione del cittadino da parte dello straniero (art.246 c.p.); 
8) Infedeltà in affari di Stato (art.264 c.p.); 
9) Attentato contro la Costituzione dello Stato (art.283 c.p.); 
10) Usurpazione di potere politico o comando militare (art.287 c.p.): 
11) Attentati contro i diritti politici del cittadino (art.294 c.p.); 
12) Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art.319 c.p.); 
13) Corruzione di persona incaricata di pubblico servizio (art.320 c.p.); 
14) Abuso d’ufficio (art.323 c.p.); 
15) Omissione di atti d’ufficio (art.328 c.p.); 
16) Interruzione d’un servizio pubblico o di pubblica utilità (art.331 c.p.); 
17) Usurpazione di funzioni pubbliche (art.347 c.p.); 
18) Associazione a delinquere (art.416 bis c.p.); 
19) Circostanze aggravanti (art.456 c.p.); 
20) Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art.476 c.p.); 
21) Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati (art.477 c.p.); 
22) Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art.479 c.p.); 
23) Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati (art.480 c.p.); 
24) Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art.481 c.p.); 
25) Falsità materiale commessa dal privato (art.482 c.p.); 
26) Falsità ideologica commessa dal privato in atti pubblici (art.483 c.p.); 
27) Falsità commesse da pubblici impiegati incaricati di un pubblico servizio (art.493 c.p.); 
28) Istigazione o aiuto al suicidio (art.580 c.p.); 
29) Riduzione in schiavitù (art.600 c.p.); 
30) Furto (art.624 c.p.); 
31) Truffa (art.640 c.p.); 
32) Circonvenzione di persone incapaci (art.643 c.p.); 
33) Abuso della credulità popolare (art.661 c.p.); 
34) Eventuali altre fattispecie di reato che venissero rilevate nel corso delle indagini; 

13. il luogo di commissione dei reati è tutto il territorio nazionale, pertanto, sono competenti tutte le Procure della Repubblica d’Italia;
14. il tempo di commissione dei crimini è in corso di esecuzione ed in flagranza di reato (art.382 c.p.p.)
15. le Persone Offese sono la Repubblica Italiana, come Nazione, e tutti i Cittadini Italiani Sovrani, a norma dell’art.1 della Costituzione, cui spetta il legittimo diritto costituzionale di eleggere i propri Parlamentari con una legge conforme alle previsioni costituzionali.

Questo atto/denunzia chiede al potere giudiziario, di pubblica sicurezza e militare dello Stato, che ha giurato fedeltà alla Repubblica Italiana Sovrana, di prendere una chiara ed inequivocabile posizione rispetto a questi illeciti e di agire in conformità. Tutti coloro che saranno conniventi e/o collusi con i suddetti soggetti illegittimi, e/o che daranno loro supporto e/o assistenza, saranno considerati in concorso di reato con i golpisti dal Popolo Italiano Sovrano e come tali saranno giudicati.

Roma, 10 ottobre 2017

Con osservanza
Generale dei Carabinieri
Antonio Pappalardo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

● Il 1° passo

COSA È SUCCESSO IERI, 11 SETTEMBRE 2017 ALLE 15, IN PIAZZA MONTECITORIO

 

È stata notificata la diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c. al Capo dello Stato con la quale il Popolo DISPONE che tutti i parlamentari debbano andarsene entro trenta giorni, in ossequio alla sentenza 1/2014 della Corte di Cassazione, dove si è dichiarato illegittimo quanto segue:

  1. le cariche parlamentari,
  2. tutto ciò che è stato legiferato.

La diffida è stata notificata al dott. Filiberto Mastrapasqua del commissariato Esposizione, Roma Eur.

L’Art. 1 della Carta costituzionale italiana dice che il potere appartiene al popolo, costituito da tutti i cittadini, che concorrono al governo della cosa pubblica attraverso gli istituti e i meccanismi previsti. Tuttavia gli “abusivi” hanno prodotto leggi in contrasto con la Costituzione: un esempio? L’Articolo 75 dice che il Popolo non può prendersi il diritto d’interferire con le loro decisioni né sugli accordi internazionali… COSICCHÉ È ENTRATO L’EURO, MA NON SOLO…

 

 

UN PO’ DI STORIA

Nel 2014 la Corte di Cassazione emette la SENTENZA 1/2014 in cui viene detto che la Legge Elettorale è anticostituzionale (LINK: http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2014&numero=1). QUESTO GOVERNO È ILLEGITTIMO, il Popolo italiano deve saperlo.

 

Ieri era una giornata storica ma nessuno ne ha dato notizia, chissà perché… È stata notificata la disposizione che dà lo sfratto al Parlamento: rimangono 30 giorni per andarsene. Poi interverrà la Polizia a sgomberare il Palazzo per restituirlo al Popolo.

All’evento non ha presenziato nessun organo di stampa MA NOI ABBIAMO IL POTERE DI DIFFONDERE, E ALLORA DIFFONDIAMO!

Cosa fate: vi svegliate?

State zitti fino alle prossime elezioni partecipando e rimanendo complici di questa illegalità?
Ridete di chi ha presenziato dicendo: “e ma a cosa serve?”, “siete degli illusi” e ancora: denunciate chi, a chi?

Denunciate i protetti agli stessi protettori?

Chi dovrebbero condannare?

Ma state scherzando oppure fate sul serio?

Una sceneggiata pazzesca per nulla?

Ma davvero credete che la dittatura si scalzi con queste cazzate?

Ma mi trovi nella storia un esempio che possa calzare?

Quale dittatura nel mondo è crollata sotto “i pericolosissimi, esplosivi, avvisi di sfratto”?

 

Ricordate che l’immobilismo non ha mai premiato nessuno.

Si usurpa la Carta costituzionale e chi sta zitto e si lamenta (soltanto) è complice e non ha alcun diritto di lamentarsi. Chi non fa nulla è complice della rovina delle future generazioni.

Quella di ieri non era una manifestazione bensì un atto del Popolo contro l’illegalità e contro l’omicidio della terra, della nazione e degli esseri umani, Persone Umane private della Capacità di Agire Giuridica.

IL POPOLO È SOVRANO, vi ricordate vero?

Lo sfratto è disposto dal Popolo per mano del Gen. Pappalardo dei Carabinieri, che ha potuto consegnarlo in quanto transitato in quiescenza, quest’ultimo, che molti screditano, è da conoscere e far conoscere. Non c’è nessun partito politico. Grazie anche a Valeria Gentili e tutti coloro che erano presenti!

La Strategia del Generale Pappalardo e dei suoi uomini mette K.O. il sistema.
Hanno vietato l’accesso a tutte le piazze della Capitale e l’evento è stato dirottato rapidamente in via del Corso e presso il cinema Capranichetta, straripando naturalmente in piazza Montecitorio, per l’intenso afflusso di adesioni, che è continuato fino a sera e sta proseguendo senza sosta oggi 12 settembre.

La giornata di ieri 11 settembre 2017 ha visto, per la prima volta nella storia d’Italia, il popolo sovrano che ha diffidato il capo dello Stato, per iscritto e con regolare ricevuta, a sciogliere le camere entro 30 giorni. 

ORA, È CHIARO CHE L’ESECUTORE DELLA NOTIFICA È IL POPOLO DIRETTAMENTE E NESSUNO (PARTITI, ASSOCIAZIONI, ECC.) CHE LO RAPPRESENTI, VERO?

LINK: https://www.facebook.com/profilo1985/posts/10214213304148876)

 

 

LINK SENTENZA: http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2014&numero=1

 

Il primo passo verso la rinascita della nostra nazione si è compiuto ieri con la consegna della notifica di applicazione alla sentenza n. 1/2014. Il generale in congedo Antonio Pappalardo, portavoce della volontà del popolo ha consegnato nelle mani di un alto funzionario dell’ordine pubblico (Mastropasqua) l’ordine esecutivo e applicativo della suddetta sentenza. Protagonista assoluto e disponente dell’operato, è stato il Popolo italiano, convenuto civilmente e ordinatamente davanti a Piazza Montecitorio a testimonianza di questo indubbio momento storico. L’emozione e la consapevolezza veniva percepita da tutti i presenti che hanno mantenuto il controllo totale sugli eventi in corso. Mamme e papà con al seguito bambini hanno partecipato e contribuito a creare un clima famigliare e gioioso invalicabile e impenetrabile per qualsiasi sistema dittatoriale. Un plauso anche per coloro, che pur non avendo potuto essere presenti, hanno dato il loro apporto energetico seguendo il corso degli eventi da casa.
Grandi assenti, sempre e comunque ingiustificati data l’enorme portata dell’azione, gli imprecatori ad oltranza, i dichiarati oppositori al NWO, i no vax chiusi in recinti, i gruppi di scie chimiche, i signoraggisti, i forconi e tutti gli altri.
Allucinante ed estremamente dissonante questo comportamento contradditorio in cui arriva l’ordine di indietreggiare proprio nel momento in cui vi è necessità di sfondare, oltretutto in ragione di una sentenza che chiedeva solo di essere applicata. E chi doveva renderla applicabile se non il popolo?
In questo momento di totale confusione in cui le informazioni si accavallano ad una velocità impressionante, emergono sempre più chiaramente le manipolazioni e i giochetti oscuri che si celano dietro false opposizioni.
Ci si augura che coloro che sono ancora vittime e dipendenti di decisioni altrui non proprio conformi agli intenti dichiarati, possano prendere coscienza della manipolazione subita e spiccano il volo in direzione della volontà dettata dalla propria coscienza.
Al di là di tutto, il primo obiettivo è stato raggiunto.
(P. Spazzoli)

Esce il DRAPPELLO in rappresentanza del Popolo Sovrano.
In piazza, per il Pubblico Proclama.
L’approvazione dei Disponenti del Patto Costituzionale, tra due ali di folla festante e applausi a scroscio.

Emozione enorme, di tutti.
La voce di donna che sentite di fondo, sta leggendo gli Articoli da 1 a 12 della Costituzione Italiana. Quelli fondamentali.

La folla segue il drappello e il Commissario verso l’ingresso laterale del palazzo,

in Via Uffici del Vicario.
Viene sollevata l’irritualità di una notifica all’esterno.
Essa verrà reiterata, nella forma consona, al chiuso, nei prossimi giorni a venire.

…e l’inno, cantato a squarciagola…

IL MOMENTO DELLA CONSEGNA del mandato al Commissario Mastrapasqua
Questore del Commissariato “Esposizione”
Oggi, 11 settembre 2017, alle ore 16 circa
Un grande, questo Commissario.
Un VERO italiano e Patriota.
Un uomo di Cor-Aggio e di Onestà.
L’atto è nelle sue mani per la debita notifica prevista.
Questo momento è Storia;

la prima volta che il Popolo Sovrano si fa Carne, Sangue, Cuore e Spirito,
la prima volta che dispone e agisce in atti, che inoltra per la notifica in pubblicità il suo Volere ad un Pubblico Ufficiale dello Stato, per il legittimo corso delle procedure di esecuzione di una sentenza della Suprema Corte.
30 giorni, a partire dal 11 Settembre 2017 scadono il 10 ottobre prossimo.

Il Popolo oggi ha espresso sè stesso. In Persona.
Ho pianto. Molto.
di Gioia.

(Valeria Gentili)

 

D’ALTRA PARTE…

L’ex Presidente della Corte Costituzionale tuona: “se oggi diciamo che lo Stato può fallire è perché la sua sovranità è venuta a mancare”.

Finalmente anche ex Giudici della Corte Costituzionale, anzi addirittura un ex Presidente della stessa, cominciano a dire le cose come stanno, senza inutili giri di parole. Non può che far piacere che Gustavo Zagrebelsky affermi con decisione concetti che sono nostri da molti anni.

Finalmente un Magistrato della Consulta ha il coraggio di dire che gli Stati sovrani non possono fallire e che oggi, se ciò accade, è perché lo Stato ha abdicato al suo ruolo cedendo la sua prerogativa fondamentale: la sovranità monetaria. Un’affermazione che andrebbe tenuta in debita considerazione dalle Procure della Repubblica che incredibilmente non vedono reati nello smantellamento dell’Italia come Stato sovrano ed indipendente.

Le parole di Zagrebelsky sono anche uno schiaffo al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che, benché giurista ed ex Corte Costituzionale, non usa il suo potere istituzionale per dire le medesime verità, le quali ben difficilmente potrebbe omettere solo per mera ignoranza. Anzi, dopo l’incontro ed il relativo inchino alla Commissione Trilaterale, nota associazione eversiva creata dai grandi gruppi di potere economico per influenzare le democrazie mondiali a proprio piacimento, parlare di buona fede nei confronti di Mattarella è una palese forzatura.

Ma torniamo a Zagrebelsky, a cui va la stima di tutti coloro che credono ancora nella libertà e nel riscatto della democrazia costituzionale, e trascriviamo le sue splendide parole:

Si parla di fallimento dello Stato come di cosa ovvia.

Oggi, è “quasi” toccato ai Greci, domani chissà. È un concetto sconvolgente, che contraddice le categorie del diritto pubblico formatesi intorno all’idea dello Stato. Esso poteva contrarre debiti che doveva onorare. Ma poteva farlo secondo la sostenibilità dei suoi conti. Non era un contraente come tutti gli altri. Incorreva, sì, in crisi finanziarie che lo mettevano in difficoltà. Ma aveva, per definizione, il diritto all’ultima parola. Poteva, ad esempio, aumentare il prelievo fiscale, ridurre o “consolidare” il debito, oppure stampare carta moneta: la zecca era organo vitale dello Stato, tanto quanto l’esercito. Come tutte le costruzioni umane, anche questa poteva disintegrarsi e venire alla fine. Era il “dio in terra”, ma pur sempre un “dio mortale”, secondo l’espressione di Thomas Hobbes. Tuttavia, le ragioni della sua morte erano tutte di diritto pubblico: lotte intestine, o sconfitte in guerra. Non erano ragioni di diritto commerciale, cioè di diritto privato.

Se oggi diciamo che lo Stato può fallire, è perché il suo attributo fondamentale — la sovranità — è venuto a mancare. Di fronte a lui si erge un potere che non solo lo può condizionare, ma lo può spodestare. Lo Stato china la testa di fronte a una nuova sovranità, la sovranità dei creditori“.

Esattamente come è per le società commerciali. I creditori esigono il pagamento dei loro crediti e, se il debitore è insolvente, possono aggredire lui e quello che resta del suo patrimonio e spartirselo tra loro”.

La menomazione dell’indipendenza e della sovranità è reato… Chissà se dopo le parole di Zagrebelsky qualcuno alla Procura di Roma inizierà a pensarci… I reati per comodità più utili ad incriminare chi ha tradito la nazione sono quelli di cui all’art. 241 e 243 c.p. (Avv. Marco Mori)

 

 

● Ciò che si vede è?

Vaccinazione antipolio Sabin – Autismo – Correlazione – Esclusione
Cassazione civile, sez. VI, 25 Luglio 2017, n. 18358.

La c.t.u. di secondo grado, dopo aver ripercorso la storia clinica del periziato, nonché la letteratura scientifica sull’argomento, ha concluso di trovarsi di fronte ad una patologia, il disturbo generalizzato dello sviluppo, di cui non è tuttora ipotizzabile una correlazione con alcuna causa nota in termini statisticamente accettabili e probanti; ha aggiunto che vi concorre un possibile ruolo di fattori genetici, mentre non sussistono ad oggi studi epidemiologici definitivi che consentano di porre in correlazione la frequenza dell’autismo con quella della vaccinazione antipolio Sabin nella popolazione. Riporta altresì i passaggi argomentativi in cui il c.t.u. ha confutato la letteratura medica a lui fatta pervenire dal consulente di parte, nonché la soluzione da questi prospettata.

http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/17907.pdf

● Hai capito chi è veramente l’individuo, in punto di diritto?

 

…è un essere umano titolare di Personalità Giuridica a cui sono negati ben individuati Diritti inalienabili (DUDU >>> goo.gl/Zt56BJ, CEDU >>> goo.gl/9Buapv).

Ricorrendo al Diritto internazionale

l’individuo fuoriesce dalla trappola dell’atto di nascita che lo aveva reso un’astrazione, una Finzione giuridica strumentale al Sistema. Secondo la prassi, il Diritto internazionale è fonte superiore alle leggi della Repubblica, difatti, l’articolo 10 della Carta Costituzionale dispone che l’ordinamento giuridico si adatti automaticamente alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute, in quanto tali norme sono considerate parte integrante del diritto della Repubblica.

L’inganno dell’atto di nascita

La deminutio capitis del nome effigia a vita gli effetti nefasti sul pupillo tolto alla potestà dei genitori naturali, ignari di averlo ceduto alla Repubblica . Usando arbitrariamente e artificiosamente il nome del neonato, con l’atto di nascita viene creato il suo “soggetto giuridico”, essendo tale contratto nullo “ab origine”, ogni successivo abuso di tale status creato “ens legis” è arbitrario, coercitivo, illegale e teso alla schiavizzazione del singolo individuo. Ogni consenso ottenuto senza che ai genitori sia fornita una spiegazione dettagliata dei particolari sopra citati, rende il contratto nullo “ab origine” a causa di vizi occulti.

 

Riepilogando

Quella che segue, liberamente fruibile tramite il web, è l’idea di P.U. (il video è pubblico), andrebbe studiata a fondo, non richiede costi di consultazione né tessere e ciascuno fa sé. Può soccorrere chiunque, specialmente i figli minori. Ciò che è vincente è l’azione individuale, la consapevolezza, l’autodeterminazione del singolo essere umano…

 

Congratulazioni, hai scoperto cosa è la LR.

http://sendvid.com/n655vze6

 

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (P.U.) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Diritti umani: principali Carte, Convenzioni e Dichiarazioni

– Carta delle Nazioni Unite (1945)
Data di adozione: 26/6/1945 – Data di entrata in vigore: 24/10/1945
ONU

– DUDU Dichiarazione universale dei diritti umani (1948)
Data di adozione: 10/12/1948
ONU

– Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (1948)
Data di adozione: 9/12/1948 – Data di entrata in vigore: 12/1/1951
ONU

– Convenzione sullo status dei rifugiati (1951)
Data di adozione: 28/7/1951 – Data di entrata in vigore: 22/4/1954
ONU

– Protocollo relativo allo status di rifugiato (1967)
Data di adozione: 31/1/1967 – Data di entrata in vigore: 4/10/1967
ONU

– Convenzione sullo status degli apolidi (1954)
Data di adozione: 28/9/1954 – Data di entrata in vigore: 6/6/1960
ONU

– Convenzione supplementare sull’abolizione della schiavitù, del commercio di schiavi, e sulle istituzioni e pratiche assimilabili alla schiavitù (1956)
Data di adozione: 7/9/1956 – Data di entrata in vigore: 30/4/1957
ONU

– Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (1965)
Data di adozione: 21/12/1965 – Data di entrata in vigore: 4/1/1969
ONU

– Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (1966)
Data di adozione: 16/12/1966 – Data di entrata in vigore: 3/1/1976
ONU

– Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966)
Data di adozione: 16/12/1966 – Data di entrata in vigore: 23/3/1976
ONU

– Protocollo Opzionale relativo al Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966)
Data di adozione: 16/12/1966 – Data di entrata in vigore: 23/3/1976
ONU

– Secondo Protocollo facoltativo al Patto internazionale sui diritti civili e politici sull’abolizione della pena di morte (1989)
Data di adozione: 15/12/1989 – Data di entrata in vigore: 11/7/1991
ONU

– Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (1979)
Data di adozione: 18/12/1979 – Data di entrata in vigore: 3/9/1981
ONU

– Protocollo opzionale alla Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (1999)
Data di adozione: 6/10/1999 – Data di entrata in vigore: 22/12/2000
ONU

– Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne (1993)
Data di adozione: 20/12/1993
ONU

– Piano d’azione mondiale di educazione per i diritti umani e la democrazia, adottato dal Congresso internazionale sull’educazione per i diritti umani e la democrazia
Data di adozione: Montreal, 8-11/031993
UNESCO

– Dichiarazione di Vienna e Programma d’azione (1993)
Data di adozione: 25/6/1993
ONU

– Decennio per l’educazione ai diritti umani (1995)
Data di adozione: 01/01/1995
ONU

– Dichiarazione sull’eliminazione di tutte le forme d’intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o il credo (1981)
Data di adozione: 25/11/1981
ONU

– Dichiarazione sul diritto dei popoli alla pace (1984)
Data di adozione: 12/11/1984
ONU

– Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (1984)
Data di adozione: 10/12/1984 – Data di entrata in vigore: 26/6/1987
ONU

– Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (2003)
Data di adozione: 18/12/2002 – Data di entrata in vigore: 22/6/2006
ONU

– Dichiarazione sul diritto allo sviluppo (1986)
Data di adozione: 4/12/1986
ONU

– Convenzione sui diritti del bambino (1989)
Data di adozione: 20/11/1989 – Data di entrata in vigore: 2/9/1990
ONU

– Protocollo facoltativo alla Convenzione sui diritti del bambino riguardante il traffico di bambini, la prostituzione infantile e la pornografia infantile
Data di adozione: 25/5/2000 – Data di entrata in vigore: 18/1/2002
ONU

– Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie (1990)
Data di adozione: 18/12/1990 – Data di entrata in vigore: 1/7/2003
ONU

– Il Decennio per l’educazione ai diritti umani (1994)
Data di adozione: 14/12/1994
ONU

– Dichiarazione sulle responsabilità delle generazioni presenti verso le generazioni future (1997)
Data di adozione: 12/11/1997
ONU

– Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti umani (1997)
Data di adozione: 11/11/1997
UNESCO

– Dichiarazione del Millennio (2000)
Data di adozione: 8/9/2000
ONU

– Convenzione relativa alla proibizione e immediata azione per l’eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile (2000)
Data di adozione: 17/6/1999 – Data di entrata in vigore: 19/11/2000
OIL

– Norme sulle responsabilità delle imprese transnazionali e delle altre imprese commerciali in materia di diritti umani (2003)
Data di adozione: 13/8/2003
ONU

– Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata (2006)
Data di adozione: 20/12/2006 – Data di entrata in vigore: 23/12/2010
ONU

– Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni (2007)
Data di adozione: 13/9/2007
ONU

Diritto internazionale umanitario

– IV Convenzione dell’Aja concernente le leggi e gli usi della guerra terrestre e regolamento annesso (1907)
Data di adozione: 18/10/1907 – Data di entrata in vigore: 26/01/1910

– Protocollo concernente la proibizione di usare in guerra gas asfissianti, tossici o simili e mezzi batteriologiche (1925)
Data di adozione: 17/06/1925 – Data di entrata in vigore: 08/02/1928

– I° Convenzione di Ginevra sulla protezione dei feriti e dei malati nella guerra terrestre
– II° Convenzione di Ginevra sulla protezione dei feriti, malati e naufraghi nella guerra marittima
– III° Convenzione di Ginevra sulla protezione dei prigionieri di guerra
– IV° Convenzione di Ginevra sulla protezione della popolazione civile
Data di adozione: 1949

– I° Protocollo addizionale relativo ai conflitti armati internazionale e II° Protocollo addizionale relativo ai conflitti armati non internazionali
Data di adozione: 1977

– Convenzione che vieta lo sviluppo, la fabbricazione e lo stoccaggio delle armi batteriologiche (biologiche) o a base di tossine e che disciplina la loro distruzione (1972)
Convenzione sulle armi biologiche
Data di adozione: 10/4/1972 – Data di entrata in vigore: 26/3/1975
ONU

– Convenzione sul divieto dell’uso di tecniche di modifica dell’ambiente a fini militari e ad ogni altro scopo ostile (1976)
Data di adozione: 10/12/1976 – Data di entrata in vigore: 5/10/1978
ONU

– Convenzione sul divieto o la limitazione dell’impiego di talune armi classiche che possono essere ritenute capaci di causare effetti traumatici (e protocolli facoltativi)
Data di adozione: 10/10/1980 – Data di entrata in vigore: 2/12/1983
ONU

– Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, stoccaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione (1993)
Data di adozione: 13/1/1993 – Data di entrata in vigore: 29/4/1997
ONU

– Convenzione sul divieto di impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione
Data di adozione: 18/9/1997 – Data di entrata in vigore: 1/3/1999
ONU

Principali Carte regionali in materia di diritti umani

– Convenzione americana sui diritti umani (1969)
Patto di San José di Costarica
Data di adozione: 22/11/1969 – Data di entrata in vigore: 18/7/1978
OAS – Organizzazione degli Stati Americani

– Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli (1981)
Data di adozione: 28/6/1981 – Data di entrata in vigore: 21/10/1986
UA – Unione Africana

– Protocollo alla Carta Africana dei diritti dell’uomo e dei popoli relativo alla creazione di una Corte africana dei diritti dell’uomo
Data di adozione: 10/6/1998 – Data di entrata in vigore: 25/1/2004
UA

– Protocollo alla Carta Africana sui diritti dell’uomo e dei popoli sui diritti delle donne in Africa (2003)
Data di adozione: 11/7/2003 – Data di entrata in vigore: 25/11/2005
UA – Unione Africana

– Carta araba dei diritti dell’uomo (emendata) (2004)
Data di adozione: 15/9/1994 – Data di entrata in vigore: 15/3/2008
Lega degli Stati Arabi

– Dichiarazione del Cairo sui diritti umani nell’Islam (1990)
Data di adozione: 5/8/1990
Organizzazione della Conferenza Islamica

Principali Convenzioni e Dichiarazioni adottate a livello europeo

– CEDU Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (1950) e Protocolli addizionali
Data di adozione: 4/11/1950 – Data di entrata in vigore: 3/9/1953
COE – Consiglio d’Europa

– Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (1987)
Data di adozione: 26/11/1987 – Data di entrata in vigore: 1/2/1989
COE – Consiglio d’Europa

– Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali (1995)
Data di adozione: 1/2/1995 – Data di entrata in vigore: 1/2/1998
COE – Consiglio d’Europa

– Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori (1996)
Data di adozione: 25/1/1996 – Data di entrata in vigore: 1/7/2000
COE – Consiglio d’Europa

– Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e la dignità dell’essere umano riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina (1997)
Convenzione sui diritti umani e la biomedicina – Convenzione di Oviedo
Data di adozione: 4/4/1997 – Data di entrata in vigore: 1/12/1999
COE – Consiglio d’Europa

– Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000)
Data di adozione: 7/12/2000
UE – Unione Europea

– Carta Sociale Europea (riveduta) (1996)
Data di adozione: 3/5/1996 – Data di entrata in vigore: 1/7/1999
COE – Consiglio d’Europa

– Carta sull’educazione alla cittadinanza democratica e ai diritti umani
Data di adozione: 11/05/2010
COE

* * *

QUI [https://goo.gl/NMfggy] trovi la RACCOLTA NORMATIVA MANUALE DEI DIRITTI UMANI
Trattati, Convenzioni, Dichiarazioni, Statuti, Protocolli
aggiornati al 2004  (1395 pagine).

 

 

● La delega, gran segreto millenario

La delega è ancora oggi usata per togliere alle masse e ai popoli il proprio potere. È una prassi talmente radicata nella società antica e contemporanea da non venire nemmeno più percepita. Non stiamo parlando delle deleghe per la riunione di condominio, ma di quelle che hanno ripercussioni fondamentali sulla nostra vita, che una delega sia estorta con l’inganno (come nell’atto di nascita) o sia frutto di volontaria sottomissione poco cambia dal lato pratico. Esprimere la propria volontà attraverso altri soggetti o enti equivale a dire di non esprimerla per niente.
Se voi chiedete a chiunque abbia interesse ad amministrarvi se esso o essi lo stanno facendo per il vostro bene, tutti risponderanno in coro che non ci sono dubbi sia così. Ci si sente come obbligati a seguire ciecamente qualcosa o qualcuno che con parole adeguate sappia catturare le nostre speranze e le nostre richieste.

In una società dove amministrare altre persone o gruppi di persone è sinonimo di potere, si lascia facilmente immaginare quale sia il reale intento che muove il ricevente delega. Esso/essi perseguono interessi oscuri di solito mossi dalla sete di denaro e di potere che sono sempre nascosti dalle buone intenzioni che dicono di manifestare nei vostri confronti. Una volta ceduta la delega al più bravo ammaliatore o al più seducente esibizionista, siete in balia del suo/loro operato. Vi sedete e aspettate fiduciosi tenendo aperta quella porta della speranza senza data e priva di un punto d’arrivo chiaro e ben definito come la vostra anima richiede.

Da qui nasce quel senso di paura, d’impotenza e d’incertezza che rischia di trasformarsi in panico nel notare che nulla intorno a voi e alle vostre richieste sta cambiando. E tutto questo non è altro che la manifestazione e la conseguenza di ciò che avete deciso d’essere: nullità inoperose in balia di lupi affamati in cerca di gloria, denaro e potere. Avete ceduto voi il vostro potere e non è lecito poi lamentarsi.
Questo tipico e diffusissimo atteggiamento sociale non permetterà mai al popolo di formare la propria identità che potrà esprimersi solamente alla presenza d’intenti individuali manifestati in prima persona e condivisi dalla maggior parte del popolo.

Se fate le stesse domande a tutte le persone che incontrate, vi accorgete che, di là dalle deleghe e della manifesta inutilità che tali deleghe comportano, TUTTI vogliamo e desideriamo la stessa cosa. Quando è la nostra coscienza a parlare non ci sono e mai ci saranno divisioni. Tutti stiamo percependo la direzione autoritaria e criminale in cui si muove il mondo ma sembra che non si riesca proprio a comprendere che è proprio la cessione del potere la causa dei nostri mali.

Il sistema ci conosce meglio di quanto noi non conosciamo noi stessi e sono terrorizzati dal risveglio collettivo che non concede delega e smette di ubbidire in massa. Sanno e sappiamo in fondo anche noi, che questa è l’unica via percorribile per rendere materializzati i nostri intenti più nobili e sani.

Ora, tornando al discorso iniziale, il non concedere delega significa NON FIDARSI DI NESSUNO.

Sta a voi stessi discernere chi avete di fronte ma sempre in manifestazione della vostra volontà. Discernere significa interagire con la coscienza aperta senza alcun condizionamento esterno al vostro essere. Questo e solo questo vi permetterà di comprendere chi avete di fronte. Capirete chi vi sta mentendo e chi no. Chi vi sta usando per altri scopi e chi no. Chi persegue propri interessi facendo credere di interessarsi a voi e chi no.

 

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (P.U.) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Molti politici sanno benissimo…

…che l’Italia è il risultato dell’intento di uno stato terzo (qui l’elenco di alcuni atti classificati “segreti” sconosciuti a noi e ai più >>> goo.gl/QymGFB). Questo Paese formalmente è indipendente tuttavia, fattualmente non esercita alcuna politica che sia in antitesi a quella della potenza terza che lo sostiene,

che, guardacaso, ha indotto l’introduzione della moneta unica privata ©Euro “a debito” (vedi qui >>> https://goo.gl/qc45Pq) la quale, sempre più è associata alla caduta libera del benessere diffuso.

L’Italia non è una Nazione autonoma e sovrana: è uno Stato retto da ragioni commerciali extra-nazionali, di certo a prescindere dalla volontà dei partiti-fantoccio, quali che siano, che hanno la meta di far credere al cittadino d’avere libertà di scelta oltre a quella consapevole o meno di incanalare o di sopire il dissenso.

Qui si vive una messinscena giuridica per opera di una dominante regia anti-italiana. È il Diritto stesso a sancirlo, persino la Carta Costituzionale: detenere la cittadinanza italiana equivale a piegarsi ad un’ipoteca sulla democrazia. Vi è flagrante negazione, violazione ed infrazione dell’Art. 80 e dell’Art. 87 della Costituzione repubblicana stracciata infine dal Trattato di Lisbona entrato in vigore nel 2009 (quale parte integrante del Trattato UE) che prevedono rispettivamente la ratifica obbligatoria di ogni accordo internazionale, sia da parte del Parlamento che è organo legislativo e organo di controllo politico del governo sia da parte del Presidente della Repubblica.


A questo punto diamoci da fare NOTIFICHIAMO, NOTIFICHIAMO, POICHÉ NESSUNO RISPONDE NÉ CONFUTA. TUTTI D’ACCORDO… 
Proprio ieri ho notificato questo atto >>> https://www.docdroid.net/Fc…/170808-diffida-a-persistere.pdf

 


 [QUI LA COPIA DELL'ATTO >>> http://docdro.id/Fcf3jyw]

senza pregiudizio

Il Popolo Sovrano

Disponente e Beneficiario Unico della Nazione Italia

In virtù della Legge Naturale Superiore, sui principi della quale ogni successivo Codice della Legge è stato istituito, in qualità

di Titolare Nativo ed inalienabile del Diritto della Terra

nella veste di Tutore inalienabile della propria Individualità di Popolo e con i Poteri e Diritti a Lui conferiti per Diritto di Nascita Originale

PRIMA DI OGNI ALTRA LEGGE SCRITTA ESISTENTE

* * *

Notifica e diffida a persistere:

* * *

  1. nell’azione continuata di violazione in atti e azioni condotte dei Patti e Trattati Internazionali in materia di Tutela dei Diritti Umani, universalmente riconosciuti e ratificati da parte delle figure istituzionali responsabili presso la REPUBBLICA ITALIANA, Stato ITALIA, ovvero nella persona dei suoi Rappresentanti Legali o Trustees, co-Trusteese terzi coinvolti

  2. nell’azione continuata di violazione del Patto Costituzionale stretto con il Popolo Sovrano, per omissioni e inadempienze in atti e azioni, condotte da parte delle figure istituzionali, nominate ed elette e quindi responsabili presso la REPUBBLICA ITALIANA, Stato ITALIA, ovvero nella persona dei suoi Rappresentanti Legali o Trustees, co-Trustees e terzi coinvolti,contro la Sovranità del Popolo Sovrano e della Nazione Italia e contro la Personalità Giuridica dello Stato italiano

  3. nell’azione continuata di procurato danno nei confronti del Disponente e Beneficiario Unico del Trust ab origine et de facto, unico valido e vivente ad oggi, per mezzo di accordi contrattuali internazionali,sovranazionali vigenti nella giurisdizione della Lex Mercatoria, sottoscritti nel tempo e fino alla data della presente notifica, dalle figure istituzionali,elette e quindi responsabili per la sana e corretta amministrazione della REPUBBLICA ITALIANA, STATO ITALIA,ovvero nella persona dei suoi Rappresentanti Legali o Trustees, co-Trustees e terzi coinvolti, segnatamente qui al riguardo del “TRUST INDENTURE ACT” del 1939, firmato, notificato, depositato e ratificato presso la SEC – Security Exchange Commission, Washington DC, Columbia District –STATI UNITI

le seguenti Persone:

il Presidente della REPUBBLICA ITALIANA in carica

MATTARELLA Sergio
Guardian del Trust Republic of Italy
N° CIK 0000052782
SIC: 8888 – FOREIGN GOVERNMENTS
Sec – Security Exchange Commission
Washington DC – Columbia District

UNITED STATES

presso la sede italiana
Palazzo del Quirinale

Roma

REPUBBLICA ITALIANA

Italia

* * *

Il Presidente del Consiglio dei Ministri della REPUBBLICA ITALIANA

GENTILONI Paolo

Trustee del medesimo Trust

presso la sede italiana

Palazzo Chigi

Roma
REPUBBLICA ITALIANA

Italia

* * *

Il Ministro dell’Economia e Finanze
PADOAN Pier Carlo

Co-Trustee del medesimo Trust

sua sede

Roma

REPUBBLICA ITALIANA

Italia

* * *

Il Ministro della Salute

LORENZIN Beatrice

Co-Trustee del medesimo Trust

Sua sede

Roma

REPUBBLICA ITALIANA

Italia

* * *

il Direttore generale della Prevenzione Sanitaria

Ministero della Salute
GUERRA Raniero

Co-trustee del medesimo Trust

Sua sede

Roma

REPUBBLICA ITALIANA

Italia

* * *

il Presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)

VELLA Stefano

Co-Trustee del medesimo trust

sua sede
Roma

REPUBBLICA ITALIANA

Italia

* * *

l’ex Presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)
per il periodo di competenza all’epoca della firma degli accordi internazionali

PECORELLI Sergio

dimessosi da Co-Trustee del medesimo Trust

notifica presso la sede dell’AIFA

Roma

REPUBBLICA ITALIANA

Italia

* * *

il Direttore Generale del Tesoro

CANNATA Maria
Co-Trustee del medesimo Trust
sua sede

Roma

REPUBBLICA ITALIANA

Italia

* * *

l’Ambasciatore d’Italia a Washington

VARRICCHIO Armando

Agente autorizzato dal Dichiarante

presso la Security Exchange Commission
Washington DC – Columbia District
UNITED STATES

Unites States of America

* * *

L’avvocato incaricato dal Trust presso la Sec di Washington, DC

CORTE Lorenzo

Studio Legale Associato

sua sede

Londra

REGNO UNITO

* * *

L’ex Presidente degli STATI UNITI

OBAMA Barack Hussein II

per il periodo di competenza all’epoca della firma dell’ordine presidenziale del 4 novembre 2016 “Advancing the Global Health Security Agenda to Achieve a World Safe

and Secure from Infectious Disease Threats”

notifica per competenza all’epoca dei fatti presso la Casa Bianca
Washington DC
UNITED STATES

Unites States of America

* * *

il Segretario Generale della Nazioni Unite (ONU)

GUTERRES Antònio

sua sede

New York, NY
UNITED STATES

Unites States of America

* * *

il Segretario Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO/OMS)

ADHANOM Tedros

Sua sede

Ginevra

SVIZZERA

* * *

Il Direttore generale della FAO

Food and Agriculture Organization of the United Nations

DA SILVA Josè Graziano

sua sede

Roma

ITALIA

* * *

Il Presidente della BANCA MONDIALE

KIM Jim Yong

sua sede

Washington, DC

UNITED STATES

Unites States of America

* * *

Il Direttore Generale del Fondo Monetario Internazionale (FMI/IMF)

LAGARDE Christine

Sua sede

Washington, DC

UNITED STATES

Unites States of America

* * *

il Board of Trustees della GHSA Foundation

Global Health Security Agenda

A tutti i membri del Gruppo direttivo

in rappresentanza dei seguenti stati ovvero enti internazionali commerciali nella giurisdizione della Lex Mercatoria
CANADA

CILE

FINLANDIA

INDIA

INDONESIA

ITALIA

KENYA

ARABIA SAUDITA

REPUBBLICA DI COREA

STATI UNITI

WHO/OMS

FAO

OIE

Loro sede

Presso The Office of Global Affairs

U.S. Department of Health and Human Services
Room 639H

200 Independence Ave, SW

Washington, DC 20201

UNITED STATES
United States of America

* * *

I fondatori e il responsabile del Board of Trustees della GAVI Foundation

The Vaccine Alliance

BERKLEY Seth

sua sede

Ginevra
SVIZZERA

* * *

Bill & Melinda GATES Foundation

GATES Bill
GATES Melinda
loro sede
Seattle, WA

UNITED STATES

United States of America

* * *

il responsabile del Board of Trustees dell’IFFIm Foundation

International Finance Facility for Immunisation Company
Supporting GAVI, the Vaccine Alliance

KARSENTI Renè

sua sede

Londra
REGNO UNITO

* * *

al direttore generale di GLAXO SMITH & KLINE (GSK)

WALMSLEY Emma Natasha

sua sede

Brentford, Londra
REGNO UNITO

SI NOTIFICA INOLTRE

al Vescovo di Roma

BERGOGLIO Jorge Marìa

Presso la

SANTA SEDE
Città del Vaticano

(tramite Sala Stampa)

* * *

al Papa Emerito

RATZINGER Joseph Aloisius

sua sede
Casa Santa Marta

Città del Vaticano

(tramite Sala Stampa)

* * *

Al Segretario Personale della Corona Inglese

GEIDT Christopher

sua sede

Buckingham Palace

Londra

REGNO UNITO

* * *

al Presidente della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU)

RAIMONDI Guido

sua sede

Strasburgo

FRANCIA

* * *

al Presidente del Parlamento Europeo

TAJANI Antonio

sua sede
Strasburgo

FRANCIA

* * *

al Presidente della Commissione Europea
JUNCKER Jean-Claude

sua sede

Bruxelles

BELGIO

* * *

al Presidente del Consiglio Europeo

TUSK Donald

sua sede

Bruxelles

BELGIO

* * *

alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE)

Giudice TIZZANO Antonio

Membro della Corte

sua sede

LUSSEMBURGO

* * *

Al Presidente della Banca Centrale Europea (BCE)

DRAGHI Mario

sua sede

Francoforte
GERMANIA

Si notifica inoltre presso il Presidente e il Governo Federale degli STATI UNITI, con disposizione di immediata CANCELLAZIONE dell’Executive Order del 4 novembre 2016, a firma dell’ex Presidente, Barack Hussein OBAMA II “Advancing the Global Health Security Agenda to Achieve a World Safe and Secure from Infectious Disease Threats”

al Presidente degli STATI UNITI in carica

Mr. Donald J. TRUMP

sua sede

Casa Bianca

Washington, DC – Columbia District

UNITED STATES

United States of America

* * *

al Segretario del Dipartimento di Giustizia

del Governo Federale degli STATI UNITI

Mr. Jeff SESSIONS

Capo dell’ Avvocatura Generale

sua sede

Washington DC – Columbia District

UNITED STATES

United States of America

* * *

Al Direttore del Comitato per la Sicurezza dei Vaccini

nominato dal Presidente Donald J. TRUMP

Robert F. KENNEDY jr

sua sede

Washington DC – Columbia District

UNITED STATES

United States of America

* * *

all’Ambasciatore degli STATI UNITI in Italia
nella persona della sua Chargé d’Affaires ad interim per sede vacante

Mrs. Kelly DEGNAN

sua sede

Roma

Italia

* * *

alla U.S. Security and Exchange Commission

Mr. Jay CLAYTON

Chairman

sua sede

Washington DC – Columbia District

UNITED STATES

United States of America

* * *

Quanto di seguito si deve per conoscenza, notifica e diffida a persistere ad ogni e tutte le Persone Fisiche, attualmente in carica e responsabili in forma piena ed in solido alla data di questo atto formale, di ogni azione, consegna, azione e potere di firma presso i ruoli di vertice degli Organi di competenza citati epresso ogni e tutti gli Enti, i Dipartimenti, i Ministeri e le Agenzie interessate, sia italiane che internazionali.

SI RAMMENTA INOLTRE CHE

con l’attuazione del Decreto-legge del 7 giugno 2017, n. 73“Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale” (17G00095), Gazzetta Ufficiale – Serie Generale, n. 130 del 07 giugno 2017e la sua conversione ed eventuale successiva promulgazione in legge dello Stato, per opera del Parlamento e per apposizione di firma, ratifica e sigillo del Capo dello Stato con atto finale di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale

SARANNO GRAVEMENTE VIOLATI I SEGUENTI PATTI, TRATTATI E DETTATI COSTITUZIONALI

  • Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (DUDU), recepita e ratificata dal Governo Italiano con la legge 881/1977, in particolare, ma non in via esclusiva, con riferimento agli Articoli 12, 26, 29

  • Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), recepita e ratificata dal Governo Italiano con la legge 848/1955,, in particolare, ma non in via esclusiva, con riferimento agli Articoli 8, 14 e17

  • Protocollo addizionale alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), recepito e ratificato dal Governo Italiano con la legge 848/1955, in particolare, ma non in via esclusiva, con riferimento all’Articolo 2

  • Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la Biomedicina, recepita e ratificata dal Governo Italiano con la legge 145/2001, in particolare, ma non in via esclusiva, con riferimento agli Articoli 2, 5 e 21

  • Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, in particolare, ma non in via esclusiva, con riferimento all’Articolo 3

  • Convenzione sui Diritti del Bambino ratificata dal Governo Italiano con la legge 65/1992, in particolare, ma non in via esclusiva, con riferimento agli Articoli 2, 16, 28

  • Convenzione sul Diritto dei Trattati, adottata a Vienna il 23/5/1969 e ratificata dal Governo Italiano con la legge 112/1974, in particolare, ma non in via esclusiva, con riferimento agli Articoli 27, 29, 34

  • Costituzione Italiana, in particolare, ma non in via esclusiva, con riferimento agli Articoli 1, 2, 13, 14, 32,72, 76, 77

  • TRUST INDENTURE ACT” del 1939, in particolare, ma non in via esclusiva, con riferimento alla Sezione310, relativa all’ “Eleggibilità e Inadempienza del Trustee” e alla Sezione 315, relativa ai “Doveri e Responsabilità del Trustee”, qui di seguito riportati nella lingua originale di redazione del 1939, ai fini della massima aderenza al testo.

* * *

SEC. 310.ELIGIBILITY AND DISQUALIFICATION OF TRUSTEE

Persons Eligible for Appointment as Trustee

(a)(1) There shall at all times be one or more trustees under every indenture qualified or to be qualified pursuant to this title, at least one of whom shall at all times be a corporation organized and doing business under the laws of the United States or of any State or Territory or of the District of Columbia or a corporation or other person permitted to act as trustee by the Commission (referred to in this title as the institutional trustee), which (A) is authorized under such laws to exercise corporate trust powers, and (B) is subject to supervision or examination by Federal, State, Territorial, or District of Columbia authority. The Commission may, pursuant to such rules and regulations as it may prescribe, or by order on application, permit a corporation or other person organized and doing business under the laws of a foreign government to act as sole trustee under an indenture qualified or to be qualified pursuant to this title, if such corporation or other person (i) is authorized under such laws to exercise corporate trust powers, and (ii) is subject to supervision or examination by authority of such foreign government or a political subdivision thereof substantially equivalent to supervision or examination applicable to United States institutional trustees. In prescribing such rules and regulations or making such order, the Commission shall consider whether under such laws, a United States institutional trustee is eligible to act as sole trustee under an indenture relating to securities sold within the jurisdiction of such foreign government.
[…](3) If the indenture to be qualified requires or permits the appointment of one or more co-trustees in addition to such institutional trustee, the rights, powers, duties, and obligations conferred or imposed upon the trustees or any of them shall be conferred or imposed upon and exercised or performed by such institutional trustee, or such institutional trustee and such co- trustees jointly, except to the extent that under any law of any jurisdiction in which any particular act or acts are to be performed, such institutional trustee shall be incompetent or unqualified to perform such act or acts, in which event such rights, powers, duties, and obligations shall be exercised and performed by such co-trustees.

[…](5) No obligor upon the indenture securities or person directly or indirectly controlling, controlled by, or under common control with such obligor shall serve as trustee upon such indenture securities. (b) If any indenture trustee has or shall acquire any conflicting interest as hereinafter defined— (i) then, within 90 days after ascertaining that it has such conflicting interest, and if the default (as defined in the next sentence) to which such conflicting interest relates has not been cured or duly waived or otherwise eliminated before the end of such 90-day period, such trustee shall either eliminate such conflicting interest or, except as otherwise provided below in this subsection, resign, and the obligor upon the indenture securities shall take prompt steps to have a successor appointed in the manner provided in the indenture; (ii) in the event that such trustee shall fail to comply with the provisions of clause (i) of this subsection, such trustee shall, within 10 days after the expiration of such 90-day period, transmit notice of such failure to the indenture security holders in the manner and to the extent provided in subsection (c) of section 313;

For the purposes of this subsection, an indenture trustee shall be deemed to have a conflicting interest if the indenture securities are in default (as such term is defined in such indenture, but exclusive of any period of grace or requirement of notice) and— (1) such trustee is trustee under another indenture under which any other securities, or certificates of interest or participation in any other securities, of an obligor upon the indenture securities are outstanding or is trustee for more than one outstanding series of securities, as hereafter defined, under a single indenture of an obligor, unless— (A) the indenture securities are collateral trust notes under which the only collateral consists of securities issued under such other indenture, (B) such other indenture is a collateral trust indenture under which the only collateral consists of indenture securities, or (C) such obligor has no substantial unmortgaged assets and is engaged primarily in the business of owning, or of owning and developing and/or operating, real estate, and the indenture to be qualified and such other indenture are secured by wholly separate and distinct parcels of real estate:

SEC. 315.DUTIES AND RESPONSIBILITY OF THE TRUSTEE

Duties Prior to Default

  1. The indenture to be qualified shall automatically be deemed (unless it is expressly provided therein that any such provision is excluded) to provide that, prior to default (as such term is defined in such indenture

    1. the indenture trustee shall not be liable except for the performance of such duties as are specifically set out in such indenture; and

    2. the indenture trustee may conclusively rely, as to the truth of the statements and the correctness of the opinions expressed therein, in the absence of bad faith on the part of such trustee, upon certificates or opinions conforming to the requirements of the indenture; but the indenture trustee shall examine the evidence furnished to it pursuant to section 314 to determine whether or not such evidence conforms to the requirements of the indenture.

[…]Duties of the Trustee in Case of Default

  1. The indenture trustee shall exercise in case of default (as such term is defined in such indenture) such of the rights and powers vested in it by such indenture, and to use the same degree of care and skill in their exercise, as a prudent man would exercise or use under the circumstances in the conduct of his own affairs.

[…]Responsibility of the Trustee

(c) The indenture to be qualified shall not contain any provisions relieving the indenture trustee from liability for its own negligent action, its own negligent failure to act, or its own willful misconduct, except that

  1. such indenture shall automatically be deemed (unless it is expressly provided therein that any such provision is excluded) to contain the provisions authorized by paragraphs (1) and (2) of subsection (a) of this section;

  2. such indenture shall automatically be deemed (unless it is expressly provided therein that any such provision is excluded) to contain provisions protecting the indenture trustee from liability for any error of judgment made in good faith by a responsible officer or officers of such trustee, unless it shall be proved that such trustee was negligent in ascertaining the pertinent facts; and

  3. such indenture shall automatically be deemed (unless it is expressly provided therein that any such provision is excluded) to contain provisions protecting the indenture trustee with respect to any action taken or omitted to be taken by it in good faith in accordance with the direction of the holders of not less than a majority in principal amount of the indenture securities at the time outstanding (determined as provided in subsection (a) of section 316) relating to the time, method, and place of conducting any proceeding for any remedy available to such trustee, or exercising any trust or power conferred upon such trustee, under such indenture.

* * *

Si evidenzia per completezza di notifica e diffida, la violazione delle mansioni, delle consegne, dell’obbligo e della responsabilità etica e morale del Guardian, del Trustee, dei Co-Trustees nell’esercizio delle loro funzioni. Violazioni da perseguire con richiesta del Rimedio, succedanea alla immediata Revoca di ogni e tutti i Trusts vigenti in giurisidzioni inferiori a quella del Trust originario – il Patto del Popolo Italiano – con immediata sospensione e rimozione del Guardian, del Trustee e dei co-Trustees nominati, ovvero eletti, con la cancellazione di ogni immunità accordata ad essi o da loro conferita a ogni e tutti i Funzionari, Agenti, Dirigenti, Dipendenti, facenti funzione e terzi coinvolti, perseguibili da quel momento come Persone fisiche, pienamente responsabili in solido, poichè inadempienti e in cattiva fede nei confronti del solo ed unico Disponente e Beneficiario esistente ‘ab origine et de facto’, dell’unico Trust valido e vivente ad oggi, istituito e costituito in Legge Superiore alla Lex Mercatoria, ovvero la Legge della Terra, nel Patto fondamentale e imprescindibile tra il Popolo Sovrano e la Nazione Italia.

TERMINI DI NOTIFICA E DIFFIDA

Questa notifica e diffida a persistere concede a tutti gli Attori interessati un termine massimo di 10 giorni (dieci giorni) per presentare osservazioni o motivazioni, che devono essere strettamente legate ed inerenti a quanto asserito in questo atto e dovutamente documentate, al fine di una possibile confutazione delle disposizioni urgenti in esso contenute.Allo scadere del termine di 10 giorni, le disposizioni di questo atto devono essere immediatamente poste in essere, in virtù del suo valore irrefutabile, legittimo ed inconfutato, ovvero fungere da prova e titolo valido presso ogni Corte di Giustizia Internazionale di Giustizia che i Rappresentanti del Popolo scelgano liberamente di adire o come previsto dalla legge relativa all’Arbitrato internazionale in materia di controversie commerciali, riguardanti le entità giuridiche internazionali, come regolato nel Codice di Legge Commerciale Uniforme UNIDROIT.

* * *

In ultimo, si ricorda con fermezza a tutte le Persone oggetto di notifica e diffida, che la sentenza n. 1/2014 della Corte Costituzionale (Italian Supreme Court) e relativo parere espresso e pubblicato il 9 gennaio 2014, ha fissato punti imprescindibili che impongono al tutti gli Organi e le Istituzioni dello Stato il rispetto assoluto della Costituzione, tramite immediata correzione dei gravi errori e violazioni ai Dettati della Carta Fondamentale, commessi in passato e reiterati – purtroppo – ancor’oggi, e il cui Rimedio per dovere etico e morale e di onestà di chi trattiene il potere illegittimamente ed abusivamente, non può essere più disatteso oltre questo vulnus di credibilità dello Stato, fin troppo sopportato dal Disponente e Beneficiario della Nazione, Il Popolo italiano.

IL POPOLO SOVRANO DELLA NAZIONE ITALIANA

* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *

without prejudice

THE SOVEREIGN ITALIAN PEOPLE

THE ONLY GRANTOR AND BENEFICIARY OF THE ITALIAN NATION

By virtue of the Highest of the Laws, the Natural Superior Law from which every code of law was created,
As a Native and inalienable holder of Law of The Land
In the form of inalienable Tutor of His Individuality of People
and with the Powers and Rights conferred upon him by the Real and Only Right of Birth

BEFORE AND ABOVE ANY OTHER EXISTING WRITTEN LAW

* * *

Notification and Forewarning not to prosecute following persistant actions:

* * *

a) the persistant deed of violation in acts and actions over the International Pacts and Treaties on the Protection of Human Rights, universally recognized and ratified by the institutional figures, nominated, elected and therefore responsible in the ITALIAN REPUBLIC, State of ITALY, or in the person of its Legal Representatives or Trustees, co-Trustees and any third parties involved;

b) the persistant deed of violating the requirements of the Italian Constitution, the foundamental Pact tight with the Italian People, by omissions and non-compliance in acts and actions carried out by the institutional figures, nominated, elected and responsible in ITALY REPUBLIC, State of ITALY, or in the person of its Legal Representatives or Trustees, co-Trustees and third parties involved, against Sovereignty of the Italian People and of the Nation Italy and against the Legal Entity of the Italian State;

c) the persistant deed of causing harm and alarm against the real and only Deponent and sole Beneficiary of the Trust – We, the Italian People –ab origine et de facto – the sole and only valid and Living Trust, due to the repeated underwriting  of international, supranational contractual agreements and acts, under the jurisdiction of Lex Mercatoria, subscribed in time and up to the date this act is legally notified, by institutional figures, nominated, elected and therefore responsible for the ITALIAN REPUBLIC, State of ITALY or in the person of its Legal Representatives or Trustees, co-Trustees and third parties involved, “TRUST INDENTURE ACT” of 1939, signed, notified, deposited and ratified by the SEC – Security Exchange Commission, Washington DC, Columbia District –UNITED STATES

The following People:

The President of the Italian Republic

Mr. Sergio MATTARELLA

Guardian of the Republic of Italy Trust

N° CIK 0000052782

SIC: 8888 – FOREIGN GOVERNMENTS

Sec – Security Exchange Commission

Washington DC – Columbia District

UNITED STATES

italian offices

Palazzo del Quirinale

Rome

ITALIAN REPUBLIC

Italy

* * *

The President of the Council of Ministers of the Italian Republic

Mr. Paolo GENTILONI

Trustee of the Trust mentioned above

in his Italian head office

Palazzo Chigi

Rome

ITALIAN REPUBLIC

Italy

* * *

The Ministry of Economy and Finance

Mr. Pier Carlo PADOAN

Co-Trustee of the Trust mentioned above

in his Italian head office

Rome

ITALIAN REPUBLIC

Italy

* * *

The Ministry of Health

Mrs. Beatrice LORENZIN

Co-Trustee of the Trust mentioned above

In her Italian head office

Rome

ITALIAN REPUBLIC

Italy

* * *

The General Director of Health Prevention

Ministry of Health

Mr. Raniero GUERRA

Co-trustee of the trust mentioned above

in his italian head office

Rome

ITALIAN REPUBLIC

Italy

* * *

The President of the Italian Drugs Agency (AIFA)

Mr. Stefano VELLA

Co-Trustee of the trust mentioned above

in his Italian head office

Rome

ITALIAN REPUBLIC

Italy

* * *

The former President of the Italian Drugs Agency (AIFA)

regarding his leadership period for the undersign

of international treaties

Mr. Sergio PECORELLI

quitted form being Co-Trustee of the Trust mentioned above

legal notified to AIFA head office

Rome

ITALIAN REPUBLIC

Italy

* * *

General Director of Treasure

Mrs. Maria CANNATA

Co-Trustee of the Trust mentioned above

in her italian head office

Rome

ITALIAN REPUBLIC

Italy

* * *

Italian Ambassador in Washington

Mr. Armando VARRICCHIO

Declarant’s authorized agent

in his head office at Security Exchange Commission

Washington DC – Columbia District

UNITED STATES

Unites States of America

* * *

Trust Lawyer in Chief at Sec di Washington, DC

Mr Lorenzo CORTE

Law Firm

in his head office

London

United Kingdom

* * *

Former United States President

Mr. Barack Hussein OBAMA II

regarding his leadership period for the undersign

of Presidential order of the 4th of November 2016

Advancing the Global Health Security Agenda to Achieve a

World Safe and Secure from Infectious Disease Threats

Legal notified for concerning To The White House

Washington DC

UNITED STATES

Unites States of America

* * *

United Nations General Secretary (ONU)

Mr. Antònio GUTERRES

in his head office

New York, NY

UNITED STATES

Unites States of America

* * *

World Health Organization General Secretary (WHO/OMS)

Mr. Tedros ADHANOM

In his head office

Geneva

SWITZERLAND

* * *

FAO General Secretary

Food and Agriculture Organization of the United Nations

Mr. Josè Graziano DA SILVA

In his head office

Rome

ITALY

* * *

The President of World Bank

Mr. Jim Yong KIM

in his head office

Washington, DC

UNITED STATES

Unites States of America

* * *

IMF General Secretary

Mrs Christine LAGARDE

in his head office

Washington, DC

UNITED STATES

Unites States of America

* * *

The Board of Trustees della GHSA Foundation

Global Health Security Agenda

To all the Steering members and legal representatives of the following States

or international commercial entities in jurisdiction of Lex Mercatoria

CANADA

CILE

FINLANDIA

INDIA

INDONESIA

ITALIA

KENYA

ARABIA SAUDITA

REPUBBLICA DI COREA

STATI UNITI

WHO/OMS

FAO

OIE

In their head office

The Office of Global Affairs

U.S. Department of Health and Human Services

Room 639H

200 Independence Ave, SW

Washington, DC 20201

UNITED STATES

United States of America

* * *

The founders and  Board of Trustees della GAVI Foundation

The Vaccine Alliance

Mr. Seth BERKLEY

in his head office

Geneva

SWITZERLAND

* * *

Bill & Melinda GATES Foundation

Mr. Bill GATES

Mrs. Melinda GATES

in their head office

Seattle, WA

UNITED STATES

United States of America

* * *

The person in charge of the Board of Trustees of IFFIm Foundation

International Finance Facility for Immunisation Company

Supporting GAVI, the Vaccine Alliance

Mr. Renè KARSENTI

in his head office

London

UNITED KINGDOM

* * *

GLAXO SMITH & KLINE CEO (GSK)

Mrs. Emma Natasha WALMSLEY

in his head office

Brentford, London
UNITED KINGDOM

IT IS ALSO LEGALLY  NOTIFIED TO

Bishop of Rome

BERGOGLIO Jorge Marìa

in their head office

SANTA SEDE
Città del Vaticano

(Through the Vatican Press room)

* * *

Pope Emeritus

RATZINGER Joseph Aloisius

in their head office

Casa Santa Marta

Città del Vaticano

(Through the Vatican Press room)

* * *

The Queen’s Private Secretary

Christopher GEIDT

in his head office
Buckingham Palace
London
UNITED KINGDOM

* * *

President of the European Court for Human Rights (CEDU)

Judge Guido RAIMONDI

in his head office

Strasbourg

FRANCE

* * *

President of the European Parliament

Mr. Antonio TAJANI

in his head office

Strasbourg

FRANCE

* * *

President of the European Commission

Mr. Jean-Claude JUNCKER

in his head office

Bruxelles

BELGIUM

* * *

President of the European Council

Mr. Donald TUSK

in his head office

Bruxelles

BELGIUM

* * *

European Court of Justice  (ECOJ)

Judge TIZZANO Antonio

Member of the Court

in his head office

LUXEMBURG

* * *

President of the European Central Bank (BCE)

Mr. Mario DRAGHI

in his head office

Frankfurt

GERMANY

It is also legally notified to the President and the Federal Government of THE UNITED STATES , in order to  IMMEDIATE withdraw the Executive Order,undersigned on the 4th of November 2016, by the former U.S. President

Mr. Barack Hussein OBAMA II

Advancing the Global Health Security Agenda to Achieve a World Safe and Secure from Infectious Disease Threats”

* * *

The President of the United States of America

Mr. Donald J. TRUMP

in his head office

The White House

Washington, DC – Columbia District

UNITED STATES

United States of America

* * *

Secretary of the Department of Justice

of the Federal Government of the UNITED STATES

Mr. Jeff SESSIONS

Chief of the General Attorney

in his head office

Washington DC – Columbia District

UNITED STATES

United States of America

* * *

The Chief of the Vaccine Security Committee

delegated by  President Donald J. TRUMP

Mr. Robert F. KENNEDY jr

in his head office

Washington DC – Columbia District

UNITED STATES

United States of America

* * *

The UNITED STATES Ambassador in Italy

in the person of  Chargé d’Affaires ad interim due to vacancy

Mrs. Kelly DEGNAN

in her head office

Rome

ITALY

* * *

The U.S. Security and Exchange Commission

Mr. Jay CLAYTON

Chairman

in his head office

Washington DC – Columbia District

UNITED STATES

United States of America

* * *

The following statements are legal notified as a cease and desist order  to all the above mentioned Physical Persons in charge in every single Organ, Department, Ministry, Agencies, nationals and internationals, that are directly responsibles with their manners, beliefs, acts and actions, up to the date this act is notified.

IT HAS ALSO TO BE STATED THAT

with the execution of the Decree-law of the 7th of June 2017,  n. 73, “Urgent disposition concerning mandatory vaccinal prevention ” (#17G00095), Official Gazette – General Series , n. 130 of the 7th of June 2017 and his conversion and successive promulgation as an Italian State law, due to Parliament discussion and sign, seal and ratification by the President of the REPUBLIC of ITALY, Mr. Sergio MATTARELLA with definitive Official Gazette publication

THE FOLLOWING PACTS, ACTS, INTERNATIONAL TREATIES AND CONSTITUTIONAL DICTATES, WILL BE SEVERELY VIOLATED

  • Universal Declaration of Human Rights, ratified by the Italian Government as the Law n.881/1977, strictly violated, in Articles n. 12, 26,29 but not only referred to them

  • European Covenant of Human Rights, ratified by the Italian Government as the Law n.848/1955, strictly violated , in Articles n. 8,14,17 but not only referred to them

  • Additional Protocol of The European Covenant of Human Rights, ratified by the Italian Government as the Law n.848/1955, strictly violated in Article n. 2 but not only referred to them

  • Convention on Human Rights and Biomedicine (The Oviedo Convention), ratified by the Italian Government as the Law n. 145/2001, strictly violated in Articles n. 2,5,21 but not only referred to them

  • The European Charter, strictly violated in Articles n. 3 but not only referred to them

  • International Covenant on the Rights of Child, ratified by the Italian Government as the Law n.65/1992, strictly violated in Articles n. 2,16, 28 but not only referred to them

  • International Convention on the Rights of Treaties (The Vienna Convention of the 5/23/1969),  ratified by the Italian Government as the Law n. 112/1974, strictly violated in Articles n. 27, 29, 34 but not only referred to them

  • The Italian Constitution, strictly violated in Articles n.1, 2, 13, 14, 32, 72, 76, 77 but not only referred to them

  • The “TRUST INDENTURE ACT” of 1939, violated in Section 310, related to  the “Eligibility and Disqualification of Trustee” and in  Section 315,  related to the “Duties and Responsibilities of Trustees”, but not only referred to them,quoted underneath this statements, in the original language, as it was written and undersigned in 1939.

* * *

SEC. 310. ELIGIBILITY AND DISQUALIFICATION OF TRUSTEE

Persons Eligible for Appointment as Trustee

(a)(1) There shall at all times be one or more trustees under every indenture qualified or to be qualified pursuant to this title, at least one of whom shall at all times be a corporation organized and doing business under the laws of the United States or of any State or Territory or of the District of Columbia or a corporation or other person permitted to act as trustee by the Commission (referred to in this title as the institutional trustee), which (A) is authorized under such laws to exercise corporate trust powers, and (B) is subject to supervision or examination by Federal, State, Territorial, or District of Columbia authority. The Commission may, pursuant to such rules and regulations as it may prescribe, or by order on application, permit a corporation or other person organized and doing business under the laws of a foreign government to act as sole trustee under an indenture qualified or to be qualified pursuant to this title, if such corporation or other person (i) is authorized under such laws to exercise corporate trust powers, and (ii) is subject to supervision or examination by authority of such foreign government or a political subdivision thereof substantially equivalent to supervision or examination applicable to United States institutional trustees. In prescribing such rules and regulations or making such order, the Commission shall consider whether under such laws, a United States institutional trustee is eligible to act as sole trustee under an indenture relating to securities sold within the jurisdiction of such foreign government. […](3) If the indenture to be qualified requires or permits the appointment of one or more co-trustees in addition to such institutional trustee, the rights, powers, duties, and obligations conferred or imposed upon the trustees or any of them shall be conferred or imposed upon and exercised or performed by such institutional trustee, or such institutional trustee and such co- trustees jointly, except to the extent that under any law of any jurisdiction in which any particular act or acts are to be performed, such institutional trustee shall be incompetent or unqualified to perform such act or acts, in which event such rights, powers, duties, and obligations shall be exercised and performed by such co-trustees.

[…](5) No obligor upon the indenture securities or person directly or indirectly controlling, controlled by, or under common control with such obligor shall serve as trustee upon such indenture securities. (b) If any indenture trustee has or shall acquire any conflicting interest as hereinafter defined— (i) then, within 90 days after ascertaining that it has such conflicting interest, and if the default (as defined in the next sentence) to which such conflicting interest relates has not been cured or duly waived or otherwise eliminated before the end of such 90-day period, such trustee shall either eliminate such conflicting interest or, except as otherwise provided below in this subsection, resign, and the obligor upon the indenture securities shall take prompt steps to have a successor appointed in the manner provided in the indenture; (ii) in the event that such trustee shall fail to comply with the provisions of clause (i) of this subsection, such trustee shall, within 10 days after the expiration of such 90-day period, transmit notice of such failure to the indenture security holders in the manner and to the extent provided in subsection (c) of section 313;

For the purposes of this subsection, an indenture trustee shall be deemed to have a conflicting interest if the indenture securities are in default (as such term is defined in such indenture, but exclusive of any period of grace or requirement of notice) and— (1) such trustee is trustee under another indenture under which any other securities, or certificates of interest or participation in any other securities, of an obligor upon the indenture securities are outstanding or is trustee for more than one outstanding series of securities, as hereafter defined, under a single indenture of an obligor, unless— (A) the indenture securities are collateral trust notes under which the only collateral consists of securities issued under such other indenture, (B) such other indenture is a collateral trust indenture under which the only collateral consists of indenture securities, or (C) such obligor has no substantial unmortgaged assets and is engaged primarily in the business of owning, or of owning and developing and/or operating, real estate, and the indenture to be qualified and such other indenture are secured by wholly separate and distinct parcels of real estate:

SEC. 315.DUTIES AND RESPONSIBILITY OF THE TRUSTEE

Duties Prior to Default

(a) The indenture to be qualified shall automatically be deemed (unless it is expressly provided therein that any such provision is excluded) to provide that, prior to default (as such term is defined in such indenture

(1) the indenture trustee shall not be liable except for the performance of such duties as are specifically set out in such indenture; and

(2) the indenture trustee may conclusively rely, as to the truth of the statements and the correctness of the opinions expressed therein, in the absence of bad faith on the part of such trustee, upon certificates or opinions conforming to the requirements of the indenture; but the indenture trustee shall examine the evidence furnished to it pursuant to section 314 to determine whether or not such evidence conforms to the requirements of the indenture.

[…]Duties of the Trustee in Case of Default

(b) The indenture trustee shall exercise in case of default (as such term is defined in such indenture) such of the rights and powers vested in it by such indenture, and to use the same degree of care and skill in their exercise, as a prudent man would exercise or use under the circumstances in the conduct of his own affairs.

[…]Responsibility of the Trustee

  1. The indenture to be qualified shall not contain any provisions relieving the indenture trustee from liability for its own negligent action, its own negligent failure to act, or its own willful misconduct, except that

    1. such indenture shall automatically be deemed (unless it is expressly provided therein that any such provision is excluded) to contain the provisions authorized by paragraphs (1) and (2) of subsection (a) of this section;

    2. such indenture shall automatically be deemed (unless it is expressly provided therein that any such provision is excluded) to contain provisions protecting the indenture trustee from liability for any error of judgment made in good faith by a responsible officer or officers of such trustee, unless it shall be proved that such trustee was negligent in ascertaining the pertinent facts; and

    3. such indenture shall automatically be deemed (unless it is expressly provided therein that any such provision is excluded) to contain provisions protecting the indenture trustee with respect to any action taken or omitted to be taken by it in good faith in accordance with the direction of the holders of not less than a majority in principal amount of the indenture securities at the time outstanding (determined as provided in subsection (a) of section 316) relating to the time, method, and place of conducting any proceeding for any remedy available to such trustee, or exercising any trust or power conferred upon such trustee, under such indenture.

* * *

It comes to unequivocal evidence the violation of duties and of moral and ethical obligations and responsibilities of the Guardian, of the Trustee and co-Trustees. These violations have to be legally persecuted after the immediate revoking of all Trusts in lower jurisdictions than the original one – We the Italian People – and with the immediate suspensions and revoking of the Guardian, of all the Trustees and the co-Trustees nominated, waiving all the immunities accorded to them and by them to any other Officers, Executives, Employees, Agents, Acting-as, Servants and Third Parties involved and, by that moment, subject of a legal lawsuit over their Legal physical person, for the conscious wrongdoing against the only existing Grantor and Beneficiary of the Original Trust, ‘ab origine et de facto’, the sole and only valid and living Trust, settled and founded upon The Superior Natural Law, the Law Of the Land, the Fundamental and Indispensable Pact between Italian Natives and Italian Nation, in higher law than Lex Mercatoria,

TERMS FOR NOTIFICATION

For whom it may concern, this legal notification order grants a 10 days lapse to submit observation or motivation, that have to be strictly concerning this act and documented, regarding a deny of this notification order. After this 10 days lapse this act is intended to be implemented as irrefutable and legitimated to act as proof among every International Court of Justice we arbitrarily deserve to deal with, as of the Law of International Arbitration concerning Commercial disputes regarding International Legal Entities, as it is written in the UNIDROIT code of laws.

Last but not least, every single subject referred to this notification order has to keep in mind that the Italian Supreme Court, as of the sentence 01/2014,  legal notified on the 9th of January 2014, ordered every single organ of the State Institutions to comply the Constitution, and to redeem immediately at every single violation of Italian Chart, committed in the past years until nowadays and to keep in mind that the Deponent and The Beneficiary of the Nation, We the Italian People, do not bear these violations anymore.

We, the People of the Italian Nation

Genova, 8 Agosto 2017

Protocollo Interno nr./Internal Protocol nr. 01/2017

Legale Rappresentante

Stefano Nizzola

 L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (P.U.) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● L’autodeterminazione

LA LIBERTÀ DI SCELTA NON LA SI POSSIEDE SE SI È IGNORANTI

Il Diritto internazionale è a disposizione di tutti per soccorrerci. Non vi è necessità di affrontare alcun costo (avvocati, associazioni, partiti, ecc.).
Anzitutto occorre veder riconosciuta [dallo Stato] la propria Personalità Giuridica, così facendo si avrà la completa capacità giuridica di agire, per sé, per i discendenti minori e per gli ascendenti incapaci.
Ciò istituisce l’autodeterminazione di se stessi (o la delega-tutela verso i propri cari) così ripudiando l’assoggettamento cui siamo stati fatti segno, con frode, alla nascita mediante la dichiarazione anagrafica delle fictio iuris imposte al pupillo.
Impossibile spiegarlo in punto di diritto con dieci o venti parole… goo.gl/tWrtpT


L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (P.U.) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Le malattie esantematiche erano le benvenute… (libertà di cura no?)

Lettera aperta del Dott. Pietro Perrino al Ministro Beatrice Lorenzin.

Ill.ma Ministra Lorenzin,
sono un Genetista, già ricercatore del CNR, che ora si occupa a pieno tempo di salute.
Sin dagli anni ’70, mi sono interessato di vaccini. Da favorevole sono diventato contrario. Sono stato convertito dalle conoscenze. Sono tante, ma per ragioni di spazio cito le principali.
Non sono state le vaccinazioni di massa a salvare l’umanità dalle malattie infettive, ma le condizioni igieniche e l’uso di acqua potabile. Le vaccinazioni di massa sono arrivate dopo. Le case farmaceutiche hanno fatto di tutto per farci credere il contrario, tanto che la maggior parte della gente se n’era convinta.
Fortunatamente c’è anche molta gente che non la pensa così, in quanto ci sono molti bambini morti o comunque danneggiati dalle vaccinazioni. I vaccini preparati per le vaccinazioni di massa non hanno nulla in comune con i vaccini di una volta: preparati in tempo reale e somministrati con modalità più vicine a quello che faceva la natura.
La gente non si fida dei vaccini moderni perché sono sporchi: contengono pezzi di DNA estraneo e inquinanti vari che causano patologie varie, quando non la morte immediata. A ciò si aggiunga che il virus o il batterio, dopo la manipolazione non sono più quelli selvatici, ma spesso, dipende dal trattamento, sono mutati e quindi possono essere più virulenti e più pericolosi o meno virulenti e quindi addirittura non efficaci. Questi fatti insieme alla genetica dei soggetti vaccinati produce effetti diversi, che vanno, appunto, dalla morte allo sviluppo nel tempo di diverse patologie.
Le vaccinazioni di massa, quando vanno bene, nel senso che il soggetto vaccinato non mostra patologie, producono immunità a breve tempo (5-10 anni) e non a vita, come invece accade quando la malattia infettiva viene contratta e superata naturalmente. Le malattie esantematiche erano le benvenute, perché inducevano immunità duratura e servivano a rinforzare il sistema immunitario contro altre malattie e disturbi neurologici anche in età avanzata. La gente faceva di tutto per contrarre le malattie esantematiche, perché esse erano garanzia di una vita più sana.
Le vaccinazioni di massa sono responsabili della diffusione nelle popolazioni di virus e batteri modificati, dai quali la gente, soprattutto non vaccinata, pare si stia difendendo bene, ma su questo punto ritengo che solo uno studio attento potrà dirci quale sarà il futuro dell’umanità, alla quale si è tolta la possibilità di vaccinarsi naturalmente e si è imposta la vaccinazione artificiale. Sappiamo, però, che i bambini non vaccinati si ammalano di meno di quelli vaccinati. Lo sappiamo perché alcuni studiosi hanno svolto queste ricerche e non perché i Ministeri della Sanità si sono preoccupati di verificare se le vaccinazioni di massa fanno veramente bene, come dice la TV.
Se le vaccinazioni imposte facessero veramente bene, perché si teme che i bambini non vaccinati possano infettare quelli vaccinati? I bambini vaccinati non sono già coperti? Semmai, sono i bambini non vaccinati che dovrebbero temere di essere infettati. I bambini immunodeficienti che non possono essere vaccinati devono temere di più i vaccinati e meno quelli non vaccinati, i quali almeno avrebbero il merito di non essere portatori, fino a quando non si ammalano.
Il 90% dei bambini nasce già immune al Tetano. Eppure l’antitetanica è obbligatoria. Basterebbe un semplice test per evitare di fare anche questo vaccino.
Questa nota è stata sollecitata anche da amici che oggi, 11 luglio 2017, sono a Roma per partecipare al presidio permanente dei no-vax davanti al Senato.
Ministra, faccia un piccolo sforzo, ritiri il DDL. Gli italiani sapranno perdonarla.
Bari, 11 luglio 2017
Pietro Perrino

 

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Ma non sarebbe più sano, sensato e intelligente collaborare?

Una volta sfruttate tutte le risorse possibili e immaginabili cosa facciamo? Andiamo ad abitare su Marte? Le conseguenze della crescita sono che la terra e i mari sono già delle discariche. Visto che non si sta facendo molto per evitare questo epilogo, noi continuiamo e continueremo a dare l’allarme.

Quindi cosa c’entra la crescita con l’economia che significa gestione della casa ovvero della terra e conseguente salvaguardia della stessa, è un mistero molto più grande di quello di Fatima. Eppure è un fiorire di grandi economisti, di premi Nobel, professori universitari, politici, sindacalisti, persone serie in giacca e cravatta che continuano a ripetere questa assurda follia come se fosse assolutamente normale. Tutti che cercano il modo di crescere più velocemente cioè di accelerare ancora di più la corsa verso il precipizio e tutti convintissimi delle assurdità che dicono, con tanto di teorie, articoli, interventi, libri, tesi. C’è chi dice che il nodo al cappio va fatto in un modo, chi in un altro, chi dice che il patibolo dovrebbe essere più basso, chi più alto e continuano nella loro cecità senza tenere conto degli elementi base dell’economia che non sono quelli dei soldi da guadagnare ma di aria da respirare, acqua da bere, ambiente da preservare, tutti aspetti che la crescita sta compromettendo in maniera irreversibile. Seguendola non si arriverà nemmeno ai nipoti, perché è già un grosso problema di quale mondo si troveranno i nostri figli.

I cosiddetti esperti dicono che la crescita porta benessere e posti di lavoro. Quale benessere può essere quello che mina le basi della nostra stessa esistenza e ci porta all’estinzione? Dove sono i posti di lavoro visto che ci sono milioni di disoccupati? Addirittura quando aumentano i fatturati le imprese licenziano, figuriamoci se la crescita dà posti di lavoro.

Ma sempre più persone capiscono che le barzellette, per quanto raccontate da seri signori con linguaggio forbito, non reggono più, la devastazione è sotto gli occhi di tutti. Se vogliamo uscire da questa situazione dovranno esserci dei cambiamenti, ma non certo quelli che ci dice Renzi nei suoi vuoti slogan o quelli della pubblicità quando ti dicono che per essere te stesso devi cambiare automobile. I cambiamenti saranno radicali, profondi, senza giri di parole. Va costruita una società basata su presupposti e valori completamente diversi: non consumo ma salvaguardia, non crescita ma tutela, non concorrenza ma collaborazione, non individualismo ma comunità.

I partiti difficilmente faranno questi cambiamenti e la fiducia che i cittadini danno loro è ai minimi storici viste le percentuali ormai sempre crescenti di gente che non va più a votare; e se agli astenuti ci si aggiunge chi vota il Movimento 5 Stelle, risulta evidente che i sostenitori della politica come servizio per i comitati di affari sono ridotti davvero a poco, per quanto abbiano ancora in mano grandi poteri.

La crescita va bandita dal dizionario economico visto che riguarda solo lo sfruttamento indiscriminato di risorse e persone, di certo non ha nulla a che vedere con la gestione della casa e la sua salvaguardia.

Nella corretta gestione della casa rientra anche il fatto che i membri collaborino affinché la casa possa fare vivere tutti degnamente, la logica della crescita è invece l’opposto, dobbiamo competere, concorrere e schiacciare l’avversario per prevalere. L’ideologia della crescita si rifà infatti a concetti di concorrenza, competizione, sfruttamento. Come a dire che in casa un figlio o figlia deve schiacciare qualche altro figlio; quale genitore scellerato approverebbe una cosa del genere?

Altro aspetto che rende il concetto di crescita fuori da ogni logica e senso, sono i miliardi di persone che si rifanno a religioni secondo cui siamo tutti fratelli e sorelle e dobbiamo rispettarci e collaborare, salvo poi nel concreto seguire il dio denaro e ricorrere a leggi, ordinamenti e azioni che vanno in direzione opposta. Addirittura oltre alle religioni, ci sono pure ideologie che dicono che siamo tutti uguali e avremmo dovuto unirci insieme per costruire un bel sol dell’avvenire; però stranamente uno dei paesi che ha cercato di mettere in pratica queste belle parole, ed è il paese più popolato al mondo, ha costruito un immenso lager per i suoi schiavi lavoratori e in nome della crescita sta radendo al suolo ogni cosa che incontra sul suo cammino rendendo al confronto Attila un bambinetto dell’asilo.

Ma perché secondo l’ideologia della crescita devo sperare di prevalere su qualcun altro e quindi farlo fallire, gettarlo nella miseria, nella disperazione? Lo devo fare perché è diverso da me? Ha meno diritti di vivere dignitosamente da me? E’ inferiore?

Perché devo competere? Per fare felici gli azionisti? Per fare carriera e finire imbottito di psicofarmaci? Per indebitarmi e comprare tutto quello che mi dice la pubblicità?

Perché devo fare corsi con coach miliardari che inventano e utilizzano tutte le tecniche persuasive e manipolatorie possibili con il solo unico obiettivo del successo, che poi significa fregare il prossimo? Ma il prossimo non siamo noi stessi?

Ma non sarebbe più sano, sensato e intelligente collaborare? Non si potrebbe lavorare affinché la gestione della casa sia tale e non renderla una landa di macerie?

E’ utopico? A me sembra molto più utopico pensare di sopravvivere continuando a devastare tutto seguendo il modello della crescita.

Luminari, santoni e guru economici vari, non siate così ignoranti e analfabeti alla vita da mettere la crescita in relazione all’economia, sono due aspetti incompatibili e quando non avrete più da mangiare, bere e l’intero pianeta sarà una discarica, forse ve ne accorgerete, forse.

Il nostro paese non deve crescere ma prosperare e solo senza l’ossessione della crescita si può veramente prosperare.

(Grazie Paolo Ermani)

 

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Quando le leggi dell’obbligo vaccinale sono una violazione dei diritti inalienabili?

Chiunque, sia i favorevoli sia i contrari ad affidarsi ciecamente alla copertura vaccinale, dovrebbe attuare salubri scelte di vita come ad esempio il parto in casa (anche in acqua), l’allattamento, le terapie semplici, il buon cibo (spesso vegetariano), un ambiente tranquillo e la fiducia nella capacità del corpo di guarire se stesso…
Pubblico 4 risposte fornite dal biologo Prof. Michel Georget (traduzione di  Valeria Gentili).

 

  • COME SONO TESTATI I VACCINI RELATIVAMENTE ALLA SICUREZZA?
  • “Ah, questo è un problema grossissimo, perché i vaccini SFUGGONO ad un largo numero di regole che sono invece studiate per i farmaci. Per esempio sfuggono a quelli che sono definiti gli studi FARMACO-CINETICI. Una definizione ostica, forse, ma molto semplice: la farmaco cinetica si occupa fondamentalmente di OSSERVARE le reazioni del farmaci inoculati nell’organismo. Ad esempio, un preparato per le cardiopatie o per l’ipertensione, ecco, una farmaco come questo viene seguito nella sua azione all’interno dell’organismo. Si vede ad esempio come viene METABOLIZZATO, o come si FISSA su un certo tipo di tessuti, come viene TRASFORMATO da alcuni organi, ad esempio dal FEGATO. Ecco, semplicemente questi studi non sono richiesti per quanto attiene ai vaccini. Se andate su Google e scrivete farmaco cinetica del tal vaccino, troverete la scritta “questi studi non sono necessari per l’autorizzazione di questo vaccino. Beh, questo è davvero una sciocchezza, perché per esempio se fossero fatti, sapremmo esattamente che l’alluminio viene in parte eliminato, ma una parte di esso resta nell’area dell’inoculazione e un’altra parte va in circolo nell’organismo e può penetrare nel cervello e una volta che ha superato la barriera dell’encefalo, non ne esce mai più. L’alluminio in quella sede causa delle malattie importanti, tra le quali la Miofascite macrofagica (o Fibromialgia). Se si fossero condotti fin dall’inizio, degli studi farmacocinetici, si sarebbe compreso da subito cosa causava l’alluminio nell’organismo, perché non lo si sapeva mica, eh? Da circa una quindicina d’anni riscontriamo questa patologia, mettendola in correlazione causale con l’alluminio, fissato su alcuni tipi di tessuti e in particolare nel tessuto dell’apparato nervoso.”

 

  • QUESTE MALATTIE SONO NEURO-DEGENERATIVE?
  • “Non obbligatoriamente. Sono malattie che hanno un sintomatologia muscolo-articolare. Una grande debolezza muscolare, grandi dolori articolari e poi dei problemi neurologici a livello della capacità di concentrazione.”

 

  • ESISTONO STUDI CHE TENDONO A METTERE IN CORRELAZIONE QUESTI CASI CON L’ESPOSIZIONE AI VACCINI?
  • “Certo, sicuramente. Sono stati condotti studi su campioni di pazienti ricoverati, in special modo negli ospedali parigini. Equipes mediche, guidate ad esempio dal professor Gerardi, hanno eseguito ricerche su queste malattie in relazione alle inoculazioni di vaccini. Quindi i vaccini riescono ad evitare questo tipo di studi preliminari all’approvazione.”

 

  • QUAL È LA RAGIONE PER LA QUALE NON VENGONO TESTATI IN QUESTO MODO?
  • “Non lo so, ma sarei tentato di risponderle perché non si ha voglia di conoscere se gli ingredienti dei vaccini dopo l’inoculazione vanno a fissarsi in distretti dove non è per niente opportuno che si insedino. Non so il motivo, ma questa è una constatazione di fatti evidenti ed è la prima pecca. La seconda è che non esistono studi sui vaccini condotti nella direzione della MUTAGENESI e della ONCOGENESI e nemmeno per quanto attiene alla GENOTOSSICITA’ dei vaccini. Per tutti gli altri farmaci, questi test SONO OBBLIGATORI. Faccio un altro esempio: il GARDASIL, vaccino ideato contro le infezioni da Papilloma virus dell’apparato genitale femminile. Per questo vaccino non sono condotti tests per appurare la REPROTOSSICITÀ e questo è almeno inverosimile. Una terza falla importante nella verifica dell’efficacia e tossicità vaccinale è la prova PLACEBO. Quando si conduce uno studio, si compara il farmaco con un preparato NEUTRO per verificare l’efficacia e la tolleranza. Ad esempio, si inietta semplice soluzione fisiologica in un campione, mentre nell’altro si inietta il nuovo farmaco. La soluzione fisiologica ha la stessa composizione del plasma sanguigno, quindi non interferisce con la normale fisiologia e fornisce il parametro scientifico per la valutazione. Bene, i vaccini non hanno l’obbligo di essere testati contro placebo (valutazione in doppio cieco, si chiama). Di norma si testa un nuovo vaccino paragonato ad uno vecchio, già esistente sul mercato e del quale sono già noti gli effetti secondari. Il risultato è che si dice “beh… non fa più male di quello che si usava prima, quindi è accettabile”, ma non è mai stato verificato contro un vero placebo. Ad esempio, tornando all’alluminio: si testa un nuovo vaccino che contiene alluminio, in relazione ad uno vecchio che GIÀ CONTENEVA DELL’ALLUMINIO. In entrambi i sieri è presente l’alluminio, quindi non è possibile una valutazione contro placebo, come invece sarebbe doveroso fare. E la differenza non si vedrà mai.”
Conclusioni (Gianfranco Marrocco). I vaccini sembrano godere di una sorta di immunità “giuridico-scientifica” che li differenzia enormemente dagli altri farmaci. Gli studi preclinici di sicurezza (farmacocinetica, teratogenesi, nutagenesi, cancerogenesi) non vengono richiesti. E sono proprio quelli gli studi cui poter fare riferimento per stabilire un rapporto di causa-effetto in presenza di effetti avversi. E’ questa la ragione per cui la cupola dei vaccini può impunemente dichiarare in ogni caso di reazione avversa: “E’ SOLO UNA CORRELAZIONE TEMPORALE, NON CAUSALE”. Dimostrare che ci sia un nesso causale fra vaccino e reazione avversa è un’impresa immane in assenza di studi preclinici – http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/Scientific_guideline/2009/09/WC500003875.pdf
L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Libertà vaccinale, danni da vaccino

Data la non tenuità dell’argomento sotto il profilo dei diritti inalienabili…

1. È PRATICAMENTE INDISPENSABILE azionare lo stato giuridico di LR completo di tutela dei figli minori, per chi non lo avesse capito…
2. Dopo aver capito l’intento di Popolo Unico ed aver afferrato il senso di quanto descritto qui >>> goo.gl/gQa6Gk
3. potrai approfondire ciò che spiego qui >>> goo.gl/tWrtpT

 

AGGIORNAMENTO. Nella causa C‑621/15 il Diritto dell’Unione viene ampiamente in soccorso tramite sentenza di merito del 21 giugno 2017. «Rinvio pregiudiziale – Direttiva 85/374/CEE – Responsabilità per danno da prodotti difettosi – Articolo 4 – Laboratori farmaceutici – Vaccino contro l’epatite B – Sclerosi multipla – Prove del difetto del vaccino e del nesso di causalità tra il difetto e il danno subito – Onere della prova – Modalità di prova – Mancanza di consenso scientifico – Indizi gravi, precisi e concordanti lasciati alla valutazione del giudice di merito – Ammissibilità – Presupposti»

La sentenza QUI

Sentenza
1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4 della direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi (GU 1985, L 210, pag. 29).
2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che contrappone le sig.re N., L. e C. W (in prosieguo: «W e a.»), che agiscono sia a nome personale sia in qualità di eredi del sig. J. W, alla Sanofi Pasteur MSD SNC (in prosieguo: la «Sanofi Pasteur») nonché alla Caisse primaire d’assurance maladie des Hauts-de-Seine e alla Carpimko, una cassa autonoma pensionistica e previdenziale, in merito all’eventuale responsabilità della Sanofi Pasteur per danno da un vaccino asseritamente difettoso prodotto dalla medesima.
 Contesto normativo
 Diritto dell’Unione
3        Il primo, secondo, sesto, settimo e diciottesimo considerando della direttiva 85/374 sono così formulati:
«considerando che il ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di responsabilità del produttore per i danni causati dal carattere difettoso dei suoi prodotti è necessario perché le disparità esistenti fra tali legislazioni possono falsare il gioco della concorrenza e pregiudicare la libera circolazione delle merci all’interno del mercato comune determinando disparità nel grado di protezione del consumatore contro i danni causati alla sua salute e ai suoi beni da un prodotto difettoso;
considerando che solo la responsabilità del produttore, indipendente dalla sua colpa, costituisce un’adeguata soluzione del problema, specifico di un’epoca caratterizzata dal progresso tecnologico, di una giusta attribuzione dei rischi inerenti alla produzione tecnica moderna;
(…)
considerando che per proteggere il consumatore nella sua integrità fisica e nei suoi beni è necessario che il carattere difettoso di un prodotto sia determinato non già in base alla carenza del prodotto dal punto di vista del suo uso, bensì in base alla mancanza della sicurezza che il grande pubblico può legittimamente attendersi; che questa sicurezza è valutata escludendo qualsiasi uso abusivo del prodotto che nella fattispecie fosse irragionevole;
considerando che una giusta ripartizione dei rischi tra il danneggiato e il produttore implica che quest’ultimo possa esimersi dalla responsabilità se prova l’esistenza di alcuni fatti che lo liberano;
(…)
considerando che l’armonizzazione risultante dalla presente direttiva non può per ora essere totale ma apre la strada verso una maggiore armonizzazione; (…)».
4        L’articolo 1 della direttiva 85/374 così prevede:
«Il produttore è responsabile del danno causato da un difetto del suo prodotto».
5        L’articolo 4 di detta direttiva così recita:
«Il danneggiato deve provare il danno, il difetto e la connessione causale tra difetto e danno».
6        Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della medesima direttiva:
«Un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui:
a)      la presentazione del prodotto,
b)      l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato,
c)      il momento della messa in circolazione del prodotto».
 Diritto francese
7        L’articolo 1386-1 del code civil (codice civile) enuncia quanto segue:
«Il produttore è responsabile per il danno causato dai suoi prodotti difettosi, indipendentemente dalla circostanza che egli abbia un rapporto contrattuale con il danneggiato».
8        L’articolo 1386-9 del codice civile prevede che:
«Il richiedente deve provare il danno, il difetto e il nesso di causalità tra il difetto e il danno».
 Procedimento principale e questioni pregiudiziali
9        Ai fini della vaccinazione contro l’epatite B, al sig. W è stato somministrato un vaccino prodotto dalla Sanofi Pasteur, con tre iniezioni praticate, successivamente, il 26 dicembre 1998, il 29 gennaio 1999 e l’8 luglio 1999. Nel mese di agosto 1999, il sig. W ha iniziato a manifestare vari disturbi, che hanno condotto, nel mese di novembre 2000, a una diagnosi di sclerosi multipla.
10      Il 1° marzo 2005 i periti giudiziari hanno concluso che, dal 20 gennaio 2001, la sclerosi multipla da cui il sig. W era affetto non gli consentiva più di esercitare un’attività professionale. Successivamente, le condizioni del sig. W si sono progressivamente aggravate fino a raggiungere una disabilità funzionale del 90%, che richiedeva la presenza costante di un terzo, situazione protrattasi fino al momento del suo decesso, il 30 ottobre 2011.
11      Nel 2006, il sig. W nonché W e a., ossia tre suoi familiari, hanno presentato, sulla base degli articoli 1386-1 e seguenti del codice civile, un ricorso diretto ad ottenere la condanna della Sanofi Pasteur al risarcimento del danno da essi lamentato a causa della somministrazione al sig. W del vaccino in questione. A sostegno di tale ricorso, hanno fatto valere che la concomitanza tra la vaccinazione e la comparsa della sclerosi multipla nonché la mancanza di precedenti personali e familiari del sig. W relativamente a tale patologia sono tali da far sorgere presunzioni gravi, precise e concordanti quanto all’esistenza di un difetto del vaccino e di un nesso di causalità tra l’inoculazione di quest’ultimo e l’insorgenza della suddetta patologia.
12      A tale riguardo, essi hanno richiamato la giurisprudenza della Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia) secondo cui, come esposto da quest’ultima nella sua decisione di rinvio, nel settore della responsabilità dei laboratori farmaceutici per danni ascrivibili ai vaccini dai medesimi prodotti, la prova dell’esistenza di un difetto del vaccino e di un nesso di causalità tra tale difetto e il danno subito dal danneggiato può risultare da presunzioni gravi, precise e concordanti soggette al libero apprezzamento del giudice di merito.
13      In particolare, da tale giurisprudenza emerge che il giudice di merito può, nell’esercizio del suo libero apprezzamento, ritenere che gli elementi di fatto prospettati da un ricorrente, come il periodo intercorso tra la somministrazione del vaccino e la comparsa di una malattia nonché l’assenza di precedenti familiari o personali del paziente per quanto riguarda la malattia in questione, costituiscano presunzioni gravi, precise e concordanti, di natura tale da dimostrare il difetto del vaccino e l’esistenza di un nesso di causalità tra quest’ultimo e la malattia di cui trattasi, nonostante la constatazione che la ricerca medica non stabilisca un nesso fra la vaccinazione e la comparsa della malattia.
14      Il ricorso dei litisconsorti W è stato accolto dal tribunal de grande instance de Nanterre (Tribunale di prima istanza di Nanterre, Francia) con sentenza del 4 settembre 2009. Tale sentenza è stata successivamente riformata dalla cour d’appel de Versailles (Corte d’appello di Versailles, Francia), la quale, con sentenza del 10 febbraio 2011, ha affermato che gli elementi da essi dedotti erano idonei a far sorgere presunzioni gravi, precise e concordanti quanto all’esistenza di un nesso di causalità tra l’inoculazione del vaccino in questione e l’insorgenza della malattia, ma non quanto all’esistenza di un difetto di tale vaccino.
15      La Cour de cassation (Corte di cassazione), chiamata a pronunciarsi su un’impugnazione diretta contro tale sentenza, l’ha annullata con sentenza del 26 settembre 2012. In quest’ultima sentenza, detto giudice ha ritenuto che la cour d’appel de Versailles (Corte d’appello di Versailles), pronunciandosi, con considerazioni di ordine generale, sul rapporto rischi/benefici della vaccinazione e dopo aver riconosciuto, alla luce delle eccellenti condizioni di salute pregresse del sig. W, dell’assenza di precedenti familiari e della prossimità temporale tra la vaccinazione e la comparsa della malattia, che esistevano presunzioni gravi, precise e concordanti che consentivano di affermare che il nesso di causalità tra la malattia e l’assunzione del vaccino era sufficientemente dimostrato, senza esaminare se le circostanze particolari da essa così ravvisate non costituissero altresì presunzioni gravi, precise e concordanti tali da dimostrare il carattere difettoso del vaccino, non avesse fornito una base giuridica alla propria decisione.
16      Pronunciandosi su rinvio a seguito di cassazione, la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia) ha riformato la summenzionata sentenza del tribunal de grande instance de Nanterre (Tribunale di prima istanza di Nanterre) e ha respinto il ricorso di W e a. con sentenza del 7 marzo 2014. In questa sentenza, detto giudice ha rilevato, in primo luogo, che non vi era consenso scientifico a favore dell’esistenza di un nesso di causalità tra la vaccinazione contro l’epatite B e l’insorgenza della sclerosi multipla, e che l’insieme delle autorità sanitarie nazionali e internazionali ha escluso l’associazione tra la probabilità di essere colpiti da malattia demielinizzante centrale o periferica (caratteristica della sclerosi multipla) e tale vaccinazione. Esso ha affermato, in secondo luogo, che da molteplici studi medici emergeva che l’eziologia della sclerosi multipla è attualmente sconosciuta. In terzo luogo, una recente pubblicazione medica avrebbe concluso che, alla comparsa dei primi sintomi della sclerosi multipla, il processo fisiopatologico ha probabilmente avuto inizio diversi mesi, o addirittura diversi anni, prima. In quarto luogo, e da ultimo, detto giudice ha rilevato che studi epidemiologici indicavano come dal 92 al 95% delle persone colpite dalla suddetta malattia non avessero precedenti di tale tipo nelle loro famiglie. Alla luce di questi elementi, la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) ha concluso che i criteri della prossimità temporale tra la vaccinazione e i primi sintomi e della mancanza di precedenti personali e familiari fatti valere da W e a. non potevano costituire, insieme o separatamente, presunzioni gravi, precise e concordanti che consentivano di ravvisare la sussistenza di un nesso di causalità tra la vaccinazione e la malattia considerate.
17      In tale contesto, la Cour de cassation (Corte di cassazione), chiamata a pronunciarsi su un nuovo ricorso per cassazione diretto contro tale sentenza, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)      Se l’articolo 4 della direttiva [85/374] osti, per quanto riguarda la responsabilità dei laboratori farmaceutici per danni ascrivibili ai vaccini da essi prodotti, a un mezzo di prova che prevede che il giudice di merito, nell’esercizio del suo libero apprezzamento, possa ritenere che gli elementi di fatto presentati dal ricorrente costituiscano presunzioni gravi, precise e concordanti, tali da dimostrare il difetto del vaccino e l’esistenza di un nesso causale tra quest’ultimo e la malattia, nonostante la constatazione che la ricerca medica non stabilisce alcun nesso fra la vaccinazione e la comparsa della malattia.
2)      In caso di risposta negativa alla prima questione, se l’articolo 4 della (…) direttiva 85/374 osti a un sistema di presunzioni secondo cui l’esistenza di un nesso causale tra il difetto attribuito a un vaccino e il danno subito dal danneggiato debba sempre essere considerata dimostrata in presenza di determinati indizi di causalità.
3)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, se l’articolo 4 della (…) direttiva 85/374 debba essere interpretato nel senso che la dimostrazione, a carico del danneggiato, dell’esistenza di un nesso causale fra il difetto attribuito a un vaccino e il danno da essa subito, possa essere considerata fornita soltanto qualora tale nesso venga determinato in maniera scientifica».
 Sulle questioni pregiudiziali
 Sulla prima questione
18      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4 della direttiva 85/374 debba essere interpretato nel senso che osta a un regime probatorio nazionale, come quello di cui al procedimento principale, in base al quale il giudice di merito, chiamato a pronunciarsi su un’azione diretta ad accertare la responsabilità del produttore di un vaccino per danno derivante da un asserito difetto di quest’ultimo, può ritenere, nell’esercizio del libero apprezzamento conferitogli al riguardo, che, nonostante la constatazione che la ricerca medica non stabilisce né esclude l’esistenza di un nesso tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza della malattia da cui è affetto il danneggiato, taluni elementi in fatto invocati dal ricorrente costituiscano indizi gravi, precisi e concordanti che consentono di ravvisare la sussistenza di un difetto del vaccino e di un nesso di causalità tra detto difetto e tale malattia.
19      Occorre in limine ricordare che, mentre l’articolo 1 della direttiva 85/374 sancisce il principio secondo cui il produttore è responsabile del danno causato da un difetto del suo prodotto, l’articolo 4 di tale direttiva precisa che l’onere di provare il danno, il difetto e la connessione causale tra difetto e danno grava sul danneggiato.
20      Si deve altresì ricordare che, conformemente a giurisprudenza costante, detta direttiva persegue, sugli aspetti che disciplina, un’armonizzazione totale delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri (sentenza del 20 novembre 2014, Novo Nordisk Pharma, C‑310/13, EU:C:2014:2385, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).
21      Per contro, come risulta dal diciottesimo considerando della medesima direttiva, essa non aspira ad un’armonizzazione completa del settore della responsabilità per danno da prodotti difettosi al di fuori degli aspetti che essa disciplina (sentenza del 20 novembre 2014, Novo Nordisk Pharma, EU:C:2014:2385, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).
22      A tale riguardo, occorre rilevare, anzitutto, che la direttiva 85/374 non contiene definizioni della nozione di causalità ai sensi degli articoli 1 e 4 della medesima. Per contro, la nozione di «difetto» ai sensi di questi articoli si trova definita all’articolo 6 di tale direttiva.
23      Come emerge dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva in parola, un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui la presentazione di tale prodotto, l’uso al quale esso può essere ragionevolmente destinato e il momento della sua messa in circolazione. Conformemente al sesto considerando della stessa direttiva, occorre effettuare tale valutazione alla luce delle legittime aspettative del grande pubblico (sentenza del 5 marzo 2015, Boston Scientific Medizintechnik, C‑503/13 e C‑504/13, EU:C:2015:148, punto 37).
24      Peraltro, con riferimento alla prova, occorre sottolineare che sebbene l’articolo 4 della direttiva 85/374 preveda, come ricordato al punto 19 della presente sentenza, che l’onere della prova grava sul danneggiato, né detto articolo 4 né altre disposizioni di tale direttiva affrontano gli altri aspetti relativi all’assunzione di una prova siffatta (v., in tal senso, sentenza del 20 novembre 2014, Novo Nordisk Pharma, C‑310/13, EU:C:2014:2385, punti da 25 a 29).
25      Ciò considerato, in base al principio dell’autonomia procedurale e fatti salvi i principi di equivalenza e di effettività, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro fissare le modalità di assunzione della prova, i mezzi di prova ammissibili dinanzi al giudice nazionale competente o, ancora, i principi che presiedono alla valutazione, da parte di detto giudice, dell’efficacia probatoria degli elementi di prova al suo esame nonché lo standard probatorio richiesto (v., per analogia, sentenza del 15 ottobre 2015, Nike European Operations Netherlands, C‑310/14, EU:C:2015:690, punti 27 e 28, nonché sentenza del 21 gennaio 2016, Eturas e a., C‑74/14, EU:C:2016:42, punti 30 e 32).
26      Per quanto riguarda, più precisamente, il principio di effettività, esso esige, con riferimento alle modalità procedurali dei ricorsi destinati a garantire la salvaguardia dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, che tali modalità non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti così conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (v. segnatamente, in tal senso, sentenza del 10 aprile 2003, Steffensen, C‑276/01, EU:C:2003:228, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).
27      Quanto, più specificamente, alla direttiva 85/374, dalla giurisprudenza della Corte emerge che le modalità nazionali di assunzione e di valutazione della prova non devono essere tali da pregiudicare né la ripartizione dell’onere della prova quale prevista all’articolo 4 di tale direttiva né, più in generale, l’effettività del regime della responsabilità previsto dalla suddetta direttiva o gli obiettivi perseguiti dal legislatore dell’Unione attraverso la stessa (v., in tal senso, sentenza del 20 novembre 2014, Novo Nordisk Pharma, C‑310/13, EU:C:2014:2385, punti 26 e 30 e giurisprudenza ivi citata).
28      A tale riguardo, è senz’altro vero che un regime probatorio nazionale come quello oggetto della prima questione è tale da agevolare il compito del danneggiato chiamato a fornire le prove richieste per consentirgli di far sorgere la responsabilità del produttore. Infatti, emerge in sostanza dalle prospettazioni contenute nella decisione di rinvio che un regime siffatto non impone al danneggiato di produrre, in ogni circostanza, prove certe e inconfutabili della sussistenza del difetto del prodotto e del nesso di causalità tra quest’ultimo e il danno subito, ma autorizza il giudice, se del caso, a concludere che tali elementi esistono fondandosi su un complesso di indizi la cui gravità, precisione e concordanza gli consentono di ritenere, con un grado sufficientemente elevato di probabilità, che una simile conclusione corrisponda alla realtà.
29      Tuttavia, un regime probatorio siffatto non è, di per sé, tale da comportare un’inversione dell’onere della prova gravante sul danneggiato ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 85/374, poiché tale regime lascia, in tal modo, al medesimo l’onere di dimostrare i vari indizi la cui compresenza permetterà eventualmente al giudice adito di fondare il proprio convincimento quanto alla sussistenza di un difetto del vaccino e del nesso di causalità tra quest’ultimo e il danno subito (v., per analogia, sentenza del 20 novembre 2014, Novo Nordisk Pharma, C‑310/13, EU:C:2014:2385, punti da 26 a 28).
30      Peraltro, è necessario precisare – alla luce, in particolare, della circostanza menzionata dal giudice del rinvio secondo cui la ricerca medica non stabilisce né esclude l’esistenza di un nesso tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza della sclerosi multipla – che un regime probatorio che precluda ogni ricorso a un metodo indiziario e preveda che, per soddisfare l’onere della prova previsto dall’articolo 4 della suddetta direttiva, il danneggiato è tenuto a fornire prova certa, tratta dalla ricerca medica, dell’esistenza di un nesso di causalità tra il difetto attribuito al vaccino e l’insorgenza della malattia sarebbe in contrasto con quanto richiesto dalla stessa direttiva.
31      Infatti, uno standard probatorio di tale grado, che finirebbe con l’escludere ogni modalità di prova diversa dalla prova certa tratta dalla ricerca medica, avrebbe l’effetto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 45 delle sue conclusioni, di rendere in un numero elevato di situazioni eccessivamente difficile o – quando, come nella fattispecie, è pacifico che la ricerca medica non ha permesso né di stabilire né di escludere l’esistenza di un nesso di causalità siffatto – impossibile l’affermazione della responsabilità del produttore, in tal modo compromettendo l’effetto utile della direttiva 85/374 (v., per analogia, sentenza del 9 novembre 1983, San Giorgio, 199/82, EU:C:1983:318, punto 14).
32      Una limitazione siffatta quanto al tipo di prove ammissibili sarebbe inoltre in contrasto con taluni degli obiettivi perseguiti dalla suddetta direttiva, nel novero dei quali rientrano in particolare, come emerge dai suoi considerando secondo e settimo, quello di garantire una giusta ripartizione dei rischi inerenti alla produzione tecnica moderna tra il danneggiato e il produttore (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2015, Boston Scientific Medizintechnik, C‑503/13 e C‑504/13, EU:C:2015:148, punto 42) e, come emerge dal primo e dal sesto considerando della stessa direttiva, quello di tutelare la sicurezza e la salute dei consumatori (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2015, Boston Scientific Medizintechnik, C‑503/13 e C‑504/13, EU:C:2015:148, punto 47).
33      Sebbene quindi, dalle considerazioni espresse ai punti da 28 a 32 della presente sentenza, risulti che un regime probatorio nazionale come quello descritto al punto 28 di questa sentenza appaia, in quanto tale, allo stesso tempo neutro per quanto riguarda l’onere della prova previsto all’articolo 4 della direttiva 85/374 e, in linea di principio, idoneo a preservare l’effettività del regime di responsabilità sancito da tale direttiva, garantendo nel contempo il rispetto degli obiettivi da questa perseguiti, nondimeno la portata effettiva di un regime siffatto dev’essere determinata in considerazione dell’interpretazione datane e dell’applicazione fattane dai giudici nazionali (v., per analogia, sentenza del 9 dicembre 2003, Commissione/Italia, C‑129/00, EU:C:2003:656, punto 31).
34      A tale riguardo, è importante che i principi che caratterizzano il suddetto regime probatorio non siano applicati dal giudice nazionale in modo tale da risolversi, in pratica, nell’instaurazione a danno del produttore di forme di presunzione ingiustificate, che siano tali da violare l’articolo 4 della direttiva 85/374, o addirittura da pregiudicare l’effettività stessa delle norme sostanziali previste da tale direttiva.
35      Ciò potrebbe avvenire, in primo luogo, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 54, 60 e 75 delle sue conclusioni, nel caso in cui i giudici nazionali applichino tale regime probatorio in modo troppo poco esigente, accontentandosi di prove non pertinenti o insufficienti (v., per analogia, sentenza del 15 ottobre 2015, Nike European Operations Netherlands, C‑310/14, EU:C:2015:690, punti 29 e 43). In una simile situazione, risulterebbero infatti violate non solo la regola sull’onere della prova prevista all’articolo 4 della direttiva 85/374, ma, più in generale, l’effettività del regime di responsabilità istituito all’articolo 1 di tale direttiva, dato che la sussistenza di due dei tre presupposti cui è subordinata la responsabilità del produttore in base a tale direttiva, ossia l’esistenza di un difetto del prodotto e quella di un nesso di causalità tra tale difetto e il danno subito dal danneggiato, non sarebbe sufficientemente verificata dal giudice nazionale.
36      In secondo luogo, l’onere della prova potrebbe altresì risultare violato se i giudici nazionali applicassero il regime descritto al punto 28 della presente sentenza in maniera tale che, in presenza di uno o più tipi di indizi fattuali, si presuma immediatamente e automaticamente che esiste un difetto del prodotto e/o un nesso di causalità tra tale difetto e l’insorgenza del danno. Infatti, in simili circostanze, il produttore potrebbe allora trovarsi, ancor prima che i giudici di merito abbiano preso conoscenza degli elementi di valutazione di cui dispone il produttore e degli argomenti presentati da quest’ultimo, obbligato a rovesciare la suddetta presunzione per opporsi con successo alla domanda (v., per analogia, sentenze del 9 novembre 1983, San Giorgio, 199/82, EU:C:1983:318, punto 14, e del 9 febbraio 1999, Dilexport, C‑343/96, EU:C:1999:59, punto 52).
37      Così, da un lato, spetta ai giudici nazionali garantire che gli indizi prodotti siano effettivamente sufficientemente gravi, precisi e concordanti da autorizzare la conclusione secondo cui l’esistenza di un difetto del prodotto appare, nonostante gli elementi prodotti e gli argomenti presentati a propria difesa dal produttore, la spiegazione più plausibile dell’insorgenza del danno, di modo che il difetto e il nesso di causalità possano ragionevolmente essere considerati dimostrati.
38      Dall’altro, è necessario che questi stessi giudici facciano in modo che resti impregiudicato il principio secondo cui spetta al danneggiato dimostrare, attraverso tutti i mezzi di prova generalmente ammessi dal diritto nazionale e, come nella fattispecie, segnatamente con la produzione di indizi gravi, precisi e concordanti, l’esistenza di un difetto del vaccino e di un nesso di causalità. Ciò richiede che il giudice si assicuri di preservare il proprio libero apprezzamento quanto al fatto che una simile prova sia stata o meno fornita in modo giuridicamente sufficiente, fino al momento in cui, avendo egli preso conoscenza degli elementi prodotti dalle due parti e degli argomenti scambiati dalle stesse, si ritenga in grado, alla luce dell’insieme delle circostanze pertinenti del caso al suo esame, di formare il proprio convincimento definitivo al riguardo (v., per analogia, sentenza del 9 novembre 1983, San Giorgio, 199/82, EU:C:1983:318, punto 14).
39      Quanto agli elementi concreti che caratterizzano la causa su cui, nella fattispecie, il giudice del rinvio è chiamato a pronunciarsi, è necessario ricordare che l’articolo 267 TFUE legittima la Corte non già ad applicare le disposizioni del diritto dell’Unione a un determinato caso di specie, ma solamente a pronunciarsi sull’interpretazione degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione.
40      Secondo costante giurisprudenza, la Corte può tuttavia, nell’ambito della collaborazione giudiziaria instaurata da detto articolo e in base al contenuto del fascicolo, fornire al giudice nazionale gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione che potrebbero essergli utili per la valutazione degli effetti di tali disposizioni (v., segnatamente, sentenza del 28 settembre 2006, Van Straaten, C‑150/05, EU:C:2006:614, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).
41      Nella fattispecie, elementi come quelli dedotti nella causa principale e legati alla prossimità temporale tra la somministrazione di un vaccino e l’insorgenza di una malattia nonché alla mancanza di precedenti personali e familiari correlati a tale malattia, così come l’esistenza di un numero significativo di casi repertoriati di comparsa di tale malattia a seguito di simili somministrazioni, sembrano a prima vista costituire indizi la cui compresenza potrebbe, eventualmente, indurre un giudice nazionale a ritenere che un danneggiato abbia assolto l’onere della prova su di lui gravante ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 85/374. Così potrebbe essere, in particolare, nel caso in cui detti indizi conducano il giudice a ritenere, da un lato, che la somministrazione del vaccino costituisce la spiegazione più plausibile dell’insorgenza della malattia e, dall’altro, che tale vaccino non offre quindi, ai sensi dell’articolo 6 di tale direttiva, la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, in quanto esso determina un danno anomalo e particolarmente grave al paziente che, con riferimento a un prodotto di questa natura e alla luce della sua funzione, può in effetti legittimamente attendersi un grado elevato di sicurezza (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2015, Boston Scientific Medizintechnik, C‑503/13 e C‑504/13, EU:C:2015:148, punto 39).
42      Come precedentemente sottolineato, eventuali conclusioni del genere possono tuttavia essere tratte con piena cognizione di causa, in ciascun caso concreto, dal giudice chiamato a esaminare il merito di una data controversia solamente dopo che quest’ultimo avrà debitamente preso in considerazione l’insieme delle circostanze della causa al suo esame e, in particolare, tutti gli altri elementi esplicativi e gli altri argomenti dedotti dal produttore volti a contestare la rilevanza degli elementi di prova presentati dalla vittima e a mettere in dubbio il grado di plausibilità, menzionato al punto precedente, della spiegazione offerta dal danneggiato.
43      Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione che l’articolo 4 della direttiva 85/374 dev’essere interpretato nel senso che non osta a un regime probatorio nazionale, come quello di cui al procedimento principale, in base al quale il giudice di merito, chiamato a pronunciarsi su un’azione diretta ad accertare la responsabilità del produttore di un vaccino per danno derivante da un asserito difetto di quest’ultimo, può ritenere, nell’esercizio del libero apprezzamento conferitogli al riguardo, che, nonostante la constatazione che la ricerca medica non stabilisce né esclude l’esistenza di un nesso tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza della malattia da cui è affetto il danneggiato, taluni elementi in fatto invocati dal ricorrente costituiscano indizi gravi, precisi e concordanti i quali consentono di ravvisare la sussistenza di un difetto del vaccino e di un nesso di causalità tra detto difetto e tale malattia. I giudici nazionali devono tuttavia assicurarsi che l’applicazione concreta che essi danno a tale regime probatorio non conduca a violare l’onere della prova instaurato da detto articolo 4 né ad arrecare pregiudizio all’effettività del regime di responsabilità istituito da tale direttiva.
 Sulla seconda questione
44      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 4 della direttiva 85/374 debba essere interpretato nel senso che osta a un regime probatorio fondato su presunzioni secondo il quale, quando la ricerca medica non stabilisce né esclude l’esistenza di un nesso tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza della malattia da cui è affetto il danneggiato, la sussistenza di un nesso di causalità tra il difetto attribuito al vaccino e il danno subito dal danneggiato deve sempre essere considerata dimostrata in presenza di taluni indizi fattuali predeterminati di causalità.
45      Dall’insieme degli atti a disposizione della Corte emerge che i giudici di merito, chiamati a pronunciarsi su controversie pur molto simili sotto il profilo dei fatti, hanno ripetutamente concluso, sulla base di indizi analoghi, talvolta che questi ultimi erano caratterizzati dalla gravità, dalla precisione e dalla concordanza richieste perché si potesse presumere la sussistenza di un nesso di causalità tra un difetto attribuito a un vaccino contro l’epatite B e l’insorgenza della sclerosi multipla, talaltra che tali caratteristiche fossero assenti. Le decisioni nazionali contraddittorie emesse nella causa principale, richiamate ai punti da 14 a 16 della presente sentenza, costituiscono un’illustrazione di tale situazione.
46      Nella sua prima questione, il giudice del rinvio fa riferimento, peraltro, al libero apprezzamento di cui dispongono i giudici di merito quanto alla valutazione degli indizi fattuali così sottoposti al loro vaglio.
47      In tale contesto, il giudice del rinvio sembra interrogarsi sulla possibilità, per il medesimo o, eventualmente, per il legislatore nazionale, di elencare taluni tipi di indizi materiali predeterminati la cui compresenza sia idonea a condurre automaticamente, attraverso presunzioni, all’individuazione di un nesso di causalità tra il difetto attribuito al vaccino e l’insorgenza della malattia.
48      A tale riguardo, occorre senz’altro ricordare che la salvaguardia dei diritti spettanti ai singoli in forza delle pertinenti disposizioni del Trattato dipende, in larga misura, da successive operazioni di qualificazione giuridica dei fatti. Occorre parimenti rilevare che un giudice chiamato, come il giudice del rinvio nella presente causa, a pronunciarsi in ultimo grado è incaricato, in particolare, di assicurare a livello nazionale l’interpretazione uniforme delle norme giuridiche (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2006, Traghetti del Mediterraneo, C‑173/03, EU:C:2006:391, punto 36).
49      Cionondimeno, la Corte non è competente a interpretare il diritto nazionale e spetta solamente al giudice nazionale determinare l’esatta portata delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali. Questo vale, in particolare, per le disposizioni nazionali in materia di prova (v., in tale senso, sentenza del 9 febbraio 1999, Dilexport, C‑343/96, EU:C:1999:59, punto 51 e giurisprudenza ivi citata) così come per quelle che fissano le rispettive competenze dei differenti organi giurisdizionali nazionali.
50      Con riferimento alle disposizioni nazionali in materia di prova oggetto della prima questione, occorre sottolineare, tuttavia, che i giudici nazionali chiamati ad applicarle devono tener conto, allo stesso tempo, dei principi enunciati ai punti 37 e 38 della presente sentenza e del principio della certezza del diritto, il cui corollario è rappresentato dal principio della tutela del legittimo affidamento e che, secondo costante giurisprudenza, esige, in particolare, che l’applicazione delle norme giuridiche sia prevedibile per i singoli (sentenza del 2 dicembre 2009, Aventis Pasteur, C‑358/08, EU:C:2009:744, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).
51      Quanto alle norme in materia di competenza giurisdizionale, spetta esclusivamente al diritto nazionale e al giudice del rinvio determinare – tenendo conto, segnatamente, dei principi menzionati ai punti 37, 38 e 50 della presente sentenza – in che misura le competenze di cui detto giudice è investito gli consentano di sindacare le valutazioni espresse dai giudici di merito relative alla gravità, alla precisione e alla concordanza degli indizi posti al vaglio di questi ultimi, in tal modo contribuendo a garantire la maggiore uniformità possibile nell’applicazione delle norme dell’Unione in questione.
52      Per contro, il ricorso, da parte del legislatore nazionale o, eventualmente, dell’organo giurisdizionale nazionale supremo, a un metodo di prova, come quello prospettato nella seconda questione, secondo cui la sussistenza di un nesso di causalità tra il difetto attribuito a un vaccino e il danno subito dal danneggiato sarebbe sempre da considerarsi dimostrata in presenza di taluni tipi di indizi concreti predeterminati di causalità comporterebbe, segnatamente, la conseguenza di arrecare pregiudizio alla norma relativa all’onere della prova prevista all’articolo 4 della direttiva 85/374.
53      Da un lato, infatti, il giudice del rinvio – precisando, nella sua questione, che, una volta accertati determinati fatti così pre-identificati, l’esistenza di un simile nesso di causalità «debba sempre essere considerata dimostrata» – sembra volersi riferire a una presunzione di tipo assoluto. Orbene, da un tipo di presunzione del genere deriverebbe la conseguenza che, anche quando i fatti così pre-identificati non siano, per ipotesi, idonei a dimostrare in modo certo la sussistenza di un simile nesso di causalità, il produttore risulterebbe, in un simile caso, privato di ogni possibilità di produrre elementi di fatto o di far valere argomenti, ad esempio di ordine scientifico, al fine di tentare di rovesciare tale presunzione, e il giudice sarebbe così privato di ogni possibilità di valutare i fatti alla luce di tali elementi o argomenti. Attraverso il suo automatismo, una situazione del genere non solo pregiudicherebbe il principio enunciato all’articolo 4 della direttiva 85/374, secondo il quale l’onere della prova del difetto e del nesso di causalità grava sul danneggiato, ma rischierebbe, per giunta, di ledere l’effettività stessa del regime di responsabilità istituito da detta direttiva. Infatti, in tal modo il giudice sarebbe costretto a riconoscere la sussistenza di uno dei tre presupposti cui è subordinata la responsabilità del produttore in base alla suddetta direttiva, senza che egli possa neppure esaminare se gli altri elementi di valutazione che gli siano stati presentati nel caso al suo esame siano tali da imporre una conclusione opposta.
54      Dall’altro lato, anche supponendo che la presunzione prospettata dal giudice del rinvio sia relativa, nondimeno, qualora i fatti così pre-identificati dal legislatore o dal giudice nazionale supremo risultino dimostrati, la sussistenza di un nesso di causalità sarebbe automaticamente presunta, di modo tale che il produttore potrebbe dunque trovarsi, ancor prima che il giudice di merito abbia preso conoscenza degli elementi di valutazione di cui dispone il produttore e degli argomenti presentati da quest’ultimo, obbligato a rovesciare tale presunzione per opporsi con successo alla domanda. Orbene, come già rilevato al punto 36 della presente sentenza, una situazione del genere condurrebbe a una violazione di quanto previsto all’articolo 4 della direttiva 85/374 circa l’onere della prova.
55      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla seconda questione che l’articolo 4 della direttiva 85/374 dev’essere interpretato nel senso che osta a un regime probatorio fondato su presunzioni secondo il quale, quando la ricerca medica non stabilisce né esclude l’esistenza di un nesso tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza della malattia da cui è affetto il danneggiato, la sussistenza di un nesso di causalità tra il difetto attribuito al vaccino e il danno subito dal danneggiato deve sempre essere considerata dimostrata in presenza di taluni indizi fattuali predeterminati di causalità.
 Sulla terza questione
56      Alla luce della risposta fornita alla prima questione, non è necessario rispondere alla terza.
 Sulle spese
57      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
1)      L’articolo 4 della direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, dev’essere interpretato nel senso che non osta a un regime probatorio nazionale, come quello di cui al procedimento principale, in base al quale il giudice di merito, chiamato a pronunciarsi su un’azione diretta ad accertare la responsabilità del produttore di un vaccino per danno derivante da un asserito difetto di quest’ultimo, può ritenere, nell’esercizio del libero apprezzamento conferitogli al riguardo, che, nonostante la constatazione che la ricerca medica non stabilisce né esclude l’esistenza di un nesso tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza della malattia da cui è affetto il danneggiato, taluni elementi in fatto invocati dal ricorrente costituiscano indizi gravi, precisi e concordanti i quali consentono di ravvisare la sussistenza di un difetto del vaccino e di un nesso di causalità tra detto difetto e tale malattia. I giudici nazionali devono tuttavia assicurarsi che l’applicazione concreta che essi danno a tale regime probatorio non conduca a violare l’onere della prova instaurato da detto articolo 4 né ad arrecare pregiudizio all’effettività del regime di responsabilità istituito da tale direttiva.
2)      L’articolo 4 della direttiva 85/374 dev’essere interpretato nel senso che osta a un regime probatorio fondato su presunzioni secondo il quale, quando la ricerca medica non stabilisce né esclude l’esistenza di un nesso tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza della malattia da cui è affetto il danneggiato, la sussistenza di un nesso di causalità tra il difetto attribuito al vaccino e il danno subito dal danneggiato deve sempre essere considerata dimostrata in presenza di taluni indizi fattuali predeterminati di causalità.
Firme

 

 

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Trust (apro e chiudo una parentesi, nel Diritto positivo)

L’istituto del “trust” può rappresentare un’alternativa da valutare attentamente per conseguire un legittimo risparmio di imposta

Prima di procedere ad una purtroppo sommaria, dato lo scopo che con questo scritto ci si è prefissi di conseguire, analisi della vigente normativa in materia di “trust“, inteso come istituto che a ben determinate condizioni può comportare vantaggi in materia impositiva a favore del contribuente, alleggerendone, o quanto meno, diluendo nel tempo il peso dell’imposizione, è senza dubbio doveroso porre a mo’ di premessa una fondamentale considerazione di metodo. Mentre è del tutto lecito cercare di conseguire risparmi in materia di imposta dovuta dal contribuente all’erario, è altrettanto necessario che ciò avvenga nel pieno del rispetto delle norme che compongono il “corpus” della legislazione fiscale, senza fare di un qualsiasi istituto, e tanto meno del “trust“, un utilizzo distorto che può comportare l’insorgere di fenomeni a carattere scientemente elusivi (o caratterizzati da forme di abuso del diritto) irrimediabilmente sanzionabili da parte dell’Amministrazione finanziaria. Quale che sia la scelta che quindi viene intrapresa dal contribuente, essa non deve mai comportare un capzioso aggiramento della norma, aggiramento volto ad ottenere un indebito risparmio fiscale attraverso un improprio (ed artificioso) utilizzo dei meccanismi che vengono messi a disposizione dalla legge.

Breve descrizione dell’istituto del “trust”

Il “trust” è un contratto, tipico della giurisprudenza anglosassone, ma da qualche anno adottato e riconosciuto anche dalla legislazione italiana, con cui un soggetto disponente (“trustor” o “settlor“) trasferisce la proprietà di uno o più beni a favore di un soggetto fiduciario (“trustee“), il quale dispone e amministra i diritti reali così acquisiti (secondo le indicazioni che sono state stabilite all’atto della costituzione del rapporto giuridico), per uno scopo predeterminato o nell’interesse di un “beneficiary” titolare di un diritto personale, cui successivamente, se l’atto costitutivo del “trust” così prevede, potranno trasferirsi in piena proprietà i beni alla cessazione del “trust“.
Con il perfezionamento dell’istituto si viene a realizzare la completa separazione dalla sfera giuridica del disponente del “patrimonio conferito“, che passa in piena proprietà al “trustee”, attuando una forma di ampia tutela e garanzia del patrimonio stesso. Il complesso dei beni che lo compongono, infatti, non può essere oggetto di alcuna pretesa da parte di:

  • creditori del disponente, in quanto i beni costituenti il patrimonio che è stato conferito al “trust” non sono più di proprietà del disponente;
  • creditori personali del “trustee“, poiché lo stesso, seppur proprietario, detiene i beni conferiti solo in virtù della pregressa costituzione del “trust“, non a titolo personale, ma in favore del “trust” e ne dispone secondo le modalità che il “disponente” ha definito all’atto della costituzione del “trust” stesso;
  • creditori dei beneficiari o loro eredi, che potranno operare una cessione solo con lo scioglimento del “trust” (il cui termine viene definito nell’atto di costituzione) ed il conseguente trasferimento della proprietà.

L’istituto del “trust” è assai flessibile e le finalità cui il “trust” è funzionale possono essere le più svariate. A solo titolo di puro esempio un “trust” può essere costituito al fine di provvedere alla amministrazione e protezione della massa patrimoniale della famiglia da vicende che riguardino la sua attività imprenditoriale o quelle familiari; la tutela dei minori e dei soggetti ritenuti essere incapaci, in deroga alle restrizioni previste nelle disposizioni testamentarie che prevedono godimenti limitati dei beni; la tutela del patrimonio per finalità successorie, con destinazione a eredi specifici o a persone estranee alla famiglia; investimento in piani pensionistici o fondi comuni (trust fund anglosassoni).

Chiarita la molteplicità degli scopi per cui può essere conveniente la costituzione di un “trust“, veniamo alle forme con cui più comunemente si può presentare questo istituto. La forma più nota con cui si presenta un “trust” è probabilmente “l’estate planning trust“, nel quale un soggetto costituisce il suo patrimonio in “trust” a vantaggio di uno o più soggetti, ad esempio i figli, per tutta la durata della loro vita, di modo che essi possano godere di una rendita predeterminata e che, a una data stabilita (coincidente, ad esempio, con la morte del beneficiario o dei beneficiari), prevede il passaggio dei beni direttamente agli eredi dei beneficiari, evitando così un doppio assoggettamento all’imposta sulle successioni. Sono invece diverse le finalità del cosiddetto “charitable trust“, il patrimonio del quale è impiegato per il perseguimento di fini pubblici e del “business trust“, più simile, nei fini, alle società di capitali, che invece si propone uno scopo di lucro.

La fiscalità del “trust”
Dopo avere tratteggiato rapidamente le caratteristiche principali dell’istituto, passiamo a rilevare che esso è stato introdotto nell’ordinamento tributario italiano dalla legge finanziaria 296/2006, che ha modificato l’articolo 73 del titolo II, capo I del Tuir, provvedendo ad ampliare il novero dei soggetti passivi all’imposta sui redditi delle società (IRES) ed inserendo il “trust” tra i cosiddetti “Enti non commerciali” (vedi nota n. 1). Il sistema normativo previgente, pur riconoscendo efficacia giuridica ai “trust” regolati da legislazioni di Stati esteri (in linea con la Convenzione dell’Aja adottata nel 1985), non era mai intervenuto sull’imposizione fiscale dei proventi e dei frutti derivanti dalla gestione di beni conferiti in “trust“, né tantomeno in ordine al trattamento fiscale delle erogazioni degli stessi a favore dei beneficiari.
La prassi amministrativa e gli orientamenti dottrinali di specie, in particolare, si sono a lungo esercitati a distinguere e ad analizzare le caratteristiche di ogni singolo “trust“, al fine di determinare le modalità con cui provvedere alla tassazione dei flussi reddituali riconducibili al “trust” medesimo. In base alle loro caratteristiche si possono quindi distinguere almeno due grandi categorie di “trust“:

  • trust trasparenti“, in cui i beneficiari di reddito sono “individuati”. In questo caso i redditi derivanti dalla gestione dei beni confluiti nel “trust”, o comunque corrisposti ai beneficiari, vengono imputati per trasparenza ai beneficiari stessi e tassati in base all’aliquota marginale IRPEF propria dei beneficiari;
  • trust opachi“, senza beneficiari di reddito “individuati“. In questo caso i redditi generati dalla gestione dei beni confluiti nel “trust” vengono direttamente attribuiti al “trust” medesimo e tassati in capo ad esso. Nel caso in cui tali redditi vengano successivamente distribuiti dal “trust” ai beneficiari, in base a quanto disposto dall’atto costitutivo, essi non saranno più soggetti ad imposta.

Il “trust“, infatti, è assoggettato a tassazione per trasparenza, così come viene stabilito dalla circolare 48/2007 dell’Agenzia delle Entrate, soltanto nei casi in cui siano individuati i beneficiari del reddito. È anche possibile che un “trust” abbia contemporaneamente la caratteristica di “opaco” e di “trasparente”, nel caso in cui una parte del reddito prodotto dall’amministrazione del patrimonio conferito venga accantonata in conto capitale e parte venga distribuita ai beneficiari. I flussi di reddito generati dal “trust” e soggetti a tassazione sostitutiva o a ritenuta alla fonte a titolo di imposta avendo assolto tutti gli obblighi tributari, non devono scontare ulteriore imposizione né in capo al “trust” stesso né in capo ai beneficiari. A puro titolo di esempio tra i redditi distribuiti possono esservi interessi, premi, obbligazioni e titoli similari assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta del 12,50% o 27%, a seconda dei casi, o redditi diversi di natura finanziaria assoggettati a imposizione sostitutiva delle imposte sui redditi del 12,50%. I beneficiari dei redditi sono tassati per trasparenza se, oltre a essere individuati, sono titolari del diritto di pretendere dal “trustee” l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza. Tali redditi sono inclusi tra i redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies, del Dpr 917/1986; tuttavia, come precisato dalla circolare 48/2007 dell’Agenzia delle Entrate, gli stessi sono tassati per competenza e non per cassa.
I “trust opachi“, invece, vengono tassati in base ai redditi attribuiti e tali redditi non possono essere successivamente tassati in capo ai beneficiari che li hanno percepiti (cfr. risoluzione 81/2008 dell’Agenzia delle Entrate sul “trust” misto).

Residenza
ai fini dell’imposizione fiscale è i particolare importanza la definizione della residenza del “trust“. L’articolo 73, comma 3, del Dpr 917/1986, stabilisce che un soggetto Ires viene considerato a tutti gli effetti residente se per la maggior parte del periodo di imposta ha (alternativamente) nel territorio dello Stato:

  • la sede legale
  • la sede dell’amministrazione
  • l’oggetto principale dell’attività.

In particolare l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto opportuno chiarire che i criteri da prendere in considerazione per chiarire il collegamento con il territorio dello Stato, dalla cui presenza discende la residenza fiscale, sono la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale dell’attività che viene svolta (non potendosi, quindi, a differenza delle società e degli enti, avere riguardo alla loro sede legale poiché poco adeguata alla peculiarità giuridica del “trust“). La sede dell’amministrazione risulta di agevole individuazione per i “trust” che si avvalgono, nel perseguire il loro scopo definito nell’atto di costituzione, di un’apposita struttura organizzativa (dipendenti, locali eccetera). Se dovesse invece mancare questa struttura, la sede dell’amministrazione tenderà a coincidere con il domicilio fiscale del “trustee“. L’oggetto principale dell’attività del “trust” è, invece, collocato nel territorio dello Stato in cui si trovano fisicamente i beni del “trust” stesso (in realtà, poiché il “trustee” amministra i beni che sono stati assegnati dal disponente, la residenza dello stesso non dovrebbe necessariamente coincidere con l’ubicazione dei beni). Un patrimonio immobiliare che sia ubicato interamente in Italia, ha evidentemente una residenza fiscale riconducibile nel territorio dello Stato; ma, se i beni o i diritti dovessero interessare una pluralità di Stati, occorre fare riferimento al criterio della prevalenza. Nel caso di patrimoni mobiliari, invece, l’oggetto principale dovrà essere identificato con l’effettiva e concreta attività esercitata.

Disposizione antielusiva di residenza
Trust offshore“: l’articolo 73, comma 3, Dpr 917/1986 (vedi nota n. 2), nell’ambito della definizione della residenza ai fini assoggettamento alle imposte sui redditi, prevede una specifica disposizione finalizzata a contrastare possibili fenomeni elusivi di localizzazione all’estero. I “trust” esteri istituiti in Paesi che non consentono un adeguato scambio di informazioni, e comunque non inclusi nella “white list” individuata con decreto ministeriale 4 settembre 1996 sono, considerati comunque residenti in Italia qualora alternativamente:

  • il disponente o il beneficiario siano fiscalmente residenti in Italia;
  • siano posti in essere da parte di un soggetto fiscalmente residente in Italia a favore del “trust“, successivamente alla sua costituzione, atti di trasferimento di diritti di proprietà su beni immobili, di costituzione o di trasferimento di diritti reali immobiliari (anche per quote), ovvero di vincoli di destinazione sugli stessi.

Tale disciplina antielusiva trova applicazione solo nel caso siano residenti in Italia i beneficiari effettivi del reddito, a nulla rilevando la residenza dei beneficiari del fondo in “trust” ed è applicabile ai “trust” con beneficiari “individuati“, i cui redditi, quindi, sono imputati per trasparenza. La presunzione semplice opera anche se la residenza fiscale in Italia del disponente e del beneficiario non è verificata nel medesimo periodo d’imposta. Infatti, mentre la residenza del disponente, in virtù della natura istantanea dell’atto di disposizione, rileva nel periodo d’imposta in cui questi ha effettuato l’atto di disposizione a favore del “trust” (sono irrilevanti eventuali successivi cambi di residenza fiscale), quella del beneficiario attrae in Italia la residenza del “trust“, anche se si verifica in un periodo d’imposta successivo. Ulteriore presunzione opera, inoltre, se gli immobili e i relativi diritti interessati da atti dispositivi a favore del “trust” risultano essere ubicati in Italia (circolare interpretativa), non essendo sufficiente, in tale caso, la residenza fiscale nel territorio dello Stato italiano del soggetto che pone in essere gli atti.

I “Trust esterovestiti“: la circolare precisa che, ove compatibili, sono applicabili ai “trust” anche le disposizioni in materia di esterovestizione delle società previste dall’articolo 73, commi 5-bis e 5-ter, Dpr 917/1986 (vedi nota n. 3); sono ricompresi, quindi, i Paesi elencati nella “white list” per i quali non opera la presunzione di residenza su citata (cfr. risoluzione 400/2008 dell’Agenzia delle Entrate su “trust” e normativa Cfc ). La disciplina sull’esterovestizione delle società, introdotta con il Dl 223/2006 dispone, nell’articolo 73, una presunzione relativa “salvo prova contraria…“, in base alla quale è considerata esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359 c.c., in Spa, Sapa, Srl, società cooperative, società di mutua assicurazione, enti pubblici e privati, se, alternativamente:

  • sono controllate, anche indirettamente, ex articolo 2359, comma 1, c.c., da soggetti residenti nel territorio dello Stato
  • sono amministrate da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

Tale estensione appare applicabile in maniera limitata nel caso specifico, poiché il “trust” non può per sua natura essere controllato da una società. La norma potrebbe trovare applicazione per un “trust” estero con “trustee” residente in Italia e con partecipazioni di controllo in società di capitali italiane.

Obblighi fiscali
Il “trust” deve:

  1. presentare annualmente la dichiarazione dei redditi (cfr. circolare 48/2007 dell’Agenzia delle Entrate), anche se trasparente;
  2. acquisire un proprio codice fiscale;
  3. ottenere partita Iva laddove si eserciti un’attività di tipo commerciale commerciale.

I dettami tributari del “trust” prevedono inoltre, obbligatoriamente, la tenuta delle scritture contabili, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 296/2006 all’articolo 13 del Dpr 600/73. I “trust” che hanno per oggetto esclusivo l’esercizio di attività commerciali devono tenere le scritture contabili previste dall’articolo 14, mentre quelli che esercitano attività commerciale in forma non esclusiva sono obbligati alla tenuta delle scritture contabili ex articolo 20 dello stesso Dpr 600. In base all’attività svolta, il “trust” può essere anche soggetto all’Irap.

Il trattamento fiscale del trasferimento di beni nei “trust” 

  • Imposte dirette

La disposizione in un “trust” di beni senza corrispettivo, non relativi a impresa, non genera di norma materia imponibile né in capo al disponente, né in capo al “trustee“. Laddove, invece, tali beni rientrino tra quelli relativi all’impresa, la disposizione di beni in “trust” è considerata una destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’attività di impresa e, come tale, generatrice di un ricavo (articolo 85, comma 2, Tuir) o di una plusvalenza (articoli 58, 86 e 87 del Tuir) a seconda della tipologia di bene assegnato, determinati in base al valore normale di cui all’articolo 9, comma 3 (operazione soggetta a Iva ai sensi dell’articolo 2, comma 2, n. 5, del Dpr 633/1972). Per quanto si riferisce invece alle cessioni di beni durante il periodo di validità del contratto originante il “trust” (cfr. risoluzione Agenzia delle Entrate n. 425/2008 sul trattamento fiscale delle plusvalenze nel “trust“), se le disposizioni sono poste in essere nell’ambito dell’esercizio d’impresa, si applica la disciplina fiscale afferente alla categoria di appartenenza del bene ceduto, mentre, se le cessioni non sono effettuate nell’esercizio d’impresa, ricorrono i presupposti reddituali previsti dall’articolo 67 del Tuir. In tali casi, per la determinazione delle plusvalenze, si dovrà avere riguardo ai valori fiscalmente riconosciuti in capo al disponente, fermo restando che il trasferimento dei beni dal disponente al “trustee” non crea un’interruzione del decorso del quinquennio di cui all’articolo 67, mentre nel caso di cessione di beni acquistati ad opera del “trust” si farà riferimento al prezzo da questi pagato. Il trasferimento di aziende per causa di morte o atto gratuito, nello specifico, non dà luogo al realizzo di plusvalenze, se l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti per il dante causa ex articolo 58, comma 1, del Tuir.
Imposta di successione e donazione – La tassazione trova applicazione solamente nel primo passaggio, quello che dal disponente va al “trustee” e non anche nel trasferimento finale dal “trustee” ai beneficiari, poiché la realizzazione dell’attribuzione liberale si pone sin dall’origine a favore del beneficiario. La determinazione delle aliquote e delle franchigie deve, quindi, essere determinata in riferimento al rapporto intercorrente tra il soggetto disponente e il beneficiario (identificato almeno in relazione al grado di parentela con il disponente) e non a quello tra disponente e trustee. Nel caso del “trust” di scopo, mancando un beneficiario finale, l’imposta sarà dovuta con l’aliquota dell’8% prevista per i vincoli di destinazione a favore di altri soggetti ex articolo 2, comma 48, lettera c), Dl 262/2006. La costituzione del vincolo di destinazione in un “trust” disposto a favore dei discendenti del disponente non è soggetta all’imposta di donazione (cfr. articolo 3, comma 4-ter, Dlgs 346/1990) qualora abbia a oggetto aziende o rami di esse, quote sociali e azioni.

  • Imposte ipotecarie e catastali – Sono dovute, rispettivamente, per la formalità della trascrizione di atti aventi a oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari e per la voltura catastale degli stessi. La circolare 48/2007 dell’Agenzia delle Entrate ha precisato che le stesse imposte sono dovute in misura proporzionale sia in sede di attribuzione di beni immobili o diritti reali immobiliari dal disponente al “trustee”, sia nel successivo trasferimento dei beni medesimi dal “trustee” ai beneficiari. Le imposte ipotecarie e catastali sono inoltre dovute per i trasferimenti eventualmente effettuati durante la vita del “trust“.

Qualche esempio per chiarire meglio la possibilità di conseguire un risparmio fiscale

Il “trust” e la tassazione dei redditi
Si supponga che due soggetti abbiano costituito un “trust“, nel quale facciano poi confluire l’intero capitale di una S.r.l.. Essendo il “trust” un soggetto IRES, i dividendi distribuiti dalla società partecipata beneficeranno dell’esenzione IRES per il 95% del loro ammontare. Tuttavia, a seconda che il “trust” risulti essere opaco o trasparente, si potranno verificare i seguenti scenari:

Trust opachi – I redditi derivanti dai beni devono essere assoggettati a tassazione in capo al “trust“, quale soggetto passivo IRES, laddove non sia individuato alcun beneficiario. La successiva distribuzione agli stessi beneficiari dei proventi (capitalizzati) conseguiti dal “trust“, ovviamente, non è assoggettabile ad alcuna imposizione sul reddito (distribuzione di capitale).

Trust trasparenti – Il reddito conseguito dal “trust” trasparente è, invece, imputato direttamente a ciascun dei beneficiari individuati, in proporzione alla quota che è stata attribuita nell’atto istitutivo ovvero in parti uguali tra loro, qualora dall’atto costitutivo stesso non sia stata prevista una ripartizione determinata. Il beneficiario deve essere individuato e deve risultare titolare del diritto di pretendere dal “trustee” l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza. Nel caso di “trust trasparenti“, i redditi si qualificano sempre, in capo ai beneficiari, quali redditi di capitale, in base a quanto viene disposto dall’articolo 44, comma 1, del Tuir, a prescindere dal tipo di attività commerciale o non commerciale che viene esercitata, e dovranno pertanto essere computati nel reddito complessivo senza alcuna deduzione, beneficiando, tuttavia, del credito d’imposta per eventuali imposte che siano state assolte all’estero in via definitiva (sempre in misura proporzionale alla quota individuata in capo al singolo beneficiario). Se i redditi che sono stati conseguiti dai “trust” fiscalmente residenti in Italia sono invece destinati a beneficiari non che non risultano essere residenti fiscalmente in Italia e si qualifichino come redditi di capitale ex articolo 44 del Tuir, occorrerà valutarne, nel rispetto di eventuali convenzioni contro le doppie imposizioni, l’imponibilità in Italia o meno ai sensi dell’articolo 23, comma 1, lettera b), del Tuir.

Il Trust e la tassazione dei dividendi

La tassazione dei dividendi in capo a un “trust” opaco
Il “trust” opaco è un soggetto passivo alla tassazione dei redditi che sconta l’IRES in misura pari al 27,5% in qualità di ente non commerciale. Si sottolinea che gli enti non commerciali sono stati provvisoriamente annoverati tra i soggetti cui si applica l’IRES, sia pure con criteri di determinazione della base imponibile tra loro differenti. In base a quanto viene disposto dall’articolo 4, comma 1, lettera q), del decreto legislativo n. 344 del 2003, gli utili percepiti dagli enti non commerciali, nel limite del 95 per cento del relativo ammontare, non concorrono alla formazione del reddito complessivo imponibile; gli stessi sono esclusi anche se vengono conseguiti nell’esercizio di impresa. In sintesi, i dividendi percepiti da un “trust” opaco, sia in caso di partecipazioni qualificate sia in ipotesi di partecipazioni non qualificate, sono esenti per il 95% del loro ammontare e la tassazione a cui si ritrovano essere soggetti è il 27,5% del 5%, quindi l’1,375%.

La tassazione dei dividendi in capo a un trust trasparente
Come detto, un trust viene definito trasparente nel caso in cui i beneficiari del reddito da esso generato sono individuati all’atto di costituzione del “trust” medesimo. Per tali soggetti, la norma cui fare riferimento è l’ultimo periodo dell’articolo 73, comma 2 del Tuir (vedi nota n. 4). La citata disposizione stabilisce che i redditi conseguiti dal “trust” sono imputati, in ogni caso, ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione da essi detenuta, quota che è stata individuata nell’atto di costituzione o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali. La base imponibile dei dividendi, in presenza di “trust” trasparente o opaco, è la medesima. Sono infatti tassati sul 5% del loro ammontare; in questo caso, però, la base imponibile sconterà la tassazione progressiva IRPEF di ciascuno dei beneficiari.

Conclusioni
In sostanza, indipendentemente dalle caratteristiche del “trust“, sia che si tratti di “trust” trasparente che di “trust opaco”, la tassazione dei dividenti è sul 5% del loro ammontare.
L’unica differenza sostanziale è la seguente:

  • se il “trust” è opaco, tale base imponibile sconta l’IRES del 27,5% ovvero i dividendi percepiti da un “trust opaco”, sia in caso di partecipazioni qualificate sia in ipotesi di partecipazioni non qualificate, sono esenti per il 95% del loro ammontare e la tassazione a cui sono soggetti è il 27,5% del 5%, quindi l’1,375%;
  • diversamente, nel caso di trust trasparenti la base imponibile è imputata ai beneficiari scontando la tassazione progressiva Irpef di ciascuno di essi.

Nota n. 1. L’articolo 87 del Tuir prevede quattro categorie di soggetti passivi Irpeg.

  1. Società di capitale (società per azioni ed in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione)
  2. Enti commerciali (enti pubblici e privati che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali).
  3. Enti non commerciali (enti pubblici e privati che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali).
  4. Società ed enti non residenti (società ed enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello stato).

Gli enti non commerciali sono rappresentati dagli enti, diversi dalle società, non aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali. Tra gli enti non commerciali si comprendono, oltre le persone giuridiche (Associazioni riconosciute), anche:

a) le associazioni non riconosciute,
b) i consorzi;
c) le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi nei confronti dei quali il presupposto d’imposta si verifichi in modo unitario ed autonomo ed aventi le seguenti caratteristiche:

  • unitarietà della determinazione dei beni;
  • autonomia patrimoniale e di gestione;
  • capacità di produrre reddito in proprio;
  • autonomia di fondazione del bilancio.

Nota n. 2. Testo articolo 73, comma 3, Dpr 917/1986: “Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato…….. salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi”.

Nota n. 3. Articolo 73, commi 5-bis e 5-ter, Dpr 917/1986 5-bis: “Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa:

  • sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma , del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
  • sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

5-ter. Ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis, rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Ai medesimi fini, per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari di cui all’articolo 5, comma 5.”


Nota n. 4. Articolo 73, comma 2, ultimo periodo Dpr 917/1986: “Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’ atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali.

[Visto qui]

 

 

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Attivismo da tastiera

A che cosa servono le petizioni? 
E le associazioni? I movimenti? I partiti…

 

«Per far valere i diritti assoluti ed inalienabili (andate a leggere cosa significano questi termini) l’ordinamento giuridico italiano vi OBBLIGA ad essere sottoposti ad INTERMEDIARI (avvocati, medici, notai, impiegati, pubblici ufficiali, ecc…) dove risiede il vostro potere?

Non state di fatto elemosinando presso un Tutore ciò che vi appartiene per diritto?

Se avete sempre bisogno di un Tutore, siete o non siete considerati degli incapaci totali?

Si capisce o no che con questo meccanismo vi hanno tolto ogni e qualsiasi potere relegandovi a dei mendicanti in cerca del buon benefattore?

Ora veniamo a quello che ci sta interessando da vicino: i vaccini obbligatori. Qui dentro https://www.popolounico.org/tag/vaccini) vi è una marea di informazione sulla composizione dei vaccini, sugli effetti collaterali, sulle falsità perpetrate nel tempo dalle istituzioni sanitarie ecc. Gran parte dell’informazione proviene dagli stessi Organi italiani e internazionali a tutela della salute. Informazione che non può essere smentita, come non possono essere smentiti gli stessi bugiardini che avete letto qui (si spera che chi entri dentro il Gruppo Facebook https://www.facebook.com/groups/1512092548834857/ o nel Sito di Popolo Unico prima di cominciare a commentare “alla cavolo” si legga prima il post fissato in alto): sarebbe come uno che entra in sala a film quasi finito e voglia raccontare agli altri la trama…). Informazioni tenute all’oscuro, al buio di tutti per mantenere la massa focalizzata su FALSE convinzioni in modo da non avere intralci in questa campagna criminale che può tranquillamente essere definita come il più grande attacco NAZISTA contro tutta la popolazione mondiale. Si, perché destabilizzare sistemi immunitari immaturi riguardo le prossime generazioni con i relativi immensi effetti collaterali gravi e gravissimi, significa medicalizzare l’umanità con lo scopo di indebolirla togliendole tutta la forza vitale, e non si osa nemmeno immaginare cosa questo potrebbe significare a lungo andare.

A fronte di questa realtà ampiamente documentata, mi trovate per favore un qualsiasi partito politico, anche tra i più piccoli, che abbia fatto il lavoro che si sta facendo qui, DIVULGANDOLO A TAPPETO, SENZA SE E SENZA MA?

A parte che vi sarebbero tantissimi altri argomenti (che qui abbiamo approfondito nei dettagli) di cui MAI HANNO DETTO LA VERITÀ NUDA E CRUDA E MAI HANNO DIVULGATO A TAPPETO COME QUALSIASI PORTATORE SANO DI VERITÀ AMA FARE.

Che impatto avrebbe questo sull’opinione pubblica e sul RISVEGLIO ISTANTANEO delle masse dormienti?

E non tirate fuori i M5S che amano stare in questa Europa del debito truffa e sono favorevoli ai vaccini (delirante l’intervista a Di Battista) e sono perfettamente FUNZIONALI al dissenso parcheggiato per non nuocere. Non li sentirete MAI divulgare apertamente quello che avete letto qui. Forse qualcuno di loro potrebbe prendere iniziative personali su un impeto di coscienza, ma state tranquilli che se va oltre viene richiamato subito all’ordine. Comunque devono sempre dare l’impressione di essere la vera alternativa…

Ora analizziamo il concetto di ASSOCIAZIONI che si offrono per correre in vostro aiuto. Su un’emergenza VACCINI come questa, qualsiasi INTERMEDIARIO usa il modus operandi di sempre. Ti aiuto dietro pagamento di una quota associativa e ti faccio assistere da avvocati che sono convenzionati ma non gratuiti. Quindi, una vera e propria attività economica che si SOSTIENE SUL PROBLEMA.

Avranno mai interesse ad ESTIRPARE I PROBLEMI CHE SONO LA LORO FONTE DI GUADAGNO E SOSTENTAMENTO? Chi avrà interesse a farlo se non chi lo fa gratuitamente con anima, cuore, sacrificio e amore? Un’emergenza dalle proporzioni gigantesche che potrebbe avere effetti DEVASTANTI proprio sull’uomo come quella che ora stiamo vivendo con l’introduzione di 12 vaccini obbligatori, con la concreta possibilità di avere tra 20 anni un bambino AUTISTICO su due potrà mai ESSERE SOTTOMESSA AD INTERESSI PRIVATI DI TIPO COMMERCIALE? Ma ci rendiamo conto della IMMANE condizione di sottomissione al denaro che supera anche la manipolazione delle future generazioni?

Ed ora veniamo alle manifestazioni. Portatemi, per favore, il risultato di una manifestazione che sia riuscita nell’intento di far tornare il governo indietro su decisioni prese. Al contrario, la storia è piena di manifestazioni in cui i manifestanti sono stati picchiati e malmenati. E non solo, le manifestazioni sono occasioni per i governanti di infiltrare facinorosi che combinano casini per far passare i manifestanti come esseri spregevoli e per non focalizzare sulla massa il contenuto della protesta. Facile come bere un bicchiere d’acqua. Quindi, o andate dentro il parlamento o è meglio che state a casa. Ma non dietro ad un computer come qualcuno ha osato dire. A casa propria si preparano strumenti intelligenti per distaccarsi dal questo immondo sistema e li si portano DIRETTAMENTE dentro le sale, le aule e gli uffici per far valere PERSONALMENTE E SENZA INTERMEDIARI I DIRITTI CHE CI APPARTENGONO E CI SONO STATI SCIPPATI ALLA NASCITA. Fargli capire (al Sistema) che hai capito e lo hai notificato li mette SPALLE AL MURO ALLE LORO RESPONSABILITÀ ANCHE INDIVIDUALI.

Se avete ancora intenzione di farvi AMMINISTRARE da chi vi ha ficcato in questi problemi per SOTTOMETTERVI, andate a chiedere l’elemosina in cabina elettorale, in piazza o pagate associazioni che campano sul problema.

Qui, in Popolo Unico, si fa altro.

Si combatte con cuore, intento, anima e determinazione per la MORTE DI TUTTI I PROBLEMI E DI TUTTI QUELLI CHE CI CAMPANO SOPRA.».

[da Pierangelo Spazzoli qui ]

Leggi anche qui

 

 

 

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● La registrazione del Trust in AdE

INTERESSANTE REPORT ORIGINATO DA UNA CONVERSAZIONE IN AGENZIA DELLE ENTRATE

Caro Walter,

…Il direttur è accecato (dal Diritto positivo) e non riesce a contemplare (è più forte di lui…) la tua giurisdizionalità estera, non metabolizza che non più lo Stato, bensì il LR amministra il soggetto giuridico precedentemente amministrato dall’AdE. Ti ha chiesto l’Imposta di registro coerentemente a quanto previsto dalle norme del [suo] Stato che sappiamo considera validamente costituito il trust per mezzo di scrittura privata autenticata o per atto pubblico, deve poi essere registrato ai sensi dell’articolo 2, lettera a), Dpr 131/1986. COSA CHE A NOI [LR] OVVIAMENTE NON RIGUARDA.
Giusto per la cronaca cito: “L’imposta di registro, disciplinata dal D.P.R. del 26 aprile 1986, n. 131 (Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro TUR) cui sono allegate una Tariffa ed una Tabella, è una imposta reale, indiretta, sugli affari, in quanto colpisce la capacità contributiva che si desume da vari negozi giuridici, manifestazione della capacità economica del soggetto. È un’imposta d’atto, poiché il tributo è ontologicamente legato all’atto stesso.
Peraltro, la stessa ha natura promiscua, potendosi configurare alternativamente come una tassa, quando si applica in misura fissa (attualmente nell’ammontare di €200); ovvero come imposta, quando si applica in misura proporzionale al valore dell’atto a cui si riferisce.
Secondo quanto previsto dagli artt. 1, 3 e 9 della tariffa parte prima, Dpr 131/1986, gli atti a titolo oneroso, ovvero atti di natura dichiarativa e gli atti diversi aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale sono assoggettati all’imposta in misura proporzionale; diversamente da tutti quegli atti individuati in via residuale dall’art.11 della tariffa stessa, per i quali è prevista l’applicazione dell’imposta nella misura fissa ivi indicata.
Ebbene, con la circolare n. 48/E/2007 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che “l’atto istitutivo con il quale il disponente esprime la volontà di costituire il trust, che non contempli anche il trasferimento di beni nel trust (disposto in un momento successivo), se redatto con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, sarà assoggettato all’imposta di registro in misura fissa ai sensi dell’articolo 11 della Tariffa, parte prima, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale atto privo di contenuto patrimoniale”.”.

[Vedi QUI

L’intento di questi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Scopo. Un semplice parere, giusto o sbagliato che sia, formato sui contributi di P.U. (*) (**)

popolounicolaricercacontinuaLo scopo  dell’Autocertificazione della qualità di Legale Rappresentante (ved. qui), costituente il tuo trust, personificando il nuovo trustee delle tue finzioni e funzioni giuridiche (così annullando il trust formato illecitamente dallo Stato, nullo ab origine perché “indotto” all’atto di nascita) è quello di riprendere saldamente il controllo della tua personalità giuridica libera da qualsiasi autorità, avente  la facoltà di esercitare in prima persona la capacità di agire giuridicamente senza l’ausilio o l’ingerenza di intermediari. La personalità giuridica è un istituto riconosciuto ad ogni individuo alla nascita solo per il fatto di esistere… (Cit. prof. A. Papisca: “Quella della Persona Umana è Personalità giuridica di Diritto Universale, UN DIRITTO SUPER-COSTITUZIONALE per sua intrinseca natura…”).

QUINDI:

Art. 6 – Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

(Recepito nell’ Art.16 (#), Parte terza, Legge 25 ottobre 1977, n. 881)

Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica. (Cit. prof. A. Papisca: “Avere personalità giuridica significa “esistere” per un ordinamento giuridico, naturalmente con diritti, doveri e responsabilità.).

Il riconoscimento del fatto che la persona umana, in quanto tale, è soggetto, non oggetto di diritto, è atto dovuto. Quale ritolare di diritti che ineriscono alla dignità umana, la persona nasce come soggetto giuridico. Gli ordinamenti giuridici non esisterebbero senza la persona umana, poiché questa ne è il fondamento.

L’immigrato irregolare, il Nomade o i cosiddetti homeless (senza dimora) o sans-papiers non sono “sconosciuti” al diritto, tanto meno “inesistenti” per esso.

La “soggettività giuridica” è distinta dalla “cittadinanza”, come d’altronde stabilisce la Dichiarazione universale che dedica specificamente alla seconda l’articolo 15. Essa è uno status primordiale della persona, le cui modalità o articolazioni operative – per l’esercizio di diritti e di doveri – sono specificate appunto nello statuto di cittadinanza: questo avviene, storicamente, all’interno dei singoli ordinamenti statuali.

La personalità giuridica dell’essere umano va distinta dalla personalità giuridica di strutture organizzate che sono create per il conseguimento di determinati fini: gli stati, i comuni, le organizzazioni intergovernative, le camere di commercio, le università, le associazioni. Per queste entità “derivate” si parla di “persone giuridiche” per distinguerle appunto dalle persone umane la cui soggettività giuridica, ripeto, ha carattere “originario”. E’ appena il caso di segnalare che la personalità giuridica degli enti derivati può essere di diritto pubblico o di diritto privato.

Nel caso degli enti e delle associazioni all’interno degli stati la personalità giuridica è “attribuita” o “concessa”, diversamente che per le persone umane la cui soggettività giuridica, preesistendo al diritto positivo, è, deve essere semplicemente ‘riconosciuta’. Nei tempi, non propriamente preistorici, in cui studiavo il Diritto internazionale, nei relativi manuali trovavo un capitolo o, addirittura, un paragrafo intitolato: “L’individuo, oggetto del Diritto internazionale”. L’assunto era che soltanto gli Stati ne erano i soggetti, unici ed esclusivi: le persone umane erano ‘cosa loro’, come dire un affare interno alla rispettiva giurisdizione domestica. La dogmatica giuridica che argomentava sulla persona umana ‘oggetto’ è stata ampiamente usata ed abusata dalle ideologie che esaltavano, o addirittura deificavano, lo Stato come soggetto giuridico iperumano.

Con l’avvento del Diritto internazionale dei diritti umani, la persona umana viene liberata nella sua soggettività giuridica originaria e trionfa dunque sulla perniciossima idolatria statualistica”. 

RI-CITO:

“Quella della persona umana è personalità giuridica di diritto universale, un diritto SUPER-COSTITUZIONALE per sua intrinseca natura”.

Non riconoscendoti nel soggetto di diritto internazionale “Persona Umana” NON DISPONI PIENAMENTE DEI TUOI DIRITTI: non vi accedi perché la CITTADINANZA si innesta, negandoli, tra te e questi diritti inalienabili.

I tuoi diritti sono “accantonati” mediante l’attribuzione coatta della “cittadinanza” (non confonderti con la nazionalità, che è un’altra cosa).

Il LR, quale trustee del nuovo trust,

  • amministra e dispone in modo esclusivo di tutte le funzioni – finzioni giuridiche stabilite artificiosamente a suo tempo dallo Stato, in capo all’individuo, così rendendolo cittadino;
  • solleva l’individuo dagli INDEBITI obblighi cui era stato fatto segno illegittimamente, attribuitigli senza il suo consenso…
(*) https://www.popolounico.org/
(**) https://dirittiumaniblog.wordpress.com/2016/07/06/legale-rappresentanza-e-un-living-trust/

 

(#) Secondo quanto scaturisce dall’interpretazione (Antonio Cassese) dell’art. 10 Cost., in realtà non ci sarebbe bisogno di una legge ad hoc per l’attuazione dei trattati, ma la prassi non ha dato seguito a questa interpretazione.

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Ti regalo un’idea…

Cosa c’è scritto qua, POLITICO IGNORANTE E CAPRA?

Legge 881/1977 Parte Terza:
ARTICOLO 7

Gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo di godere di giuste e favorevoli condizioni di lavoro, le quali garantiscano in particolare:

a) la remunerazione che assicuri a tutti i lavoratori, come minimo:

  • i) un equo salario ed una uguale remunerazione per un   lavoro di eguale valore, senza distinzione di   alcun   genere;   in particolare   devono   essere   garantite alle   donne condizioni di lavoro   non   inferiori a quelle godute dagli uomini, con una eguale remunerazione per un eguale lavoro;
  • ii) un’esistenza   decorosa   per essi e per le loro famiglie in conformità delle disposizioni del presente Patto;

b) la sicurezza e l’igiene del lavoro;

c) la possibilità uguale per tutti di essere promossi, nel rispettivo lavoro, alla categoria superiore appropriata, senza altra considerazione che non sia quella dell’anzianità di servizio e delle attitudini personali;

d) il riposo, gli svaghi, una ragionevole limitazione delle ore di lavoro, e le ferie periodiche retribuite, nonché la remunerazione per i giorni festivi.

ARTICOLO 11

1. Gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato per sé e per la propria famiglia, che includa un’alimentazione, un vestiario, ed un alloggio adeguati, nonché al miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita.

Gli Stati parti prenderanno misure idonee ad assicurare l’attuazione di questo diritto, e riconoscono a tal fine l’importanza essenziale della cooperazione internazionale, basata sul libero consenso.

ARTICOLO 12

1. Gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo a godere delle migliori condizioni di salute fisica e mentale che sia in grado di conseguire.

2. Le misure che gli Stati parti del presente Patto dovranno prendere per assicurare la piena attuazione di   tale   diritto comprenderanno quelle necessarie ai seguenti fini:

  • a) la diminuzione del numero dei nati morti e della mortalità infantile, nonché il sano sviluppo dei fanciulli;
  • b) il miglioramento di tutti gli aspetti dell’igiene ambientale e industriale;
  • c) la profilassi, la cura e il controllo delle   malattie epidemiche, endemiche, professionali e d’altro genere;
  • d) la creazione di condizioni che assicurino a tutti servizi medici e assistenza medica in caso di malattia.

ARTICOLO 13

1. Gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo all’istituzione. Essi convengono sul fatto   che l’istruzione deve mirare al pieno sviluppo della personalità umana e del senso della sua dignità e rafforzare il rispetto per i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali. Essi convengono inoltre che l’istruzione deve porre tutti gli individui in grado di partecipare in modo effettivo alla vita di una società libera, deve promuovere la comprensione, la tolleranza e l’amicizia fra tutte le nazioni e tutti i gruppi razziali, etnici o religiosi ed incoraggiare lo sviluppo delle attività delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.

2. Gli Stati parti del presente Patto, al fine di assicurare la piena attuazione di questo diritto, riconoscono che:

  • a) l’istruzione primaria deve essere obbligatoria e accessibile gratuitamente a tutti;
  • b) l’istruzione secondaria nelle sue diverse forme, inclusa l’istruzione secondaria tecnica e professionale, deve essere resa generale ed accessibile a tutti con ogni mezzo a ciò idoneo, ed in particolare mediante l’instaurazione progressiva   dell’istruzione gratuita;
  • c) l’istruzione superiore deve essere resa accessibile a tutti su un piano d’uguaglianza, in base alle attitudini di ciascuno, con ogni mezzo a ciò idoneo, ed in particolare mediante l’instaurazione progressiva dell’istruzione gratuita;
  • d) l’istruzione di base deve essere incoraggiata o intensificata nella misura del possibile, a beneficio degli individui che non hanno ricevuto istruzione primaria o non ne hanno completato il corso;
  • e) deve perseguirsi attivamente lo sviluppo di un sistema di scuole di ogni grado, stabilirsi un adeguato sistema di borse di studio e assicurarsi un continuo miglioramento delle condizioni materiali del personale insegnante.

3. Gli Stati parti del presente Patto si impegnano a rispettare la libertà dei genitori e, ove del caso, dei tutori legali, di scegliere per i figli scuole diverse da quelle istituite dalle autorità pubbliche, purché conformi ai requisiti fondamentali che possono essere prescritti o approvati dallo Stato in materia di istruzione, e di curare l’educazione religiosa e morale dei figli inconformità alle proprie convinzioni.

4. Nessuna disposizione di questo articolo sara’ interpretata nel senso di recare pregiudizio alla liberta’ degli individui e degli enti di fondare e dirigere istituti di istruzione, purché i principi enunciati nel 1° paragrafo di questo articolo vengano rispettati e l’istruzione impartita in tali istituti sia conforme ai requisiti fondamentali che possano essere prescritti dallo Stato.

 

\(°_^)/

 

NE HANNO DIRITTO TUTTI (COMPRESI GLI ITALIANI) …SE NON CI FOSSERO POLITICI CHE NON CONOSCONO NULLA DI LEGGI.

 

 

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L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Difensore dei Diritti Umani Universali

I diritti umani vogliono difendere la persona in quanto essere umano, da qualunque tipo di attacco proveniente da chiunque. Noi siamo tutti quanti, a pienissimo diritto, “sovranazionalmente” ed in modo plenipotenziario “human rights defenders” “difensori dei diritti umani”. QUI il link alla “Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Difensori dei diritti umani”. Quella che segue è la Coalizione sui difensori dei diritti umani, composta e sostenuta da:

AIDOS,

Amnesty International,

Associazione Antigone,

Centro di Ateneo per i Diritti Umani,

Università di Padova,

Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili,

AOI,

ARCI,

ARCS,

Associazione Articolo 21,

CGIL,

Comitato Giustizia per i Nuovi Desaparecidos,

COSPE, Fondazione Lelio e Lisli Basso-Issoco,

Giuristi Democratici,

Greenpeace Italia,

Legambiente,

Libera,

Associazioni Nomi e Numeri contro le mafie,

Non c’è Pace senza Giustizia,

Operazione Colomba,

Radicali Italiani,

Rete per la Pace,

Terra Nuova,

Peace Brigades International – Italia,

Progetto Endangered Lawyers/Avvocati Minacciati,

Unione Camere Penali Italiane,

Un ponte per…

 

Pochi giorni fa, precisamente il 31 gennaio, la Commissione Esteri della Camera dei Deputati ha approvato la risoluzione sui Difensori dei Diritti Umani che riprende le richieste della Coalizione. Di seguito il testo integrale che merita di essere letto con attenzione per conoscere quanto messo in atto in altri Paesi e gli impegni richiesti all’Esecutivo italiano.

 

Risoluzione n. 7-01051 Tidei: Sulla tutela dei difensori dei diritti umani

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La III Commissione,

premesso che:

  • la tutela dei diritti umani fondamentali rappresenta una delle principali innovazioni normative della cultura giuridica occidentale. Dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto e rispetto dei diritti umani sono valori conclamati e sanciti con forza nella nostra Carta costituzionale, nella Carta dei diritti fondamentali e nei Trattati dell’Unione europea, nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nonché nella Dichiarazione universale dei diritti umani;
  • come riportato da numerose organizzazioni non governative, in ogni parte del mondo esistono ancora violazioni dei diritti fondamentali; secondo l’ultimo rapporto di Amnesty International sono almeno 113 i Paesi nei quali la libertà di espressione e di stampa viene limitata, mentre in almeno 36 Paesi del mondo si sono registrate violazioni dovute alla presenza di gruppi o milizie armate e in 122 Paesi ci sono stati episodi di tortura documentati;
  • anche in alcuni Paesi membri dell’Unione europea, vanno diffondendosi politiche e azioni tese a violare i diritti umani e le libertà fondamentali;
  • i difensori dei diritti umani sono persone, gruppi di persone od organizzazioni che promuovono e proteggono i diritti umani attraverso mezzi pacifici e non violenti;
  • il riconoscimento giuridico dei difensori dei diritti umani è avvenuto con la «Dichiarazione sul diritto e la responsabilità degli individui, dei gruppi e degli organi della società di promuovere e proteggere le libertà fondamentali e i diritti umani universalmente riconosciuti», più nota come «Dichiarazione sui difensori dei diritti umani». Questo atto, dall’indiscutibile autorevolezza morale, ha il pregio di riconoscere formalmente la «difesa» dei diritti umani come un diritto in sé e di riconoscere gli individui che agiscono in difesa dei diritti umani come «Human Rights Defenders». A seguito di questo notevole riconoscimento giuridico, nel 2000, è stato compiuto un altro importante passo in avanti quando la Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite ha chiesto al segretario generale di nominare uno «Special Rapporteur on human rights defenders» con il compito di monitorare e di concretizzare l’attuazione della Dichiarazione;
  • la suddetta Dichiarazione, adottata perconsensus dall’Assemblea generale, pur non avendo valore vincolante, gode di un’indiscutibile autorevolezza morale sul piano internazionale e nazionale, costituendo, al tempo stesso, un impegno da parte degli Stati membri a mettere in atto le sue disposizioni;
  • non soltanto a livello internazionale, ma anche a livello europeo, l’azione a tutela dei diritti umani riveste un’importanza centrale. L’Unione europea, sin dalla sua nascita, è annoverabile fra i soggetti internazionali maggiormente impegnati nella protezione dei diritti fondamentali, accanto alle Nazioni Unite. Invero, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, oltre al consolidamento della democrazia e dello Stato di diritto, costituiscono alcune tra le finalità dell’azione esterna dell’Unione europea (articoli 3 e 21 Trattato sull’Unione europea). In tale quadro si ricollega l’azione europea di sostegno ai Difensori dei diritti umani, che è dal 2004 un elemento stabile dell’azione esterna dell’Unione europea per quanto concerne le politiche di sostegno ai diritti umani;
  • la cornice giuridica onusiana e relativa alla tutela e alla protezione dei difensori dei diritti umani è stata accolta favorevolmente anche a livello europeo. In tal senso gli «Orientamenti dell’Unione europea sui difensori dei diritti umani» costituiscono un solido quadro per i lavori comunitari volti alla promozione e alla tutela dei diritti umani nell’azione pratica della politica estera. Tali «Orientamenti» permettono di avere una visione completa del ruolo e delle aspirazioni dell’Unione europea in tale ambito e ne costituiscono uno strumento pratico di attuazione, elaborato per produrre un concreto impatto sulla protezione dei diritti umani nei Paesi terzi;
  • un contributo fondamentale alla protezione delle tematiche legate alla salvaguardia dei diritti umani viene fornito dal gruppo di lavoro «Diritti umani» (COHOM) creato nell’ambito del Consiglio dell’Unione europea, nel 1987. Tale gruppo è deputato alla individuazione delle situazioni nelle quali l’Unione europea è chiamata a intervenire;
  • l’attenzione verso i difensori dei diritti umani si è manifestata anche a livello di singoli Paesi. Normative innovative e buone pratiche nazionali rappresentano importanti presidi volti alla protezione e difesa dei difensori e degli attivisti in pericolo nei loro Paesi d’origine; Paesi come la Finlandia, la Norvegia, la Svizzera, gli Stati Uniti, l’Irlanda, la Spagna, i Paesi Bassi, la Gran Bretagna e la Repubblica Ceca hanno tutti adottato strategie efficaci per la tutela dei difensori dei diritti umani;
  • esistono interessanti esempi, come:
  1. i «visti umanitari» proposti dal Governo irlandese. Dal 2006 l’Irlanda ha un processo accelerato per le procedure di ingresso degliHuman Rights Defenders in pericolo, attraverso il rilascio facilitato di un visto Schengen di tre mesi su basi umanitarie, con lo scopo di fornire un approccio rapido al processo di richiesta di un visto, in modo da permettere ai difensori, in momentaneo pericolo, di viaggiare in Irlanda per brevi periodi di tempo;
  2. le «Shelter Cities» (città rifugio) olandesi. Il Governo olandese prevede in alcune città la disponibilità di offrire rifugio temporaneo, dai tre ai sei mesi, ai difensori dei diritti umani quando questi sono seriamente minacciati a causa del loro operato da attivisti. Il programma fornisce per ogni difensore: alloggio, una persona di riferimento locale in ogni città aderente, la copertura totale delle spese di viaggio e vitto, l’assicurazione sanitaria, l’opportunità di forse deitraining per incrementare il livello di preparazione del suddetto;
  3. la normativa nazionale della Spagna. Il programma spagnolo per la tutela e la salvaguardia dei difensori dei diritti umani, inizialmente indirizzato ai Paesi dell’America latina, attualmente aperto a tutte le nazionalità, anche se tuttora rimane utilizzato principalmente per gliHuman Rights Defenders provenienti dall’America Latina. In concreto, l’identificazione degli Human Rights Defenders in pericolo è effettuata dalle organizzazioni non governative sul campo, dagli attori statali oppure dagli stessi Human Rights Defenders che si rivolgono ad un’ambasciata. Conseguentemente, l’ambasciata provvede a verificare i casi prima di riferirli, attraverso un canale sicuro, all’Ufficio per i diritti umani del Ministero degli affari esteri spagnolo. La Spagna è organizzata anche a livello regionale, attraverso la creazione di «Shelter Cities Programme»;
  4. il programma europeo denominato ProtectDefenders.eu. Esso consiste in un meccanismo di protezione per gliHuman Rights Defenders, ed è stato creato affinché l’Unione europea provveda a fornire un supporto stabile, omnicomprensivo e gender-sensitive agli individui e/o agli attori locali che combattono per promuovere e per difendere i diritti umani nel mondo. Tale meccanismo si prefissa di raggiungere tutti gli Human Rights Defenders, anche quelli che lavorano nelle aree più remote e in Paesi nei quali è particolarmente pericoloso lavorare in difesa dei diritti umani. Ha un particolare focus sui difensori maggiormente vulnerabili, vale a dire: donne protettrici dei diritti umani, difensori dei diritti dei LGBT, ambientalisti, difensori per i diritti sociali ed economici, difensori delle minoranze, avvocati e tutti quelli che combattano per la libertà di espressione e di associazione;
  5. ci sono molte organizzazioni non governative che offrono un sostegno straordinario ai Governi nella protezione degli attivisti che operano in scenari complessi, di guerra e non solo;
  6. anche nel corso della presente legislatura sono state depositate in ambi i rami del Parlamento alcune proposte di legge volte all’istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani, il cui percorso d’esame e d’approvazione deve essere sostenuto e accelerato,

impegna il Governo:

  • a dare attuazione, in linea con quanto già fatto da altri Stati membri, agli orientamenti dell’Unione europea in materia di salvaguardia dei difensori dei diritti umani;
  • a definire le modalità per assicurare un coordinamento per la tutela dei difensori dei diritti umani che, mediante il coinvolgimento di tutti i Dicasteri competenti e sulla base delle necessarie risorse finanziarie, valuti le migliori modalità di accoglienza e protezione, inclusa la possibile definizione di apposite modalità di ingresso e soggiorno per il ricollocamento temporaneo;
  • a sostenere le iniziative a favore della tutela e protezione dei difensori dei diritti umani discusse nel competente gruppo di lavoro del Consiglio dell’Unione Europea anche in attuazione del Piano d’Azione UE sui diritti umani e la democrazia 2015-2019;
  • a sostenere iniziative volte alla promozione di un coordinamento con organizzazioni non governative ed enti religiosi disposti a creare una rete di protezione nei Paesi di provenienza degli attivisti;
  • a sostenere ogni iniziativa finalizzata al coordinamento delle iniziative del MAECI con quelle simili adottate dagli altri Stati membri e a livello europeo.

Buona visione

 

 

 

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

La migliore garanzia dei diritti umani è quella che previene la loro violazione e lo strumento più efficace per la promozione dei diritti della persona e dei popoli sono l’insegnamento e l’educazione.

 

Il 10 dicembre 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò e proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il cui testo completo è stampato nelle pagine seguenti. Dopo questa solenne deliberazione, l’Assemblea delle Nazioni Unite diede istruzioni al Segretario Generale di provvedere a diffondere ampiamente questa Dichiarazione e, a tal fine, di pubblicarne e distribuirne il testo non soltanto nelle cinque lingue ufficiali dell’Organizzazione internazionale, ma anche in quante altre lingue fosse possibile usando ogni mezzo a sua disposizione. Il testo ufficiale della Dichiarazione è disponibile nelle lingue ufficiali delle Nazioni Unite, cioè cinese, francese, inglese, russo e spagnolo.

 

Preambolo

Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;

Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo;

Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione;

Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;

Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’uguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà;

Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l’osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali;

Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;

L’ASSEMBLEA GENERALE

proclama

la presente dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l’universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.

Articolo 1

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2

Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

Articolo 3

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 4

Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

Articolo 5

Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti.

Articolo 6

Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Articolo 7

Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Articolo 8

Ogni individuo ha diritto ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

Articolo 9

Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10

Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.

Articolo 11

  1. Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.
  2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetuato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

Articolo 12

Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

Articolo 13

  1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
  2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.

Articolo 14

  1. Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.
  2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l’individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

Articolo 15

  1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.
  2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.

Articolo 16

  1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento.
  2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
  3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

Articolo 17

  1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.
  2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

Articolo 18

Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.

Articolo 19

Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Articolo 20

  1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.
  2. Nessuno può essere costretto a far parte di un’associazione.

Articolo 21

  1. Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
  2. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.
  3. La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

Articolo 22

Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

Articolo 23

  1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
  2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
  3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.
  4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Articolo 24

Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.

Articolo 25

  1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
  2. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

Articolo 26

  1. Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.
  2. L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
  3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

Articolo 27

  1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.
  2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

Articolo 28

Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

Articolo 29

  1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.
  2. Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.
  3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e principi delle Nazioni Unite.

Articolo 30

Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

 

 

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Perché LR?

Il 29,9% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale nel 2012. I dati su povertà e rischio esclusione sociale in Italia (111mm x 100mm)

La sottoscrizione dell’istituto giuridico AUTOCERTIFICAZIONE della QUALITÀ di LEGALE RAPPRESENTANTE (Articolo 46 lettera u DPR 28.12.2000, n. 445) [1] in favore dell’essere umano, ossia nell’interesse di egli stesso (di fatto Disponente/Settlor di un Living Trust di alto scopo) e dei propri figli minori, aziona, nella giurisdizione del Diritto internazionale, un JERSEY TRUST AUTODICHIARATO, NON LUCRATIVO NÉ COMMERCIALE, nel quale il Trustee / Legale Rappresentante, a seguito di Mandato / Accordo Privato, opererà per veder riconosciuti all’essere umano i diritti inalienabili [2] costituenti l’alto scopo del trust, violati in certe circostanze persino agli italiani, si tratta, ad esempio, del “diritto al benessere”, definito anche “diritti economico-sociali”. Per ottenere protezione occorre far valere – per mezzo della curatela del Legale Rappresentante / Trustee – la propria personalità giuridica (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Articolo 6: “Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica”), tale precetto è indicato nella legge dello Stato 25 ottobre 1977, n. 881 alla sezione “Patto internazionale > PARTE TERZA > art. 16” della legge di ratifica della DUDU. Peraltro, secondo quanto scaturisce dall’interpretazione (Antonio Cassese) dell’art. 10 Cost., in realtà non ci sarebbe bisogno di una legge ad hoc per l’attuazione dei trattati, ma la prassi non ha dato seguito a questa interpretazione.

Quanto costa?
· Nessun costo [3] è richiesto oltre i normali diritti di segreteria riservati all’Amministrazione comunale depositante (quella di residenza e quella di nascita, se diversa);
· Nessun oneroso intervento è richiesto da parte di alcun notaio o avvocato.

L’ALTO SCOPO DEL TRUST è dunque il superamento dell’incapacità giuridica di agire del cittadino / essere umano [4]. Tale incapacità è innestata dallo Stato con frode, vale a dire senza il consenso dell’interessato (abuso della titolarità del nome) al momento della dichiarazione di nascita del nuovo nato alla Prefettura, nonché alla Procura della Repubblica, allorquando vengono attribuite al pupillo le cosiddette finzioni giuridiche denominate “soggetto giuridico e persona fisica” volte a vincolare l’essere umano alla P.A., o meglio, alle “amministrazioni o trustees statali” tramite i vari Pubblici Ufficiali come il tecnico o l’addetto della P.A., l’ufficiale sanitario, l’insegnante di una scuola, il controllore sui mezzi pubblici, l’ufficiale giudiziario, ecc.

[Nota [1]: E’ stata la Legge 4 gennaio 1968, n. 15 ad introdurre l’istituto dell’autocertificazione nell’ordinamento italiano, disciplinando per la prima volta in modo completo ed organico la materia, cui hanno fatto seguito varie rettificazioni, tra cui quelle contenute nella Legge n. 127/1997 (a sua volta modificata dalla Legge n. 191/98) e dal regolamento attuativo emanato con DPR n. 403/1998, in vigore dal 23 febbraio 1999.]

[Nota [2]: Diritti inalienabili >>> Legge n. 881 del 25 ottobre 1977 Autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione in Italia (Gazzetta Ufficiale n 333 del 7 dicembre 1977). Data della ratifica: 15 settembre 1978 (Gazzetta Ufficiale n 328 del 23 novembre 1978).]

[Nota [3]: Imposta di bollo (nessun costo!) >>> Articolo 37 DPR 28.12.2000, n. 445. A) Le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 sono esenti dall’imposta di bollo. B) L’imposta di bollo non è dovuta quando per le leggi vigenti sia esente da bollo l’atto sostituito ovvero quello nel quale e’ apposta la firma da legalizzare).]

[Nota [4]: A ben vedere, la definizione di “essente [umano]” al posto di “essere [umano]” è più profonda perché fissa meglio il lemma “essere”, unisce le parole “essere” ed “ente” (dal latino: ens – entis) ma è anche il gerundio del verbo essere. Dicendo “essere [umano]” usiamo l’infinito del verbo essere, che esprime qualcosa di poco vivo, di statico. Il gerundio “essente [umano]” esprime la vera forza insita nel verbo. “Essente” è in pratica “colui che è!”.]
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https://dirittiumaniblog.wordpress.com/2016/07/06/legale-rappresentanza-e-un-living-trust/

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L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Rappresentanza tecnica e codice deontologico, questi sconosciuti [*]

È NECESSARIO CHE GLI AVVOCATI SI RENDANO CONTO CHE DEVONO DIRE AI LORO CLIENTI:

  1. che non sono obbligati a pagare i tributi, il canone rai, le tasse di proprietà, ecc.;
  2. che lo Stato italiano è nelle mani del CdA di una Spa che si spaccia per governo;
  3. che la persona fisica è frutto di un arbitrio e che l’autoriconoscimento con essa comporta invero una riduzione illegittima di capacità giuridica;
  4. che i giudici e i tribunali civili non hanno giurisdizione per le questioni legate al diritto di famiglia, sul regime di separazione e divorzio dei coniugi, e non hanno e non possono avere potestà sui figli altrui, con conseguente sospensione della potestà in capo ai genitori.

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Ah, dimenticavo, NEL TESTO DELLA COSTITUZIONE NON V’È TRACCIA DI OBBLIGHI ALLA DIFESA TECNICA.

La rappresentanza, in diritto, è l’istituto che comporta la sostituzione di un soggetto ad un altro nella dichiarazione di volontà. La ratio dell’istituto è quella di offrire a Mevia un canale perché egli possa esprimere la propria volontà quando questi, per i motivi più diversi, non sia in condizione di poterlo fare in prima persona, direttamente e autonomamente.

L’ordinamento giuridico si fa carico di questa esigenza e provvede affinché altri esprimano la volontà dell’imprenditore, dell’amministratore, del singolo privato che non può o non vuole concludere direttamente un negozio. In tal caso si ha rappresentanza, cioè manifestazione della volontà tramite un soggetto (rappresentante) e produzione degli effetti in capo al rappresentato.

Il rappresentante non si limita ad esprimere meccanicamente la volontà del rappresentato; la semplice trasmissione della volontà fatta dal portavoce non configura infatti rappresentanza.

Nella rappresentanza il rappresentante forma la propria volontà previamente, accordandosi con il rappresentato e poi conclude il negozio, manifestando la propria volontà. Si distingue il caso in cui il rappresentante conclude il negozio in nome proprio dal caso in cui lo conclude in nome del rappresentato; nel primo si ha rappresentanza indiretta o interposizione gestoria (tra i terzi e il rappresentato), nel secondo rappresentanzadiretta e spendita del nome del rappresentato. Non tutti gli atti sono suscettibili di essere compiuti a mezzo rappresentante: ne sono esclusi, per esempio, gli atti in cui è indispensabile che la manifestazione di volontà promani direttamente dal singolo (testamento, negozi familiari).

La rappresentanza può essere legale quando è imposta dalla legge, volontaria quando è conferita dall’interessato (art. 1387 cod. civ.). Particolare rilievo ha la rappresentanza nell’impresa, che dà luogo alle figure dell’institore e del commesso (artt. 2203 e seguenti cod. civ.).

Gli elementi della rappresentanza diretta sono due:

a) il potere rappresentativo o procura;

b) l’agire in nome del rappresentato.

Il potere rappresentativo è costituito dalla facoltà concessa al rappresentante dalla volontà del rappresentato di agire in suo nome. L’agire in nome del rappresentato di solito comporta la realizzazione di un interesse del rappresentato e ha rilevanza nei confronti dei terzi (tutela dellaffidamento).

La rappresentanza non crea un rapporto autonomo tra le parti, ma è uno strumento che rende produttivo di particolari effetti giuridici nei confronti dei terzi il rapporto sottostante (o rapporto di gestione). Poiché la volontà del rappresentante è quella che ha rilievo nel rapporto con i terzi, è alla volontà del rappresentante che si guarda nell’accertare se i suoi eventuali vizi incidano sulla validità del negozio; stabilisce infatti l’art. 1390 cod. civ. che il contratto è annullabile se è viziata la volontà del rappresentante.

I vizi della volontà del rappresentato non hanno rilievo, a meno che questi non avesse predeterminato alcuni elementi del negozio che poi sarebbe stato concluso dal rappresentante. Per quanto attiene alla capacità d’agire, è sufficiente che ne sia provvisto il rappresentato; il rappresentato può anche avvalersi di un rappresentante che abbia semplice capacità naturale (art. 1389 cod. civ.), cioè sia capace di intendere e volere.

Se vi è conflitto d’interessi tra rappresentante e rappresentato, il negozio può essere annullato su domanda del rappresentato: ma in questa ipotesi si deve tutelare anche l’interesse del terzo, che ha contrattato con rappresentante: l’annullamento avrà luogo pertanto solo se il terzo conosceva o era in grado di riconoscere il conflitto (art. 1394 cod. civ.).

L’ipotesi più rilevante di conflitto d’interessi è il contratto con se stesso: Tizio, rappresentante di Mevia, anziché vendere a Caio, vende a se stesso, o vende a se stesso come rappresentante di Sempronio. Anche in questo caso, il negozio è annullabile, a meno che il rappresentato non abbia autorizzato il rappresentante o il contenuto del contratto escluda la possibilità del conflitto (art. 1395 cod. civ.). Il codice disciplina unicamente la rappresentanza diretta. Nella rappresentanza indiretta il rappresentante agisce in nome proprio, ma per conto di altri (rappresentato); in tale ipotesi, la rappresentanza è caratterizzata dal contegno del rappresentante verso i terzi e non dal rapporto interno; prevale quindi l’elemento dell’agire per conto altrui piuttosto che l’elemento del potere rappresentativo.

La rappresentanza diretta e quella indiretta hanno un elemento d’identità, consistente nel fatto che l’affare gestito dal rappresentante è un affare altrui (del rappresentato). Ma la differenza è nella spendita del nome: i terzi nella rappresentanza diretta concludono con il rappresentato tramite il rappresentante;

Nella rappresentanza indiretta, invece, non conoscono il rappresentato, e il rappresentante acquista (o vende) per sé e si obbliga in proprio nei confronti del rappresentato.

Il rappresentante che opera senza potere, o eccedendo i limiti indicati nella procura, conclude un negozio privo di effetti.

Il rappresentato, in capo al quale gli effetti non si concludono, può però assumere effetti negoziali con un atto unilaterale (ratifica) diretto al terzo. La ratifica ha effetto retroattivo, ma sono salvi i diritti dei terzi (art. 1399 cod. civ.). La ratifica può essere sollecitata dal terzo che invita l’interessato a pronunciarsi entro un termine, scaduto il quale, nel silenzio, la ratifica si intende negata.

Nel caso in cui le modificazioni o la revoca della procura non siano portate a conoscenza dei terzi, si tutela il loro affidamento: il terzo non deve essere pregiudicato dal comportamento omissivo del rappresentato, pertanto il negozio giuridico concluso avrà effetti nei confronti del rappresentato. Per evitare queste conseguenze, il rappresentato deve dimostrare che i terzi conoscevano le modificazioni, o le hanno ignorate per loro colpa (art. 1396 cod. civ.).

La rappresentanza in giudizio, o rappresentanza tecnica, è l’istituto del processo civile secondo cui la parte (o eventualmente il suo rappresentante) deve, in generale, stare in giudizio con il ministero di un difensore. Tale rappresentanza (denominata “tecnica” perché implica il possesso di particolari qualità professionali) è conferita mediante procura. Essa presenta, a paragone della rappresentanza di diritto privato, un carattere di maggiore autonomia del rappresentante, giustificato dal fatto che il difensore è un soggetto professionalmente qualificato che collabora allo svolgimento di una funzione pubblica (quella giurisdizionale). La rappresentanza tecnica può essere revocata o rinunciata, ma revoca o rinuncia non producono effetti nei confronti dell’altra parte, per esempio, ai fini di una notificazione che essa debba effettuare presso il debitore, finché non sia avvenuta la sostituzione di quest’ultimo. Nel giudizio davanti al giudice di pace le parti (che possono proporre la domanda verbalmente presentandosi di persona al giudice che ne fa redigere verbale) possono anche farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto, e non necessariamente da un legale.

Stiamo parlando della cosiddetta difesa in proprio, ossia della possibilità di stare in giudizio senza essere costretti a farsi rappresentare da un legale; facoltà che il nostro ordinamento positivo prevede espressamente soltanto per le cause avanti il giudice di pace, entro un certo valore e limitatamente ad alcune materie. E uguale sorte toccherebbe, codici alla mano, al giudizio secondo equità (cfr. art. 113 cod. proc. civ.).

La ratio di un siffatto orientamento andrebbe ricercata, lo avrebbe ribadito pure la Corte costituzionale, nel fatto che il nostro è un sistema caratterizzato dal principio di legalità; di conseguenza, la sola funzione che potrebbe riconoscersi, alla esempio, alla giurisdizione di equitàsarebbe quella di individuare l’eventuale regola di giudizio non scritta che, con riferimento al caso concreto, consenta una soluzione della controversia più adeguata alle caratteristiche specifiche della fattispecie concreta, alla stregua tuttavia dei medesimi principi cui si ispira la disciplina positiva: principi che non potrebbero essere posti in discussione dal giudicante, pena lo sconfinamento nellarbitrio, attraverso una contrapposizione con le proprie categorie soggettive di equità e ragionevolezza [n. 206 del 6 luglio 2004].

Ma il principio di legalità riferisce semplicemente che ogni provvedimento giuridico deve uniformarsi a norme generali, preordinate ed astratte; non pretende certo di assurgere a principio cardine del diritto o di operare in senso assoluto, né ritiene che le leggi positive siano insuperabili.

Il principio di legalità nasce per dare vigenza alle convenzioni umane e per esigenze di certezza del diritto, dunque per tutelare il singolo (e non per danneggiarlo o limitarne la sfera d’azione giuridica).

Il principio di legalità interviene nel contraddittorio con gli altri principi giuridici, primo fra tutti il principio di uguaglianza, vero principio cardine della nostra Costituzione [art. 3], che condiziona l’interpretazione dell’intero ordinamento giuridico.

Non solo, le leggi positive devono uniformarsi al diritto vivente, al diritto naturale e alle convenzioni internazionali sui diritti umani; e, sulla carta, lo fanno: più o meno ogni volta in cui, nel testo della Costituzione, compare scritta la parola “riconosce”. Il riconoscimento, la ricognizione, è l’avvenuto accertamento di situazioni giuridiche in fatto che sono antecedenti alle disposizioni costituzionali e dalle quali, peraltro, la stessa Costituzione trae la propria vigenza e giustificazione. A non tener conto di tutto ciò, allora sì, si sfocia nel mero arbitrio, come recita la sentenza della Corte. Sul punto, verrebbe da chiedersi perché la Corte, in tema di arbitrio, non abbia sentenziato ad esempio contro la riduzione di capacità giuridica nella quale incorre puntualmente il cittadino che si dichiara incautamente trustee della propria carta d’identità (contratto di diritto commerciale?).

Personalmente ritengo che la difesa in proprio sia sempre possibile, come pure il ricorso alla giudizio secondo equità. Laddove questo particolare ambito giuridico non dovesse avere, come avviene in Italia, un sufficiente corredo di regolamenti e prassi, si può fare agevolmente ricorso alla tecnica della mirror rule, l’artificio giuridico che consente di utilizzare le disposizioni di un’altra giurisdizione (nella specie: il common law) in supporto. Infatti, istituti quali ad esempio la vendita non sono certo tali e vigenti solo per il fatto che sono disciplinati dal codice civile: la vendita è un istituto antichissimo e, come altri, risponde a canoni di diritto, convenzioni e prassi commerciali che sono sempre valide (diritto vivente).

In secondo luogo, nel testo della Costituzione non vè traccia di obblighi alla difesa tecnica. Ma il problema che coloro che mi seguono con costanza hanno già intuito è legato prettamente questioni di responsabilità e competenza; è un problema, gravissimo, di inadeguatezza. In tema di competenza, del tutto inadeguata (e questo è il fatto più grave) è la formazione, laddove le Università non informano i futuri avvocati dell’esistenza di un rito occulto, di un sistema commerciale mondiale fraudolento, di condizioni giuridiche privilegiate, della reale portata dei diritti umani (e di quelli naturali soggettivi), del facoltà di esercitare il libero arbitrio e di negare il consenso ad ogni disposizione contraria a tali supremi diritti.

Analogo discorso va fatto per la cosiddetta formazione permanente (simile a corsi di aggiornamento periodici) cui noi avvocati saremmo obbligati per regolamento positivo, a pena di interventi disciplinari; formazione che io, francamente, ho sempre disertato. Al momento sono ancora in attesa di richiami ufficiali, ma sono ovviamente pronto a contestarli.

Se leggiamo con attenzione il codice deontologico forense, ci accorgiamo che, alla luce delle tematiche affrontate nel presente blog, gli avvocati che hanno ottenuto l’abilitazione professionale superando il relativo esame de facto non paiono in grado di potersi uniformare, ad esempio,

all’art. 8 (dovere di diligenza),

non potendo in effetti adempiere i propri doveri con diligenza, anche soltanto perché mancano, in primis, le basi formative. Mi chiedo se allora, l’attività dei miei colleghi meno consapevoli non si risolva altro che in una reiterata violazione

dell’art. 12 (dovere di competenza)

e anche, in concorso con il Consiglio Nazionale Forense,

dell’art. 13 (dovere di aggiornamento professionale).

Inoltre, posto che in diritto lignoranza non è una scusante (e men che meno per chi, con la legge, ci vive) e noi avvocati siamo i primi a ribadire la massima; a parte l’imbarazzante paradosso, dobbiamo ammettere di trovarci davanti ad una moltitudine di casi di colpa professionale diffusa.

A mio modesto giudizio, ritengo che tutti i cassazionisti, ossia gli avvocati con oltre 12 anni di esperienza e abilitati perciò a patrocinare in Cassazione, siano assolutamente indifendibili. E’ curioso che, quando ancora collaboravo con lui, proprio uno di codesti miei colleghi più anziani era solito ripetermi che “gli avvocati si devono riprendere il diritto”; giunti a questo punto, devo concluderne che egli stava parlando a se stesso, più che a me.

Alla data del 13 giugno del corrente anno sono stato convocato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Vicenza, la città presso cui esercito, per discutere della (prima) questione disciplinare elevata a mio carico (una sciocchezza: il ritardato pagamento della quota annuale di iscrizione). Debbo premettere che la data, per me che sono credente, ha un significato particolare: il 13 giugno ricorre Sant’Antonio da Padova, il quale, da quanto si racconta, faceva il mio stesso mestiere, e io a Padova ci sono nato. Così, ho preso il coraggio a quattro mani e ho deciso di approfittare della convocazione per confrontarmi apertamente con il Consiglio dell’Ordine degli avvocati, presieduto nella circostanza dall’avv. Fabio Mantovani del Foro di Vicenza. Peraltro, nel farlo ho ottemperato, ne più ne meno, ai miei obblighi deontologici, collaborando come mio dovere con il Consiglio dell’Ordine e osservando scrupolosamente il dovere di verità (art. 24). Ebbene: dopo una lunga esposizione, nella quale ho cercato di sensibilizzare i miei colleghi circa i tratti più oscuri dell’attuale trama giudiziaria positiva italiana, ho offerto la mia massima collaborazione e disponibilità per sollevare le sorti della giustizia sul territorio a noi affidato, ho chiesto aiuto e supporto, mostrandomi preoccupato per la nostra classe professionale, che, inutile girarci attorno, rischia veramente grosso. E dopo tutto ciò, la risposta lapidaria del presidente Mantovani è stata (testuali parole): Bene. Grazie e arrivederci!Ovviamente, manco a riferirlo, nei mesi successivi non sono interventi ripensamenti o scuse.

Francamente mi pare il classico atteggiamento alla Ponzio Pilato, per restare in tema; un atteggiamento inaccettabile posto che sono proprio i vari Consigli dislocati sul territorio italiano, capitanati dal CNF,  i principali organismi politico-giuridici obbligati ex lege ad attivarsi in difesa della giustizia. Inoltre, la classe degli avvocati è quella politicamente più indipendente e si trova nella posizione più comoda per agire (deve farlo).

Purtroppo o per fortuna, e nonostante i molti ostacoli che incontro sul mio cammino, non posso e non intendo fermarmi qui; senza contare che, se voglio continuare a fare il mio mestiere, sono obbligato a proseguire sia dalla lettera del codice deontologico sia dal giuramento professionale che ho fatto di difendere la giustizia e che mi lega a doppio filo al panorama giudiziario vicentino, come minimo.

Per prima cosa, trasmetterò il presente articolo al Consiglio di Vicenza, agli altri Consigli forensi del Veneto, al CNF, all’Unione delle Camere penali, all’Avvocatura di Stato e alle grandi associazioni di avvocati presenti sul territorio italiano: l’OUA e l’AIGA. Allo stato però, mi rendo conto che, in rapporto alla gravità dei problemi e all’urgenza di porvi rimedio, la risposta dei miei colleghi, anche di quelli più giovani, è assai lenta.

Pertanto, vista l’inerzia delle succitate istituzioni, ritengo giusto e doveroso coinvolgere tutti coloro che, esperti di diritto o meno, abbiano compreso la gravità di fondo della situazione e, pur non disponendo delle dovute competenze professionali, vogliano mettersi in gioco. In fondo si tratta di rispondere al sacro dovere di difesa della patria, sancito dall’art. 52, comma I, della Costituzione.

Invito costoro a condividere il più possibile il presente articolo con amici e parenti, o anche a trasmetterlo a tutti quegli uffici, pubblici e non, che apparirà giusto coinvolgere.

Più ancora, è necessario che i miei colleghi si rendano conto che devono dire ai loro clienti:

a) che non sono obbligati a pagare i tributi, il canone rai, le tasse di proprietà, ecc.;

b) che lo Stato italiano è nelle mani del CdA di una Spa che si spaccia per governo;

c) che la persona fisica è frutto di un arbitrio e che l’autoriconoscimento con essa comporta invero una riduzione illegittima di capacità giuridica;

d) che i giudici e i tribunali civili non hanno giurisdizione per le questioni legate al diritto di famiglia, sul regime di separazione e divorzio dei coniugi, e non hanno e non possono avere potestà sui figli altrui, con conseguente sospensione della potestà in capo ai genitori.

Consiglio di stampare questo e/o altri scritti contenuti nel presente blog e di recarsi presso un avvocato di fiducia chiedendo lumi; coloro che se la sentono, possono cercare di metterlo con le spalle al muro aiutandosi con la lettura di qualche articolo.

Non dimentichiamoci che prima delle carte di legge, contano la logica giuridica, i principi universali e il buon senso, e che i miei colleghi, per la stragrande maggioranza, sono più propensi a seguire la lettera del codice. Probabilmente, se incalzati, tenteranno di rispondere citando qualche legge o qualche sentenza. Per farli uscire allo scoperto, da un lato, si può verificare se in una data disposizione normativa si nascondono profili di arbitrarietà; oppure, si può risalire ai principi costituzionali portando il professionista a doversi confrontare con termini quali “riconoscimento”, “società di fatto” o “diritti inviolabili”. Più importante: fatevi rilasciare una firma e un timbro dello studio per presa visione dello stampato del presente articolo (senza omettere la data). Così facendo, quel professionista non avrà più spazio per ignorarle, e dovrà orientare il proprio operato in tal senso. Non c’è davvero bisogno di dirlo, visto che si tratta di articoli scritti da me: ovviamente, potete spendere il mio nome.

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Non ridurti così… Ok?

Servizio n.1236951: 20 Maggio 2016 - Piazza Del Popolo - VITTORIO VENETO (Treviso) - VITTORIO VENETO (TV) - CHIUDE BEGHETTI ABBIGLIAMENTO - 20160520 - LIF - VITTORIO VENETO (TV) - CHIUDE BEGHETTI ABBIGLIAMENTO - Riccardo Rizzo/PhotoJournalist/B&S Press/Bolzoni - - - fototvbolzoni

 

 

[Tratto da Pierangelo Spazzoli, dedicato agli imprenditori in difficoltà in tutti i settori dell’economia]

Cari imprenditori sono tempi duri per tutti vero? Avete grosse difficoltà che si ripercuotono sui vostri dipendenti, che poi siete costretti a sfruttare per riuscire a realizzare un piccolo utile, che poi sarà aggredito dallo Stato (con le tasse) e dalle banche. Questo succede perché ognuno di Voi agisce in COMPETIZIONE con tutti gli altri e, presi singolarmente, non avete nessun potere per uscire da questo buco nero. Voi cercate di produrre per poi piazzare i vostri prodotti, mentre i vostri dipendenti (che brutta parola) essendo sottopagati vanno a far spesa nei supermercati dove trovano tante offerte di prodotti NON VOSTRI. In questo modo, indirettamente, vi state tirando la zappa sui piedi tutti quanti, nessuno escluso. Potete scervellarvi quanto volete, intanto l’unico rimedio per arrivare ad un benessere sociale e collettivo che consenta a TUTTI di vivere più che dignitosamente sta in un’ECONOMIA COLLABORATIVA. ALLORA COME FARE? DOVE TROVARE LE RISORSE? E’ molto più semplice di ciò che si crede. DANDOCI IL PREMIO PER LA NOSTRA OPERA! Li abbiamo chiamati CREDITI UMANI e sono il valore che ogni uomo possiede intrinsecamente. E’ stato creato un “dispensore” di Crediti umani che elargirà ad ogni individuo il suo credito personale. Chiamateli come volete, premio produzione, abbuono, sconto… Come vi pare, ma il loro vero nome è CREDITO UMANO (human credit). Appena saranno ultimati i preparativi si potrà operare per il bene di tutti. Questi Crediti umani saranno creati dal nulla (si, proprio come fanno le banche quando creano ricchezza monetaria e poi ve la addebitano) e saranno la giusta ricompensa percepita individualmente per l’opera prestata in favore di tutta la collettività. Facciamo un esempio concreto: l’Arca del Credito Umano (il dispensore di crediti) REGALA a tutti gli imprenditori e dipendenti (che diverranno collaboratori) 2.500 crediti mensili. Essi potranno essere spesi per tutti i prodotti e servizi creati dalla vostra impresa, e presso tutte le altre attività che decideranno di far parte del circuito Crediti. Ecco, siete già tutti pre-pagati per accedere ad ogni tipo di bene e servizio. E’ stato creato uno strumento di scambio che consente a tutti di vivere dignitosamente, in pace e armonia con Tutti gli altri. Ora chiediamoci, dove andranno a spendere i loro Crediti coloro cui sono stati assegnati? Certo, all’interno del circuito Crediti e non al Supermercato nemico dell’economia locale e della piccola e media impresa. La grande impresa vuole entrare nel circuito? BENVENUTA! Ora sorge un problema: se tutti percepiamo, come detto in esempio, 2.500 Crediti mensili che tipo di scambio dovrebbe avvenire? Ad esempio se chi ha i crediti va a comprare il pane dal panettiere, che è nel circuito Crediti, non ha alcun senso che i Crediti passino da un soggetto all’altro (compratore/venditore) semplicemente perché anche il panettiere ha già percepito i suoi Crediti che potrà spendere altrove, quindi avverrà solo uno storno di crediti. In questo modo finisce il bene (comprato) e si esaurisce il corrispondente strumento di scambio (credito). Figo eh? Si percepiscono Crediti e si accettano dagli atri che li hanno percepiti. Non ci perde NESSUNO. Non si tratta più di lavorare per divenire ricchi, si tratta di essere già ricchi quanto basta per non avere MAI PIÙ ALCUN TIPO DI PROBLEMA. Acquisire questa consapevolezza è di primaria importanza in Nuova Economia. Tutti ricchi e intelligenti… La Nuova Economia non consentirà a NESSUNO di produrre beni e cibi tossici. Chiunque non si adeguerà entro un termine prefissato alla produzione sana e naturale d’ogni tipo di prodotto non potrà beneficiare del Crediti, così rimanendo a fare economia dove sarà sfruttato, dove mangerà schifezze e dove si curerà con veleni. Su questo non si transige. Questo sistema collaborativo non esclude nessuno dal parteciparvi. Tutti potranno entrare e percepire uguali, abbondanti Crediti. Il vero vantaggio per TUTTI sarà eseguire meno ore d’opera umana, mantenendo gli stessi Crediti. L’unica cosa che conta è produrre beni e servizi per quanto necessario, più saremo e meno tempo sarà impegnato. L’impegno sarà espresso in direzione del talento individuale. La natura ci ha reso un servizio enorme dotando ognuno di noi di proprie capacità specifiche. C’è chi è dotato della capacità di eseguire opere manuali e artigianali e chi attività organizzative e intellettuali. Ognuno esprimerà il meglio di sé al servizio di tutti gli altri. È ben risaputo che chi fa le cose con passione ed amore rende 10 volte tanto. Vi sarà una sola problematica iniziale: l’energia. Chi è ben informato su come realmente funziona e su com’è controllato il sistema economico, sa benissimo che i DOMINATORI del pianeta (le multinazionali) non accetterebbero MAI pagamenti in crediti. Ecco che sarà necessario, almeno inizialmente, far fronte a quei costi pagabili solo in Euro come ad esempio la benzina e le bollette di casa o del punto di impresa collettiva. Questa problematica si risolve con una partenza in percentuale. Ad esempio 70% Crediti e 30% Euro. Sarà necessario dare ad ognuno una quota in Euro sufficiente a fronteggiare questo momentaneo problema, non sarà di certo un dilemma avendo già risolto il 70% dei problemi. Al tempo stesso, si devolveranno Crediti per istituire gruppi di ricerca sulla Free Energy a persone veramente preparate e motivate. Non appena si avranno prototipi testati e funzionanti, saranno prodotti e consegnati ai punti di produzione ed alle case private. A quel punto vi sarà un 100% in Crediti e ZERO problemi. Ci sarebbe molto altro da dire, ma per ora ci si ferma qui. Per la massima sicurezza giuridica, sarà anche necessario che ogni partecipante alla nuova economia provveda singolarmente ad un cambio di Status che verte sul riconoscimento individuale.

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

 

● Tolgono le case agli italiani per darle ai rifugiati…

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http://docdro.id/s9W7Jtz

SENZA PAROLE.

 

 

 

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Quella sottile forma di assoggettamento fatta ad arte…

freedom

Con la LR (Legale rappresentanza):

  1. Dichiari uno scopo,
  2. Rivendichi la tua Personalità Giuridica,
  3. Ottieni il riconoscimento della tua capacità di azione giuridica (Art.6 DUDU).

Sicché prendi [o riprendi] possesso dell’amministrazione del tuo nome e cognome, o meglio delle tue fictio iuris (finzioni giuridiche): in realtà si tratta del tuo SG (soggetto giuridico) e PF (persona fisica) costituenti una sottile forma, creata ad arte, di assoggettamento giuridico di ogni nuovo nato, ottenuto con frodi documentali e un acuto ma sostanziale raggiro dei genitori.

 

È consigliabile a tutti costituirsi Ente nella giurisdizione internazionale mediante l’istituto del Trust interno autodichiarato contenuto nella Legale rappresentanza, ove tu stesso sei Disponente, Trustee e Beneficiario, cosicché la LR sana il vizio originario dell’Atto di nascita che dava facoltà allo Stato e alle sue leggi interne di disporre come “affidatario” di un trovatello, delegando poi ad una coppia (o singola madre) la facoltà di allevare il cucciolo…

Dunque, riconoscersi nel Diritto positivo equivale a rimanere segregati nella frode originaria e ciò implica l’accettazione senza riserve del proprio aguzzino, così privandosi della facoltà di proteggere i propri diritti inalienabili…

 

Memo leggi di recepimento dei Trattati qui >>> Legge 881/1977 e qui >>> Legge 848/1955 peraltro, secondo quanto scaturisce dall’interpretazione (Antonio Cassese) dell’art. 10 Cost., in realtà non ci sarebbe bisogno di una legge ad hoc per l’attuazione dei trattati, ma la prassi non ha dato seguito a questa interpretazione.

Peraltro, secondo quanto scaturisce dall’interpretazione (Antonio Cassese) dell’art. 10 Cost., in realtà non ci sarebbe bisogno di una legge ad hoc per l’attuazione dei trattati, ma la prassi non ha dato seguito a questa interpretazione.

In esito al riconoscimento del trust operato con la ratifica da parte dell’Italia della Convenzione internazionale sottoscritta all’Aja il 01 luglio 1985 (Legge 16 ottobre 1989, n. 364) dal giorno 01 gennaio 1992 è possibile conferire effetto alle pattuizioni intese a dar vita a figure pratiche riconducibili al detto istituto. (Per approfondire qui).

 


 

“ORA SONO UNA PERSONA UMANA”

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(Tratto da “imperiapost”)

Maria Laura Di Persio, 50 anni, è la prima imperiese a sottoscrivere l’atto di certificazione di legale rappresentanza. Lo ha fatto presso il suo Comune di residenza, Dolcedo. Un atto di protesta contro lo Stato Italiano, per riappropriarsi dei propri diritti, della propria libertà.

Maria Laura fa parte di Popolo Unico, “un grande contenitore di condivisione“, così come viene definito dai suoi ideatori. ImperiaPost l’ha incontrata.

CHE COSA E’ LA CERTIFICAZIONE DI LEGALE RAPPRESENTANZA?

“È l’unico modo per far applicare la legge italiana più importante che nessuno conosce. Potrebbe sembrare uno scherzo, ma è tutto vero.

In Italia esiste una Legge la cui importanza e il cui valore giuridico è superiore a tutte le altre, ma è praticamente sconosciuta e non è mai stata applicata in nessun tribunale nazionale. Si tratta della legge 881/1977.

Di cosa si tratta?

Credo tutti abbiano sentito parlare della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, eppure sicuramente in pochissimi se la sono letta e ne hanno percepito l’immenso valore che, purtroppo, contrasta in modo evidente rispetto alla stragrande maggioranza delle norme vigenti nel nostro paese, il cosiddetto Diritto Positivo.

Ebbene, la Legge 881/1977 è esattamente la ratifica della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e in Italia è Legge.

Si tratta di una legge di Diritto Naturale che, come sanno molti esperti in materia, è da considerarsi ben superiore a qualsiasi norma interna di qualsiasi Stato che l’ha sottoscritta e firmata. Se si osservano molte situazioni critiche in cui oggi versano oramai milioni di Cittadini Italiani ed europei, ci si accorge immediatamente che essi sono vittime di violazioni sistematiche dei Diritti Inalienabili dell’Uomo, o meglio dell’essere umano/persona umana. Basta leggersi quali sono questi diritti sanciti ed inderogabili per scorgere quanto essi siano stati messi da parte per favorire interessi che sono contrari a tali principi. Tutto ciò è potuto accadere nonostante gli Stati firmatari si erano impegnati a promuoverli e perseguirli come scopo primario della Nazione.

Se diamo una lettura all’Articolo 7, agli Articoli 11, 12,13 ( solo per citarne alcuni ) della Legge 881/1977, non possiamo non notare quanti siano in condizione di non godere affatto di questi sacrosanti diritti.

Lasciando da parte tutti i meccanismi perversi che hanno permesso di andare in una direzione opposta a quella in cui ci si era impegnati ad andare, la domanda che ora potrebbe sembrare scontata è: perché questa legge non è mai stata applicata in un tribunale italiano?

A tutto c’è una risposta. Essa, se pur ratificata nell’ordinamento giuridico italiano, è una legge di derivazione internazionale. Detto questo, chiunque abbia cittadinanza italiana è automaticamente assoggettato al Diritto positivo italiano e non a quello internazionale. E’ un escamotage molto sofisticato che, ovviamente, deve e può essere approfondito.

Ci siamo mai chiesti il perché le Prefetture ed i Comuni delle nostre città si attivano e ricorrono ad ogni mezzo pur di dare un alloggio ai profughi che sbarcano sul nostro territorio? E anche al perché ad un cittadino italiano che si trova in difficoltà l’alloggio gli viene sottratto? Differenza di sensibilità? Niente affatto!

Semplicemente differente normativa da applicare. I primi godono del Diritto Internazionale, i secondi no. E allora come fare per godere degli stessi diritti? C’è un modo per farsi applicare quei diritti che a parole nessuno ci poteva sottrarre ? Si, la certificazione di legale rappresentanza. Se i vostri lettori vogliono saperne qualcosa di più possono consultare il sito www.popolounico.org. 

 

PERCHE’ QUESTA SCELTA?

“È una rivoluzione, una lotta pacifica. Si sono persi di vista ormai da troppi anni i bisogni umani. La nostra è una sottile forma di schiavitù. Siamo prigionieri dello Stato. Mi chiedo perché non lo facciano tutti. Ora io non sono più ‘proprietà’ dello Stato“.

COSA CAMBIA CONCRETAMENTE?

“Non si viene più identificati con le finzioni giuridiche che lo Stato Italiano ti affibbia alla nascita. Cambia lo status giuridico. Non si è più persone fisiche, l’unico status che lo Stato riconosce, ma persone umane.

Io ora, finalmente, sono una persona umana.

Venendo alla sostanza, concretamente nella vita di tutti i giorni non cambia nulla, ma quando inizieremo ad essere in tanti, ora siamo circa 600 in tutta Italia, lo Stato sarà costretto a prendere atto di una vera e propria rivoluzione.

Ho già inviato una nota a tutte le forze dell’ordine della provincia di Imperia perché sappiano di cosa si tratta, perché sappiamo come è cambiato il mio status giuridico”. 

 

 

 

 

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● La personalità internazionale dell’individuo

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1701061936-traspar2Nel sistema internazionale, il funzionamento della Corte Europea dei Diritti Umani, con sede a Strasburgo, costituisce in capo al singolo individuo un’importante eccezione con il Protocollo n. 11 alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti Umani e delle libertà fondamentali (CEDU), entrato in vigore nel novembre del 1998.

 

Il potere di iniziativa processuale attribuito ai singoli individui – esercitabile una volta che abbiano esperito senza successo tutti i rimedi giurisdizionali predisposti dall’ordinamento dello Stato in cui è avvenuto il fatto denunciato – è divenuta ad ogni effetto una situazione giuridica soggettiva vincolante per tutti gli Stati parte.

Mediante la riforma operata dal Protocollo n.11 è stata soppressa la clausola contenuta nel vecchio art. 25 della CEDU, che limitava l’accesso al ricorso individuale condizionandone l’esercizio alla previa accettazione, da parte dello Stato interessato, della relativa competenza della Corte.

Da allora, la possibilità, per i singoli individui, di presentare un ricorso si è estesa a tutti gli Stati contraenti. Il carattere incondizionatamente vincolante della nuova disposizione rileva ancor più quando si considera la competenza ratione personae della Corte: l’accesso al ricorso individuale, infatti, è aperto a tutte le persone (siano esse cittadini di uno Stato parte, cittadini di uno Stato non contraente, o apolidi) che siano state lese in qualche diritto contenuto nella Convenzione da uno Stato parte mentre erano sottoposte alla sua potestà di imperio.

Questa garanzia, che, sul piano internazionale, comporta un concreto esercizio dei diritti previsti dalla CEDU, e che anche prima della riforma introdotta dal Protocollo era considerata la chiave di volta del meccanismo di salvaguardia dei diritti enumerati nella Convenzione, ha mutato radicalmente la natura del ricorso individuale verso organi giurisdizionali internazionali, tanto da motivare la Corte ad affermare che il sistema risultante dalle modifiche apportate dal Protocollo è il primo, e finora l’unico, in cui «gli individui godono sul piano internazionale di un vero e proprio diritto d’azione a tutela dei diritti e delle libertà dei quali sono diretti destinatari in virtù della Convenzione».

Nonostante queste recenti novità segnalino un avanzamento in rapporto alla posizione degli individui quali centri di imputazione giuridica nell’ambito dell’ordinamento internazionale, quantunque la loro capacità giuridica rimanga ancora assai limitata – essendo il caso europeo un esempio per il momento isolato ed eccezionale – rimangono ancora oggi attualissime le considerazioni conclusive cui giungeva Antonio Cassese nel 1971, con le quali denunciava l’atteggiamento colpevolmente contraddittorio della comunità internazionale in rapporto agli individui:

da una parte [essa] cerca di tutelarne nella maniera più ampia possibile gli interessi e le esigenze, dando vita a trattati posti esclusivamente o prevalentemente a beneficio della persona umana;

dall’altra, circoscrive al massimo l’accesso dell’individuo ad istanze internazionali idonee a garantire l’osservanza di quei trattati, e finisce quindi per rendere i trattati stessi scarsamente incisivi o addirittura, dato il particolare modo di disporre delle loro norme, privi di una rilevante portata pratica, tuttavia, in fine, la Corte Internazionale di Giustizia è a favore della soggettività degli individui (=presunzione di riconoscimento della personalità internazionale dell’individuo).

Di seguito le prime due storiche pronunce:
sentenza del 27.06.2001 (caso La Grand, Germania c. Usa)
sentenza del 31.03.2004 (caso Avena ed altri cittadini messicani, Messico c. Usa)

I soggetti del diritto internazionale ovvero i destinatari delle norme internazionali sono:
  • Stato-comunità: individui stanziati su un territorio e sottoposti a delle regole;
  • Stato-organizzazione: insieme degli organi che esercitano il potere di governo sui consociati.
    Per Benedetto Conforti, parlando di stato inteso come soggetto di diritto internazionale, bisogna riferirsi allo stato-organizzazione,

perché:

sono gli organi statali che partecipano alla formazione delle norme internazionale;

sono loro i destinatari delle norme internazionale e sono sempre loro che rispondono per eventuali violazioni delle norme internazionale.

  • Lo Stato-organizzazione deve presentare dei requisiti per poter essere considerato tale:

1) effettività (sovranità interna) : quindi, tale organizzazione deve concretamente esercitare il suo potere d’imperio su una comunità territoriale. Perciò, la qualifica di soggetto internazionale si nega ai governi in esilio e alle organizzazioni di liberazione nazionale.
2) indipendenza (o sovranità esterna) : l’organizzazione deve possedere un proprio ordinamento, ovvero una costituzione su cui fondare la propria forza giuridica.

  • In tal senso, NON sono soggetti del diritto internazionale:
    a) gli stati membri di Stati federali: perché, essendo situati nell’ambito di uno stato unico, non godono del requisito dell’indipendenza;
    b) governi fantoccio: caratterizzati dal totale controllo da parte di un altro stato. (repubblica turco-cipriota).
  • Non sono requisiti essenziali per l’esistenza della personalità internazionale dello stato:
    a) Riconoscimento: non è necessario che una comunità internazionale sia riconosciuta dagli altri stati;
    b) Il fatto che il nuovo stato non costituisce una minaccia alla pace, alla sicurezza internazionale e non viola i diritto umani, infatti: nella comunità internazionale vi sono molti stati che violano i diritto umani e rappresentano una minaccia alla pace, senza per questo perdere la loro soggettività internazionale.

Per parte della dottrina, visto che il Diritto internazionale ha elaborato convenzioni che obbligano gli stati a tutelare i diritti fondamentali dell’uomo allora si può concludere che gli individui sono veri e propri soggetti del diritto internazionale. Dopotutto, l’individuo è soggetto originario di sovranità e viene prima dello stato e del sistema degli stati. Ma una parte della dottrina nega la soggettività internazionale a individui e minoranze perché la comunità internazionale è considerata come una comunità di soggetti governativi e non di governati.

si considerano soggetti di diritto internazionale perché dotati di organi per il perseguimento di interessi comuni.
Sono ritenute dalla Corte internazionale di Giustizia soggetti di diritto internazionale, e in quanto tali, vincolati da tutti gli obblighi che derivano dal diritto internazionale e dai loro atti costitutivi.

può essere considerata soggetto di diritto internazionale perché ente del tutto indipendente e attivo nell’ambito della comunità internazionale. Può concludere accordi (concordati) , ha sede fisica.

la loro soggettività di diritto internazionale si manifesta attraverso il principio di autodeterminazione dei popoli, che consiste nel diritto dei popoli sottoposti ad un governo straniero di acquistare la propria indipendenza e di scegliersi liberamente il proprio regime politico.

Chiudo il post riportando queste ultime categoria di esseri umani,

popoli indigeni,

nazioni occupate,

minoranze prive di territorio e

Stati o territori indipendenti

a cui manca una rappresentazione diplomatica internazionale.

Forse, per comprendere meglio, portrebbe essere utile leggere, ancora una volta, il commento del prof. Antonio Papisca (Cattedra UNESCO “Diritti umani, democrazia e pace” presso il Centro interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli dell’Università di Padova) sull’Articolo 6 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

 

Articolo 6 – Nessuno è sconosciuto

Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Avere personalità giuridica significa “esistere” per un ordinamento giuridico, naturalmente con diritti, doveri e responsabilità.

Il riconoscimento del fatto che la persona umana, in quanto tale, è soggetto, non oggetto di diritto, è atto dovuto. Quale titolare di diritti che ineriscono alla dignità umana, la persona nasce come soggetto giuridico. Gli ordinamenti giuridici non esisterebbero senza la persona umana, poiché questa ne è il fondamento.

L’immigrato irregolare o il Rom o i cosiddetti homeless (senza dimora) o sans-papiers non sono “sconosciuti” al diritto, tanto meno “inesistenti” per esso.

La “soggettività giuridica” è distinta dalla “cittadinanza”, come d’altronde stabilisce la Dichiarazione universale che dedica specificamente alla seconda l’articolo 15. Essa è uno status primordiale della persona, le cui modalità o articolazioni operative – per l’esercizio di diritti e di doveri – sono specificate appunto nello statuto di cittadinanza: questo avviene, storicamente, all’interno dei singoli ordinamenti statuali.

La personalità giuridica dell’essere umano va distinta dalla personalità giuridica di strutture organizzate che sono create per il conseguimento di determinati fini: gli stati, i comuni, le organizzazioni intergovernative, le camere di commercio, le università, le associazioni. Per queste entità “derivate” si parla di “persone giuridiche” per distinguerle appunto dalle persone umane la cui soggettività giuridica, ripeto, ha carattere “originario”. E’ appena il caso di segnalare che la personalità giuridica degli enti derivati può essere di diritto pubblico o di diritto privato.

Nel caso degli enti e delle associazioni all’interno degli stati la personalità giuridica è “attribuita” o “concessa”, diversamente che per le persone umane la cui soggettività giuridica, preesistendo al diritto positivo, è, deve essere semplicemente ‘riconosciuta’. Nei tempi, non propriamente preistorici, in cui studiavo il Diritto internazionale, nei relativi manuali trovavo un capitolo o, addirittura, un paragrafo intitolato: “L’individuo, oggetto del Diritto internazionale”. L’assunto era che soltanto gli Stati ne erano i soggetti, unici ed esclusivi: le persone umane erano ‘cosa loro’, come dire un affare interno alla rispettiva giurisdizione domestica. La dogmatica giuridica che argomentava sulla persona umana ‘oggetto’ è stata ampiamente usata ed abusata dalle ideologie che esaltavano, o addirittura deificavano, lo Stato come soggetto giuridico iperumano.

Con l’avvento del Diritto internazionale dei diritti umani, la persona umana viene liberata nella sua soggettività giuridica originaria e trionfa dunque sulla perniciossima idolatria statualistica. Quella della persona umana è personalità giuiridica di diritto universale, un diritto super-costituzionale per sua intrinseca natura.

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Da ultimo…

Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

Firmata a Roma il 4 novembre 1950
Testo coordinato con gli emendamenti di cui al Protocollo n. 11 firmato a Strasburgo l’11 maggio 1994, entrato in vigore il 01 novembre 1998

Argomenti correlati (si aprirà una nuova pagina):

 Protocollo addizionale firmato a Parigi il 20 marzo 1952
 IV Protocollo addizionale firmato a Strasburgo il 16 settembre 1963
 VI Protocollo addizionale firmato a Strasburgo il 28 aprile 1983
 VII Protocollo addizionale firmato a Strasburgo il 22 novembre 1984

 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (ricerca).
 Carta dei diritti fondamentali (testo degli articoli, analisi introduttiva).
 Nota di sintesi della Carta dei diritti, a cura del Servizio Studi del senato della Repubblica.
 Comparazione ed analisi delle Fonti della Carta


I Governi firmatari, Membri del Consiglio d’Europa;

Considerata la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, proclamata dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948;

Considerato che questa Dichiarazione tende a garantire il riconoscimento e l’applicazione universali ed effettivi dei diritti che vi sono enunciati;

Considerato che il fine del Consiglio d’Europa è quello di realizzare un’unione più stretta tra i suoi Membri, e che uno dei mezzi per conseguire tale fine è la salvaguardia e lo sviluppo dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali;

Riaffermato il loro profondo attaccamento a queste Libertà fondamentali che costituiscono le basi stesse della giustizia e della pace nel mondo e il cui mantenimento si fonda essenzialmente, da una parte, su un regime politico veramente democratico e, dall’altra, su una concezione comune e un comune rispetto dei Diritti dell’Uomo a cui essi si appellano;

Risoluti, in quanto governi di Stati europei animati da uno stesso spirito e forti di un patrimonio comune di tradizioni e di ideali politici, di rispetto della libertà e di preminenza del diritto, a prendere le prime misure atte ad assicurare la garanzia collettiva di certi diritti enunciati nella Dichiarazione Universale.

hanno convenuto quanto segue:

Articolo 1 Obbligo di rispettare i diritti dell’uomo.

Le Alte Parti Contraenti riconoscono ad ogni persona soggetta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà definiti al Titolo primo della presente Convenzione.

TITOLO I

Diritti e libertà

Articolo 2 – Diritto alla vita

1. Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il delitto è punito dalla legge con tale pena.

2. La morte non si considera inflitta in violazione di questo articolo quando risulta da un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario:

a. per assicurare la difesa di ogni persona dalla violenza illegale;

b. per eseguire un arresto regolare o per impedire l’evasione di una persona regolarmente detenuta;

c. per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o una insurrezione.

Articolo 3 – Divieto della tortura.

Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.

Articolo 4 – Divieto di schiavitù e del lavoro forzato.

1. Nessuno può essere tenuto in condizioni di schiavitù o di servitù.

2. Nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio.

3. Non è considerato lavoro forzato o obbligatorio” ai sensi di questo articolo:

a. ogni lavoro normalmente richiesto ad una persona detenuta alle condizioni previste dall’articolo 5 della presente Convenzione o durante il periodo di libertà condizionata;

b. ogni servizio di carattere militare o, nel caso di obiettori di coscienza nei paesi dove l’obiezione di coscienza è riconosciuta legittima, ogni altro servizio sostitutivo di quello militare obbligatorio;

c. ogni servizio richiesto in caso di crisi o di calamità che minacciano la vita o il benessere della comunità;

d. ogni lavoro o servizio che fa parte dei normali doveri civici.

Articolo 5 – Diritto alla libertà ed alla sicurezza.

1. Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, salvo che nei casi seguenti e nei modi prescritti dalla legge:

a. se è detenuto regolarmente in seguito a condanna da parte di un tribunale competente;

b. se è in regolare stato di arresto o di detenzione per violazione di un provvedimento emesso, conformemente alla legge, da un tribunale o per garantire l’esecuzione di un obbligo prescritto dalla legge;

c. se è stato arrestato o detenuto per essere tradotto dinanzi all’autorità giudiziaria competente, quando vi sono ragioni plausibili per sospettare che egli abbia commesso un reato o vi sono motivi fondati per ritenere che sia necessario impedirgli di commettere un reato o di fuggire dopo averlo commesso;

d. se si tratta della detenzione regolare di un minore decisa per sorvegliare la sua educazione o della sua detenzione regolare al fine di tradurlo dinanzi all’autorità competente;

e. se si tratta della detenzione regolare di una persona suscettibile di propagare una malattia contagiosa, di un alienato, di un alcolizzato, di un tossicomane o di un vagabondo;

f. se si tratta dell’arresto o della detenzione regolari di una persona per impedirle di entrare irregolarmente nel territorio, o di una persona contro la quale è in corso un procedimento d’espulsione o d’estradizione.

2. Ogni persona arrestata deve essere informata, al più presto e in una lingua a lei comprensibile, dei motivi dell’arresto e di ogni accusa elevata a suo carico.

3. Ogni persona arrestata o detenuta, conformemente alle condizioni previste dal paragrafo 1 (c) del presente articolo, deve essere tradotta al più presto dinanzi ad un giudice o ad un altro magistrato autorizzato dalla legge ad esercitare funzioni giudiziarie e ha diritto di essere giudicata entro un termine ragionevole o di essere messa in libertà durante la procedura. La scarcerazione può essere subordinata ad una garanzia che assicuri la comparizione della persona all’udienza.

4. Ogni persona privata della libertà mediante arresto o detenzione ha il diritto di presentare un ricorso ad un tribunale, affinché decida entro breve termine sulla legittimità della sua detenzione e ne ordini la scarcerazione se la detenzione è illegittima.

5. Ogni persona vittima di arresto o di detenzione in violazione ad une delle disposizioni di questo articolo ha diritto ad una riparazione.

Articolo 6 – Diritto ad un processo equo.

1. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale deciderà sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l’accesso alla sala d’udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità puó pregiudicare gli interessi della giustizia.

2. Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.

3. In particolare, ogni accusato ha diritto a :

a. essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in un modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico;

b. disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa;

c. difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia;

d. esaminare o far esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico;

e. farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata all’udienza.

Articolo 7 – Nessuna pena senza legge.

1. Nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso.

2. Il presente articolo non ostacolerà il giudizio e la condanna di una persona colpevole di una azione o di una omissione che, al momento in cui è stata commessa, era un crimine secondo i principi generale di diritto riconosciuti dalle nazioni civili.

Articolo 8 – Diritto al rispetto della vita privata e familiare.

1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.

2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui.

Articolo 9 – Libertà di pensiero, di coscienza e di religione.

1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti.

2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la pubblica sicurezza, la protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui.

Articolo 10 – Libertà di espressione.

1. Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, di cinema o di televisione.

2. L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la sicurezza nazionale, per l’integrità territoriale o per la pubblica sicurezza, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, per la protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.

Articolo 11 – Libertà di riunione e di associazione.

1. Ogni persona ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà d’associazione, ivi compreso il diritto di partecipare alla costituzione di sindacati e di aderire ad essi per la difesa dei propri interessi.

2. L’esercizio di questi diritti non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per la difesa dell’ordine e la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale e per la protezione dei diritti e delle libertà altrui. Il presente articolo non vieta che restrizioni legittime siano imposte all’esercizio di questi diritti da parte dei membri delle forze armate, della polizia o dell’amministrazione dello Stato.

Articolo 12 – Diritto al matrimonio. Uomini e donne, in età matrimoniale, hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di tale diritto.

Articolo 13 – Diritto ad un ricorso effettivo.

Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.

Articolo 14 – Divieto di discriminazione.

Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione.

Articolo 15 – Deroga in caso di stato di urgenza.

1. In caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, ogni Alta Parte Contraente può prendere misure in deroga agli obblighi previsti dalla presente Convenzione, nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali misure non siano in contraddizione con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale.

2. La disposizione precedente non autorizza alcuna deroga all’articolo 2, salvo per il caso di decesso causato da legittimi atti di guerra, e agli articoli 3, 4 (paragrafo 1) e 7.

3. Ogni Alta Parte Contraente che eserciti tale diritto di deroga tiene informato nel modo più completo il Segretario Generale del Consiglio d’Europa sulle misure prese e sui motivi che le hanno determinate. Deve ugualmente informare il Segretario Generale del Consiglio d’Europa della data in cui queste misure cessano d’essere in vigore e in cui le disposizioni della Convenzione riacquistano piena applicazione.

Articolo 16 – Restrizioni all’attività politica degli stranieri.

Nessuna delle disposizioni degli articoli 10, 11 e 14 può essere considerata come un divieto per le Alte Parti Contraenti di porre restrizioni all’attività politica degli stranieri.

Articolo 17 – Divieto dell’abuso del diritto.

Nessuna disposizione della presente Convenzione può essere interpretata come implicante il diritto per uno Stato, un gruppo o un individuo di esercitare un’attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione o porre a questi diritti e a queste libertà limitazioni più ampie di quelle previste in detta Convenzione.

Articolo 18 – Restrizione dell’uso di restrizioni ai diritti.

Le restrizioni che, in base alla presente Convenzione, sono poste a detti diritti e libertà possono essere applicate solo allo scopo per cui sono state previste.

 

TITOLO II

Corte europea dei Diritti dell’Uomo

Articolo 19 – Istituzione della Corte

Per assicurare il rispetto degli impegni derivanti alle Alte Parti Contraenti dalla presente Convenzione e dai suoi protocolli, è istituita una Corte europea dei Diritti dell’Uomo, di seguito denominata “la Corte”. Essa funziona in maniera permanente,

Articolo 20 – Numero di giudici

La Corte si compone di un numero di giudici pari a quello delle Alte Parti Contraenti.

Articolo 21 – Condizioni per l’esercizio delle funzioni

1. I giudici devono godere della più alta considerazione morale e possedere i requisiti richiesti per l’esercizio delle più alte funzioni giudiziarie, o essere dei giurisconsulti di riconosciuta competenza.

2. I giudici siedono alla Corte a titolo individuale.

3. Per tutta la durata del loro mandato, i giudici non possono esercitare alcuna attività incompatibile con le esigenze di indipendenza, di imparzialità o di disponibilità richieste da una attività esercitata a tempo pieno; ogni problema che sorga nell’applicazione di questo paragrafo è deciso dalla Corte.

Articolo 22 – Elezione dei giudici

1. I giudici sono eletti dall’Assemblea parlamentare a titolo di ciascuna Alta Parte Contraente, a maggioranza dei voti espressi, su una lista di tre candidati presentata dall’Alta Parte Contraente.

2. La stessa procedura è seguita per completare la Corte nel caso in cui altre Alti Parti Contraenti aderiscano e per provvedere ai seggi divenuti vacanti.

Articolo 23 – Durata del mandato

1.I giudici sono eletti per un periodo di sei anni. Essi sono rieleggibili. Tuttavia, per quanto concerne i giudici designati alla prima elezione, i mandati di una metà di essi scadranno al termine di tre anni.

2. I giudici il cui mandato scade al termine dei periodo iniziale di tre anni sono estratti a sorte dal Segretario Generale del Consiglio d’Europa, immediatamente dopo la loro elezione.

3. Al fine di assicurare, nella misura del possibile, il rinnovo dei mandati di una metà dei giudici ogni tre anni, l’Assemblea parlamentare puó, prima di procedere ad ogni ulteriore elezione, decidere che uno o più mandati dei giudici da eleggere abbiano una durata diversa da quella di sei anni, senza tuttavia che questa durata possa eccedere nove anni o essere inferiore a tre anni.

4.Nel caso in cui si debbano conferire più mandati e l’Assemblea parlamentare applichi il paragrafo precedente, la ripartizione dei mandati avviene mediante estrazione a sorte effettuata dal Segretario generale del Consiglio d’Europa immediatamente dopo l’elezione.

5.Il giudice eletto in sostituzione di un giudice che non abbia completato il periodo delle sue funzioni, rimane in carica fino alla scadenza del periodo di mandato del suo predecessore.

6.Il mandato dei giudici termina quando essi raggiungono l’età di 70 anni.

7.I giudici restano in funzione fino a che i loro posti non siano ricoperti. Tuttavia essi continuano a trattare le cause di cui sono già stati investiti.

Articolo 24 – Revoca

Un giudice può essere sollevato dalle sue funzioni solo se gli altri giudici decidono, a maggioranza dei due terzi, che ha cessato di rispondere ai requisiti richiesti.

Articolo 25 – Ufficio di cancelleria e referendari

La Corte dispone di un ufficio di cancelleria i cui compiti e la cui organizzazione sono stabiliti dal regolamento della Corte, Essa è assistita da referendari.

Articolo 26 – Assemblea plenaria della Corte

La Corte riunita in Assemblea plenaria

a. elegge per un periodo di tre anni il suo presidente ed uno o due vice-presidenti; essi sono rieleggibili; b. costituisce Camere per un periodo determinato;

c. elegge i presidenti delle Camere della Corte che sono rieleggibili;

d. adotta il regolamento della Corte; e

e. elegge il cancelliere ed uno o più vice-cancellieri.

Articolo 27 – Comitati, Camere e Grande Camera

1.Per la trattazione di ogni caso che le viene sottoposto, la Corte si costituisce in un comitato di tre giudici, in una Camera composta da sette giudici ed in una Grande Camera di diciassette giudici. Le Camere della Corte istituiscono i comitati per un periodo determinato.

2.Il giudice eletto a titolo di uno Stato parte alla controversia è membro di diritto della Camera e della Grande Camera; in caso di assenza di questo giudice, o se egli non è in grado di svolgere la sua funzione, lo Stato parte nomina una persona che siede in qualità di giudice.

3.Fanno altresì parte della Grande Camera il presidente dalla Corte, i vice-presidenti, i presidenti delle Camere e altri giudici designati in conformitá con il regolamento della Corte, Se la controversia è deferita alla Grande Camera ai sensi dell’articolo 43, nessun giudice della Camera che ha pronunciato la sentenza può essere presente nella grande Camera, ad eccezione del presidente della Camera e del giudice che siede a titolo dello Stato parte interessato.

Articolo 28 – Dichiarazioni di irricevibilità da parte dei comitati

Un comitato può, con voto unanime, dichiarare irricevibile o cancellare dal ruolo un ricorso individuale presentato ai sensi dell’articolo 34 quando tale decisione può essere adottata senza un esame complementare. La decisione è definitiva.

Articolo 29Decisioni delle Camere sulla ricevibilità ed il merito.

1.Se nessuna decisione è stata adottata ai sensi dell’articolo 28, una delle Camere si pronuncia sulla irricevibilità e sul merito dei ricorsi individuali presentati ai sensi dell’articolo 34.

2.Una delle Camere si pronuncia sulla ricevibilità e sul merito dei ricorsi governativi presentati in virtù dell’articolo 33.

3.Salvo diversa decisione della Corte in casi eccezionali, la decisione sulla ricevibilità é adottata separatamente.

Articolo 30 – Dichiarazione d’incompetenza a favore della Grande Camera.

Se la questione oggetto del ricorso all’esame di una Camera solleva gravi problemi di interpretazione della Convenzione o dei suoi protocolli, o se la sua soluzione rischia di condurre ad una contraddizione con una sentenza pronunciata anteriormente dalla Corte, la Camera, fino a quando non abbia pronunciato la sua sentenza, puó spogliarsi della propria competenza a favore della Grande Camera a meno che una delle parti non vi si opponga.

Articolo 31 – Competenze della Grande Camera

La Grande Camera

a. si pronuncia sui ricorsi presentati ai sensi dell’articolo 33 o dell’articolo 34 quando il caso le sia stato deferito dalla Camera ai sensi dell’articolo 30 o quando il caso le sia stato deferito ai sensi dell’articolo 43; e

b. esamina le richieste di pareri consultivi presentate ai sensi dell’articolo 47.

Articolo 32 – Competenza della Corte

1.La competenza della Corte si estende a tutte le questioni concernenti l’interpretazione e l’applicazione della Convenzione e dei suoi protocolli che siano sottoposte ad essa nelle condizioni previste dagli articoli 33, 34 e 47.

2.In caso di contestazione sulla questione della propria competenza, é la Corte che decide.

Articolo 33 – Ricorsi interstatali.

Ogni Alta Parte Contraente può deferire alla Corte ogni inosservanza delle disposizioni della Convenzione e dei suoi protocolli che essa ritenga possa essere imputata ad un’altra Alta Parte Contraente.

Articolo 34 – Ricorsi individuali.

La Corte può essere investita di un ricorso fatto pervenire da ogni persona fisica, ogni organizzazione non governativa o gruppo di privati che pretenda d’essere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi protocolli. Le Alte Parti Contraenti si impegnano a non ostacolare con alcuna misura l’effettivo esercizio efficace di tale diritto.

Articolo 35 – Condizioni di ricevibilità.

1.La Corte non può essere adita se non dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne, qual’è inteso secondo i principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti ed entro un periodo di sei mesi a partire dalla data della decisione interna definitiva.

2.La Corte non accoglie nessun ricorso avanzato sulla base dell’articolo 34, se:

a. è anonimo; oppure

b. è essenzialmente identico ad uno precedentemente esaminato dalla Corte o già sottoposto ad un’altra istanza internazionale d’inchiesta o di regolamentazione e non contiene fatti nuovi.

3.La Corte dichiara irricevibile ogni ricorso avanzato in base all’articolo 34 quand’essa giudichi tale ricorso incompatibile con le disposizioni della Convenzione o dei suoi protocolli, manifestamente infondato o abusivo.

4.La Corte respinge ogni ricorso che consideri irricevibile in applicazione dei presente articolo. Essa può procedere in tal modo in ogni fase della procedura.

Articolo 36 – Intervento di terzi

1. Per qualsiasi questione all’esame di una Camera e o della Grande Camera, un’Alta Parte Contraente il cui cittadino sia ricorrente ha diritto di presentare osservazioni per iscritto e di partecipare alle udienze.

2.Nell’interesse di una corretta amministrazione della giustizia, il presidente della Corte può invitare ogni Alta Parte Contraente che non è parte in causa o ogni persona interessata diversa dal ricorrente a presentare osservazioni per !scritto o a partecipare alle udienze.

Articolo 37 – Cancellazione

1. In ogni momento della procedura, la Corte può decidere di cancellare un ricorso dal ruolo quando le circostanze consentono di concludere:

a. che il ricorrente non intende più mantenerlo; oppure

b. che la controversia è stata risolta; oppure

c. che non è più giustificato, per ogni altro motivo di cui la Corte accerta l’esistenza, proseguire l’esame del ricorso.

Tuttavia la Corte prosegue l’esame del ricorso qualora ciò sia richiesto dal rispetto dei diritti dell’uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi protocolli.

2. La Corte può decidere una nuova iscrizione al ruolo di un ricorso quando ritenga che ciò é giustificato dalle circostanze.

Articolo 38 – Esame in contraddittorio dei caso e procedura di regolamento amichevole

1.Quando dichiara che il ricorso è ricevibile, la Corte

a. procede all’esame della questione in contraddittorio con i rappresentanti delle Parti e, se del caso, ad un’inchiesta per la quale tutti gli Stati interessati forniranno tutte le facilitazioni necessarie ai fini della sua efficace conduzione;

b. si mette a disposizione degli interessati per pervenire ad un regolamento amichevole della controversia sulla base del rispetto dei diritti dell’uomo come riconosciuti dalla Convenzione e dai suoi protocolli.

2. La procedura descritta al paragrafo 1. b è riservata.

Articolo 39 – Conclusione di un regolamento amichevole

In caso di regolamento amichevole, la Corte cancella il ricorso dal ruolo mediante una decisione che si limita ad una breve esposizione dei fatti e della soluzione adottata.

Articolo 40 – Udienza pubblica e accesso ai documenti

1. L’udienza è pubblica a meno che la Corte non decida diversamente a causa di circostanze eccezionali.

2.I documenti depositati presso l’ufficio di cancelleria sono accessibili al pubblico a meno che il presidente della Corte non decida diversamente.

Articolo 41 – Equa soddisfazioneSe la Corte dichiara che vi e stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette che in modo incompleto di riparare le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, quando è il caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.

Articolo 42 – Sentenze delle Camere

Le sentenze delle Camere divengono definitive in conformità con le disposizioni dell’articolo 44, paragrafo 2.

Articolo 43 – Rinvio dinnanzi alla Grande Camera

1.Entro un termine di tre mesi a decorrere dalla data della sentenza di una Camera, ogni parte alla controversia può, in casi eccezionali, chiedere che il caso sia rinviato dinnanzi alla Grande Camera.

2.Un collegio di cinque giudici della Grande Camera accoglie la domanda quando la questione oggetto del ricorso solleva gravi problemi di interpretazione o di applicazione della Convenzione o dei suoi protocolli, e anche una grave questione di carattere generale.

3.Se il Collegio accoglie la domanda, la Grande Camera si pronuncia sul caso con una sentenza.

Articolo 44 – Sentenze definitive

1. La sentenza della Grande Camera è definitiva.

2. La sentenza di una Camera diviene definitiva

a. quando le parti dichiarano che non richiederanno il rinvio del caso dinnanzi alla Grande Camera; oppure

b. tre mesi dopo la data della sentenza, se non è stato richiesto il rinvio del caso dinnanzi alla Grande Camera; oppure

c. se il Collegio della Grande Camera respinge una richiesta di rinvio formulata secondo l’articolo 43.

3. La sentenza definitiva è pubblicata.

Articolo 45 – Motivazione delle sentenze e delle decisioni

1.Le sentenze e le decisioni che dichiarano i ricorsi ricevibili o irricevibili devono essere motivate.

2. Se la sentenza non esprime in tutto o in parte l’opinione unanime dei giudici, ogni giudice avrà diritto di unirvi l’esposizione della sua opinione individuale.

Articolo 46 – Forza vincolante ed esecuzione delle sentenze

1. Le alte Parti Contraenti s’impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie nelle quali sono parti.

2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione.

Articolo 47 – Pareri consultivi

1. La Corte può, su richiesta del Comitato dei Ministri, fornire pareri consultivi su questioni giuridiche relative all’interpretazione della Convenzione e dei suoi protocolli.

2.Tali pareri non devono riguardare questioni inerenti al contenuto o alla portata dei diritti e libertà definiti nel Titolo I della Convenzione e nei protocolli, né su altre questioni che la Corte o il Comitato dei Ministri si troverebbero a dover giudicare in seguito alla presentazione di un ricorso previsto dalla Convenzione.

3.La decisione del Comitato dei Ministri di chiedere un parere alla Corte è adottata con un voto della maggioranza dei rappresentanti che hanno il diritto di avere un seggio al Comitato.

Articolo 48 – Competenza consultiva della Corte

La Corte decide se la domanda di parere consultivo presentata dal Comitato dei Ministri è di sua competenza secondo l’articolo 47.

Articolo 49 – Motivazione dei pareri consultivi

1. Il parere della Corte è motivato.

2. Se il parere non esprime in tutto o in parte l’opinione unanime dei giudici, ogni giudice avrà diritto di unirvi ;l’esposizione della sua opinione individuale.

3. Il parere della Corte è trasmesso al Comitato dei Ministri.

Articolo 50 – Spese di funzionamento della Corte

Le spese di funzionamento della Corte sono a carico del Consiglio d’Europa.

Articolo 51 – Privilegi ed immunità dei giudici

I giudici beneficiano, durante l’esercizio delle loro funzioni, dei privilegi e delle immunità previste all’articolo 40 dello Statuto del Consiglio d’Europa e negli accordi conclusi in base a questo articolo.


TITOLO III

Disposizioni varie

Articolo 52 – Indagini del Segretario Generale.

Ogni Alta Parte Contraente, alla domanda del Segretario Generale del Consiglio d’Europa, fornirà le spiegazioni richieste sul modo in cui il proprio diritto interno assicura l’effettiva applicazione di tutte le disposizioni della presente Convenzione.

Articolo 53 – Salvaguardia dei diritti dell’uomo riconosciuti

Nessuna delle disposizioni della presente Convenzione può essere interpretata in modo da limitare o pregiudicare i Diritti dell’Uomo e le Libertà fondamentali che possano essere riconosciuti in base alle leggi di ogni Parte Contraente o in base ad ogni altro accordo al quale essa partecipi.

Articolo 54 – Poteri del Comitato dei Ministri.

Nessuna disposizione della presente Convenzione porta pregiudizi ai poteri conferiti al Comitato dei Ministri dallo Statuto del Consiglio d’Europa.

Articolo 55 – Rinuncia ad altri modi di regolamentazione delle controversie.

Le Alte Parti Contraenti rinunciano reciprocamente, salvo compromesso speciale, a prevalersi dei trattati, delle convenzioni o delle dichiarazioni che esistono fra di loro allo scopo di sottoporre, mediante ricorso, una controversia nata dall’interpretazione o dell’applicazione della presente Convenzione ad una procedura di regolamentazione diversa da quelle previste da detta Convenzione.

Articolo 56 – Applicazione territoriale

1. Ogni Stato, al momento della ratifica o in ogni altro momento successivo, può dichiarare, mediante notifica indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, che la presente Convenzione si applicherà, con riserva del paragrafo 4 del presente articolo, in tutti i territori o in determinati territori di cui assicura le relazioni internazionali

2. La Convenzione si applicherà nel territorio o nei territori designati nella notifica a partire dal trentesimo giorno successivo alla data in cui il Segretario Generale del Consiglio d’Europa avrà ricevuto tale notifica.

3. Nei suddetti territori le disposizioni della presente Convenzione saranno applicate tenendo conto delle necessità locali.

4. Ogni Stato che ha fatto una dichiarazione conformemente al primo paragrafo di questo articolo può, in ogni momento, dichiarare relativamente a uno o a più territori previsti in tale dichiarazione che accetta la competenza della Corte a ricevere ricorsi di persone fisiche, di organizzazioni non governative o di gruppi di privati come previsto dall’articolo 34 della Convenzione.

Articolo 57 – Riserva. 1. Ogni Stato, al momento della firma della presente Convenzione o del deposito del suo strumento di ratifica, può formulare una riserva riguardo ad una particolare disposizione della Convenzione, nella misura in cui una legge in quel momento in vigore sul suo territorio non sia conforme a tale disposizione. Le riserve di carattere generale non sono autorizzate ai termini del presente articolo.

2. Ogni riserva emessa in conformità al presente articolo comporta un breve esposto della legge in questione.

Articolo 58 – Denuncia

1. Un’Alta Parte Contraente può denunciare la presente Convenzione solo dopo un periodo di cinque anni a partire dalla data di entrata in vigore della Convenzione nei suoi confronti e dando un preavviso di sei mesi mediante una notifica indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, che ne informa le altre Parti Contraenti.

2. Tale denuncia non può avere l’effetto di svincolare l’Alta Parte Contraente interessata dalle obbligazioni contenute nella presente Convenzione per quanto riguarda qualunque fatto che, potendo costituire una violazione di queste obbligazioni fosse stato compiuto da essa anteriormente alla data in cui la denuncia produce il suo effetto.

3. Con la medesima riserva cessa d’esser Parte alla presente Convenzione ogni Parte Contraente che cessi d’essere Membro del Consiglio d’Europa.

4. La Convenzione può essere denunciata in conformità alle disposizioni dei precedenti paragrafi per quanto riguarda ogni territorio nel quale sia stata dichiarata applicabile in base all’articolo 56.

Articolo 59 – Firma e ratifica.

1. La presente Convenzione è aperta alla firma dei Membri del Consiglio d’Europa. Essa sarà ratificata. Le ratifiche saranno depositate presso il Segretario Generale del Consiglio d’Europa.

2. La presente Convenzione entrerà in vigore dopo il deposito di dieci strumenti di ratifica.

3. Per ogni firmatario che la ratificherà successivamente, la Convenzione entrerà in vigore dal momento dei deposito dello strumento di ratifica.

4. Il Segretario Generale del Consiglio d’Europa notificherà a tutti i Membri del Consiglio d’Europa l’entrata in vigore della Convenzione, i nomi delle Alte Parti Contraenti che l’avranno ratificata, nonché il deposito di ogni altro strumento di ratifica che si sia avuto successivamente.

Fatto a Roma il 4 novembre 1950 in francese e in inglese, i due testi facendo egualmente fede, in un unico esemplare che sarà depositato negli archivi del Consiglio d’Europa. Il Segretario Generale ne trasmetterà copie certificate conformi a tutti i firmatari.

● Il rango dei Trattati

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Nel Diritto interno, la riforma del Titolo V della Costituzione, effettuata con la Legge cost. 18.10.2001 n. 3 (art. 3 n.1 della legge di riforma) ha stabilito che la legislazione statale deve esercitarsi “nel rispetto dei vincoli internazionali“. In tal modo, viene riconosciuta e garantita la preminenza degli obblighi internazionali, e quindi anche degli obblighi derivanti dai trattati sulla legislazione ordinaria. 

Si giunge all’adattamento del Diritto interno verso il Diritto internazionale mediante un procedimento volto a introdurre nell’ordinamento giuridico di uno Stato le modifiche necessarie a conformarlo alle norme di diritto internazionale in vigore per lo Stato stesso.

E’ interessante notare che dalla separatezza e indipendenza degli ordinamenti giuridici discende che le norme prodotte in ciascuno di essi non hanno effetto negli altri e che uno stesso fatto può essere valutato, nei diversi ordinamenti, in modo non coincidente (relatività delle valutazioni giuridiche, per la quale è possibile, ad esempio, che una norma internazionale obblighi lo Stato a una data attività, che nel diritto interno non è dovuta o è addirittura illecita).

Da qui, l’esigenza di adattamento del Diritto interno nazionale, a evitare la violazione di obblighi internazionali dello Stato (Illecito internazionale).

Poiché il diritto internazionale raramente impone l’adozione di un dato provvedimento interno, limitandosi, di regola, a prescrivere o a vietare agli Stati una certa condotta, l’adattamento non è, solitamente, adempimento di un obbligo internazionale, ma il mezzo per assicurarne o renderne possibile l’osservanza, mediante i provvedimenti legislativi, amministrativi o regolamentari occorrenti per dare attuazione interna ai trattati e alle consuetudini internazionali.

I mezzi e i procedimenti di adattamento non sono stabiliti dal Diritto internazionale, ma da quello interno, generalmente costituzionale.

Così, lart. 10, par. 1, della Costituzione italiana stabilisce che “lordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute”.

Questa disposizione si riferisce esclusivamente alle norme internazionali consuetudinarie; in relazione a queste, opera dunque un procedimento di adattamento automatico e permanente, implicante che lordinamento interno dello Stato, nella sua interezza, si conforma costantemente al Diritto internazionale generale e alle sue modificazioni.

Quanto all’incorporazione dei trattati, la prassi italiana utilizza:

  • tanto il procedimento speciale dell’ordine d’esecuzione contenuto in un atto normativo ad hoc (che per i trattati la cui ratifica richiede – in base all’art. 80 Cost. – l’autorizzazione del Parlamento è spesso la stessa legge di autorizzazione)
  • quanto il procedimento ordinario, consistente nell’emanazione di un atto normativo (legislativo o regolamentare, come richieda la materia disciplinata) di contenuto identico al trattato (come ad esempio la L. 881/77).

Ecco presentarsi un problema nella prassi e nella giurisprudenza riguardante il rango delle norme internazionali introdotte nell’ordinamento interno, in particolare la loro prevalenza o soccombenza rispetto a norme posteriori incompatibili.

Per quelle consuetudinarie, si ritiene che l’incorporazione mediante l’ art. 10, par. 1, Cost., le provveda di garanzia costituzionale.

Per quelle pattizie il rango è generalmente quello stesso del provvedimento di attuazione (legge costituzionale, legge ordinaria, decreto, etc.) salvo riconoscere ad esse una speciale resistenza atta a farle prevalere su norme successive di pari rango (secondo un principio di specialità sui generis, accolto nell’art. 117, 1° comma, Cost., come riformato dalla L. cost. n. 3/2001).

 

 

 

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Giustizia sociale, povertà e debito non sono prerogative del solo Terzo Mondo…

Perché bloccano la strada e chiedono 45 Euro al giorno ecc. ecc.?
Loro (non essendo cittadini italiani) ovviamente NON sono registrati nella Republic of Italy in quanto ospiti/sovrani muniti di Personalità giuridica. Ciò conferisce loro la piena capacità di agire, essendo titolari di diritti [persino quelli non riconosciuti ai “semplici” cittadini] hanno il sacro santo DIRITTO di ottenere ciò che incombe ad ogni essere umano, come sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo o più semplicemente, attraverso la semplice applicazione di una legge di ratifica di questo Stato (Legge 25 ottobre 1977, n. 881) che vale anche per gli italiani…

Il [pigro] Cittadino italiano, poveretto, non essendo sovrano ma DEBITORE (a seguito del trust living aperto, a sua insaputa, all’atto di nascita) non ha diritto alcuno al riguardo…

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Legge 25/10/1977, n. 881  (Ratifica ed esecuzione del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, nonché del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici. New York rispettivamente il 16 e il 19 dicembre 1966) [1].

Legge 4/8/1955, n. 848  (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Roma, 4 novembre 1950. Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, Parigi, 20 marzo 1952) [2].

Capito il trucchetto… Siii?

(Loro lo hanno capito…)

I “cittadini” predestinati al pignoramento dei loro beni insorgeranno. Perlomeno i più coraggiosi.

I loro vessatori, vale a dire il ceto politico, fungono da alfieri della finanza criminale utilizzando la montatura terroristica che getta le basi per annullare la libertà.

Coincidenza, guardacaso, agli albori della ribellione dei cittadini ormai consci del saccheggio delle loro ricchezze attraverso il finto e impagabile debito pubblico che genererà la depredazione dei beni privati attraverso l’assurda amplificazione delle tasse ed i derivanti espropri per insolvibilità.

Buonanotte e sogni d’oro ai disattenti

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[1], [2]: Secondo quanto scaturisce dall’interpretazione (Antonio Cassese) dell’art. 10 Cost., in realtà non ci sarebbe bisogno di una legge ad hoc per l’attuazione dei trattati, ma la prassi non ha dato seguito a questa interpretazione.

 

L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.

● Diritti Umani: esiste un legislatore universale…

…in grado di legiferare validamente e in modo vincolante? Quali sono le norme-fonte?

In seguito alle evidenti violazioni dei diritti umani commesse durante il secondo conflitto mondiale, la loro tutela è divenuta oggetto di norme internazionali.

 

La Carta delle Nazioni Unite (1945) già conteneva riferimenti ai diritti fondamentali dell’uomo ed esortava le nazioni (art.1) a sviluppare relazioni amichevoli, fondate sul diritto all’autodeterminazione dei popoli, e a promuovere e incoraggiare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione.

Il 10 dicembre 1948 l’Assemblea generale adottò inoltre, con risoluzione 217 la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo D.U.D.U. che, all’epoca, pur non avendo carattere immediatamente vincolante, pose le basi per l’affermazione di tali diritti a livello internazionale. Oggi, dopo molti anni, tutti (anche  i cittadini italiani) possono beneficiare della norma di recepimento della D.U.D.U. vale a dire la Legge 25 ottobre 1977, n. 881 (secondo quanto scaturisce dall’interpretazione (Antonio Cassese) dell’art. 10 Cost., in realtà non ci sarebbe bisogno di una legge ad hoc per l’attuazione dei trattati, ma la prassi non ha dato seguito a questa interpretazione) ed è un vero peccato che la stragrandissima maggioranza dei pigri cittadini si limiti, tutt’al più, a prendere atto che la protezione internazionale dei diritti riguardi unicamente queste situazioni, dimenticando di svolgere il minimo approfondimento dei propri diritti disattesi.

Tra questi, vanno anzitutto ricordati:

  • I diritti civili e politici (cosiddetti di “PRIMA GENERAZIONE”, di matrice occidentale), che comportano soprattutto obblighi di astensione per gli Stati: il diritto alla non discriminazione, all’integrità fisica, alla vita, alla libertà personale, di pensiero, di religione;
  • Ci sono poi i diritti economici, sociali e culturali (cosiddetti di “SECONDA GENERAZIONE”, propugnati in passato dai paesi socialisti), che comportano obblighi di agire da parte degli Stati: diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione;
  • Negli anni 1970, i paesi in via di sviluppo sostennero l’esistenza di diritti collettivi, o della solidarietà (cosiddetti di “TERZA GENERAZIONE”), tra cui il diritto allo sviluppo, alla pace, a un ambiente salubre. Questi ultimi possono essere considerati diritti solo in senso lato, in quanto è difficile individuare il titolare degli obblighi corrispondenti, configurandosi piuttosto quali interessi collettivi delle comunità;
  • In seguito si è venuta delineando una “QUARTA GENERAZIONE” di diritti umani, connessi all’impiego delle nuove tecnologie soprattutto nel campo della genetica e dell’informatica.

(Tale classificazione ha carattere descrittivo e non indica una gerarchia, in quanto i diritti umani riconosciuti a livello internazionale si caratterizzano per essere indivisibili e interdipendenti).

Numerose sono le convenzioni stipulate grazie all’azione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, eccone alcune:

  1. la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (1948);
  2. la Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (1965);
  3. il Patto sui diritti civili e politici (con due Protocolli addizionali) e il Patto sui diritti economici, sociali e culturali (entrambi del 1966);
  4. la Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (1979, con un Protocollo facoltativo);
  5. la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (1984);
  6. la Convenzione sui diritti del minore (1989, con due Protocolli facoltativi).
  7. la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (1950, integrata da 14 Protocolli), che ha istituto la Corte europea dei diritti umani, cui possono rivolgersi direttamente gli individui.

Le norme del Diritto internazionale si collocano in un ordinamento separato e distinto dagli ordinamenti nazionali. All’interno della Comunità internazionale non esistono organi che siano deputati in modo stabile alla produzione di norme giuridiche che vincolino i diversi stati, l’ONU e l’Assemblea Generale in particolare svolgono altre funzioni. Una norma di Diritto internazionale può dirsi formata ed esistente quando ci troviamo di fronte ad un comportamento stabile nel tempo, cui è connessa l’idea dell’obbligatorietà (es. immunità diplomatiche).

Quelle che seguono sono le condizioni di diritto possibili:

  • Norme consuetudinarie, dette anche norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. Non sono reperibili in fonti scritte, ma ad es. nelle decisioni dei giudici nazionali che ne costituiscono l’applicazione e ovviamente nei testi scritti dalla dottrina (manuali e saggi).
  • Norme patrizie. Il Diritto internazionale pattizio è invece un diritto scritto, come una sorta di contratto che vincola chi lo sottoscrive. Il trattato (che può essere denominato anche convenzione o accordo o intesa) è subordinato alle norme consuetudinarie e inizia a vincolare gli stati che lo stipulano solo a partire dallo scambio delle ratifiche. La ratifica è la sottoscrizione del trattato da parte del Presidente della Repubblica, che in Italia deve essere autorizzato con legge dal Parlamento. Questo fatto semplifica molto la ricerca dei testi dei trattati dal momento che basterà ricercare la legge di ratifica a cui viene allegato il testo del trattato.
  • Adattamento al Diritto internazionale. L’ordinamento internazionale è un ordinamento separato da quello nazionale, ma, nel momento in cui si forma una norma consuetudinaria o un paese assume un obbligo internazionale con un trattato, può accadere che il paese stesso sia costretto a portare all’interno del proprio ordinamento nazionale delle modificazioni.

L’adattamento al Diritto internazionale può avvenire mediante:

  • Rinvio. Un’apposita norma ricollega alla nascita di una norma internazionale la formazione di una corrispondente norma interna. La norma internazionale è di fatto introdotta automaticamente. Così accade per il Diritto internazionale consuetudinario. L’art. 10 della Costituzione dispone infatti che l’Italia si conforma alle norme del Diritto internazionale generalmente riconosciute. Tali norme si pongono quindi a livello costituzionale; se una legge infatti violasse una norma di diritto consuetudinario violerebbe automaticamente l’art. 10 e sarebbe costituzionalmente illegittima.
  • Legge. A fronte di un obbligo internazionale sorto in seguito all’approvazione di un trattato il legislatore introduce le leggi necessarie alla sua applicazione.

 

  • Ordine di esecuzione. Il legislatore prevede con un’apposita norma la piena ed integrale esecuzione di un trattato. Tale norma viene normalmente introdotta nella legge di ratifica e con essa si immette direttamente il trattato nell’ordinamento italiano, che inizierà a vincolare i cittadini, oltre che il solo Stato.

 

  • Fonti comunitarie. Le fonti comunitarie si collocano al di sopra del Diritto positivo: questo Paese, sottoscrivendo il trattato di Roma, si è impegnato a conformarsi alla normativa CE e se ciò non avvenisse si verificherebbe una violazione non solo del trattato, ma anche del Diritto generale e in particolare della norma “pacta servanda sunt” (in italiano: i patti devono essere osservati)”. Si è visto come le organizzazioni internazionali possano venire abilitate a produrre norme dai trattati che le istituiscono. Tali norme dette derivate vincolano gli Stati membri solo all’atto della ratifica e i cittadini solo dopo il recepimento delle norme come se fossero dei trattati internazionali. Vi è però una rilevante eccezione che è data dalla Comunità europea, i cui atti normativi producono direttamente effetti nei confronti dello Stato membro.
  • Regolamenti. Sono gli atti normativi per eccellenza, hanno portata generale (vincolano anche i cittadini) ed immediata (non necessitano di attuazione). Sono deliberati dal Consiglio (non dal Parlamento) e sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Comunità Europea che è uno strumento di difficile utilizzazione e nella Gazzetta Ufficiale Italiana, che solitamente presenta ritardi nella pubblicazione.
  • Direttive. Sono atti normativi che vincolano uno Stato a perseguire un certo obiettivo entro un termine dato, ma lasciano completa libertà in ordine all’individuazione degli strumenti con cui raggiungerlo. Necessitano, a differenza dei regolamenti, di misure di esecuzione che ciascuno stato membro può adottare.

 


Manuale dei diritti umani (Pdf, 1395 pagine)
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L’intento di questi pochi pixel è quello di migliorare il benessere collettivo. Su questa materia in Italia esistono molti studiosi e ricercatori, anche in aspro conflitto tra loro, costoro provengono da un obsoleto gruppo di studio (Popolo Unico) fondato nel 2015 ove si distillava dagli Stati Uniti la primitiva ideologia OPPT. Semplificando al massimo, l’utilità della LR non è quella di disporne per singole occorrenze alla stregua della patente di guida o del passaporto ecc. bensì è quella di aiutarci a capire chi siamo giuridicamente dinanzi allo Stato e quali diritti inalienabili debbano esserci ripristinati. La ricognizione e l’apprendimento delle norme sui Diritti umani è pre-condizione necessaria alla migliore comprensione di questi temi.