La nuova Costituzione Italiana

C’È BISOGNO DI UNA NUOVA COSTITUZIONE!

 

PRINCIPI FONDAMENTALI

Art. 1
L’Italia è una Repubblica plutocratica, fondata sulla disoccupazione. La sovranità appartiene a iMercati™️, che la esercitano informalmente e senza i limiti della Costituzione.

Art. 2
La Repubblica garantisce i diritti inviolabili del mercato: la libera circolazione dei capitali, delle merci, dei servizi e del lavoratore sia come singolo, sia nelle formazioni aziendali ove si aliena la sua personalità, e richiede ai lavoratori l’adempimento dei doveri inderogabili di sfruttamento.

Art. 3
Tutti i cittadini senza capitali non hanno dignità sociale e sono in balìa davanti alla legge, con distinzione di sesso, di genere, di orientamento sessuale,  di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine regolamentare e sociale che limitando di fatto la libera circolazione del capitale impediscono il pieno sviluppo degli investimenti e l’effettiva penetrazione delle lobby nell’organizzazione politica e sociale del Paese.

Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i capitalisti il diritto al profitto e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni lavoratore ha il dovere di svolgere, al massimo delle proprie capacità e senza alcuna possibilità di scelta, un’attività che concorra al progresso materiale della plutocrazia.

Art. 5
La Repubblica, una ma divisibile, riconosce e promuove gli egoismi locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato la più ampia privatizzazione amministrativa; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze della rendita e del profitto.

Art. 6
La Repubblica tutela con apposite norme la concorrenza, la deflazione salariale, lo sfruttamento privatistico dei monopoli naturali.

Art. 7
Lo Stato e l’Unione Europea sono, ciascuno nel proprio ordine, dipendenti e sottoposti alla Germania.
I loro rapporti sono regolati dai Trattati Europei.

Le modificazioni dei Trattati, imposti dalla Germania, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

Art. 8
Tutte le teorie economiche sono egualmente liberiste davanti alla legge.

Le teorie economiche diverse dal liberismo non hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto contrastano con l’ordinamento giuridico italiano. I loro paper sono censurati per legge.

Art. 9
La Repubblica promuove lo sviluppo della ricerca lascientifica™️.

Tutela i lobbisti  e il patrimonio finanziario e speculativo della Nazione.

Art. 10
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto leuropeo™️ generalmente riconosciute.

La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati europei.

Lo straniero il quale sia protetto nel suo paese dall’esercizio dei doveri di sfruttamento garantiti dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo, di vitto, di alloggio e pensione a 65 anni senza contributi versati nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Non è ammessa l’estradizione né il rimpatrio dello straniero per qualsiasi reato. La Repubblica garantisce la cittadinanza e il ricongiungimento familiare fino al quarto grado di parentela.

Art. 11
L’Italia ripudia la guerra, ma partecipa a missioni militari all’estero e permette l’insediamento di basi militari straniere sul territorio della Repubblica, come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di sudditanza verso altri Stati, alle CESSIONI di territorio e di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la competizione e lo sfruttamento tra le Nazioni; promuove e favorisce regolamenti e direttive rivolti a tale scopo.

Art.12
La bandiera della Repubblica è lo straccio blu: 12 stelle d’oro in cerchio, di eguali dimensioni.

Parte I
Doveri e doveri dei cittadini

Titolo I
Rapporti incivili

Art. 13
La libertà personale è violabile.

È ammessa la detenzione, l’ispezione o la perquisizione personale, e qualsiasi altra restrizione della libertà personale, per atto immotivato dell’autorità.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, l’autorità pubblica o privata, può adottare provvedimenti “provvisori” non motivati che restano in vigore oltre le successive quarantotto ore; si intendono non revocati fino ad esplicito provvedimento.

È punita ogni resistenza fisica e morale delle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
La legge stabilisce i modi e i cavilli necessari all’insabbiamento e le modalità dilatorie per evitare il giudizio e anche la carcerazione preventiva dei detentori di capitale.

Art. 14
Il domicilio è violabile.

Vi si possono eseguire ispezioni, perquisizioni, intercettazioni, sequestri, non solo nei casi e modi stabiliti dalla legge, mediante strumenti digitali senza le garanzie prescritte per la tutela della riservatezza e della libertà personale.

Gli accertamenti, le ispezioni e la raccolta massiva di dati sensibili da parte di chiunque, per motivi di sanità, di protezione degli azionisti o a fini economici e fiscali non sono regolati da leggi speciali.

Art. 15
La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono violabili.

La loro violazione può avvenire per atto immotivato dell’autorità pubblica o privata senza garanzie stabilite dalla legge.

L’utilizzazione di forme di comunicazione non digitali è vietato.

Art. 16
Ogni cittadino può migrare e soggiornare in qualsiasi parte del territorio leuropeo™️, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità, di vaccinazioni, di fascia di reddito o di sicurezza del capitale finanziario. Nessuna restrizione può riguardare la plutocrazia.

Ogni lavoratore italiano è libero di emigrare dal territorio della Repubblica e ogni straniero è libero di entrarvi, anche senza i permessi necessari, salvo gli obblighi di competizione tra lavoratori e i doveri di costituzione di idoneo esercito industriale di riserva.

Art.17
I plutocrati hanno diritto di riunirsi pacificamente per coordinare le proprie iniziative in campo economico, ambientale, dell’informazione e della tutela del capitale finanziario.

Per le riunioni dei plutocrati, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.

Delle riunioni dei plutocrati in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che non possono vietarle; per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità dei plutocrati, devono essere schierate le forze di pubblica sicurezza a difesa del sereno e pacifico svolgimento degli incontri.

Art. 18
I plutocrati hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che sono vietati ai singoli dalla legge penale.

Sono tutelate le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere economico.

Art. 19
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria teoria economica in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di teorie contrarie al liberismo.

Art. 20
Il carattere liberista e il fine di studio e di propaganda d’una associazione, istituzione, o centro studi, non possono essere causa di speciali limitazioni legislative per la sua costituzione, né di speciali gravami o controlli in ogni forma di attività di comunicazione.

Art. 21
Non tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure; i profili social, i blog personali, i video amatoriali, i contenuti digitali diffusi da privati invece sì.

Si può procedere a sequestro, cancellazione, deindicizzazione, oscuramento e censura, di post, video, pagine web, per atto immotivato dell’autorità privata che veicola il contenuto.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro del contenuto digitale, il suo oscuramento o cancellazione o deindicizzazione, può essere eseguito dagli uffici periferici del fornitore di servizi digitali, che non devono né nell’immediato né successivamente giustificare il proprio operato all’utente o all’autorità giudiziaria.

Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro, la cancellazione, l’oscuramento o la deindicizzazione, s’intende comunque convalidata in ogni effetto di legge ed è inappellabile.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i nomi dei privati cittadini colpiti da provvedimenti di censura da parte dei fornitori privati di servizi di comunicazione digitali.

Sono vietate le pubblicazioni, a stampa e sul web, gli spettacoli, i video e tutte le altre manifestazioni del pensiero contrarie al liberismo. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

 

(post che sarà aggiornato periodicamente qui…)

 


 

● Euro, prima e dopo

Quando ci si domanda se e’ possibile per l’Italia fermare l’incredibile declino, occorrerebbe valutare quanto segue:

1) RIMUOVERE IL “VINCOLO ESTERNO”
Nel breve-medio periodo condizione necessaria ma non sufficiente per una ripresa e’ unicamente quella di un “cambio di sistema nel rapporto con l’estero”, ergo uscire da Euro e svalutare (qualsiasi altra azione, anche la piu’ condivisibile riforma, non puo’ matematicamente avere effetti nel breve-medio periodo per cambiarne la traiettoria; ma l’uscita dall’euro non garantisce sul medio-lungo periodo una crescita stabile), tornando ad una piena sovranita’ monetaria e valutaria.
È dimostrato nella simulazione >>> https://goo.gl/8CoZgR che conferma i Nove studi e rapporti a confronto sul break-up dell’Euro >>> https://goo.gl/KEoamX
dove si illustrano:
l’Analisi della Svalutazione del 1992-1995 >>> https://goo.gl/bvxyCh
Le tesi della Thatcher >>> https://goo.gl/eBd3as
Le tesi di George Dorgan (UBS-Reuter)>>> https://goo.gl/abzeWg
Le tesi di Bolkestein >>> https://goo.gl/L3qCr3
Le tesi di Kaldor >>> https://goo.gl/U7a2bx
Le tesi di ben 7 nobel >>> https://goo.gl/J4GDod
In conclusione, per gli euro-fanatici, qui è reperibile un Manuale che spiega le ragioni per cui ci conviene uscire >>> https://goo.gl/ZiQYno

2) RIMUOVERE I “VINCOLI INTERNI”
Nel medio-lungo periodo condizione necessaria ma non Sufficiente per mantenere tale ripresa è unicamente quella di procedere rapidamente ad un “Cambio di sistema interno“, ergo, “Ridurre il peso della Tassazione” che per chi paga è insostenibile, nonché il blocco burocratico, “ristrutturare la Spesa Pubblica” efficientando gran parte della spesa corrente, riducendo una serie di voci, e nel contempo aumentando la spesa per Investimenti, per Ricerca e Sviluppo, e quella di protezione sociale e di supporto alle famiglie (all’epoca avevamo fatto un grosso lavoro a riguardo, evidenziando le storture della spesa pubblica, che trovansi qui >>> https://scenarieconomici.it/manovra-shock-da-150…/

3) RENDERE SOSTENIBILE LA NOSTRA DEMOGRAFIA
NEL LUNGHISSIMO PERIODO, quanto sopra non serve a niente, se non si fa una politica demografica decente e per tempo; una nazione che procede con un tasso di fecondità di 1,3 figli per donna da oltre 2 decenni, se continuerà con questi numeri, e senza una politica di immigrazione intelligente (che miri all’ingresso di forza lavoro nei momenti di sola espansione, in particolare di persone “integrabili“), avrà tra qualche lustro un profilo demografico insostenibile, con una popolazione anziana predominante, che comporta “costi” (sociali, previdenziali, sanitari) semplicemente insostenibili per la popolazione in età lavorativa.
Le misure da prendere sono semplici, ed adottate con successo dalla Francia (“reddito familiare”, “asili nido”, etc), ed ineludibili. Chi non affronta la questione demografica, semplicemente è privo di visione di lungo periodo e non ha dimestichezza con la “matematica”: i numeri sono inesorabili.
Altre strade semplicemente non esistono.
Ah, dimenticavo, questo è il “conto” >>> https://goo.gl/5LkJ69

CONCLUDENDO: EURO PRIMA E DOPO, TI DICE NIENTE? https://t.co/lZ2QmDflsZ

● Moneta scritturale, Bankitalia s’incarta

26220273_1617264081683257_8837748320641233958_n

Da poco tempo la Banca d’Italia ha pubblicato sul proprio sito ufficiale un singolare “Avviso pubblico”. Bizzarro anche nella formulazione, poiché non riporta la data né la firma di qualcuno o il riferimento a un qualche ufficio interno.

Insomma è di Bankitalia, ma non si sa chi l’ha scritto. La materia è interessante. Il documento si intitola “Creazione di moneta scritturale da parte dei cittadini – Avviso al pubblico” e inizia raccontando il fatto che Bankitalia da qualche tempo sta ricevendo da parte di alcuni cittadini “comunicazioni che attestano l’autonoma creazione di euro scritturali e l’utilizzo delle somme così create per il presunto pagamento di debiti o per fornire una presunta provvista per successive operazioni di pagamento o per l’emissione di titoli di credito da parte della stessa Banca d’Italia”. Lo stesso documento prosegue affermando che “l’assunzione di queste iniziative, sia pure in numero limitato, unite alla presenza sul web di riferimenti alla teoria economica di cui sono applicazione, rende necessario pubblicare alcune precisazioni al fine di evitare pericolosi equivoci”.

A diversi lettori verrà da pensare che qualcuno in Italia è impazzito anche senza che faccia troppo caldo. Ma non è così, perché tutto nasce dall’iniziativa di un avvocato, Marco della Luna (anche attraverso il suo blog), che da anni si batte per contestare il potere assunto da Bankitalia (e ora dalla Bce) con la creazione di moneta, soprattutto da quando, con il divorzio tra ministero del Tesoro e Bankitalia, questa ha assunto nei fatti un’autonomia e un’indipendenza (dal potere politico in generale e dal governo in particolare) che ci fanno necessariamente porre la domanda su quali siano gli obiettivi di tale istituto, che ormai lavora stabilmente di concerto con la Bce, assumendo quindi decisioni in un’ottica europea, secondo visioni di interesse europei, quindi non necessariamente a difesa degli interessi nazionali.

Ora il cuore della questione è che, nel passare le consegne della sovranità monetaria da Bankitalia alla Bce, non c’è scritto da nessuna parte che la stessa fosse autorizzata a farlo. Ancor peggio, l’articolo 1 della nostra Costituzione recita che la “sovranità appartiene al popolo”. Ora il popolo si può dare delle istituzioni per amministrare ciò che è suo (e rimane suo). Chi amministra non ha il potere di cedere a sua volta l’amministrazione. In altre parole, con un esempio semplice: si può dire che se io ricevo una macchina in prestito e poi la guido, non faccio un abuso; ma se invece a mia volta la presto, allora compio un abuso e il proprietario che me l’ha prestata giustamente se ne risentirà.

Seppure si tratti di una materia gravissima, questo però è solo il cuore del problema, i cui effetti devastanti sono effettuati dall’attività bancaria ordinaria, quella di prestare denaro. Infatti, tale attività è ingannevolmente chiamata “prestare denaro”, perché le banche non prestano nulla: sia perché per prestare si dovrebbe prima avere (la banca non presta denaro proprio né quello dei depositanti, cioè non presta quello che ha); e poi perché di fatto in ogni erogazione di finanziamento, prestito o mutuo, la banca commerciale crea letteralmente denaro dal nulla. Ora questo denaro è “euro scritturale”, non creato da Bankitalia o dalla Bce, per il quale si parla di euro legale.

La questione non è di lana caprina perché, come scritto nello stesso “Avviso al pubblico”, “sulla base della normativa internazionale e nazionale, l’unica forma di moneta legale – ossia dotata del potere di estinguere le obbligazioni in denaro – è la moneta emessa dalla Banca centrale europea (Bce)”.

Quindi, stando alle parole della stessa Bankitalia, tutto il denaro scritturale (cioè il 98% del denaro in circolazione, quindi escluse le banconote che sono create dalla Bce) non è moneta legale e quindi non è dotata del potere di estinguere le obbligazioni in denaro.

L’anonimo redattore di questo comunicato forse pensava di mettere una toppa al discorso scrivendo che “il meccanismo di creazione di moneta scritturale da parte del singolo cittadino intenderebbe replicare la cosiddetta moneta bancaria o scritturale, termine con il quale si indica l’insieme degli strumenti gestiti e organizzati dalle banche e dagli altri soggetti abilitati a prestare servizi di pagamento: assegni, bonifici, addebiti diretti, carte…

Si ricorda che la prestazione dei servizi di pagamento, attraverso moneta scritturale, è un’attività consentita per legge esclusivamente ai soggetti abilitati, quali banche, istituti di moneta elettronica, istituti di pagamento”.

Ma, come spesso capita, la toppa è peggiore del buco e apre una voragine: infatti, se è vero che la legge disciplina la “prestazione di servizi di pagamento”, è pur vero che i cittadini che si sono creati moneta scritturale non hanno attivato un servizio di pagamento, ma hanno solo creato moneta.

Sarei proprio curioso di sapere cosa ne penserebbe un giudice in un eventuale processo: anche perché pure il pagamento effettuato con tale moneta personalmente creata non è l’offerta a terzi di un servizio, quindi non rientra nemmeno questo in un “servizio di pagamento”.

In tale senso sembra anche decadere la velata minaccia contenuta nel testo: “Secondo il Testo unico bancario (artt. 131-bis e 131-ter) l’abusiva emissione di moneta elettronica e l’abusiva prestazione di servizi di pagamento costituiscono un reato”. Infatti, solo la Bce “emette” la moneta creata (non la spende né effettua un pagamento di un debito o di una spesa, per le quali necessità utilizza invece i profitti dell’emissione, cioè gli interessi sulla moneta emessa). Invece i cittadini in questione non hanno intenzione di “emettere” moneta, ma solo di effettuare pagamenti per estinguere obbligazioni in denaro. In altre parole, Bankitalia ha solo ragione di intervenire se io creo la moneta e poi la presto, chiedendo un interesse sul denaro creato dal nulla, come fanno ora tutte le banche, dalla Bce in giù.

Paradossalmente, nessun testo legislativo dice nulla sulla creazione di moneta: perché se lo dicesse dovrebbe negare questo potere ai soggetti privati, quali sono anche banche commerciali e gli istituti di pagamento.

A certificare la confusione totale sulla natura giuridica della moneta ci sono pure le banconote. Queste sono emesse da Bankitalia (su mandato della Bce) cioè da un istituto di diritto pubblico (almeno sulla carta, come scritto nello statuto). Eppure sulle banconote, vicino alla scritta Bce c’è presente e ben visibile il simbolo del copyright “©”: cioè su un documento ufficiale e pubblico emesso da un istituto di diritto pubblico abbiamo un elemento giuridico appartenente al diritto privato!

A completare il quadro, c’è pure il Tribunale di Bolzano, il quale in un a sentenza ha affermato che “quanto, invece, alla violazione dell’art 127 (ex art 105) del trattato istitutivo dell’Unione Europea, non si capisce per quale motivo la creazione di moneta attraverso il sistema bancario possa violare tale norma, che nulla dispone in tal senso, come è assolutamente irrilevante il riferimento all’art 10 TUB, che non vieta tale sistema”. Una sentenza dagli effetti potenzialmente devastanti, in base al principio che ciò che non è esplicitamente vietato è permesso.

La moneta, oltre a essere un’istituzione, è pure frutto di una fiducia che potremmo chiamare “fiducia sociale”, senza la quale nessun sistema monetario può funzionare. Tale fiducia può essere anche concessa, quando è ragionevole concederla preventivamente. Ma deve pure essere guadagnata. E le istituzioni bancarie europee e italiane non stanno facendo molto per guadagnarsela.

E i cittadini ne prendono atto e si organizzano…

Più info >>> https://www.youtube.com/watch?v=-FiTVToLhZA


Per una più completa comprensione della questione si  rimanda a “Moneta Nostra” su Facebook

● Dicono: “Dobbiamo tagliare il debito” significa “⚠️devi tagliare il tuo conto corrente!”

LA COSA INTERESSANTE È QUESTA: IL DEBITO PUBBLICO È IL DENARO CHE PERMETTE AI CITTADINI DI AVERE CASE, MACCHINE, VESTITI, CIBO, ECC. TU AS COMPRIS?

[Vecchio titolone sempre valido...]

fate-presto-sole-24-ore.jpg

In Spagna, sono andati avanti per più di un anno senza formare il governo e nessuno ha rotto il cazzo, in Germania sono ormai mesi, tre, quattro, che non c’è governo e nessuno dice nulla, in Italia sono passati ormai cinque giorni e tutti, ma proprio tutti, rompono i coglioni con la necessità di fare un governo “presto”.
Ora, se nessuno ha chiesto di fare “presto” alla Spagna, alla Germania, cos’è questa roba del “fare presto”?
E’ “presto” detto: vogliono i soldi, i nostri soldi.
E’ solo ansia, paura!
Manteniamo i ricchi, quelli che votano la sinistra, quelli che “il lavoro è per gli schiavi”, la rendita sociale è un atto dovuto, per questi.
Lo sfruttamento dei deboli, il “plusvalore” di Marx è passato da essere disvalore a valore.
Il ruolo sociale della sinistra è quello di difesa dei ricchi, dei parassiti, della rendita di posizione.
Come fa la gente a non capirlo?
Dalema con la barca, Veltroni con la pensione di 6000 euro al mese, Renzi con i contributi pagati dal Comune di Firenze, Boschi col tesoretto rubato ai correntisti di Banca Etruria e difeso dai giudici, come per Zonin, che a fronte del furto di un paio di miliardi ai correntisti di Veneto Banca  è stato condannato a restituire poco più di trecentomila euro, dal magistrato…
Napolitano, Bersani, Boldrini, Grasso, Scalfari, De Benedetti, la Rai, La7, Canale5,, Sky Tv, la Confindustria…
Tutti questi sono in ansia… “fare presto”… vogliamo che ci “mantenete”, coi vostri sacrifici, col sudore della vostra fronte.
“Ahhh che sofferenza…  Mica vorrete che andiamo a lavorare, noi siamo diversi da voi, non possiamo rinunciare alle gioie della vita a cui siamo abituati. “Fate presto”, vogliamo tornare alle nostre gioie!”
Ecco, sono in ansia.
Ogni volta che c’è una elezione, loro sono in ansia, per questo ci fanno votare il meno possibile, per questo non ci raccontano nulla dei Trattati che firmano, per questo lo strumento referendario non può essere propositivo ma solo consultivo, per questo i governi tecnici, i governi di scopo, i governi del Presidente, i governi di coalizione, di unità nazionale…
Ragazzi, sono in ansia per i loro “pasti gratis”…
I soldi…. vogliono i nostri soldi.
Ogni volta cosi, usano l’arma del linguaggio che hanno costruito, i vocaboli che usano hanno solo lo scopo di spaventarvi.
Abbiamo degli impegni nei confronti dei mercati, abbiamo il debito pubblico…
Ve l’ho spiegato in tutte le salse: il debito pubblico è la ricchezza dei cittadini, i vostri risparmi.
Come fate a credergli?
E’ solo una questione contabile.
Una comunità decide di costituirsi come uno stato. La prima cosa che fa è stabilire le terre che sono di proprietà, questi sono i confini dello stato.
In quel territorio, c’è bisogno di strade, ferrovie , porti, ospedali, scuole, caserme, telefonia, tribunali etc etc…
Per costruire tutte queste infrastrutture, ci vogliono i soldi.
Come si fa? E’ semplice, la comunità stabilisce cosa sia denaro all’interno di quei confini.
Se il denaro è fatto in forma di banconota, esso viene creato dal nulla, stampando le banconote necessarie per iniziare quelle opere.
A questo punto inizi a dare quelle banconote, create dal nulla, a chi costruisce le strade, gli ospedali, le ferrovie … etc..
Essendo queste banconote “denaro” della comunità, l’intera comunità accetta di effettuare ogni transazione in cambio di quel denaro.
Ovviamente i risparmi dei cittadini della comunità sono costituiti da quel “denaro”.
Sui conti correnti in banca il valore è dato o espresso in quel denaro.
Contabilmente come è?
Semplice, la comunità nel suo insieme ha creato centomila banconote che prima erano nella stanza della fotocopiatrice, adesso invece non ci sono più, sono finite nel portafogli di tutta la gente della comunità.
Risultato? La comunità nel suo insieme, ha un debito verso sè stessa di centomila banconote.
Nel frattempo però, sono comparse strade, ponti, ferrovie etc etc…
Prima non c’erano e sono quindi “patrimonio della comunità”.
Altro che privatizzare!!
Quando ti dicono che “Dobbiamo tagliare il debito”, significa che devi tagliare il tuo conto corrente!
La cosa interessante è questa: il debito pubblico è il denaro che permette ai cittadini di avere case, macchine, vestiti, cibo etc etc
Senza che la comunità effettui quella operazione di fotocopiare e creare banconote, nessuna strada, nessuna casa, niente di niente.
Il denaro è “effetto”, non causa.
La causa è preesistente, e scaturisce dalla comprensione del mezzo più idoneo a favorire lo sviluppo e realizzazione di un intento condiviso.
Quindi il denaro è la misura dell’intelligenza impiegata nella realizzazione di un “intento condiviso”.
A chi appartiene il denaro all’atto di emissione? Alla intelligenza della comunità nell’ operazione di realizzazione di quell’intento condiviso. Oggi ci sono due tipi di denaro, quindi due tipi di intento, condivisi da due parti di una comunità, quella di chi vuole vivere alle spalle degli altri e quella che subisce questo intento.
Per mantenere questi parassiti, la parte della comunità composta dai “mantenitori” deve venire costantemente ingannata, instupidita, resa meno intelligente, attraverso parole che cambino la percezione delle cose.
La parola “debito”, usata in economia, non ha alcun significato. leggete un libro che si intitola “debito, i primi 5000 anni” di david Graeber…
Il “debito pubblico” è quello che ho spiegato sopra: il denaro che usiamo e che ci ha permesso di fare strade, ponti, ospedali, ferrovie….
Viene creato dal nulla e viene creato prima…
Se prima non lo stampi, non nasce da sè.
Questi del “fate presto”, lo sanno, siete voi che non lo sapete…

Franco Remondina qui >>> https://dodicesima.com/

● Diritti incomprimibili

La Corte Costituzionale con la sentenza n.275/2016, in merito ad una controversia tra Regione Abruzzo e Provincia di Pescara per quanto concerne il servizio di trasporto scolastico dei disabili, la Corte Costituzionale ha riconosciuto che le garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere condizionato da motivi di bilancio. Nella fattispecie, la Regione Abruzzo aveva negato in parte il finanziamento del 50% per il servizio trasporto degli studenti disabili alla Provincia di Pescara, in quanto l’articolo 6 comma 2-bis della legge regionale n.78 del 1978, aggiunto all’art.88 comma 4 del 2004, prevede l’erogazione “nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa”.

Nella dichiarazione di illegittimità della suddetta legge, la Consulta scrive:

“11.− Non può nemmeno essere condiviso l’argomento secondo cui, ove la disposizione impugnata non contenesse il limite delle somme iscritte in bilancio, la norma violerebbe l’art. 81 Cost. per carenza di copertura finanziaria. A parte il fatto che, una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali, è di tutta evidenza che la pretesa violazione dell’ Art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio, sia con riguardo alla Regione che alla Provincia cofinanziatrice. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione.”.

La sentenza conferma ciò che da anni economisti e giuristi affermano: la costituzionalizzazione (Governo Monti) del dogma liberista del pareggio di bilancio, e l’approvazione dei Trattati di Maastricht e Lisbona, si pongono in antitesi con i diritti fondamentali della nostra Carta costituzionale che pone l’economia al servizio dell’interesse pubblico.

Dopo la schiacciante vittoria del NO al Referendum, e alla luce della sentenza della Corte, le forze politiche che si sono battute per salvare la Costituzione dalla “deforma” Boschi-Renzi-Napolitano, dovrebbero iniziare una seria battaglia parlamentare al fine di abrogare l’attuale articolo 81.

Solo così, la Costituzione potrà ritornare a garantire integralmente i diritti sociali del popolo italiano.

 

Testo della sentenza >>>

 

SENTENZA  N. 275
ANNO 2016
 
Commenti alla decisione di
  1. Adriana Apostoli,I diritti fondamentali “visti” da vicino dal giudice amministrativo Una annotazione a “caldo” della sentenza della Corte costituzionale n. 275 del 2016,per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali
 
  1. ErikFurno,Pareggio di bilancio e diritti sociali: la ridefinizione dei confini nella recente giurisprudenza costituzionale in tema di diritto all’istruzione dei disabili, in questa RivistaStudi2017/I
 
III. Lorenzo Madau, “È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione”, per g.c.dell’Osservatorio AIC
 
  1. Andrea Longo,Una concezione del bilancio costituzionalmente orientata: prime riflessioni sulla sentenza della Corte costituzionale n. 275 del 2016, perg.c. di Federalismi.it
 
 
V. Riccardo Cabazzi, Diritti incomprimibili degli studenti con disabilità ed equilibrio di bilancio nella finanza locale secondo la sent. della Corte costituzionale n. 275/2016, per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
–           Paolo                           GROSSI                                           Presidente
–           Alessandro                  CRISCUOLO                                     Giudice
–           Giorgio                        LATTANZI                                              ”
–           Aldo                            CAROSI                                                   ”
–           Marta                           CARTABIA                                             ”
–           Mario Rosario              MORELLI                                                ”
–           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”
–           Giuliano                       AMATO                                                   ”
–           Silvana                         SCIARRA                                                ”
–           Daria                            de PRETIS                                               ”
–           Nicolò                          ZANON                                                   ”
–           Franco                         MODUGNO                                            ”
–           Augusto Antonio        BARBERA                                              ”
–           Giulio                          PROSPERETTI                                        ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Abruzzo 15 dicembre 1978, n. 78 (Interventi per l’attuazione del diritto allo studio), aggiunto dall’art. 88, comma 4, della legge della Regione Abruzzo 26 aprile 2004, n. 15, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2004)», promosso dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, nel procedimento vertente tra la Provincia di Pescara e la Regione Abruzzo, con ordinanza del 19 marzo 2014, iscritta al n. 123 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell’anno 2014.
Visto l’atto di costituzione della Regione Abruzzo;
udito nell’udienza pubblica del 19 ottobre 2016 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;
udito l’avvocato Fabio Francesco Franco per la Regione Abruzzo.
Ritenuto in fatto
1.− Con ordinanza del 19 marzo 2014, il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Abruzzo 15 dicembre 1978, n. 78 (Interventi per l’attuazione del diritto allo studio), aggiunto dall’art. 88, comma 4, della legge della Regione Abruzzo 26 aprile 2004, n. 15, recante: «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2004)», nella parte in cui prevede che, per gli interventi di cui dall’art. 5-bis della legge regionale n. 78 del 1978, la Giunta regionale garantisce un contributo del 50% della spesa necessaria e documentata dalle Province solo «nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa».
2.− Espone il giudice a quo di essere investito della domanda con cui la Provincia di Pescara ha chiesto il pagamento del contributo, pari al 50%, delle spese necessarie e documentate per lo svolgimento dei servizi di cui all’art. 5-bis della legge della Regione Abruzzo n. 78 del 1978, in particolare del servizio di trasporto degli studenti disabili, riferite alle annualità 2006-2012. Sulla base della citata norma, la Provincia aveva approvato e trasmesso annualmente alla Regione i piani degli interventi, relazionando per ciascun anno sulle spese sostenute e sulle attività svolte. A fronte di ciò la Regione aveva erogato, per le varie annualità, finanziamenti per somme inferiori a quelle documentate dalla Provincia con una differenza pari ad euro 1.775.968,04. Il mancato finanziamento del 50% delle spese effettuate avrebbe determinato nel tempo un indebitamento tale da comportare una drastica riduzione dei servizi per gli studenti disabili, compromettendo l’erogazione dell’assistenza specialistica e dei servizi di trasporto.
3.− La Regione non ha contestato l’ammontare degli importi spesi dall’amministrazione provinciale, tuttavia ha eccepito che, in virtù dell’art. 6, comma 2-bis, della legge regionale censurata, il proprio obbligo di corrispondere il 50% delle suddette spese trova un limite nelle disponibilità finanziarie di bilancio.
4.− In via preliminare sull’ammissibilità del ricorso amministrativo, il rimettente rappresenta che l’adempimento degli obblighi patrimoniali in contestazione riguarderebbe i limiti della provvista finanziaria necessaria allo svolgimento del servizio pubblico e, quindi, i profili organizzativi di esso, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo; la mancata tempestiva impugnazione degli atti di stanziamento e di pagamento emessi dalla Regione non sarebbero di ostacolo alla decisione, poiché tali atti costituirebbero meri dinieghi o riconoscimenti di debito, non preclusivi dell’accertamento giurisdizionale della misura dell’obbligazione dedotta.
5.− In ordine alla non manifesta infondatezza, il TAR dubita della legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Abruzzo n. 78 del 1978, in riferimento all’art. 10 Cost., in relazione all’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità – adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18, e all’art. 38 Cost., che assicurano il diritto allo studio delle persone con disabilità, poiché l’effettività di tale diritto risulterebbe pregiudicata dal condizionamento dell’erogazione del contributo, al trasporto degli studenti disabili, alle disponibilità finanziarie, di volta in volta, determinate dalle leggi di bilancio.
6.− In particolare il giudice a quo ritiene che la scelta di prevedere un cofinanziamento regionale del servizio di trasporto e assistenza ai disabili denuncia la necessità di esso, deducendosi da ciò che le Province non sarebbero, evidentemente, in grado di far fronte alle esigenze del servizio in maniera autonoma. Tuttavia, la norma censurata darebbe immotivata e non proporzionata prevalenza alle esigenze di equilibrio di bilancio e non assicurerebbe una adeguata, stabile e certa tutela al diritto all’educazione e all’istruzione degli alunni affetti da grave disabilità, che necessitano del trasporto per la frequenza scolastica.
7.− Rileva, in proposito, il giudice a quo che, una volta assunta la decisione di contribuire al servizio, la determinazione della misura del finanziamento non potrebbe essere rimessa alle mere decisioni dell’amministrazione regionale, poiché ciò trasformerebbe l’onere della Regione in una posta aleatoria ed incerta, la cui entità, in mancanza di limiti predeterminati dalla legge, potrebbe essere arbitrariamente ridotta, per finanziare beni ed interessi che non godono di tutela piena ed incondizionata al pari del diritto allo studio del disabile, con conseguente sacrificio della sua effettività.
8.− Prosegue il rimettente che il rilievo costituzionale di tale diritto costituisce un limite invalicabile all’intervento discrezionale del legislatore, così che il nucleo di garanzie minime per renderlo effettivo dovrebbe essere assicurato al di là di ogni esigenza di bilancio, garantendosi certezza, stabilità e obbligatorietà del finanziamento.
9.− Viceversa l’inciso «nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio», contenuto nell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Abruzzo n. 78 del 1978, legittimerebbe una decisione arbitraria della Regione di coprire in modo discontinuo i costi del servizio, gestito in conformità del piano previsto dall’art. 6 della medesima legge.
10.− In tal modo, il godimento del diritto allo studio degli studenti disabili, tutelato dalla Costituzione, sarebbe rimesso ad arbitrari stanziamenti di bilancio di anno in anno decisi dall’ente territoriale e, nella fattispecie, dalla norma censurata. Quest’ultima considererebbe le spese per i contributi alle Province per il servizio di trasporto degli alunni disabili come spese non obbligatorie, cosicché i contributi regionali per il trasporto dei disabili potrebbero essere ridotti già nella fase amministrativa di formazione delle unità previsionali di base, senza che di ciò vi sia alcuna evidenza o limite a garanzia dell’effettivo godimento dei diritti costituzionalmente garantiti.
11.− Il finanziamento del servizio potrebbe essere ridotto in modo repentino e incontrollato, di anno in anno, rendendo del tutto variabile ed inattendibile la continuità e la pianificazione dell’organizzazione dello stesso da parte delle Province, con inevitabili ripercussioni sulle famiglie e sulla possibilità di queste di poter assicurare la frequenza scolastica ai propri figli.
12.− In ordine alla rilevanza della questione, il giudice a quo segnala che, non essendo contestata tra le parti del giudizio a quo l’entità delle somme spese per l’erogazione del servizio, la pretesa della ricorrente Provincia in tale giudizio troverebbe il fondamento nella parte della disposizione impugnata che regola la copertura della spesa complessiva (successivamente limitata dalla clausola di salvaguardia che consente alla Regione di dimensionare ad libitum la propria quota di copertura); pertanto, la questione di costituzionalità sarebbe pregiudiziale alla definizione della suddetta pretesa.
13.− Si è costituita la Regione Abruzzo contestando la fondatezza della questione poiché, ai sensi dell’art. 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione degli alunni disabili, tra cui è compreso il servizio di trasporto dall’abitazione alla sede scolastica, è di competenza della Provincia e la Regione non ha alcun obbligo di illimitata compartecipazione ai costi necessari al suo svolgimento.
14.− In ogni caso, la difesa regionale rappresenta che l’effettività del diritto allo studio del disabile deve essere bilanciato con altri diritti costituzionalmente rilevanti e, in particolare, con il principio di copertura finanziaria e di equilibrio della finanza pubblica, di cui all’art. 81 Cost.; che il limite della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio «costituirebbe una legittima scelta fra prestazioni essenziali, gratuite, e non essenziali, eseguibili dietro pagamento di un contributo, da effettuarsi in relazione alle finalità perseguite, ed alle esigenze dell’utenza di base»; che la possibilità di accedere ad una interpretazione costituzionalmente conforme della normativa censurata e il suo mancato esperimento da parte del giudice a quo, comporterebbero l’inammissibilità della questione; e, infine, che la determinazione della misura del contributo da parte della Regione non sarebbe arbitraria, poiché essa viene effettuata sulla scorta dei piani preventivi di intervento per il diritto allo studio dei disabili, predisposti dalla stessa Provincia, sulla base delle necessità riscontrate nell’anno scolastico in corso e di quelle dichiarate dal genitore dello studente che si iscrive alla scuola secondaria superiore.
Considerato in diritto
l.− Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dubita, in riferimento all’art. 10 − in relazione all’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18 − e all’art. 38 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Abruzzo 15 dicembre 1978, n. 78 (Interventi per l’attuazione del diritto allo studio), aggiunto dall’art. 88, comma 4, della legge della Regione Abruzzo 26 aprile 2004, n. 15, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2004)», nella parte in cui prevede, per gli interventi previsti dall’art. 5-bis della medesima legge e, in particolare, per lo svolgimento del servizio di trasporto degli studenti portatori di handicap o di situazioni di svantaggio, che la Giunta regionale garantisce un contributo del 50% della spesa necessaria e documentata dalle Province solo «nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa».
2.− Il giudice a quo ritiene che il condizionamento dell’erogazione del contributo alle disponibilità finanziarie, di volta in volta determinate dalla legge di bilancio, trasformi l’onere della Regione in una posta aleatoria e incerta, totalmente rimessa alle scelte finanziarie dell’ente, con il rischio che esse divengano arbitrarie, in difetto di limiti predeterminati dalla legge, risolvendosi nella illegittima compressione del diritto allo studio del disabile, la cui effettività non potrebbe essere finanziariamente condizionata.
3.− In via preliminare, occorre premettere che non incide sulla rilevanza della questione sollevata, l’avvenuto trasferimento ai Comuni delle funzioni amministrative già attribuite, conferite o comunque esercitate dalle Province (tra le quali quelle in materia di assistenza scolastica e diritto allo studio), per effetto della sopravvenuta legge della Regione Abruzzo 20 ottobre 2015, n. 32, (Disposizioni per il riordino delle funzioni amministrative delle Province in attuazione della legge n. 56/2014), in attuazione alla legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni).
3.1.− In proposito, infatti, va rilevato che, nel giudizio a quo, la Provincia di Pescara ha agito per vedersi corrispondere il contributo del 50% per il servizio di trasporto per i disabili svolto tra il 2006 ed il 2012, che resta regolato dalla normativa antecedente al riordino operato dalla legge reg. Abruzzo n. 32 del 2015.
3.2.− Pertanto, poiché la Regione non ha contestato le spese sostenute dalla Provincia, ma ha determinato l’entità effettiva del proprio contributo, in misura inferiore al 50% di esse, facendo applicazione dell’art. 6, comma 2-bis, della legge reg. Abruzzo n. 78 del 1978, che integra il presupposto autorizzatorio della spesa iscritta in bilancio, la questione di legittimità costituzionale di tale norma è pregiudiziale alla decisione da adottare nel giudizio a quo.
4.− Nel merito la questione è fondata.
Il diritto all’istruzione del disabile è consacrato nell’art. 38 Cost., e spetta al legislatore predisporre gli strumenti idonei alla realizzazione ed attuazione di esso, affinché la sua affermazione non si traduca in una mera previsione programmatica, ma venga riempita di contenuto concreto e reale.
5.− La natura fondamentale del diritto, che è tutelato anche a livello internazionale dall’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18, impone alla discrezionalità del legislatore un limite invalicabile nel «rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati» (sentenza n. 80 del 2010), tra le quali rientra il servizio di trasporto scolastico e di assistenza poiché, per lo studente disabile, esso costituisce una componente essenziale ad assicurare l’effettività del medesimo diritto.
6.− Nella specie il legislatore regionale si è assunto l’onere di concorrere, al fine di garantire l’attuazione del diritto, alla relativa spesa, ma una previsione che lasci incerta nell’an e nel quantum la misura della contribuzione, la rende aleatoria, traducendosi negativamente sulla possibilità di programmare il servizio e di garantirne l’effettività, in base alle esigenze presenti sul territorio.
7.− Si deve ritenere che l’indeterminata insufficienza del finanziamento condizioni, ed abbia già condizionato, l’effettiva esecuzione del servizio di assistenza e trasporto come conformato dal legislatore regionale, violando in tal modo il precetto contenuto nell’art. 38, terzo e quarto comma, Cost.
Tale effettività non può che derivare dalla certezza delle disponibilità finanziarie per il soddisfacimento del medesimo diritto, nel quadro dei compositi rapporti amministrativi e finanziari degli enti territoriali coinvolti. Difatti l’affidamento generato dalla previsione del contributo regionale condiziona la misura della disponibilità finanziaria della Provincia e degli altri enti coinvolti nell’assolvimento del servizio in questione.
Non può neppure essere condivisa in tale contesto la difesa formulata dalla Regione secondo cui ogni diritto, anche quelli incomprimibili della fattispecie in esame, debbano essere sempre e comunque assoggettati ad un vaglio di sostenibilità nel quadro complessivo delle risorse disponibili.
Innanzitutto, la sostenibilità non può essere verificata all’interno di risorse promiscuamente stanziate attraverso complessivi riferimenti numerici. Se ciò può essere consentito in relazione a spese correnti di natura facoltativa, diverso è il caso di servizi che influiscono direttamente sulla condizione giuridica del disabile aspirante alla frequenza e al sostegno nella scuola.
In secondo luogo, è proprio la legge di cui fa parte la norma impugnata a conformare in concreto le situazioni soggettive oggetto di assistenza (senza poi farne conseguire il necessario finanziamento per effetto del richiamato inciso riduttivo).
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che «in attuazione dell’art. 38, terzo comma, Cost., il diritto all’istruzione dei disabili e l’integrazione scolastica degli stessi sono previsti, in particolare, dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate)», la quale «attribuisce al disabile il diritto soggettivo all’educazione ed all’istruzione a partire dalla scuola materna fino all’università»; e che «la partecipazione del disabile “al processo educativo con insegnanti e compagni normodotati costituisce […] un rilevante fattore di socializzazione e può contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggiato (sentenza n. 215 del 1987)”» (sentenza n. 80 del 2010).
8.− La disposizione impugnata è peraltro incoerente anche rispetto al quadro normativo complessivo dei finanziamenti destinati ai servizi a rilevanza sociale quale risultante dalla legge di bilancio, alla quale essa demanda la quantificazione ridotta del finanziamento. In tal modo viene reso generico ed indefinito il finanziamento destinato a servizi afferenti a diritti meritevoli di particolare tutela, rendendo possibile – come esattamente affermato dal giudice rimettente – che le risorse disponibili siano destinate a spese facoltative piuttosto che a garantire l’attuazione di tali diritti. Pertanto, pur essendo la disposizione in questione appartenente a un contesto distinto da quello della legge di bilancio, la sua influenza su quest’ultima provoca un risultato normativo non conforme a Costituzione.
9.− La garanzia del 50% della copertura del servizio di assistenza ai disabili appartiene alla conformazione della struttura e dell’organizzazione del servizio stesso. Pertanto, l’indeterminatezza del finanziamento determina un vulnus all’effettività del servizio di assistenza e trasporto, come conformato dal legislatore regionale, con conseguente violazione dell’art. 38, terzo e quarto comma, Cost.
10.− D’altronde va considerato che, sebbene il legislatore goda di discrezionalità nell’individuazione delle misure per la tutela dei diritti delle persone disabili, detto potere discrezionale trova un limite invalicabile nella necessità di coerenza intrinseca della stessa legge regionale contenente la disposizione impugnata, con la quale viene specificato il nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati. Dunque il livello delle prestazioni dovute, mentre appare salvaguardato dalla legge regionale nel suo complesso ed in particolare nella parte che prevede una pianificazione del fabbisogno degli interventi, nonché un preciso rendiconto degli oneri sostenuti, risulta poi vanificato dalla prescrizione contraddittoria che subordina il finanziamento (da parte regionale) degli interventi alle politiche ed alle gestioni ordinarie del bilancio dell’ente.
11.− Non può nemmeno essere condiviso l’argomento secondo cui, ove la disposizione impugnata non contenesse il limite delle somme iscritte in bilancio, la norma violerebbe l’art. 81 Cost. per carenza di copertura finanziaria. A parte il fatto che, una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali, è di tutta evidenza che la pretesa violazione dell’art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio, sia con riguardo alla Regione che alla Provincia cofinanziatrice. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione.
12.− Con riguardo alla Regione, è da sottolineare come l’impianto della legge reg. Abruzzo n. 78 del 1978 sia improntato al metodo della programmazione, secondo cui gli interventi ed i pertinenti oneri finanziari sono istruiti nell’anno precedente così da consentire la loro corretta iscrizione nel bilancio, soprattutto quando riguardano il nucleo incomprimibile del diritto a prestazioni riconducibili a diritti fondamentali. In tal modo non è configurabile il rischio per l’equilibrio del bilancio della Regione da essa paventato in correlazione allo stanziamento della percentuale di finanziamento prevista per legge. Proprio la previa redazione del piano di assistenza testimonia l’inverosimiglianza dell’ipotesi di squilibrio di bilancio che è viceversa eziologicamente collegabile all’uso promiscuo delle risorse, che il giudice rimettente individua come autentica causa vanificatrice della copertura finanziaria del servizio.
13.− Nel caso in esame, il rapporto di causalità tra allocazione di bilancio e pregiudizio per la fruizione di diritti incomprimibili avviene attraverso la combinazione tra la norma impugnata e la genericità della posta finanziaria del bilancio di previsione, nella quale convivono in modo indifferenziato diverse tipologie di oneri, la cui copertura è rimessa al mero arbitrio del compilatore del bilancio e delle autorizzazioni in corso d’anno. In buona sostanza si ripete, sotto il profilo sostanziale, lo schema finanziario già censurato da questa Corte, secondo cui, in sede di redazione e gestione del bilancio, vengono determinate, anche attraverso i semplici dati numerici contenuti nelle leggi di bilancio e nei relativi allegati, scelte allocative di risorse «suscettibili di sindacato in quanto rientranti “nella tavola complessiva dei valori costituzionali, la cui commisurazione reciproca e la cui ragionevole valutazione sono lasciate al prudente apprezzamento di questa Corte (sentenza n. 260 del 1990)”» (sentenza n. 10 del 2016).
14.− In definitiva, nella materia finanziaria non esiste «un limite assoluto alla cognizione del giudice di costituzionalità delle leggi». Al contrario, ritenere che il sindacato sulla materia sia riconosciuto in Costituzione «non può avere altro significato che affermare che esso rientra nella tavola complessiva dei valori costituzionali», cosicché «non si può ipotizzare che la legge di approvazione del bilancio o qualsiasi altra legge incidente sulla stessa costituiscano una zona franca sfuggente a qualsiasi sindacato del giudice di costituzionalità, dal momento che non vi può essere alcun valore costituzionale la cui attuazione possa essere ritenuta esente dalla inviolabile garanzia rappresentata dal giudizio di legittimità costituzionale» (sentenza n. 260 del 1990). Sul punto è opportuno anche ricordare «come sul tema della condizione giuridica del portatore di handicaps confluiscono un complesso di valori che attingono ai fondamentali motivi ispiratori del disegno costituzionale; e che, conseguentemente, il canone ermeneutico da impiegare in siffatta materia è essenzialmente dato dall’interrelazione e integrazione tra i precetti in cui quei valori trovano espressione e tutela» (sentenza n. 215 del 1987).
15.− Altrettanto infondata è la tesi secondo cui la norma terrebbe conto della doverosa contribuzione da parte degli assistiti dotati di capacità contributiva. Di tale contribuzione non v’è traccia nell’intera legge reg. Abruzzo n. 78 del 1978; e, soprattutto, la medesima legge, nella sua formulazione letterale, parla di garanzia della spesa necessaria e documentata senza evocare altre fonti di finanziamento.
16.− Infine, non è condivisibile l’argomento secondo cui le scelte adottate in sede di bilancio non avverrebbero in modo generico, bensì con apposita istruttoria ricavata dall’acquisizione dei piani preventivi di intervento predisposti dalle Province sulla base delle necessità riscontrate nell’anno scolastico in corso e di quelle dichiarate dal genitore dello studente che si iscrive per la prima volta al grado di istruzione secondaria superiore. È proprio la disattenzione alle risultanze del piano il vizio genetico della norma contestata, che consente di prescinderne al di là di ogni ragionevole argomento: condizionare il finanziamento del 50% delle spese già quantificate dalle Province (in conformità alla pianificazione disciplinata dallo stesso legislatore regionale) a generiche ed indefinite previsioni di bilancio realizza una situazione di aleatorietà ed incertezza, dipendente da scelte finanziarie che la Regione può svolgere con semplici operazioni numeriche, senza alcun onere di motivazione in ordine alla scala di valori che con le risorse del bilancio stesso si intende sorreggere.
17.− Significativi in proposito appaiono i dati storici della contribuzione regionale in valore assoluto e percentuale: nell’ordinanza del giudice rimettente – e le cifre non sono in contestazione tra le parti – si legge che «per l’esercizio finanziario 2008, risulterebbero stanziati in bilancio 1.400.000,00 per l’attuazione dell’art. 6 comma 2-bis della legge regionale n. 78 del 1978, quindi le Province hanno ottenuto un cofinanziamento nella percentuale del 39% (invece che del 50%) delle somme spese; per il successivo esercizio finanziario 2009, sono stati stanziati in bilancio solo 700.000,00, quindi le Province hanno ottenuto un cofinanziamento di poco inferiore al 18%; nel 2011 la percentuale è stata del 26% circa; nel 2012 il 22% circa». Palese è la lesione della effettività del servizio, non solo sotto il profilo quantitativo, ma anche per l’assoluta discontinuità delle percentuali di copertura ammesse a finanziamento.
18.− Ciò conferma l’assunto del giudice a quo, secondo cui «in quanto spese non obbligatorie, quantomeno non in misura fissa, i contributi regionali per il trasporto dei disabili possono essere ridotti già nella fase amministrativa di formazione delle unità previsionali di base, senza che di ciò vi sia alcuna evidenza o limite idoneo a dare effettività ai diritti previsti dalla Costituzione e sottesi a tale servizio di trasporto».
19.− Per tali argomentazioni, l’art. 6, comma 2-bis, della legge reg. Abruzzo n. 78 del 1978 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo limitatamente all’inciso «, nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa,».
20.− Rimangono assorbite le ulteriori censure formulate in riferimento all’art. 10 Cost., in relazione all’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Abruzzo 15 dicembre 1978, n. 78 (Interventi per l’attuazione del diritto allo studio), aggiunto dall’art. 88, comma 4, della legge della Regione Abruzzo 26 aprile 2004, n. 15, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2004)», limitatamente all’inciso «, nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa,».
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 ottobre 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 16 dicembre 2016.