● Moneta a debito e declino

https://sendvid.com/wxnj4fq3

Quando ci si domanda se è possibile per l’Italia fermare l’incredibile declino, occorrerebbe valutare quanto segue:

 

1) RIMUOVERE IL “VINCOLO ESTERNO”

Nel breve-medio periodo condizione necessaria ma non sufficiente per una ripresa e’ unicamente quella di un “cambio di sistema nel rapporto con l’estero”, ergo uscire da Euro e svalutare (qualsiasi altra azione, anche la piu’ condivisibile riforma, non puo’ matematicamente avere effetti nel breve-medio periodo per cambiarne la traiettoria; ma l’uscita dall’euro non garantisce sul medio-lungo periodo una crescita stabile), tornando ad una piena sovranita’ monetaria e valutaria.

È dimostrato nella simulazione >>> https://goo.gl/8CoZgR che conferma i Nove studi e rapporti a confronto sul break-up dell’Euro >>> https://goo.gl/KEoamX

dove si illustrano:

L’Analisi della Svalutazione del 1992-1995 >>> https://goo.gl/bvxyCh

Le tesi della Thatcher >>> https://goo.gl/eBd3as

Le tesi di George Dorgan (UBS-Reuter)>>> https://goo.gl/abzeWg

Le tesi di Bolkestein >>> https://goo.gl/L3qCr3

Le tesi di Kaldor >>> https://goo.gl/U7a2bx

Le tesi di ben 7 nobel >>> https://goo.gl/J4GDod

In conclusione, per gli euro-fanatici, qui è reperibile un Manuale che spiega le ragioni per cui ci conviene uscire >>> https://goo.gl/ZiQYno

 

2) RIMUOVERE I “VINCOLI INTERNI” 

Nel medio-lungo periodo condizione necessaria ma non Sufficiente per mantenere tale ripresa è unicamente quella di procedere rapidamente ad un “Cambio di sistema interno“, ergo, “Ridurre il peso della Tassazione” che per chi paga è insostenibile, nonché il blocco burocratico, “ristrutturare la Spesa Pubblica” efficientando gran parte della spesa corrente, riducendo una serie di voci, e nel contempo aumentando la spesa per Investimenti, per Ricerca e Sviluppo, e quella di protezione sociale e di supporto alle famiglie (all’epoca avevamo fatto un grosso lavoro a riguardo, evidenziando le storture della spesa pubblica, che trovansi qui >>> https://scenarieconomici.it/manovra-shock-da-150-miliardi-di-riduzione-delle-tasse-e-spese-per-far-rinascere-litalia/

 

3) RENDERE SOSTENIBILE LA NOSTRA DEMOGRAFIA

NEL LUNGHISSIMO PERIODO, quanto sopra non serve a niente, se non si fa una politica demografica decente e per tempo; una nazione che procede con un tasso di fecondità di 1,3 figli per donna da oltre 2 decenni, se continuerà con questi numeri, e senza una politica di immigrazione intelligente (che miri all’ingresso di forza lavoro nei momenti di sola espansione, in particolare di persone “integrabili“), avrà tra qualche lustro un profilo demografico insostenibile, con una popolazione anziana predominante, che comporta “costi” (sociali, previdenziali, sanitari) semplicemente insostenibili per la popolazione in età lavorativa.

Le misure da prendere sono semplici, ed adottate con successo dalla Francia (“reddito familiare”, “asili nido”, etc), ed ineludibili. Chi non affronta la questione demografica, semplicemente è privo di visione di lungo periodo e non ha dimestichezza con la “matematica”: i numeri sono inesorabili.

Altre strade semplicemente non esistono.

Ah, dimenticavo, questo è il “conto” >>> https://goo.gl/5LkJ69


La tesi riportata dal quotidiano tedesco (di orientamento conservatore) Die Welt non è nuova: l’eurozona è destinata prima o poi al fallimento per la mancanza di trasferimenti fiscali sufficienti. Come spiega Die Welt i trasferimenti fiscali sono uno degli strumenti indispensabili al funzionamento di una zona valutaria, insieme ad una elevata mobilità dei capitali e dei lavoratori (questa molto difficile in Europa a causa delle barriere linguistiche). In sostanza, l’assenza di trasferimenti fiscali rende l’euro una costruzione instabile e incapace di garantire equità economica e sviluppo armonico degli stati membri.
Tra i grafici a corredo dell’articolo uno in particolare merita attenzione. Si tratta dei trasferimenti fiscali USA ed eurozona a confronto, ovvero il saldo tra denari versati alla UE e denari ricevuti dalla UE degli stati aderenti all’euro zona rispetto ai saldi degli stati USA nel bilancio federale.
Ricordiamo che la spesa federale USA 2014 ($3.500 mld) vale il 20% del PIL USA (17.500 mld). La spesa UE (€145 mld, ed estesa a tutti i paesi, non solo all’eurozona) conta solo l’1% del PIL UE ( €14.300 mld).
Il grafico di Die Welt ci mostra due fatti:
1. I trasferimenti fiscali europei sono solo il 5% di quelli USA. L’eurozona non possiede dunque lo strumento più importante per attenuare gli squilibri di produttività e gli shock asimmetrici, al contrario degli USA e di tutte le altre unioni monetarie funzionanti del mondo, da Australia a India a Canada a UK, Germania Francia e Italia (prima dell’euro).
2. I già minuscoli trasferimenti fiscali in Europa non vanno poi a regioni povere come il Sud Italia, ma (anche) a stati ricchi come il Lussemburgo. Il ricchissimo Lussemburgo (maggior reddito procapite europeo) ottiene infatti paradossalmente trasferimenti europei pari al 4,1% del suo PIL. In pratica: il Sud Italia trasferisce parte delle sue imposte al Lussemburgo, via UE.
In sintesi: chiunque difenda l’euro citando il dollaro come esempio riuscito di moneta unica non sa quello di cui parla. Gli USA impiegano massicci trasferimenti fiscali tra stati ricchi e stati poveri per compensare gli squilibri e stabilizzare l’unione politica e amministrativa.
Per chiarire il concetto del ruolo essenziale dei fiscal transfers basta riportare l’abstract di un documento della Federal Reserve Bank di San Francisco: “Le tasse raccolte dal governo USA sono spese attraverso trasferimenti che promuovono l’equità economica tra stati. Questo sistema redistribuisce fondi tra stati più ricchi e più poveri nel lungo periodo e contribuisce a stabilizzare gli stati colpiti da shock economici temporanei. Sorprendentemente, poco o nulla di questa redistribuzione ed effetto di stabilizzazione deriva da trasferimenti di spesa attraverso programmi federali e servizi. Piuttosto, sono le differenze tra tasse federali pagate negli stati a produrre questi effetti. La ricerca suggerisce che un sistema simile di tassazione e trasferimenti nell’Unione Europea avrebbe potuto ridurre la divergenzaeconomica tra gli stati membri”
Nonostante queste informazioni siano alla portata di chiunque purtroppo si vedono ancora molti sedicenti economisti (e troll prezzolati) propugnare l’enorme sciocchezza del confronto tra euro e dollaro (sciocchezze talvolta proferite da gestori di fondi sovrani, in palese conflitto di interesse).
Die Welt conclude molto seccamente: o trasferimenti fiscali adeguati o fine dell’euro. E visto che decuplicare i contributi di stati ricchi come Germania, Olanda, Francia e Italia è politicamente impossibile, l’euro ha davanti a sé un avvenire né brillante né lungo.

Trasf fiscali


Concludendo (ringraziando CPC scenarieconomici.it anche per quest’ultima ulteriore analisi https://scenarieconomici.it/conto-delleuro-1-430-mld-fruttati-germania-290-mld-persi-italia/) >>>  direi: EURO-MONETA A DEBITO PRIMA E DOPO, TI DICE NIENTE?

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● Chi è il peccatore?

Parliamo dell’attuale moneta a debito, privata. C’è consenso, perfino da parte del mainstream: l’Eurozona era in una crisi di bilancia dei pagamenti, non di debito pubblico. Gli anni scorsi si è sostenuto d’essere in una crisi fiscale dovuta (falsamente) agli elevati debiti pubblici e si sponsorizzava la cosiddetta austerità espansiva, il rimedio proposto ed attuato da Monti, il killer bocconiano. Molti sanno invece che nelle AVO i tassi di cambio fissi scatenano l’indebitamento dei paesi periferici e la conseguente trappola della povertà, così come è sempre accaduto nella storia economica. In realtà, a indebitarsi pericolosamente in primis sono le banche, cioè i privati, e quando scoppia la crisi del debito (poiché gli stranieri non rinnovano più i crediti) gli Stati, tramite le imposte, soccorrono gli istituti di credito necessitati dal ripianamento (forse a dimostrazione che in realtà, la tanto vituperata ed ostacolata crescita del settore statale è indispensabile all’espansione dell’iniziativa privata) fatalmente determinando la crisi fiscale e quindi l’esplosione del debito sovrano… Irlanda e Spagna sono gli esempi più tipici. La Grecia fu uno Stato malignamente coccolato dai tedeschi (parzialmente anche dai francesi e poco dagli italiani) portato ad indebitarsi oltre misura, con i risultati che conosciamo. La ragione di questa vicenda è del tutto il mercantilismo industriale tedesco che, sostenendo la periferia attraverso discutibili soluzioni di finanza creditizia, aveva “pompato” artificiosamente all’estero, in particolare in Grecia, gli acquisti dei propri beni. Furbi, eh? Forse. Questi processi erano benedetti da molti economisti autorevoli, primi fra tutti Blanchard e Giavazzi, già nel 2002. Dunque la crisi non è dei debiti sovrani (pubblici) come si vuole far credere, ma è originata da questioni di bilancia commerciale, vale a dire dai debiti esteri (privati) indotti dal malevolo credito facile.


Ora due domande:

secondo te, umanamente, chi è il peccatore? È più carogna il debole acquirente/compratore oppure il potente venditore che invoglia e trascina in errore?

 

● Qual è la vera difesa dell’individuo consumatore? Quella che non c’è

[Globalizzatori e markettari (operatori del marketing) non riempitevi la bocca di parole che non vi appartengono] 

La dicotomia lavoratore-consumatore è la principale guerra fra poveri che il Capitalismo scatena per dominare. Ciò che va capito è che dietro a un prezzo basso c’è sempre un salario basso. Naturalmente c’è la tecnologia, c’è la produttività, però nel breve periodo per far pagare poco le cose devi pagare poco chi le fa

Nessuna associazione di consumatori lo ha mai capito e soprattutto non lo ha capito la sinistra italiana che LA VERA DIFESA DEL CONSUMATORE SI FA CON I SALARI E NON CON I PREZZI: cioè, tu ti devi poter permettere una vita dignitosa, come chiede la Costituzione.

Attenzione a chi dice: “Ma così metti in difficoltà l’azienda” Bene! Se l’azienda è in difficoltà l’imprenditore sarà stimolato ad essere più produttivo e ad investire in tecnologia ecc., questo è il vero vincolo che promuove l’innovazione e la ricerca. Dare agli imprenditori il lavoro “low cost” (apro e chiudo una parentesi: pensate! Il 50% della forza lavoro sarà sostituita da macchine (fatte da chi?)), cosa che è stata fatta in Italia, l’ultimo atto di questa strategia è il JobsAct, non stimola la produttività ma avvicina l’Italia non all’Olanda o alla Danimarca ma al Bangladesh

NOTA FINALE. I sacrifici li devono fare esclusivamente i “ricchi” altrimenti sarebbero recessivi.